Prima pagina Corriere del Ticino del 29/07/08
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CORRIERE DEL TICINO

29 LUGLIO 2008
 
STOP AL TRAFFICO DI CANI E GATTI DA SUD A NORD
Più controlli alle dogane
 
Il caso di 24 cani randagi italiani, dapprima ospitati e poi soppressi dal canile SOS-Thierheim di Gunzwil (Lucer­na), ha portato il Gruppo Bairo Onlus, gruppo di volontariato in difesa degli animali, a promuovere una petizione che in una settimana ha raccolto oltre 750 firme (una sessantina dal Ticino). La lettera, ieri, è stata inviata alle Auto­rità competenti, sia italiane sia svizzere: polizia e dogane in particolare. Obiettivo: ottenere controlli più numerosi e severi per evitare quello che è sempre più simile a un traffico di animali da Nord a Sud. Per le adozioni? Canili e gattili locali sono pieni di quattro zampe bisognosi d’affetto!
(foto Nicola Demaldi) > Pagina 9
 
 
Stop al traffico di animali
Oltre 750 firme, dall’ Italia e dal Ticino, per dire «basta!»
 
Matilde Casasopra
 
La notizia è stata diffusa il 14 luglio di quest’anno, ma i fatti risalgono al 2007. In sintesi: 24 cani randagi, trasferiti dall’ Italia nel canile SOS-Tierheim di Gun­zwil (Lucerna) sono stati soppressi in quanto la capa­cità del canile era stata superata. A rendere pubblica la notizia «Telezueri» (potete vedere il servizio su www.telezueri.ch/index.phd?id...ash=ad927d6db3).A riprenderla e a darle risalto, l’ Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente). A fare sì che non fosse l’ennesimo caso passato sotto silenzio o accet­tato come inevitabile «in questo mondo che va al con­trario », ci ha pensato il Gruppo Bairo Onlus, gruppo di volontariato in difesa degli animali con sedi a Cremo­na e a Milano. «Da anni sono in atto continue espor­tazioni di animali d’affezione, come cani e gatti, per lo più randagi, tra i diversi Stati dell’ Europa (...) – si legge in una petizione circolare –. Chiediamo agli or­gani ufficiali preposti, come dogane, polizia, eccete­ra di effettuare maggiori controlli affinché vengano bloccati quei veicoli che trasportano animali in quan­tità massicce, spesso narcotizzati ed accompagnati da documentazione contraffatta». In 7 giorni la circola­re è stata sottoscritta da oltre 750 persone (una ses­santina i ticinesi) e ieri è stata inviata alle Autorità.
 Arrivano dall’ Italia, dalla Spa­gna e dalla Grecia. Viaggiano su camion, in container, chiusi nei bauli delle automobili. Sono cani e gatti, non necessariamente ran­dagi. La loro destinazione finale sono Svizzera, Austria e Germa­nia. Associazioni animaliste, sviz­zere e italiane, stimano che il traf­fico di cani verso queste nazioni sfiori i 50 mila esemplari l’anno. Per i gatti non esistono cifre per­ché «meno controllabili» (il mi­crochip, se non viaggiano, per lo­ro non è obbligatorio). Per gli uni e gli altri la destinazione finale è ignota. «Difficile immaginare che tutti i cani trasferiti dall’ Italia ver­so Nord siano poi collocati in ado­zione – dice Enrica Boiocchi, vi­cepresidente di Gruppo Bairo On­lus () –. A meno che si voglia credere che in Svizze­ra
o in Germania ogni nucleo fa­miliare ha in adozione un mini­mo di 10 cani e altrettanti gatti». Un atto di fede piuttosto difficile da compiere specialmente pen­sando alle difficoltà che s’incon­trano, anche in Ticino, a trovare una sistemazione per animali ab­bandonati.
