BRESCIA OGGI
17 MAGGIO 2005
La protesta è partita da Soncino Nel mirino la legge regionale 26/93
Firme bresciane contro la caccia
Da Soncino è partita una protesta nazionale contro la «caccia scientifica» della Regione Lombardia. E molti bresciani hanno già aderito. I cremonesi del Gruppo «Bairo onlus» hanno scritto una lettera al premier Silvio Berlusconi, al ministro per l’Agricoltura Gianni Alemanno, al presidente della Lombardia Roberto Formigoni, ad assessori e consiglieri del Pirellone per avvertire che «tutto quanto la Regione metterà in atto per la regolamentazione scientifica della caccia non sarà sufficiente né da un punto di vista scientifico né tantomeno da un punto di vista etico». In calce alla lettera centinaia di firme da tutta Italia. Tra le tante, quelle dei bresciani Dante Foglia, Ester Massardi, Marci Avanzino, Fausto Grignani di Ghedi, Ivan Suardi, Filippo Tabelloni, Gerardo Mazzola. Replicano in particolare a Margherita Peroni, consigliere provinciale ed ex presidente della Quinta commissione regionale Territorio, urbanistica ed edilizia residenziale, che nelle scorse settimane ha difeso le scelte regionali e posto la necessità di «agire con raziocinio per tutelare veramente e riscrivere la legge 26/ 93» della Lombardia. Pur ammettendo il crescente interesse della società civile per la tutela e la conservazione della fauna selvatica - ricordano i firmatari dell’appello - Margherita Peroni in dichiarazioni alla stampa ha dichiarato che «spesso le richieste di controllo e di limitazione della possibilità di caccia sono motivate da ragioni più emotive che razionali» e che «contrapporsi a un’attività che affonda le proprie radici nelle tradizioni più antiche delle nostre genti non è la strada più efficace. Già da tempo i nostri cacciatori hanno accettato il principio della caccia biocompatibile, mentre sull’altro fronte si disapprova pregiudizialmente ogni forma di caccia». A fronte di ciò, «la Regione Lombardia ha scelto l’unico approccio possibile, quello che utilizza criteri scientifici come i censimenti e i monitoraggi». Ed è su queste basi - ha ricordato - che è stato predisposto il testo di riforma della 26/93. Nella nuova legislatura, secondo Peroni, «sarà di fondamentale importanza la revisione, ma meglio sarebbe dire la riscrittura globale, della stessa legge, alla luce delle modifiche costituzionali introdotte nel ‘91».
Gli animalisti di Bairo si schierano contro queste dichiarazioni, replicando che dal punto di vista etico «uccidere è barbaro e crudele, soprattutto se rivolto agli indifesi, e il rispetto di ogni vita è un altissimo valore».
Quanto alla tradizione, «non giustifica la caccia - replicano - perché altrimenti dovrebbe giustificare anche lo schiavismo, il maschilismo, il razzismo, eccetera, che facevano parte di tradizioni oggi ritenute indegne». Il punto di vista scientifico, poi, «è manipolabile». Esso - sostiene Bairo - parte dal dogma che la caccia deve esistere: di conseguenza «difende interessi particolari anziché l’interesse generale espresso dalla stragrande maggioranza degli italiani». Infine, «si regge su uno squilibrio della natura mai risolto e continuamente alimentato dai cacciatori». Vale a dire «l’eliminazione degli animali autoctoni e l’introduzione di alloctoni con il conseguente inquinamento genetico e la comparsa di specie dove non erano presenti». Per questo, per Bairo «i motivi reali per considerare la caccia immorale ci sono tutti». E la battaglia continua.
mi.va.
|
|