29 AGOSTO  2009

L'OCCIDENTALE
29 AGOSTO 2009
 
Ci mancava quest’orrore
Cani e gatti torturati dalle industrie di alimenti per animali
 
ANDREA B. NARDI
 
Ci sono volte in cui vorremmo fermarci a piangere e basta, senza più forza, senza speranza. In mezzo a centinaia di bollettini quotidiani in cui osserviamo la rovina del mondo tra chi ancora predica guerre e sofferenze barbariche, capita pure una notizia come questa, in cui ci rendiamo conto di non essere stati capaci nemmeno a proteggere dei semplici animali. Ma allora che uomini siamo, che cosa siamo diventati? La notizia è questa, e non è certo degna d’essere considerata importante da una qualsiasi autorità “mondiale”. Una delle maggiori aziende di alimenti per animali, la famosissima EUKANUBA, si approvvigiona dei propri articoli da un’industria consociata con sede negli USA, specializzata nella fabbricazione di cibo per cani e gatti: il suo nome è IAMS, e appartiene alla multinazionale PROCTER & GAMBLE (P&G). Da una decina d’anni la IAMS è nel mirino di moltissime associazioni veterinarie, ambientaliste e di protezione animali, tra cui Peta, Equivita e l’apposita Iamscruelty, perché, nonostante i divieti legislativi, continua imperterrita a eseguire esperimenti di inaudita violenza su animali vivi per ammalarli e poi testare i propri prodotti. Per anni i resoconti e le testimonianze di chi ha lavorato nei laboratori IAMS sono stati sdegnosamente smentiti dall’azienda; in essi si raccontava di situazioni raccapriccianti ma non c’erano le prove. Parecchi dipendenti si licenziarono per il disgusto. Tra il novembre 2002 e l’ottobre 2005, ad esempio, gli esperimenti condotti dal Dr. Roger B. Johnson della IAMS furono degni di un film horror. Come pubblicato dal Sunday Express in prima pagina, e di cui riportiamo alcuni stralci. «A 24 giovani cani venne asportato il rene destro e gravemente danneggiato il sinistro per determinare l’effetto delle proteine in cani con disfunzioni renali; l'intervento ebbe come effetto quello di ridurre la funzionalità renale a 1/8 di quella normale. La riduzione della funzionalità renale negli animali, come nell'uomo, è fonte di sofferenze atroci: se i reni non funzionano a dovere le tossine che dovrebbero essere eliminate attraverso le urine finiscono in circolo; questo avvelenamento del sangue causa depressione, vomito, convulsioni, ulcere alla bocca, perdita dell'appetito, sete insaziabile e infine la morte. I cani vennero divisi in due gruppi e studiati rispettivamente per 7 e 14 mesi; i loro sintomi non vennero alleviati in alcun modo per non interferire con i risultati dell'esperimento». «Gli stomaci di 28 gatte di età tra i due e i cinque anni vennero esposti durante un intervento chirurgico della durata di due ore per studiare l'effetto di un'alimentazione ricca di fibre. Dopo l'esperimento le gatte vennero uccise».
«24 gatte vennero sterilizzate e poi ipernutrite per ottanta giorni fino a renderle obese; appena non ingrassavano più vennero sottoposte a una dieta rigidissima che fece loro perdere un terzo del peso corporeo. Durante lo studio vennero sottoposte a tre biopsie epatiche; infine vennero uccise per esaminare il fegato nel tentativo di dimostrare un nesso tra la perdita di peso e le disfunzioni epatiche». «A 14 cuccioli di Husky vennero ripetutamente somministrati, sia per via sottocutanea che tramite iniezioni nella parete dello stomaco, vaccini e altre sostanze allergeniche per verificare la gravità delle reazioni allergiche. Non sorprendentemente, i cuccioli manifestarono prurito, lesioni cutanee e gonfiori». «A 12 Husky, 12 Barboncini e 12 Labrador vennero inflitte ferite sul petto per verificare l'influenza della dieta sulla ricrescita del pelo. L'esperimento venne giustificato con questa considerazione: "i cani sono piacevoli da toccare e da guardare. I cani con problemi al mantello non vengono accarezzati quanto gli altri"».
«18 cuccioli di Danese vennero alimentati con due diverse diete; a diciotto mesi di età le ossa delle loro zampe destre anteriore e posteriore vennero esposte e poi sforzate fino a spezzarle. Esperimenti simili furono eseguiti su maiali, così come indurre gengiviti in 21 Beagle». Poi però vennero anche le prove: alcuni agenti in incognito della Peta per circa dieci mesi hanno visitato un laboratorio che fa sperimentazioni in appalto per la IAMS scoprendo che dietro l’immagine del produttore di cibo per cani e gatti si nasconde l’abominio gratuito e colpevole di uomini vigliacchi e senz’anima. I video raccolti segretamente con micro-telecamere documentano cose strazianti e i racconti sono quanto di peggio si possa immaginare. Ecco quanto il Peta ha pubblicato:
«I nostri agenti hanno ripreso con una telecamera i rappresentanti della IAMS intenti a mostrare lo stabilimento. Hanno visto cani tristi e angosciati. Hanno sentito il caldo opprimente e l’umidità all’interno delle loro cucce. Poi sono andati via. Ma gli animali sono rimasti lì. Un veterinario della IAMS esaminando un gruppo di cani comprati dall’USDA Class B, non ha fatto nulla quando ha visto che una madre, che aveva appena partorito in una cuccia di cemento, non era stata provvista di nessuna lettiera dove riposarsi. Un cucciolo e un cane adulto di quello stesso gruppo sono morti durante la nostra indagine, molto probabilmente come risultato della negligenza e delle temperature che, all’interno dello stabile, arrivano a 34°. Un ‘comportamentista’ della IAMS ha visto dei cani impazziti girare vorticosamente su sé stessi all’interno delle loro gabbie e non ha detto nulla. Un ricercatore dentale ha sentito due impiegati parlare di animali trattati in modo disumano all’interno dello stabilimento, ma la IAMS continua a fare affari con la compagnia.
Nonostante sulla polizza di ricerca della IAMS venga assicurato che nessun animale verrà ucciso, i nostri agenti hanno documentato la soppressione di 27 cani su 60, i quali erano stati sottoposti ad una procedura invasiva che consisteva nell’asportazione di buona parte del muscolo delle zampe. Altri due cani sono stati trovati morti nelle loro gabbie dopo l’intervento chirurgico, uno dei quali ha sofferto per ben undici giorni prima di morire. Quando una nostra agente ha riferito che Humbug, uno dei cani della IAMS, stava zoppicando, le è stato detto da un tecnico veterinario che il laboratorio era provvisto di una macchina a raggi X che risaliva agli anni ’60, ma non erano provvisti di nessuna pellicola che permettesse loro di utilizzarla, e comunque, il direttore del laboratorio preferiva uccidere, piuttosto che trattare, gli animali con le ossa rotte. A Fifi e agli altri cani usati per gli studi metabolici della IAMS, il laboratorio ha prelevato del sangue che è stato poi venduto ad altre aziende, anche se i loro studi non richiedono prelievi di sangue.
Infine, poco prima che il nostro agente se ne andasse, il direttore del laboratorio ha detto ai tecnici veterinari di tagliare le corde vocali a tutti i cani della IAMS, perché disturbato dalle loro disperate richieste d’attenzione. La nostra agente ha scritto una e-mail ai ricercatori IAMS di Dayton, nell’Ohio, dando loro tutte le informazioni rinvenute e sperando in un tempestivo intervento della IAMS. Ma tutto ciò che ha ottenuto è stata la vista nauseante di un tecnico di laboratorio coperto di sangue dopo un giorno passato a praticare interventi chirurgici di taglio delle corde vocali. Quando la nostra agente ha rassegnato le dimissioni, ha detto al rappresentante della IAMS e al direttore di laboratorio che se ne andava perché nonostante i suoi sforzi, non veniva fatto nulla per migliorare le disperate condizioni di vita di quei poveri animali. Il rappresentante della IAMS ha ammesso che sia lui che il direttore di laboratorio venivano dalla ‘vecchia scuola’. Il covo d’orrori alla IAMS: ecco cosa ha trovato la nostra agente: cani lasciati cadere su fredde pavimentazioni di calcestruzzo dopo l’asportazione di buona parte del muscolo delle zampe. Cani e gatti in perenne stato d’agitazione a causa dell’isolamento, costretti a vivere in stabilimenti privi di finestre, simili a prigioni sotterranee. Un collaboratore ha ordinato alla nostra agente di colpire i cani sul petto se smettevano di respirare; un altro collaboratore ha raccontato di un cane della Iams trovato morto nella sua cella, con la bocca sanguinante. Un cane affetto dal morbo di Lyme che camminava zoppicando. Studi crudeli messi in atto dalla IAMS, che implicano il conficcare dei tubi nelle gole dei cani per forzarli ad ingerire oli vegetali. Cani con talmente tanto tartaro incrostato tra denti che mangiare, per loro, è un’attività troppo dolorosa. Tecnici veterinari con formazione ed esperienze inadeguate alle prese con procedure estremamente invasive. I collaboratori hanno raccontato di un gattino vivo che è stato lavato con acqua proveniente dal canale di scolo. I collaboratori hanno raccontato di aver dovuto abbandonare lo stabile perché le esalazioni di ammoniaca provenienti dai carrelli in cui si trovavano i cani erano così intollerabili da fargli bruciare gli occhi (provate a mettervi nei panni degli animali chiusi in quelle gabbie!) Gatti tenuti in stanze obsolete, lasciati ‘riposare’ su assi grezze di legno provviste di chiodi conficcati solo per metà. Mentre la nostra agente si trovava nello stabile, una delle assi è caduta sopra un gatto colpendolo a morte, ma il direttore del laboratorio non ha rimosso l’asse quando il gatto è stato colpito – lo ha fatto solo quando gli è stato detto che il laboratorio stava per essere ispezionato, perché sapeva che non era legale.
Il nostro video mostra i rappresentanti della IAMS che in un tour presentano lo stabilimento. La IAMS conosce la verità ma non fa nulla per proteggere gli animali». Vi linkiamo un video meno forte ma non guardatelo se non volete soffrire:
vedi qui.
Ora il problema è che l’attività sadica e inutile della IAMS continua anche oggi mentre state leggendo quest’articolo. Vogliamo fare qualcosa? Se qualcuno ha idee intervenga, intanto cominciamo a non comprare più EUKANUBA e a denunciare alla protezione animali i veterinari – corrotti dai rappresentanti – che ci inducono a comprare questi prodotti. E diffondete la notizia.