Sabrina Piacente, at­tivista del Centro di documenta­zione animalista di Lugano (www.centroanimalista.ch)di at­ti, denunce ed esperienze negati­ve ne ha per tutti i gusti. «Quello del traffico di cani e gatti, dal Sud al Nord, è un problema che si tra­scina da anni e che ora, complice anche Internet, si sta estendendo a macchia d’olio. Noi denuncia­mo. Allertiamo dogane e veteri­nario cantonale, ma... è come se una mano invisibile ponesse sem­pre un muro tra coloro che pre­siedono questi traffici e le autori­tà preposte ai controlli». In altri termini: c’è chi in traffico di ani­mali si è specializzato e, come spesso accade: fatta la legge tro­vato l’inganno. «Senza dimenti­care che spesso – continua Pia­cente – coloro che si occupano del trasferimento di animali sono per­sone in grado di accaparrarsi la fi­ducia di chi glieli affida». Ma non sono tutti randagi? «Sì, la maggior parte di questi animali sono ran­dagi, ma... È un po’ il caso dei 24 cani uccisi a Gunzwil. Erano ran­dagi, ma poi sono stati riuniti e trasferiti dall’ Italia nel canton Lu­cerna, in questo canile dove si era data la disponibilità all’accoglien­za. Erano randagi, ma qualcuno ha deciso di occuparsi di loro, di dar loro una casa. Fatto sta che quando sono arrivati al canile – ed è la versione dei responsabili – sono stati destinati, chi per ma­­lattia chi per età, alla soppressio­ne. Certo, in Svizzera, è bene ri­cordarlo, la soppressione di un animale è perfettamente legale, ma... mi chiedo e chiedo anche a chi leggerà: ha senso trasportare da uno Stato all’altro degli anima­li per poi ucciderli una volta giun­ti a destinazione?». Potrebbe ave­re un senso se in Italia la soppres­sione di un animale non fosse consentita!... Enrica Boiocchi ci conferma che, in Italia, non è ac­cettata la soppressione di un ani­male. «La situazione, però, per ca­ni e gatti, non è certo migliore. Esi­stono canili e gattili nei quali i ran­dagi vengono stipati all’inverosi­mile. Poi, non essendo né curati né sterilizzati, queste strutture si riempiono di cucciolate. Un ser­batoio davvero importante al qua­le attingere per i trasferimenti». Soluzioni? Boiocchi non ha dub­bi. «È necessario procedere con operazioni di sensibilizzazione: della popolazione e delle autorità. Noi, come Gruppo Bairo, abbia­mo iniziato anche a lavorare nel­le scuole. I bimbi hanno una sen­sibilità più spiccata rispetto agli adulti e capiscono al volo i pro­blemi legati a un’errata conside­razione degli animali. Cani e gat­ti non sono dei peluches. Loro, i bimbi, lo sanno. I genitori, spes­so, lo dimenticano e... quando se ne accorgono non trovano niente di meglio da fare che abbandona­re il quattro zampe creando un nuovo randagio». Un serpente che si mangia la coda? «No – risponde Sabrina Piacente –. Basterebbe ac­cettare che anche gli animali han­no una loro dignità e che nessu­no ci impone di averne uno in ca­sa. Adottare un animale non è fa­cile. Se a ciò si aggiunge che mol­ti, approfittando del buon cuore della gente, ha imparato a far sol­di – e parecchi (la documentazio­ne, al proposito, non manca)– let­teralmente sulla pelle degli ani­mali il paradosso della questione non può sfuggire». Un esempio? «Basta entrare in Internet. Cani dagli occhi tristi e dalle storie drammatiche, implorano da pae­si lontani, una casa e un po’ di af­fetto. Come resistere? Il risultato è che spesso questi cani, quando giungono dai nuovi padroni – con staffette degne di una caccia al te­soro – si rivelano traumatizzati, malati e irrecuperabili. La solu­zione diventa l’abbandono. Ma al­lora mi chiedo, e chiedo: non sa­rebbe meglio adottare un cane o un gatto “nostrano”? I randagi ci sono anche in Ticino con occhi e storie altrettanto tristi!».
 
