GIORNALE DI SICILIA – 4 GENNAIO 2005

Cronaca provincia di Palermo

Carenze e ritardi non possono mortificare un'intera regione

E' vero: si fa poco, quasi nulla, per gli animali. Anzi, è diventato tristemente "normale" vedere le città siciliane invase dai randagi. Che ogni giorno conoscono "il piede dell'uomo e la strada", come cantava trent'anni fa Francesco De Gregori. Che devono combattere per la sopravvivenza. Le cronache del Giornale di Sicilia riportano quotidianamente gli appelli per salvare le vite degli amici a quattro zampe. O il racconto delle violenze subite dai randagi. E mentre la cronaca incalza, le amministrazioni annaspano. C'è una legge regionale che regola la materia. E' stata approvata nel luglio del 2000 ed ha recepito con nove anni di ritardo la normativa nazionale. Tanto che la lettera degli animalisti del gruppo Bairo parla del mancato rispetto di quello che la legge pretende da oltre tredici anni. In effetti, l'Ars ha sì approvato il disegno di legge, ma poi gli apparati amministrativi della Regione hanno fatto poco per tradurre in misure concrete il nuovo quadro normativo. Sicchè‚ è rimasto sulla carta il principale degli obiettivi, quello della realizzazione dei rifugi. Colpa della mancata approvazione del regolamento attuativo, un provvedimento di cui più volte abbiamo denunciato l'assenza. Con fatica in questi quattro anni (e oltre) la Regione ha provveduto alla nomina della commissione che dovrà stilare il regolamento. Ma questo organismo non ha ancora cominciato i lavori e pertanto l'attuazione delle misure previste dalla legge sul randagismo resta lontana. E lettere come questa continueranno ad arrivare in redazione per denunciare i ritardi e i maltrattamenti che gli animali subiscono. Eppure, c'è qualcosa che dispiace nel testo inviato attraverso la posta elettronica dal gruppo Bairo e sottoscritto da quasi trecento sostenitori, una ventina dei quali siciliani. Questo qualcosa è la facile generalizzazione con cui la mancata adozione di provvedimenti per migliorare la vita diventa la spia del grado di civiltà di una collettività. Come e spesso più delle altre regioni del Mezzogiorno d'Italia, la Sicilia, per ragioni storiche, politiche ed economiche che sono state analizzate per decenni, ha accumulato ritardi su ritardi rispetto al Nord del Paese. Un gap che investe tutti i settori della vita dell'uomo ed anche la pubblica amministrazione. Si dovesse volgere lo sguardo alla sanità, si scoprirebbero numerosi ospedali lontani dagli standard di altre zone d'Italia. E allo stesso modo nelle scuole si troverebbero aule fredde e sporche molto più diffuse che altrove. Così come ci sono deficienze in numerosi pubblici servizi. Ma tutto questo può essere considerato l'indice dello scarso grado di civiltà di un popolo? Riteniamo di no. Perchè‚ in quel caso, dovremmo definire incivili tutte le popolazioni del Terzo Mondo che hanno bassi standard nei servizi pubblici. Ma non crediamo che chi tanto ama gli animali, voglia poi disprezzare fino a questo punto gli esseri umani. A meno che non si voglia sostenere che solo per i servizi destinati agli animali si debba parlare di "cartina di tornasole" della civiltà dei popoli. Ma questo, con tutta evidenza, non ci sembra possibile. Ed allora che si continui a martellare la Regione e i Comuni su questo, come su altri problemi irrisolti. Ma sempre tenendosi a distanza dal terreno accidentato dell'intolleranza.

 

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