LIBERO
29 AGOSTO 2009
 
La tratta dei cani
 
Albina Perri
 
Evaristo ci è andato in aereo, Bella in auto. Entrambi hanno lasciato la sbobba di un canile del Sud Italia per una pappa inzuppata di crauti. Dal 2003 vivono a Colonia, in Germania, emigrati per colpa (o grazie, a seconda dei punti di vista) di un’associazione animalista italiana, Diamoci la zampa, e di una tedesca, il club Hundepfoten in Not. Insieme con altri milioni di cani italiani. A chi critica il traffico chiedendo ai teutonici se non ne abbiano abbastanza dei randagi di casa propria, loro rispondono con una massima della tradizione: non si possono aiutare tutti, dice l’egoista. E non aiuta nessuno. Sarà. Ma i migranti in Nord Europa puzzano. Eccome.L’allarme sugli strani traffici oltreconfine è stato lanciato dal ministero della Sanità italiana già nel 1993. Da allora, però, nulla è cambiato. I nostri quattro zampe vengono infilati dentro trasportini di fortuna e spediti in massa in Germania, Svizzera, Austria, Belgio, Olanda e in Europa dell’Est. Tramite associazioni quando va bene. Tramite prestanome che li cedono subito a venditori che poi li fanno sparire, quando invece no. Ogni mese, per esempio, partono carichi di cani dalla Puglia: almeno duecento per volta, dai canili di Brindisi, Lecce e Taranto. «In cambio ottengono pacchi di mangimi e medicinali delle migliori marche», dice Maria Teresa Corsi, della Lega per la difesa del cane. La sua associazione ha messo perfino una taglia: duemila euro a chi segnala i trafficanti. «Se, come dicono gli autotrasportatori fermati dalla polizia, su questi cani non c’è profitto, perché arrivano i doni dalla Germania? E chi le paga le spese di trasporto?».
L’affare bestiale
Altri carichi sono stati scoperti e sequestrati in tutto il Sud, da Ischia alla Sicilia. Ma perché Germania, Svizzera e Austria tengono tanto ai nostri amici quattrozampe meridionali e non si accontentano dei loro? Chi guadagna sulla tratta? I veri affari, come sempre, li fanno gli umani. La Germania, infatti, i cani randagi non li regala, ma li vende. Chi vuole ritirare un animale e salvarlo da un canile tedesco, deve lasciare dai 300 ai 400 euro, pure per un banale meticcio. Il prezzo scende se l’animale è anziano, ma non si va sotto i 200 euro. La chiamano “tassa di protezione animale”, una sorta di rimborso spese. Più cani vengono adottati, e in fretta, più i canili d’oltralpe ci guadagnano. Su zergportal.de/baseportal/tiere/HappyEnd si trovano i cani già “piazzati” in Germania. Sono 17.749. A duecento euro l’uno, fanno tre milioni e mezzo di euro tutti guadagnati. Chi “esporta” la merce ha un compenso, la Germania è generosa. Pace, dicono gli animalisti: gli umani ci guadagneranno, ma i cani pure. Sempre meglio venduti là ma poi adottati piuttosto che qua, a marcire in una celletta tre metri per due a Cicerale.
Il guaio vero, però, è quando i cani partiti dall’Italia spariscono. Non vengono più trovati nei canili. Semplicemente, varcano il confine ed è come se non fossero mai esistiti. Nel 2007 al porto di Ancona fu bloccato un carico di 102 randagi. I giornali tedeschi pubblicarono le foto di bambini biondi che piangevano, aspettando invano il loro cucciolo italiano. L’associazione Thierilfe Korfù, destinataria di 60 di quei cani, pretese l’intervento di Fiona Swarovski, erede della dinastia dei cristalli nonché moglie del ministro delle Finanze austriaco, Karl Heinz Grasser, e di Christine Haffa, signora dell’influente immobiliarista Florian Haffa. Ma i Nas non si fecero intimidire: i passaporti degli animali erano contraffatti, il traffico era illecito e la destinazione ignota. Il timore: che fossero destinati non alle famigliole crucche ma alle sperimentazioni nei laboratori.
Dice l’Enpa, nella sua petizione “Ti deporto a fare un giro”: «In alcuni casi in cui è stato possibile fare controlli, i cani non sono stati più trovati. Organismi ufficiali hanno recuperato, in laboratori di vivisezione, animali di proprietà rubati». Il sospetto dunque è che i nostri emigranti vengano usati per la vivisezione, e per i test chimici o farmaceutici. La Lav dice oggi che per testare tutte le sostanze chimiche da registrare in Europa secondo la legge, verranno sacrificati 54 milioni di animali. «Nei test di tossicità per lo studio delle sostanze chimiche gli animali sono obbligati a ingoiare vernici, colle, pesticidi e disinfettanti, vengono inseriti in camerette contenenti vapori chimici che sono costretti a respirare, la loro pelle e i loro occhi vengono spalmati con i prodotti da testare per verificare il livello di corrosione, irritazione, arrossamento», spiega Michela Kuan, biologa responsabile Lav settore Vivisezione. E allora servono topi, ma pure cani e gatti in gran quantità.
Sola andata
A Bologna una signora rimasta anonima ha segnalato «alcuni medici che cercano persone conniventi che si fingono "adottanti" dietro compenso. Lo scopo è rivendere cuccioli e cani di piccola taglia ai laboratori che pagano bene». In un dossier appena compilato, l’Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa) scrive che esiste «un traffico di cani provenienti dalle regioni del Sud Italia. Gli animali sono avviati clandestinamente al Nord, raccolti in rifugi abusivi, e poi mandati ai laboratori che li ordinano. Un giro d’affari che supera abbondantemente i 30 milioni di euro l’anno» e che interessa 150 mila cani. E poi lo ha detto anche l’onorevole Gianni Mancuso, firmatario di un’interrogazione parlamentare: «Sotto la falsa facciata delle adozioni di animali all’estero si nasconde in realtà una speculazione sulla pelle dei poveri animali che passano di mano in mano sino, in alcuni casi, a diventare cavie per i laboratori del Nord Europa». Un poliziotto della Val Vibrata, G.F. di Tortoreto, ha presentato un esposto alla Procura: lui ha visto. «Sorge il sospetto - scrive il poliziotto - di traffici poco chiari. Sospetto avvalorato anche dal fatto che i cani vengono portati all’estero tramite intermediari tedeschi. Tra l’altro, gli animali, per lo più meticci, di taglia grande, sono in età avanzata, per cui non si comprende come tali possano essere adottati».Dice Zora, animalista svizzera: «La dovete piantare con la storia che le adozioni all’estero vanno bene. Solo da domenica a oggi ho ricevuto tre telefonate dalla bassa Italia di gente che ha spedito cani dei quali non sa più niente. Se tutti gli animali che entrano dall’Italia avessero trovato una casa, a quest’ora ogni abitante della Svizzera dovrebbe avere almeno 15 cani e 30 gatti. Ma nel Paese dove maggiormente al mondo si fa vivisezione e dove la produzione interna di pellicce di cani e di gatti non è vietata, dove pensate che finiscano, i vostri animali?».

IL GAZZETTINO
29 AGOSTO 2009
 
È morto Nice, l’eroe a quattro zampe protagonista del miracoloso recupero di Eleonora dalle macerie del terremoto di Abruzzo
 
Raffaella Ianuale
 
È morto Nice, l’eroe a quattro zampe protagonista del miracoloso recupero di Eleonora dalle macerie del terremoto di Abruzzo. La ragazza di 22 anni era rimasta sepolta per 42 ore sotto i resti della propria casa distrutta dal violento sisma che ad aprile ha devastato L’Aquila e dintorni. Ormai ogni speranza era svanita. La possibilità di recuperarla viva quasi nulla. È stato anche grazie al fiuto di Nice che sotto quell’ammasso di pietre e polvere è stata trovata Eleonora, provata, ma viva.Nice era uno splendido Labrador nero di due anni mezzo. Lui, assieme a Kira, Tobia, Biagio e Gas, sono stati i primi ad annusare che sotto le macerie di quella casa c’era ancora una vita. Cani super addestrati in grado di percepire odore umano o di sangue. E quando capiscono che c’è qualcosa iniziano ad agitarsi, annaspano, scavano. Avvisano gli uomini che è opportuno andare in profondità. Come hanno fatto con Eleonora. Il Labrador del gruppo cinofilo dei Vigili del fuoco del Veneto è morto giovedì. Il cane era giunto come ogni giorno assieme al suo conduttore nella caserma dei Vigili del fuoco di Mestre. É rimasto a bordo dell’auto, mentre il conduttore Giorgio Panciera era salito nel suo ufficio. Sceso per liberare il cane e metterlo nel box della caserma lo ha trovato morto. Una fine inaspettata vista la giovane età del cane. Forse il caldo torrido di giovedì ha fatto la sua parte.anciera ieri era affranto. Era stato lui ad addestrare il Labrador. Un addestramento durato due anni. E poi una vita condivisa in tutto. Perché addestrare un cane del soccorso significa vivere con lui 24 ore su 24, fare una squadra unica e inscindibile. «Io e Nice vivevamo assieme, mangiava nella mia casa e sempre nella mia casa dormiva - racconta Giorgio Panciera del Nucleo cinofilo dei Vigili del fuoco - ogni mattina salivamo in macchina e venivamo al lavoro. E così abbiamo fatto anche giovedì. Nice è rimasto in auto e io sono andato ad aprire il mio ufficio, poi quando sono sceso per metterlo nel suo box l’ho trovato morto». Certo non si aspettava di essere "tradito" da quel cane che gli aveva dato tante soddisfazioni. «I cani da soccorso - continua Panciera - non sono cani qualsiasi. Con il conduttore creano un’empatia unica. Noi ci guardavano negli occhi e ci capivamo in un istante. È una grande perdita sia affettiva che professionale». Le cause del decesso non sono chiare, pare che il cane possa essere morto per un’insufficienza renale. «Nice era un cane giovane e bellissimo, ma un po’ sfortunato - prosegue Giorgio Panciera - qualche mese fa era stato colpito da una sorte di peritonite ed era stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. Pensavo non ce la facesse e invece aveva superato la malattia, ma forse la sua salute è rimasta irrimediabilmente segnata».Nice non si era distinto solamente in Abruzzo al seguito del Nucleo regionale dei Vigili del fuoco, guidato da Giorgio Panciera e costituito da Jeky Funes, Antonietta Sinibaldi, il volontario Antonio Baldi e Claudio Antoniutti. Ha salvato decine e decine di persone, come l’anziana malata di Alzheimer che questa estate si è persa a Calalzo nel Bellunese. Nice l’ha trovata, sana e salva, in appena trentun minuti. Fondamentale il suo contributo in numerosi interventi di montagna, in caso di frane e di persone disperse. Un vero angelo a quattro zampe.