       
CANI E GATTI In Ticino ci sono cani e gatti felici, ma ne esistono molti, in canili e gattili, in attesa che qualcuno li prenda con sé. (foto Nicola Demaldi)
 
TESTIMONIANZE
Chi li ama e li rispetta chiede più prevenzione per evitare sofferenze
 
Qual è l’opinione dei padroni dei «quattro zampe» sulla sop­pressione dei 24 «migliori amici dell’uomo» avvenuta a Gunzwil? Ne abbiamo avvicinati alcuni chiedendo di raccontarci la loro esperienza con i rispettivi anima­li da compagnia. Hanna, 66 anni, sta passeggiando in un boschet­to del Luganese con il suo Cicco, due anni e mezzo. Ci dice di es­sere un’amante degli animali in generale. Inoltre è abituata da sempre alla compagnia di gatti e cani. Riguardo all’episodio del ca­nile di Gunzwil esclama: «Non è la prima volta che sento una noti­zia del genere». Era convinta pe­rò che si potesse praticare l’euta­nasia solamente su animali gra­vemente malati. «Desidererei che non si arrivasse a questa situazio­ne di sovraffollamento nei canili. Prevenire è meglio che curare, quindi sarebbe meglio impedire agli animali di riprodursi in modo incontrollato».
A Pregassona troviamo Elisabet­ta, 53 anni, che sta portando a spasso il suo volpino bianco, Wil­ly. L’ha ricevuto in regalo 11 anni fa perché faceva parte di una cuc­ciolata numerosa. Ci dice di esse­re informata grazie alla rivista tri­mestrale Orizzonti, organo uffi­ciale dell’ ATRA (Associazione svizzera per l’abolizione della vi­visezione). «Ho sempre avuto ani­mali e anche se non mi piacciono tutti li rispetto». Elisabetta ritiene che dovrebbero essere effettuati maggiori controlli alle dogane per evitare situazioni simili.
Annalisa,
13 anni, è in compagnia di Milli. Racconta che in famiglia avevano deciso di cercare il cane in un allevamento in Italia oppu­re da un privato. Hanno deciso per la seconda opzione. Sono stati pe­rò molto attenti alle condizioni di salute dell’animale. Annalisa non era a conoscenza di episodi simi­li a quello di Gunzwil, seppure co­sciente delle precarie condizioni in cui versano gli animali in alcu­ni canili. Interviene anche la ma­dre, che ritiene l’abbandono de­gli animali alla base del problema. Inoltre è convinta che i controlli alle dogane siano carenti:«È vent’ anni che abito in Svizzera e non mi è mai capitato che in dogana mi fermassero per questo genere di controlli». v.b.
 
PARLA IL VICE CAPO DELLA SEZIONE ANTIFRODE DELLA DIREZIONE DELLE DOGANE DI LUGANO
Casi di code e/o orecchie recise
 
Sul tema dei controlli al confi­ne di cani e gatti abbiamo sentito
Massimo Sfiligoi,
sostituto capo della Sezione antifrode della Di­rezione delle dogane di Lugano.
A suo parere quanto è estesa la pia­ga dei traffici di animali da compa­gnia verso la Svizzera interna e il nord Europa?

«Casi isolati e circoscritti sono sta­ti scoperti in Svizzera interna. Cir­ca un anno fa ha potuto essere ac­certata a Zurigo un’importazione, transitata da Chiasso, di 2 cani e 15 cuccioli per i quali non erano state espletate le formalità doga­nali con tributi elusi di circa 240 franchi. Un traffico ingente di ca­ni o gatti non sdoganati non è mai emerso nel nostro Circondario. Anche da parte delle autorità ita­liane non v'è stato alcun annun­cio nell'ambito dell'assistenza am­ministrativa in materia doganale. Comunque l'ottima collaborazio­ne con l’ufficio del Veterinario cantonale ci dà la possibilità di es­sere sempre informati su eventua­li accertamenti da parte loro di im­portazioni illegali. I casi segnala­ti negli ultimi anni hanno riguar­dato più che altro cani dalla coda o dalle orecchie mozzate».

Quanto è diffusa questa pratica?
«L'importazione di cani dalla co­da o dalle orecchie recise è vieta­ta. I casi constatati al confine e/o segnalati dal veterinario cantona­le sono perseguiti in tutti i casi dal­la nostra Sezione e le multe inflit­te possono arrivare ad un ammon­tare di 1.500 franchi per animale. Dal 2004 al 2008 abbiamo aperto nel nostro circondario una venti­na di incarti per questo genere d’ infrazione».
Le segnalazioni sono importanti?
«Analizziamo ogni informazione ricevuta che potrebbe riguardare un contrabbando organizzato di animali e qualora dovesse essere qualificato grave, potrebbe esse­re avviata un’inchiesta penale per chiarire tutta la fattispecie».

Ritenete di fare abbastanza nella re­pressione di un fenomeno ripetuta­mente denunciato dalle associazioni

animaliste?

«Il nostro gruppo accertamenti preliminari effettua costanti ana­lisi dei rischi per quanto riguarda le possibili frodi doganali sul no­stro territorio. Al confine i colla­boratori esaminano a scandaglio se gli animali sono dichiarati al­l’importazione e se sono identifi­cati da un microchip o da un ta­tuaggio. Inoltre devono disporre di un certificato di vaccinazione. In caso di inosservanza di queste disposizioni scatta la multa che è generalmente pari a due volte l’ IVA elusa. Se manca la vaccina­zione scatta anche un’altra infra­zione, sanzionabile con un impor­to sino alla metà del valore del­l’animale. È innegabile però che istituzionalmente dobbiamo con­centrarci sulle infrazioni gravi che sono il contrabbando professio­nale o abituale, la truffa fiscale e la sottrazione, rispettivamente la possibile elusione, di tributi ele­vati ». Enrico Giorgetti
 
L'INVITO DEL VETERINARIO CANTONALE
Evitare decisioni «insensate» Massima prudenza all’estero
 
Tullio Vanzetti
 
 
Il veterinario cantonale Tullio
Vanzetti
ritiene «insensato» por­tare a casa cani dall’estero, se non con precise garanzie. Ciò vale an­che per chi lo fa mosso dai sentimenti più nobi­li. L’alto funzionario ca­n­tonale ricorda che negli anni scorsi si era inter­venuti in modo deciso dopo segnalazioni che anche in Ticino, segna­tamente nel Mendri­siotto, nelle zone dei centri commerciali più vicini al confine, vi era­no movimenti sospetti di un’organizzazione con sede nel­la Svizzera interna e ramificazioni locali, che trasferiva cani dall’ It­a­lia per collocarli nel nostro paese. «Non abbiamo più avuto informa­zioni, segno che hanno tratto le do­vute conseguenze e a quanto pare hanno sospeso i trasporti», sog­giunge Vanzetti. «Non bisogna mai introdurre in Svizzera animali tro­vati o acquistati in paesi non euro­pei. È di questi giorni il caso, in Ti­cino, di una donna che ha tentato di importato clandesti­namente un cagnolino dalla Tunisia: glielo ab­biamo subito seque­strato. Ebbene la bestio­la è già morta, per la ma­­lattia da cui era affetta. Il rischio di introduzio­ne della rabbia, malat­tia sempre mortale tra­smissibile all’uomo, è reale». Sulla denuncia dell’eutanasia di 24 ca­ni italiani in un canile lucernese, Tullio Vanzetti spiega che «sono fatti perseguiti dal Cantone desti­natario. Per la soppressione non esistono norme ufficiali. Occorre valutare tutti gli aspetti e decidere in base a principi sanitari, di pro­tezione degli animali ed etici ». E.G.