IL MATTINO
29 AGOSTO 2009
 
Sei cani sono morti, tre si sono salvati
 
ORESTE MOTTOLA
 
Eboli (SA). Sei cani sono morti, tre si sono salvati. Una strage senza precedenti, avvenuta sulle colline di Eboli a ridosso dell’ospedale, nel fine settimana scorso. I cani colpiti sono di piccola e grande taglia, tutti muniti di microchip. Nessuno di essi era randagio, ma tutti erano custoditi nelle ville private. L’operazione è stata condotta con estrema spregiudicatezza. I cani non erano in strada, ma nei cortili. Per qualche proprietario non si tratta del primo cane avvelenato. Negli ultimi due anni, sulla collina a ridosso dell’ospedale, sono avvenute già altre uccisioni di animali. L’utilizzo delle classiche esche alla stricnina è stato sostituito con cocktail di veleno più letali. Quel che è accaduto in tre giorni, in via Cappuccini, lascia adito a diverse ipotesi. Qualcuno parla di ladri di appartamento. Altri pensano a qualche sadico che agisce con vocazione maniacale, per il semplice gusto di uccidere i cani. Nell’incertezza, i proprietari delle ville hanno vissuto un fine settimana da incubo. La corsa dai veterinari di fiducia non è servita, almeno per i sei cani morti dopo una breve agonia. Proprio il decesso fulmineo, ha destato i primi sospetti tra i veterinari. La dose di veleno utilizzata nelle esche è piuttosto forte rispetto ai precedenti casi di uccisione. I cani non hanno scampo, nonostante la prontezza dei loro padroni. A raccontare l’accaduto è Anna Russo, presidente dell’associazione animalista “U.N.A.- Carmine Longo”. Scossa dai diversi avvelenamenti sulla collina, la Russo spiega: Mi trovavo dal veterinario Enrico Lanaro, a Battipaglia, quando ho appreso la notizia drammatica. C’erano diversi cani in agonia. Alcuni erano già morti, altri si sono salvati». La prima scoperta inquietante riguarda l’esca mortale: «Non sono state utilizzate le esche di stricnina, il veleno per i topi. Quei cani sono stati avvelenati con dei cocktail di veleni». Chi voleva ucciderli, non era uno sprovveduto. In tre giorni, sei cani sono morti. «Quei cocktail avvelenati provocano emorragie interne, dolori squassanti e una morte rapida. Siamo sconvolti per quel che abbiamo visto e che ci hanno raccontato», afferma Anna Russo. Correndo dal veterinario non è detto che il cane si salvi. «Per uccidere un cane di grossa stazza hanno utilizzato esche micidiali» asserisce Anna Russo. Tre giorni di inferno. I numeri scoperti fanno tremare i polsi.

IL TIRRENO
29 AGOSTO 2009
 
Razzia di anatre: da un allevamento ne spariscono 36
 
PRATO. Nemmeno le anatre sono più al sicuro nei campi. Un inedito furto di animali è stato messo a segno nella notte tra mercoledì e giovedì in via Vella lungo la Bardena. La proprietaria dell’allevamento, una donna di 56 anni, ha chiamato la polizia e ha raccontato di aver scoperto il furto giovedì mattina. La polizia ha accertato che i ladri hanno tagliato la recinzione durante la notte e hanno portato via 36 anatre, che hanno un valore di circa 1.000 euro.  L’allevatrice ha riferito che altri piccoli furti c’erano già stati in passato, ma mai di questa entità. Per questo la donna si era messa a osservare tutti i tipi sospetti che passavano nei paraggi. Uno l’ha notato anche mercoledì pomeriggio. L’uomo, a bordo di un’auto, si è fermato accanto alla recinzione dell’allevamento, ma quando la donna si è avvicinata lui si è subito allontanato e non è stato possibile prendere il numero di targa.

TRENTINO
29 AGOSTO 2009
 
L'intelligenza animale ci sta riservando moltissime sorprese
 
di Chiara Girardi
 
Gli animali potranno avere diritti, benessere e rispetto, grazie alla nuova proposta di legge, di cui si è iniziato a discutere in questi giorni, che renderà l’Italia il Paese più evoluto in materia nei prossimi 5 anni. Il merito di questa rivoluzione risiede anche nella scienza. Ne abbiamo parlato col professor Giorgio Vallortigara, ordinario di Neuroscienze e direttore vicario del Center for Mind / Brain Sciences dell’Università di Trento e uno dei massimi esperti di cognizione animale, che il 3 settembre terrà a Rovereto, al Mart, una conferenza su “Cosa pensano gli animali?”, primo appuntamento di un intenso settembre con la presenza della neurobiologa Lesley Rogers (1), e di Irene Pepperberg (24-25).   Cosa pensa di questa legge?   Il modo migliore per sapere come dovrebbero essere trattati gli animali è studiarli. Non ci sono alternative, altrimenti si rischia di commettere errori grossolani applicando i nostri criteri.   Che intelligenze animali esistono?   Non si può immaginare una scala dell’intelligenza ascendente e lineare con in basso le creature semplici e in alto quelle più sofisticate, come dal punto di vista di vista biologico non ci sono specie più, e altre meno evolute. Quindi è ragionevole aspettarsi, a seconda degli adattamenti nelle nicchie ecologiche, che animali sia filogeneticamente vicini all’uomo che molto lontani possano mostrare prestazioni cognitive e capacità intellettuali sofisticate, non prevedibili se non considerando gli adattamenti di ciascuna specie. Ci sono capacità di base comuni a tutti i vertebrati: come interagire e comprendere i fenomeni del mondo fisico, le proprietà degli oggetti e la rappresentazione dello spazio. Bambini e animali sanno che un oggetto solido non può essere attraversato o che un oggetto senza supporto cadrà. Un altro aspetto è la capacità di interpretare il comportamento di oggetti sociali in base al grado di socialità di una specie.   Cosa l’ha più colpita?   Ci sono attività che sembrano legate al linguaggio e al possesso di un sistema di simboli, come le inferenze: se Alberto è più alto di Giovanni e Giovanni è più alto di Marco, allora Alberto è più alto di Marco. Ma se si interrogano gli animali con tecniche che non richiedono mediazione verbale si può dimostrare che la capacità di fare operazioni logiche è presente anche in polli, piccioni, scimpanzé e pesci: animali con strutture cerebrali molto diverse, con capacità legata alla vita di relazione.   Come è nato in lei quest’interesse?   Da ragazzino ho letto “L’anello di Re Salomone” di Konrad Lorenz. È stata quella la molla.   È corretto paragonare le capacità animali a quelle umane e dire, come nel caso del ricercatore canadese Stanley Coren, che il cane è intelligente come un bambino di 2 anni?   Spesso la cesura viene fatta tra noi e gli animali, come se noi non fossimo animali, ma noi siamo animali, una specie tra le altre specie.   Come vengono condotti gli esperimenti?   L’esperimento non si conduce su un unico animale, ma su un gran numero. Le modalità variano a seconda di ciò che si vuole studiare: per il numero, sviluppiamo tecniche sperimentali molto vicine alle condizioni naturali dell’animale: ad esempio, per capire se i pulcini conoscono l’aritmetica, li sottoponiamo ad imprinting con oggetti non naturali, delle palline che, come se fossero membri della covata, vengono nascoste dietro degli schermi e poi spostate in diverso numero. Si tratta di vedere se poi il pulcino capisce dietro quale schermo c’è il numero di compagni più grande.   Quanto è importante la conoscenza etologica?   Fondamentale. Per ragioni pratiche, un ricercatore lavora su una specie. Prima bisogna conoscere il comportamento naturale dell’animale e poi ci si può dedicare a esperimenti in laboratorio.   Perché i volatili?   Sono utili modelli per studiare particolari funzioni: l’imprinting (pulcini e anatroccoli), l’apprendimento del canto (gli uccelli canori) e la memoria spaziale (certi corvidi). L’apprendimento del canto negli uccelli canori ha similitudini con l’apprendimento del linguaggio nella nostra specie e quanto alla memoria spaziale, ci sono uccelli che, grazie a peculiarità neurologiche, nel fare provviste, riescono a ricordare le migliaia di posti dove le mettono.   Su cosa lavora ora?   Ancora col pulcino, sul numero e lo spazio. Stiamo studiando anche le api, studiando un fenomeno che si pensava prima solo umano e poi solo dei vertebrati: le due metà del cervello, la parte destra e quella sinistra, svolgono funzioni differenti.  Irene Pepperberg ha studiato le abilità intellettive e vocali di Alex, il pappagallo cenerino recentemente scomparso: caso unico?   Non sappiamo quanto di quello che ha fatto Alex fosse straordinario perché era straordinario lui. Mancano i numeri. Per certi versi è un esperimento unico: un singolo ricercatore, un singolo animale, un lungo periodo. Bisognerebbe che altri si impegnassero, ma non è facile ed è un peccato.

L'ARENA GIORNALE DI VERONA
29 AGOSTO 2009
 
ANIMALI. Una signora che fa jogging su l’Alzaia ha lanciato l’appello
Salvate quell’anatra prigioniera del filo
 
Provincia di Verona - Ha una zampa impigliata nella bava da pesca attorno a cui si è incastrato anche un ferro e un galleggiante. Non riesce a stendere l’arto e nemmeno a liberarsi. A malapena può nuotare. Protagonista della disavventura è un’anatra che vive nel tratto di Adige vicino a ponte Catena. A lanciare l’allarme, e a mobilitare enti e istituzioni per cercare di liberare il povero animale dalla costrizione in cui si trova è Cristina Guerreschi, che tutte le mattine prima delle nove va a camminare e a fare un po’ di jogging sull’Alzaia. Oltre due settimane fa, Guerreschi, durante il suo giro mattutino ha visto per la prima volta l’anatra ferita.
«L’ho notata subito, e in tutti questi giorni la situazione dell’animale non è cambiata minimamente. Aveva ed ha una zampa sollevata in orizzontale, che non riesce ad appoggiare a terra, attorcigliata a del filo di bava probabilmente abbandonato da qualche pescatore. Inoltre, sempre incastrato ma sulla schiena, ha un galleggiante e, infine, sul fianco, un filo di ferro», spiega Guerreschi, che da quando l’ha vista le ha provate tutte per cercare di liberarla. Senza però alcun risultato. Per prima, la signora ha mobilitato la Protezione animali. «Sono stati molto gentili ma mi hanno detto che non avevano competenza per intervenire», spiega Guerreschi, che ha allora allertato, nell’ordine, un veterinario la Lipu e la polizia municipale.
Ma la «patata bollente» è passata di ente in ente. E nessuno è ancora intervenuto. L’anatra è costretta a vivere con una zampa fuori uso e a convivere con un galleggiante e un ferro. «Fortunatamente riesce a nuotare e quindi può spostarsi. Infatti è solo la mattina che riesco a vederla in questo tratto vicino a ponte Catena. Ma qualcuno deve intervenire. Se l’animale dovesse incastrarsi andrebbe incontro una fine disperata».

SALERNO NOTIZIE
29 AGOSTO 2009
 
Animali di specie protetta in vendita in un negozio, operazione dei Carabinieri nel salernitano
 
Nocera Inferiore (SA) - I Carabinieri della Compagnia di Nocera Inferiore , personale del WWF Italia e del dipartimento di Salerno, stanno conducendo un servizio a largo raggio , in particolare nel territorio del Comune di San Valentino Torio, dove, all’interno di un negozio adibito alla vendita di animali, sono stati rinvenuti e sequestrati circa 600 tra uccelli anche della specie protetta, tartarughe, oche e animali da cortile, alcuni privi della targhetta identificativa, tenuti anche in cattivo stato di custodia ed igienico sanitarie.

CORRIERE ADRIATICO
29 AGOSTO 2009
 
Medico salva un setter che stava annegando
 
Tortoreto (TE) -  In questo caso è l’uomo che salva il cane. A Tortoreto, dove il noto medico teramano Carlo De Sanctis, amministratore straordinario della casa di riposo De Benedictis di viale Crispi, si trovava in spiaggia al lido Irene quando si è accorto che un bell'esemplare di setter, di colore pezzato, era in difficoltà al alcune centinaia di metri dalla riva.
Il cane da caccia, sfuggito al guinzaglio della padrona si era lanciato a rincorrere i gabbiani in acqua e, preso dalla foga di prenderli, si era disorientato e soprattutto, aveva raggiunto una bella distanza dalla battigia. L'animale avrebbe forse continuato a nuotare fino allo stremo e si stava dirigendo pericolosamente ancora più al largo: per fortuna l'ex primario del Dipartimento di emergenza e urgenza del Mazzini non ha esitato a buttarsi in acqua per raggiungere il setter e ricondurlo a riva. L'operazione non è stata facile, per la distanza e la resistenza del cane a farsi prendere. Ma De Sanctis, provetto nuotatore, è riuscito a raggiungerlo e riportarlo a riva, aiutato nella parte finale anche dall'intervento di due bagnini a bordo di un pattino.

CRONACA QUI
29 AGOSTO 2009
 
Ma c’è anche l’ottantenne che perde la testa per la trentenne e poi finisce in manette
L’ex amante lo respinge, lui le rapisce il gatto
 
TORINO - Tanti, persino troppi gli episodi di stalking che negli ultimi anni hanno trovato posto nei fascicoli dei magistrati torinesi e sono poi approdati in un’aula di tribunale. Il precedente più curioso è quello dello stalker rapitore di gatti. Anzi, rapitore dell’amato gatto della ex che non ne voleva più sapere di tornare con lui. S.P., 46enne residente a Iseo, in provincia di Brescia, e fidanzato per 9 lunghi anni con una torinese, a un certo punto aveva addirittura rapito l’animale tanto amato dalla donna, lo aveva rinchiuso in una valigia e ridotto in fin di vita. Un gesto che, sommato a tanti altri, gli è poi costato un processo per stalking in un’aula del tribunale del capoluogo piemontese. La donna, dopo una relazione di nove anni, aveva deciso di troncare e S.P. aveva quindi cominciato a tormentarla, chiamandola ripetutamente a casa e in ufficio e spedendole sms con insulti. Alle minacce di distribuire volantini infamanti aveva poi aggiunto il rapimento del gatto, che aveva chiuso in una valigia riducendolo in fin di vita. Per sottrarsi alle molestie, la signora si era addirittura messa in ferie e si era stabilita in casa di amiche, ma tutto ciò si è rivelato inutile. Un bel giorno, infatti, la signora si è ritrovata di fronte S.P., che davanti a lei si è ferito con il coltello che aveva con sé. In quell’occasione, l’uomo è stato infine arrestato. Per tormentare l’ex fidanzata, un artigiano della Valle di Susa aveva invece fatto passare come “centro benessere con massaggi thailandesi” quello che in realtà era il semplice studio dentistico dove la donna lavorava. Per il dentista i problemi sono cominciati quando nelle cabine telefoniche di alcuni comuni sono spuntati bigliettini con il numero diretto e l’indicazione della “specialità” a luci rosse: non sono mancate le chiamate in studio e addirittura l’arrivo di alcuni aspiranti clienti. Un ottantenne si era invece invaghito della giovane donna che abitava nel suo stesso stabile, tanto da arrivare a minacciarla e molestarla, sebbene tra i due ci fossero ben cinquant’anni di differenza. Lui, 80 anni, coniugato e pensionato. Lei, la vittima, appena 30enne. Al termine dell’ennesimo atto persecutorio erano dovuti intervenire i carabinieri, che avevano arrestato l’anziano. Anziano che, nel frattempo, aveva anche tentato di investire il fratello della trentenne vicina di casa, che si era precipitato sul posto per difendere la ragazza. L’ottantenne era stato quindi trasportato al carcere “Lorusso e Cotugno” di Torino e accusato di violenza privata, lesioni personali, minaccia aggravata e stalking.

LIBERO
29 AGOSTO 2009
 
CAMPANIA: AIDAA, CANI ACQUISTATI VIA INTERNET MA E' UNA TRUFFA
 
Napoli - Cani di razza offerti a prezzi irrisori da annunci su internet, ma si tratta di una truffa in cui sono cadute diverse persone residenti in Campania. Gli annunci sono apparsi nelle scorse settimane e promettevano l'acquisto di cani di razza di piccola taglia a prezzi stracciati: esemplari che in Italia costano mediamente 1.000 euro venivano venduti per soli 200 euro. Oltre al prezzo dell'animale veniva richiesto un contributo di 400 euro per le spese veterinarie e il trasporto aereo; i cani infatti sarebbero stati importati in Italia da un allevamento che si troverebbe in Camerun. Dopo aver versato un saldo di 600 euro, il nuovo proprietario avrebbe potuto ritirare il suo cane al terminal dell'aeroporto di Napoli. In alcuni casi i pagamenti sono avvenuti attraverso carte di credito, da cui poi sono risultati ulteriori ammanchi di denaro visto che i proprietari avevano comunicato i dati via web ai truffatori. Dopo aver aspettato invano l'arrivo dei cani promessi, alcuni acquirenti si sono rivolti al Telefono Amico Aidaa, che ha consigliato loro di presentare denuncia presso le competenti autorita' di polizia. L'associazione animalista sta raccogliendo a sua volta i dati per poter circoscrivere il fenomeno che al momento pare riguardare prevalentemente persone residenti a Napoli e in Campania, e per poter a sua volta denunciare i presunti truffatori, la cui base operativa sarebbe situata in Francia. "Si tratta chiaramente di una truffa - dichiara Lorenzo Croce, presidente nazionale Aidaa - anche se la sua localizzazione ci fa pensare che questa banda di truffatori, di cui non conosciamo ovviamente la nazionalita', abbia tentato una sorta di test su una zona specifica per poi allargare man mano la truffa a tutto il territorio nazionale. Quello che noi ci sentiamo di dire alla gente e' di evitare di acquistare animali via web, specialmente se si tratta di cani, in quanto come in questo caso il rischio di una truffa e' dietro l'angolo ma invitiamo coloro che vogliono allargare la propria famiglia ad un amico peloso di andare nei canili ad adottare le decine di migliaia di cani abbandonati, che molto spesso non aspettano che di avere un nuovo amico e una nuova famiglia", conclude Croce.

IL MATTINO DI PADOVA
29 AGOSTO 2009
 
Asini da compagnia protagonisti dal 4 settembre
 
Francesco Zuanon
 
TREBASELEGHE (PD). Si prospetta come un nuovo successo la «Fiera dei Mussi» che si svolge ormai da 825 anni e che inizia venerdì 4 settembre per concludersi dopo 10 giorni di festa. L’edizione 2009 avrà come novità principale il mercatino dei sapori e delle tradizioni, esposizione di prodotti locali dell’Alta e non solo, «sempre più apprezzati di consumatori che cercano qualità, tipicità e sicurezza alimentare» spiega il presidente della Pro Loco «La Pieve» Giampietro Gheno. Inoltre dal 4 settembre i mussi torneranno protagonisti assoluti della Fiera che ne prende il nome. «Lo scorso anno ne abbiamo esposti in piazza quasi 300, tutti capi di primissima qualità - continua Gheno - e quest’anno saranno ancora più numerosi vista la riscoperta che si sta facendo delle qualità di questo animale spesso bistrattato e caricato di pregiudizi». Tanto rivalutato che a Trebaseleghe sarà prospetta un’ipotesi di onoterpia, la cura attraverso la compagnia dell’asino (in greco onos). «L’asino si presta in particolare per disabili, anziani e bambini. E’ un animale amico la cui frequentazione - secondo gli esperti - fa ritrovare sicurezza, fiducia e stima in se stessi, facilita le relazioni e dà benefici sotto il profilo comportamentale» spiegano in Pro loco. Docilità, pazienza, basso tasso di aggressività, resistenza ed anche intelligenza, nonostante il detto popolare «indrìo come ea coa del «musso», sono le qualità dell’asino che possono trasformarlo da animale da soma a nuovo amico dell’uomo. A Trebaseleghe si potrà sperimentare la convivenza.