CORRIERE DEL TICINO
29 LUGLIO 2008
 
L’incivile soppressione degli animali randagi
 
Giunge l’orribile notizia che 24 cani italiani importati in Svizzera (legalmente?) sono stati uccisi al canile Sos-Tierheim di Gunzwil (LU) causa «sovraffollamento» e perché «inadottabili». Ecco quindi che torna alla ribalta il problema, mai affrontato e risolto, dei traffici di cani e gatti randagi che dall’estero (da tutta Europa) raggiungono la Svizzera a migliaia all’anno, nella speranza di una adozione paradisiaca.
Ebbene, se il paradiso è all’altro mondo, la Svizzera ha reso onore alla propria tradizione e legge, contrariamente all’ Italia che invece vieta da tempo la soppressione dei randagi perché non è etico e tanto meno risolutivo. Anche in Ticino ci sono stati personaggi che sono saliti ai (dis)onori della cronaca per il raccattamento (gratuito) di randagi esteri rivenduti poi a caro prezzo sul nostro territorio, spacciandoli via internet in modo anche anonimo e portando come giustificazione storie strappalacrime di poveri animali in disperata ricerca di casa.
Molte le segnalazioni e le denunce di casi di animali esteri venduti in questo modo ma spesso con i documenti contraffatti e con seri problemi di salute e comportamentali che poi si sono scaricati su altri (associazioni e privati), già in difficoltà con i randagi svizzeri.
Ma nessuno sembra potere (o volere?) fermare questa assurdità dell’importazione di massa di animali randagi dall’estero. Quante persone ancora oggi in Ticino e in Svizzera preferiscono ignorare che da noi si addormentano animali per evitare il sovraffollamento nei canili? E anche per cultura: con 50 franchi dal veterinario si mette a tacere la coscienza al grido di «meglio morto che in canile».
Se si affronta con la soppressione il fenomeno dell’abbandono, non si può proprio pensare e dire che in Svizzera gli animali abbandonati stanno meglio che altrove, perché se lo scopo è salvargli la vita, allora tutti i randagi svizzeri dovrebbero emigrare in Italia.
E allora chiedo a questa gente tanto impegnata a far del «bene» agli animali importandoli dall’estero (così come quelli che li esportano in Svizzera), se i nostri animali abbandonati e destinati alla soppressione per legge e per cultura, fanno meno pena di quelli che vengono da fuori e da paesi in cui gli animali questo pericolo non lo corrono. E chiedo che senso ha importarne da fuori mentre si ammazzano i nostri. Considerato che la fine, anche per quelli di fuori, si è rivelata la stessa, allora forse è ora di affrontare e di porre fine a questo
gioco al massacro piuttosto lucrativo.
Se cercate un cane o un gatto, andate nei nostri rifugi, chiedete alle associazioni che si occupano di animali che quotidianamente ricevono appelli per trovare casa ad animali, «altrimenti lo sopprimo», andate dai veterinari dove vengono segnalati gli animali in cerca di casa e dove a volte forse se ne può salvare uno per cui è stata decisa la pena di morte. Non c’è bisogno di farselo mandare a mo’ di pacco postale da centinaia e migliaia di km sottoponendolo a notevole stress, vedendo solo una foto via internet, quindi comprando a scatola chiusa.
Adottare un animale è un gesto di amore e responsabilità: non si può lasciare al caso né l’animale, né il modo di trovarlo, soprattutto se questo permette a gente senza scrupoli di guadagnare sulla pelle degli animali e sulla buona fede di chi vuole adottare un trovatello. Non quando per salvarli si rischia di farli finire morti ammazzati come i 24 di Gunzwil, mentre erano promessi ad adozione paradisiaca. Per capire l’enormità del fenomeno consultate .

Sabrina Piacente

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