WALL STREET
29 AGOSTO 2009
 
LA PECORA CHE VALE COME UNA FERRARI
Altro che borsa, petrolio e bond. Un montone è stato battuto all'asta per 260 mila euro. L'acquirente conta di recuperare con gli agnelli generati.
 
Il montone da 260mila euro
 
Elmar Burchia
 
(WSI) - Vi siete mai domandati quando possa costare una pecora? Di certo non è uno degli interrogativi che non vi fanno dormire la notte. Nonostante ciò, questi animali vengono pagati a peso d'oro in Scozia. Una pecora è andata all'asta per l'equivalente di 260.000 euro.
FERTILITA' A PESO D'ORO - Si chiama «Deveronvale Perfection» ed è già stata definita la pecora più cara al mondo. Ha otto mesi e in un'asta a Lanark, in Scozia, è stata battuta per 231 mila sterline. Il montone d'allevamento servirà soprattutto per la riproduzione. E' così che il nuovo proprietario, Jimmy Douglas - un contadino della zona -, intende ripagarsi. Il motivo di tale esorbitante cifra è stato prima di tutto la costituzione robusta dell'animale, come riporta con certa enfasi la stampa inglese. A fregarsi le mani è innanzitutto l'ex proprietario, Graham Morrison: «Mai avrei pensato di raggiungere questo incredibile prezzo di vendita», ha detto al portale della Bbc.
IL PRECEDENTE - La pecora che fino ad oggi poteva vantarsi del titolo di «più cara del mondo» è morta in Gran Bretagna recentemente. Il montone «Tophill Joe», questo il suo nome, non solo era carissimo, ma pure molto fertile: complessivamente ha generato più di 1000 agnelli - in modo naturale e in laboratorio -, che avevano un valore totale che si aggirava sul milione di euro. «Tophill Joe» era stata acquistata sei anni fa da un consorzio agrario per circa 150 000 Euro.

LA NUOVA SARDEGNA
29 AGOSTO 2009
 
Centomila euro per la gallina prataiola Noragugume investe sul progetto di tutela
 
NORAGUGUME (NU). Centomila euro in arrivo: è stato accolto il progetto presentato alla Regione dal Comune per la valorizzazione e tutela della gallina prataiola che ancora oggi nidifica nella pianura del Marghine e della Media Valle del Tirso.  Il finanziamento è stato concesso dall’assessorato regionale all’Ambiente a valere sui fondi stanziati dall’Unione europea per la tutela delle specie animali a rischio di estinzione. Il Comune di Noragugume dovrà ora mettere a disposizione una struttura che servirà come punto di riferimento per gli uffici regionali preposti a seguire il progetto. Lo stabile verrà ristrutturato e adeguato alle esigenze del piano.  Un altro intervento, sempre nell’ambito dello stesso progetto, che dovrà essere realizzato riguarda la torretta di avvistamento che sorgerà in un punto strategico dell’agro e che servirà per seguire e monitorare i pochi esemplari di gallina prataiola che sono presenti nelle campagne della zona. La notizia del finanziamento del progetto è stata accolta con soddisfazione dal sindaco Michele Corda: «Anche perché - ha sottolineato il primo cittadino - questo consentirà di mettere in piedi iniziative a tutela di un esemplare a rischio di estinzione».

IL TIRRENO
29 AGOSTO 2009
 
Nel piatto non c'è il gatto
 
Francesco Fondelli
 
Campi di Bisenzio (FI) - Elastici costruiti con i profilattici. Negozi di cineserie dove spariscono ignare ragazze occidentali. Porcellane fatte con le ossa dei morti. Le leggende metropolitane sui cinesi sono come le barzellette sui carabinieri: ne fioriscono sempre di nuove. L’ultima leggenda nata sulle spiagge vuole i mari italiani ripuliti da frotte di cinesi intenti a pescare le meduse, piatto di cui sarebbero golosissima. “In realtà - spiega Hongyu Lin, assessore ai rapporti con la comunità cinese del comune di Campi Bisenzio - l’equivoco è nato da un piatto che è tipico di una ristrettissima comunità che vive lungo la costa. Tant’è che io, provenendo dall’entroterra della Cina, non conoscevo per niente questo usanza”.  “Il fatto di generalizzare, attribuendo a tutti i cinesi la cucina frutto di alcune antiche tradizioni locali è quella che fa più danno alla ristorazione cinese - spiega Junyi Bay, coordinatore di AssoCina Toscana -. Anche in Italia c’è una nota città in cui si mangiavano i gatti (allude al detto “Vicentini mangiagatti” ndr), ma nessuno si sognerebbe di dire che nei ristoranti italiani si servono piatti a base di carne di gatto. Quindi non si può dire che i cinesi mangiano i cani, solo perché in una lontana provincia a sud della Cina esisteva una antica tradizione che prevedeva anche la possibilità di cucinare questo animale”.  Oltre al settore culinario con le sue infinite varianti le leggende metropolitane sui cinesi hanno una infinita declinazione. Si va da “I cinesi sono tutti uguali e quindi si scambiano facilmente i documenti” alla mai esausta teoria dei cinesi “immortali”, per cui quando un cittadino cinese muore la sua scomparsa verrebbe occultata e i documenti verrebbero riutilizzati per permettere ad altri cinesi di venire in Italia. “E’ una leggenda che dimostra ignoranza e poca sensibilità nei confronti dell’abitudine diffusa tra gli immigrati di prima generazione di tornare nella propria terra d’origine per trascorrere gli ultimi anni della propria esistenza” dice Junyi Bay, coordinatore di AssoCina, una associazione di giovani che sul proprio sito internet ha pubblicato uno studio realizzato allo scopo di smontare questa credenza. “In realtà il tasso di mortalità dei cinesi è uguale a quello dei marocchini o degli albanesi. Bisogna tenere conto anche dalla bassa età media della popolazione cinese in Italia. A Roma i residenti cinesi con più di 55 anni rappresentano il 6% del totale, mentre a Milano e a Prato costituiscono solo il 3%”.  “Le leggende metropolitane sui cinesi? Si le ho sentite tutte, ma 15 anni fa” commenta don Giovanni Momigli, parroco di San Donnino. “Certe cose avvengono quando l’altro è un elemento misterioso. Da noi tutto è cambiato quando le famiglie cinesi si sono disperse nei condomini della città. La gente ha cominciato a conoscerli e si è resa conto che, purtroppo, anche i cinesi muoiono”.

LA NUOVA SARDEGNA
29 AGOSTO 2009
 
Una nutria gigante nella pineta
 
ORISTANO. Qualcuno l’ha scambiata per una specie di castoro invece era un raro esemplare di nutria, roditore originario del sud America che vive lungo i corsi d’acqua, cacciato per la sua pelliccia. Sono stati gli agenti del Corpo forestale di Oristano a ritrovarlo, due giorni fa, dopo la segnalazione di un cittadino, nei pressi del campeggio “Spinnaker”.  “L’animale, una femmina gravida del peso di 7-8 chilogrammi, ferito e molto nervoso, è stato catturato dal nostro personale e successivamente trasferito presso la clinica del veterinario convenzionato per la tutela dei selvatici - ha spiegato in una nota Giuseppino Serra, direttore del servizio territoriale della forestale di Oristano -. L’esemplare, che solitamente vive in prossimità di corsi d’acqua, potrebbe essere giunto a Torregrande dal vicino fiume Tirso, attraversando le numerose risaie presenti nella zona di “Brabau”. Il roditore è giunto in Europa in conseguenza del commercio di animali da pelliccia. La nutria rinvenuta a Torregrande, unitamente ad altri soggetti avvistati lungo i corsi d’acqua intorno al lago Omodeo, allo stagno di Santa Giusta e nel territorio di Nuraminis, discende direttamente da animali fuggiti o, in taluni casi, lasciati liberi, da allevamenti dismessi - ha aggiunto l’ispettore Serra -. La folta pelliccia e lo spesso stratto di grasso sottocutaneo hanno un azione isolante e permettono il mantenimento della temperatura corporea anche nelle fredde acque invernali. È un animale gregario e territorialmente vive in gruppi di 2-10 soggetti in cui in genere trova posto un solo maschio dominante, con un “branco” formato da femmine e piccoli. È strettamente vegetariana e la sua dieta si basa prevalentemente su alghe e piante acquatiche, di solito mangia nella terraferma, ma può sgranocchiare il cibo anche in acqua. Non è pericolosa per l’uomo, anche se c’è chi sostiene che sia portatrice di malattie come la leptospirosi, ma una attenta indagine condotta dall’Istituto zooprofilattico di Brescia ha dimostrato che si tratta di una leggenda infondata: le nutrie selvatiche non sono portatrici di virus infettivi per l’uomo né per gli animali da allevamento”.  Il vero problema, secondo la Forestale, è rappresentato dal fatto che la nutria non è una specie autoctona e questo fa sì che non esistano animali capaci di limitarne la prolificazione. Resta il fatto che l’impatto che tale specie può esercitare sulle biocenosi vegetali ed animali dei paesi d’introduzione è notevole. Per questo motivo il Ministero dell’ambiente ha suggerito agli organi preposti l’eradicazione di tutti gli esemplari individuati.  Non è il primo esemplare che viene individuato nell’Oristanese. Una nutria venne uccisa, nel dicembre dello scorso anno, da un pescatore all’interno dello stagno di Santa Giusta.

LA ZAMPA.IT
29 AGOSTO 2009
 
La fauna è cambiata: ora provoca troppi danni
Franco Orsi (Pdl), relatore della legge
 
ANTONELLA MARIOTTI
 
Senatore Orsi, il suo disegno di legge ha scatenato polemiche da mesi ormai.
«Io sono il relatore del testo che riassume undici disegni di legge depositati. La 157 è una legge vecchia di 17 anni, e in questo periodo i Paesi europei hanno portato modifiche: la Francia l’ha cambiata quattro volte. Dagli Anni Ottanta a oggi i cacciatori sono meno della metà, le zone vietate all’attività venatoria sono raddoppiate, e la fauna è cambiata»
In che senso?
«Si pensi solo alla presenza del lupo, come si è visto in questi giorni nel Cuneese....».
Vorrà mica dire che aprirebbe la caccia al lupo?
«No, però la Toscana ha grossi problemi con quella specie e so che si rivolgerà alla Corte Costituzionale: ha il più alto tasso di rimborsi agli allevatori e agricoltori per danni da animali selvatici. La caccia agli ungulati è l’unica soluzione per contenere cervi e cinghiali».
Insomma il cacciatore come tutela della natura?
«In una società moderna l’attività venatoria è ludico ricreativa per qualcuno, e di controllo fauna per altri. Certo laddove la specie sono a rischio non si deve cacciare»
Lei però permetterebbe di portare armi nei parchi. Chi ci garantisce che poi non si spari anche a specie protette?
«Due terzi dei parchi nazionali sono governati con forte spirito ambientalistico. Allo Stelvio, nel Parco Monti Sibillini, sono costretti a prelievi e abbattimenti per l’eccesso di presenza dei cervi, ma questa non è caccia ma controllo. Gli ambientalisti sono contrari a qualsiasi intervento, ma non possiamo aumentare in modo esponenziale i fondi per i risarcimenti».
Lei però apre alle doppiette le zone percorse dai roghi, quelle innevate. Non le sembra un po’ troppo?
«Noi vogliamo solo togliere i limiti che impediscono la caccia agli animali in esubero. Per esempio sui cinghiali si dovrebbe intervenire in inverno per avere meno problemi in estate».

LA ZAMPA.IT
29 AGOSTO 2009
 
È come dare ai tombaroli il governo dell'archeologia
Fulco Pratesi, Wwf
 
ANTONELLA MARIOTTI
 
Fulco Pratesi, lei è un cacciatore «ravveduto», fondatore del Wwf Italia. Cosa c’è che non va in questo disegno di legge che andrà in discussione nei prossimi giorni?
«Semplicemente non serviva una nuova legge, quella che c’è funziona benissimo è un punto di incontro tra cacciatori seri e ambientalisti. Negli anni ha dato risultati buoni, anche se non è perfetta. Ma quella di quel senatore va solo a peggiorare la situazione a dare una mano agli oltranzisti».
Quali sono i punti inaccettabili?
«Per esempio che il cacciatore possa spostarsi da un territorio a un altro. In questo modo non è più possibile il controllo. Poi la possibilità di entrare nelle aree protette, e quella di sparare ai migratori, cose contro qualsiasi logica di gestione seria dell’attività venatoria».
L’obiezione è che alcune specie stanno provocando danni all’agricoltura.
«Io vivo in campagna e conosco il problema, si possono catturare e portare in altre zone. Conosco i cacciatori, vogliono sempre avere tanti animali, è un atteggiamento di irrazionalità».
I cacciatori sono sempre di meno e le associazioni venatorie sostengono che hanno zone e tempi sempre più ristretti.
«Perchè la caccia è poco amata dagli italiani. E poi si deve tenere conto delle potenzialità del territorio. Ma insomma dare ai cacciatori la possibilità di cambiare la legge sulla caccia è come dare il settore dell’archeologia agli antiquari o ai tombaroli. Diciamo che i tombaroli sarebbero i bracconieri....Le vecchie leggi pensate dai cacciatori hanno provocato danni irreparabili».
Quali?
«Alcune specie come la starna scomparvero. Guardi questa legge funziona non va cambiata e basta. A questo signore bisogna solo sorridere e dire che vada a fare un altro mestiere. Io sono stato cacciatore per 20 anni all’estero, e lì ci sono regole precise, nei Paesi seri come Austria, Germania e Francia, non esiste opposizione. Qui non c’è nessuna ragione per dare maggiori potenzialità alle doppiette».

LA ZAMPA.IT
29 AGOSTO 2009
 
Spari liberi di notte e nei parchi
Una legge cambierà la caccia, a due settimane dall'apertura scoppia la polemica
 

Sparare a specie protette. Attraversare armati i parchi. Cacciare anche dopo il tramonto, mirare ai migratori e su territori innevati. Sono solo alcune delle accuse degli ambientalisti al disegno di legge che porta il nome del senatore Franco Orsi (Pdl), ligure e fervente cacciatore, e che dal primo settembre alla riapertura dei lavori parlamentari tornerà d’attualità.
Per primi
A dare il via alle proteste saranno gli ambientalisti toscani, contro gli amministratori della giunta regionale: lunedì sarà approvata una nuova legge che amplia territori e possibilità di caccia. Tra i punti «caldi» la possibilità di cacciare gli ungulati in ogni periodo dell’anno, l’aumento dei fondi alle associazioni venatorie e l’esclusione delle guardie zoofile (ambientalisti) dai controlli sui cacciatori. «Se non è proprio una legge sulla via di quella di Orsi - spiega Guido Scoccianti responsabile Wwf Firenze - si affronta il problema dei danni all’agricoltura solo con il fucile. Ci sono deroghe come la commercializzazione della caccia sugli ungulati, in contrasto con la legge quadro che vieta la finalità di lucro. Si permetteno le trappole “selettive” (aprendo quindi a possibilità di abusi). E poi si potrà sparare su territori innevati e dopo il tramonto».
La caccia è da sempre un settore che raccoglie consensi «bipartisan»: la rossa Toscana - citata più volte a esempio da Orsi Pdl - è terra di cacciatori e di amministrazioni locali che seguono le tendenze del loro «popolo in armi». Come è accaduto a Siena dove la Provincia ha cambiato la destinazione d’uso di una zona chiamata «Bandita», proprio perché bandita alla caccia dagli Anni Trenta. Sono 400 ettari nel comune di Castiglione d’Orcia. «Abbiamo ricevuto la segnalazione da un agricoltore - racconta Maria Teresa Alvino del Wwf Roma - la “Bandita di caccia” è diventata “Azienda agrituristica venatoria”, secondo alcuni cartelli messi nei giorni scorsi dalla Provincia di Siena». La Bandita è in Val d’Orcia, patrimonio dell’Unesco da cinque anni. «E’ uno scempio, uno scandalo questo sacrificio faunistico - scrivono dalla Val d’Orcia -, nulla in confronto alle case costruite davanti alle mura di Monticchiello che l’anno scorso hanno riempito i giornali».
Sul Web
Fucili in spalla e polemiche a non finire per la stagione venatoria che sta per aprirsi la terza domenica di settembre: sul Web proliferano petizioni contro il ddl Orsi, come i gruppi su Facebook, a favore (pochi), migliaia nei gruppi del no, come «Contro il ddl del Sen. Orsi e gli altri ddl che liberalizzano la caccia!»: raccoglie più di 77 mila adesioni. La proposta del senatore di Savona e sindaco di una cittadina del ponente ligure, è una sintesi tra undici disegni di legge depositati. «La legge è vecchia di 17 anni - spiega il sentore - e la situazione della fauna è cambiata: cervi e cinghiali stanno procurando danni che le regioni non riescono più a risarcire agli agricoltori». Anche il popolo dei cacciatori è cambiato, da un milione e 800 mila a circa 700 mila, «per questo chiediamo di avere più possibilità di cacciare». Come spesso accade a difesa di un settore si portano le motivazioni economiche e di sviluppo. Lo scrive Rodolfo Grassi, Federazione italiana della caccia a Milano: «Orsi ha ragione. E chiediamo meno tasse per un settore che dà lavoro ad oltre 60 mila persone e, con una produzione d’eccellenza nelle armi, fa da traino al “made in Italy”».
High-tech e mimetica
Proprio sul tipo di armi usate dai cacciatori arrivano segnalazioni inquietanti. Sauro Presenzini (guardie giurate Wwf Perugia) racconta di fucili semiautomatici, carabine di precisione, puntatori laser, ricetrasmittenti, veicoli 4 x 4, mimetiche, e kalashnikov: «E richiami acustici illegali: registratori digitali (costano mille euro) che riproducono il canto degli uccelli per attirare la selvaggina, e non udibili all’orecchio umano». Tra le armi per la caccia al cinghiale e gli ungulati in genere, ci sono le carabine a canna rigata, ma anche armi come il Kalashnikov che però «è demilitarizzato - spiega Presenzini -, non può sparare a raffica». Per fortuna.

ANSA AMBIENTE
29 AGOSTO 2009
 
CACCIA: 2 SETTEMBRE TORNANO DOPPIETTE, IL 15 LEGGE ORSI/ANSA
 
ROMA - Si torna a caccia. Il 2 settembre i cacciatori potranno di nuovo impugnare i fucili grazie alla preapertura della stagione venatoria e alle deroghe concesse dalle regioni, o in singoli casi dalle province. Nel frattempo, alla meta' di settembre si tornera' in commissione Ambiente a Palazzo Madama per l'esame della proposta di legge del senatore del Pdl, Franco Orsi, per modificare la legge 157 del 1992 che regola l'attivita' venatoria in Italia. Un testo che si porta dietro non poche polemiche e che potrebbe essere gia' a rischio, anche se si pensa di aprire a nuovi emendamenti nonostante ce ne siano pronti 1.500. PRE-APERTURA E REGIONI: La preapertura, con le deroghe affidate alle Regioni, permette ai cacciatori di imbracciare il fucile prima della data ufficiale di apertura della stagione venatoria, normalmente per la terza domenica di settembre. Quanto alla preapertura, quest'anno sara' condita da una particolarita': si iniziera' 24 ore dopo, il 2 settembre, e non il primo perche' cade di martedi', cioe' uno dei due giorni di silenzio venatorio (il martedi' e il venerdi'). Ogni Regione con apposite deroghe decide sulle date e sulle specie cacciabili: le Regioni partono quasi tutte dal 2 settembre con delle eccezioni in cui vengono selezionati determinati giorni o viene lasciata la facolta' di scegliere alle province, mentre per le specie cacciabili, in totale 17 con la Basilicata e il Molise che aprono a 10 specie e l'Umbria a 9, si va dal colombaccio alla tortora, dalla pernice rossa al fagiano, dalla lepre alla volpe, dal beccaccino alla quaglia, dal cinghiale al capriolo. Per la Lipu i rischi della preapertura sono legati soprattutto ''alle specie nidificanti e a quelle in declino''. 1.500 EMENDAMENTI A PDL ORSI: Si riapre il 15 settembre l'esame del testo della proposta di legge sulla caccia del senatore Orsi: in commissione Ambiente al Senato gli emendamenti depositati sono circa 1.500. E, nonostante questo, riferisce il presidente della commissione Antonio D'Ali' si pensa di aprire per ''una settimana a nuovi emendamenti'' con un esame preliminare per provare a ''sfrondare'' l'enorme mole e tentare di andare in Aula ''per ottobre o novembre''. Il senatore del Pdl Orsi dice che questo ''ostruzionismo'' non serve e apre all'opposizione e alle associazioni per salvare la sostanza della legge: cioe', ''se dovessero sussistere condizioni scientificamente provate di animali in notevole sviluppo o eccessiva quantita', la legge permetterebbe la possibilita' di un aumento di prelievo, soltanto per quelle specie, come potrebbe essere, per esempio, per gli ungulati''. Su alcuni articoli ritenuti ''provocatori - dice Orsi - la maggioranza non si fara' impiccare: il testo non e' blindato''. NIENTE FUCILE A 16 ANNI: La norma sulla possibilita' di dare un patentino ai sedicenni per poter impugnare un fucile e cacciare non fara' piu' parte della proposta di modifica della legge sull'attivita' venatoria. A sopprimere questo articolo ci pensera' un emendamento proprio di Orsi. E a venir cestinate potrebbero essere anche le norme sui cacciatori nei parchi e nelle aree protette, quella sul prolungamento della stagione e quella che riguarda l'accesso, a pagamento, nelle aziende agricole per sparare anche dopo il tramonto. Con l'eliminazione del patentino per cacciare a 16 anni, i punti controversi della legge riguardano la possibilita' di accedere nelle aree protette (che sarebbe consentito solo alle guardie o a cacciatori abilitati) o di cacciare nelle aziende agricole (pagando l'ingresso e prelevando le specie immesse) anche fino a un'ora dopo il tramonto e la possibilita' di cacciare anche nei giorni di silenzio venatorio le specie in sovrappiu''. TESTO A RISCHIO: A mettere a rischio la legge Orsi, oltre alle polemiche, c'e' il nodo delle Regioni che al testo della legge di modifica sull'attivita' venatoria del senatore devono dare un parere: ''La posizione delle regioni e' fondamentale, anche per disinnescare le contrapposizioni politiche, e poi se non condividono l'impianto per il Parlamento sarebbe improprio fare una legge per una necessita' che non c'e'''.

ANSA AMBIENTE
29 AGOSTO 2009
 
CACCIA: ORSI(PDL),NIENTE FUCILE A 16 ANNI,TESTO NON BLINDATO
 
ROMA - La norma sulla possibilita' di dare un patentino ai sedicenni per poter impugnare un fucile e cacciare non fara' piu' parte della proposta di modifica della legge sull'attivita' venatoria. E a venir cestinate, all'interno di ''un testo che non e' blindato'', potrebbero essere anche le norme sui cacciatori nei parchi e nelle aree protette, quella sul prolungamento della stagione e quella che riguarda l'accesso, a pagamento, nelle aziende agricole per sparare anche dopo il tramonto. A comunicarlo all'ANSA il relatore del testo sulla caccia, Franco Orsi del Pdl, che sulla questione del patentino ha gia' depositato un suo emendamento per la soppressione dell'articolo, in commissione Ambiente al Senato dove la discussione riprendera' il 15 settembre partendo dalla mole di 1.500 emendamenti e dalla possibilita' di depositarne altri per una settimana. In questo modo, spiega Orsi, si cerca di trovare ''un punto di incontro con l'opposizione e le associazioni'' per salvare la sostanza della legge, ovvero quello che ''puo' essere definito un atteggiamento pragmatico: se dovessero sussistere condizioni scientificamente provate di animali in notevole sviluppo o eccessiva quantita', la legge permetterebbe la possibilita' di un aumento di prelievo, soltanto per quelle specie, come potrebbe essere, per esempio, per gli ungulati''. Per le piccole cose, che potevano ''sembrare articoli provocatori' - dice Orsi - la maggioranza non si fara' impiccare: il testo non e' blindato. Si potrebbero, invece, prendere in considerazione le proposte ragionevoli dell'opposizione, almeno una decina''. Su alcune cose, nonostante le aperture, Orsi sembra pero' non voler rinunciare: ''L'idea della caccia non solo come attivita' ludico-venatoria ma anche di riequilibrio naturale. Bisogna, in sostanza, far fare alla caccia il suo mestiere che e' quella del contenimento delle specie con il criterio del minimo impatto ecologico e del controllo faunistico''. Il senatore del Pdl parla poi di quelli che sono ritenuti i punti controversi del testo di modifica: dal patentino per cacciare a 16 anni (verso la soppressione), alla possibilita' di accedere nelle aree protette (che sarebbe consentito solo alle guardie o a cacciatori abilitati) o di cacciare nelle aziende agricole (pagando l'ingresso e prelevando le specie immesse) anche fino a un'ora dopo il tramonto. Con la legge di modifica, ''i giorni di silenzio venatorio non ci sarebbero piu' per le specie in sovrappiu', per i piani di prelievo degli ungulati e per le specie invasive''. Ma la situazione attuale, osserva Orsi, e' di ''aperto ostruzionismo: sono stati presentati 1.500 emendamenti, tutto quello che si poteva presentare e' stato presentato''. E, poi, c'e' il nodo delle Regioni che alla legge di modifica sull'attivita' venatoria devono dare un parere: ''La posizione delle regioni e' fondamentale, anche per disinnescare le contrapposizioni politiche, e poi se non condividono l'impianto per il Parlamento sarebbe improprio fare una legge per una necessita' che non c'e'''.

LA PROVINCIA DI SONDRIO
29 AGOSTO 2009
 
Erette barricate contro i cinghiali
 
Provincia di Sondrio - Si sono elevate vere e proprie barricate, fatte di reti metalliche, lamiere, cancelli, assi, recinti e addirittura lampeggianti, ma niente sembra valere contro la forza distruttiva dei cinghiali che hanno invaso Ardenno. Fin dalle coltivazioni di fondovalle contro montagna e salendo lungo la vecchia via comunale per Biolo attraverso le località Bedoia, Doss, Giardini, il paesaggio è rigato di filari d’uva, orti, campi. Basta entrare in uno qualsiasi degli appezzamenti di terreno coltivato a costo di lunghe giornate di lavoro rubate al tempo libero, per vedere da vicino il perché dell’esasperazione dei proprietari: «Contro questi animali è una guerra persa - dicono gli abitanti di Ardenno - cerchiamo di proteggerci in tutti i modi con recinti e espedienti di qualsiasi tipo e poi ogni mattina si scopre un pezzo di vigna dove sono rimasti solo i raspi d’uva, muretti crollati e campi rasi al suolo. Se gli enti non ci danno una mano, qui finiranno tutti per abbandonare le coltivazioni e poi addio territorio».Quasi tutti gli abitanti di Ardenno mandano avanti la tradizione di lavorare il vigneto e praticamente tutti hanno dovuto fare i conti con i cinghiali (le stime parlano di 500 solo ad Ardenno, ma il problema riguarda anche Buglio e Berbenno): «Da qualche anno si registrano danni - spiega Otorino Coppa - ma in questi ultimi mesi la situazione è diventata intollerabile e sempre più persone cominciano a pensare di abbandonare vigne e campi. Spiendiamo tempo e denaro per recintare le colture, ma spesso neanche questo basta a fermare i cinghiali».Le recinzioni di plastica non bastano, così si è passa ad assi di legno, cancelli, reti metalliche: «Abbiamo provato perfino con lampeggianti e recinti elettrificati - spiegano Remo Fioroni, Ezio Scottoni e Silvio Oliva - senza alcun risultato. Ci viene risposto di presentare richiesta di danni, come se pochi euro potessero ripagarci di tanto lavoro e di vedere tutto distrutto da animali che qui non dovrebbero esserci ma che nessuno sembra voler abbattere. Non c’è altro modo che l’intervento dei cacciatori per salvare i nostri terreni e gli enti dovrebbero capirlo e venirci incontro».
Nei terrazzamenti che dividono i vigneti si vedono i crolli dovuti al passaggio dei cinghiali, i prati devastati per raggiungere l’uva matura: «Oltre a quella che viene mangiata - spiega Remo Fioroni - c’è il problema di tutta quella rovinata che poi viene attaccata da api e vespe. Le volpi e gli altri animali selvatici ci sono sempre stati ma i loro danni non sono paragonabili a queste devastazioni causate dai cinghiali».

IL GAZZETTINO DI PADOVA
29 AGOSTO 2009
 
COLLI Catturati tredici esemplari in un solo giorno. In tutto il 2008 erano stati 700, ad agosto di quest’anno sono già a quota 611
Troppi cinghiali, nel parco bisogna sparare
Per l’assessore provinciale all’agricoltura Riolfatto ormai «non c’è più il controllo della situazione»
 
Ferdinando Garavello
 
Colli Euganei (PD) -  I cinghiali si confermano come sgraditi protagonisti del territorio euganeo, dove il numero di catture sta schizzando in alto in modo esponenziale nelle ultime settimane. Solo l’altro ieri tre chiusini, le trappole predisposte nella zona dei colli per catturare gli ungulati, hanno portato all’abbattimento di 13 capi. 6 di questi sono caduti nella trappola del monte Cecilia, sopra l’abitato di Baone, altri 4 nella frazione di Valle San Giorgio e 3 a Faedo di Cinto Euganeo. Si tratta della cattura più consistente dell’estate, che porta il numero complessivo a vette mai raggiunte in precedenza. Basti pensare infatti che da gennaio sono 611 gli animali presi in gabbia nel comprensorio del parco, mentre nell’intero 2008 erano stati 793. In totale si è arrivati, dal 2000 in poi, a circa 2300 animali catturati ed abbattuti nella campagna di eradicazione della specie, ritenuta dannosa e non autoctona, nel padovano. 1700 esemplari in totale erano stati uccisi fino all’anno passato, ma secondo le stime della Provincia si potrebbe arrivare al migliaio nel 2009. Segno che la popolazione sta crescendo, nonostante i tentativi delle autorità di cancellare questo genere di selvatico dall’area dei colli. Secondo altre fonti, invece, il numero delle catture è in crescita perché gli animali trovano sempre meno cibo nella boscaglia e sono quindi costretti ad entrare nei chiusini alla ricerca di qualcosa da mangiare. Tale tesi sarebbe supportata dall’espansione degli avvistamenti e dei danni causati dagli ungulati nei mesi scorsi, quando interi branchi si sono spostati in pianura per trovare fonti di cibo e acqua. Il Comune più colpito sembra essere sempre Baone, dove gli abbattimenti rimangono moltissimi. Seguono a ruota Cinto Euganeo e Arquà Petrarca, ma nella classifica rientrano anche Galzignano, Vo’, Teolo, Torreglia e Monselice. «A questo punto ci sono tutte le basi perché si arrivi al migliaio di capi catturati entro l’anno, e pure di più probabilmente - sottolinea l’assessore all’agricoltura e alla polizia della Provincia, Domenico Riolfatto - se l’obiettivo del piano che si sta portando avanti da anni era quello di eliminarli tutti, questi dati ci dicono che qualcosa nel sistema non funziona». «La crescita del numero dei cinghiali nel territorio - continua Riolfatto - va contro la tutela degli interessi degli agricoltori, ma non dobbiamo sottovalutare l’impatto che questa specie ha sul delicatissimo ecosistema locale». Sviscerate le cause e gli effetti, l’assessore passa infine a proporre le soluzioni, consapevole che il suo suggerimento gli metterà contro il fronte animalista e forse pure i vertici del parco Colli, contrari da sempre alle doppiette in zona collinare. «Diventa obbligatorio - avverte infatti – trovare nuovi modi per combattere il proliferare della specie e pare ormai indispensabile far tesoro della disponibilità dei volontari e dei privati, adeguatamente preparati». Chiaro il riferimento alle proposte, avanzate dalle associazioni dei "selecontrollori" - privati dotati di licenza di caccia e specializzati nelle battute contro particolari specie selvatiche - di integrare gli operatori della polizia provinciale e del Parco con i cittadini. Da anni i vertici del Parco si oppongono a questa ipotesi, ma l’apertura della Provincia potrebbe rivelarsi determinante.

IL TIRRENO
29 AGOSTO 2009
 
I cinghiali arrivano a S. Anna e Nave Abitanti preoccupati
 
Cristina Quaglierini
 
LUCCA. Cinghiali alle porte della città. Negli ultimi quindici giorni ci sono stati avvistamenti, le colture sono state danneggiate e le cortecce d’albero scorticate nella zona nord di S. Anna e Nave. Gli animali si sono spinti in periferia, fino ad arrivare a viale Einaudi dove è previsto un nuovo quartiere. La Provincia avrebbe già effettuato sopralluoghi e aspetta l’autorizzazione per intervenire.  Per ora gli animali sono pochi, ma gli abitanti della zona cominciano ad allarmarsi. Temono che i cinghiali possano essere grandi e che di notte si muovano tra i campi. Non si conoscono ancora le ragioni grazie alle quali gli animali siano riusciti ad avvicinarsi così tanto ai centri abitati. «Una delle ipotesi di questo avvicinamento - spiega Antonio Bertolucci, funzionario dell’ufficio Caccia della Provincia - potrebbe essere la recente pulitura degli argini del Serchio che potrebbe aver aperto loro la strada verso la città».  La Provincia, però, non potrà muoversi, per limitare i danni causati dai cinghiali, fino a che non riceverà l’autorizzazione dell’Istituto Superiore Fauna Selvetica. «Avevamo già chiesto tempo fa l’autorizzazione per i controlli - afferma Bertuccelli - ma a causa della scarsa presenza di cinghiali e dei danni esigui, non siamo riusciti a ottenerla. Abbiamo, però, recentemente rinnovato la richiesta e speriamo di ricevere una risposta prima possibile».  L’intervento previsto dall’Ufficio Caccia, in caso di ulteriori segnalazioni della presenza dei cinghiali, consisterebbe in intrappolamenti degli animali, che in seguito verrebbero rilasciati in aree idonee come boschi e parchi recintati, dove possono vivere liberamente senza essere un pericolo; l’alternativa è l’abbattimento selettivo degli elementi che risultassero più pericolosi per gli abitanti. «Nel caso che gli animali si stabilizzino nell’area, sconfinino e diventino un problema di sicurezza pubblica - spiega l’Ufficio Caccia - il Comune potrebbe intervenire tramite un’ordinanza del sindaco per l’abbattimento, ma questa è l’ipotesi più drammatica». Intanto, per evitare danni alle colture, la Provincia consiglia ai contadini di munirsi di recinzioni elettriche. «La Provincia - insiste Bertolucci - come previsto dalla legge, stanzierà i fondi a chi possiede colture per comprare le recinzioni elettriche, molto efficaci contro gli animali selvatici».

IL TEMPO FROSINONE
29 AGOSTO 2009
 
Stagione venatoria Il presidente dell'Atc Fr1 critica il calendario
Cacciatori del Lazio penalizzati
Nervosismo intorno alla gestione del settore venatorio nel Lazio.
 
«È lo stesso calendario da cinque anni, in cui emerge la solita posizione anticaccia ideologica e preconcetta che continua a penalizzare i cacciatori del Lazio», così il presidente dell'Atc Fr 1, Edmondo Vivoli, ha commentato la data di pre-apertura della stagione venatoria, al via nel Lazio nei giorni del 2 e 6 settembre e in via definitiva dal 20. Date alla mano, Vivoli ha fatto notare che invece in Molise l'apertura generale è anticipata al 2 settembre, in Abruzzo al 6 «per non parlare di altre regioni come le Marche e l'Umbria dove hanno una lunghissima lista di specie cacciabili». «I cacciatori del Lazio subiscono altre penalizzazioni - ha spiegato Vivoli - in questo territorio non si possono allenare i cani nelle Zps, divieto che non esiste nelle altre regioni. Di cinque specie cacciabili solo una merita l'apprezzamento dei cacciatori: la tortora. Le altre sono invasive e, per assurdo, possiamo controllarle anche quando la stagione è chiusa». Vivoli ha anche segnalato i dati relativi agli abbattimenti della stagione 2007-2008 nel territorio. I risultati: 194 abbattimenti di lepri, 1.031 fagiani, 290 cinghiali, 71 volpi, 3.113 merli, 104 gazze, 497 cornacchie, 1282 ghiandaie, 482 beccacce, 1078 colombacci, 1297 tortore, 81 quaglie, 25.442 tordi, 2482 altre specie. «Il dato della lepre - ha segnalato Vivoli - è basso rispetto all'anno precedente per le norme restrittive applicate dalla Regione sulle Zps che di fatto ne hanno impedito il ripopolamento in montagna».

IL TIRRENO
29 AGOSTO 2009
 
Bene così, il bracconaggio è da debellare
 
SALINE DI VOLTERRA (PI). Sarà insignito di un attestato di benemerenza l’equipaggio della pattuglia di carabinieri che l’altra sera, a Saline di Volterra, ha fermato i due anziani pisani che trasportavano a bordo di una jeep quattro cinghiali morti, un maschio adulto e tre cuccioli.  Gli animali, con ogni probabilità, erano stati catturati con dei lacci e poi, successivamente, uccisi a bastonate oppure a sprangate.  L’iniziativa dell’attestato di benemerenza per i due militari è dell’associazione Dav (Difesa Ambiente Animali e Vita), che interviene dopo aver appreso dal Tirreno della denuncia per furto aggravato ai danni dello Stato dei due pisani.  «Desideriamo innanzitutto ringraziare - fanno presente i responsabili della Dav - il nucleo dell’aliquota radiomobile del comando della compagnia dei carabinieri di Volterra ed il comando provinciale dei carabinieri di Pisa, per l’intensa attività a tutela dei cittadini, del territorio e dell’ambiente. La Dav prossimamente conferirà un attestato di benemerenza all’equipaggio che l’altra notte, durante un posto di controllo, ha portato alla denuncia di due persone. La Dav invita quindi a proseguire nei controlli e nei monitoraggi, a partire da quelle zone dove già in passato sono state segnalate attività venatorie illegali. Il bracconaggio è un fenomeno che purtroppo continua a persistere sul nostro territorio, una piaga che desta preoccupazione e che fermamente condanniamo. Invitiamo tutti i cittadini e soprattutto i cacciatori che, con senso di responsabilità e nel rispetto della legge, amano l’attività venatoria, a segnalare ogni episodio illegale alle forze dell’ordine. La Dav resta disponibile a collaborare con le altre associazioni e con le forze dell’ordine per scongiurare fenomeni illegali a danno degli animali e dell’ambiente».

IL MESSAGGERO
29 AGOSTO 2009
 
Poveri fenicotteri di Orbetello
 
MICHELE DI BRANCO

ROMA - Poveri fenicotteri di Orbetello. Provateci voi a vivere con un aereo che vi passa sopra la testa facendo un chiasso assordante o che addirittura vi sfiora o vi tocca. Sarebbe un’estate d’inferno. Gli animali domestici, i più fortunati di loro, vanno in vacanza coi loro padroni. Gli animali selvatici non hanno questa fortuna. Ma hanno comunque diritto al riposo. Un diritto disturbato da moltitudini di cafoni spericolati che con un brevetto di volo in tasca si sentono dei piccoli Tom Cruise in “Top Gun”.

Dillo al Messaggero Estate
ha raccolto lo sfogo di Aleandro, un atto di accusa circostanziato: «Nelle aree protette, come le riserve naturali e le oasi di protezione della fauna – scrive il lettore – è vietato il sorvolo aereo, soprattutto a bassa quota, poiché i veivoli spaventano gli uccelli selvatici impedendone la riproduzione e durante l’inverno li fanno fuggire all’esterno esponendoli alle doppiette dei cacciatori. Eppure quest’estate – racconta ancora Aleadro – nella laguna di Orbetello e sul vicino lago di Burano, aree protette da sempre e zone di importanza internazionale per migliaia di uccelli acquatici, sono sempre più frequenti i sorvoli a pelo d’acqua di elicotteri privati ed ultraleggeri condotti irresponsabilmente da piloti che pensano di essere nel film “La mia Africa” e fanno volare via fenicotteri, anatre e cavalieri d’Italia senza pensare al danno prodotto. Intanto sono oltre 10 anni che i fenicotteri non si riproducono più in laguna».
In Italia il 20 per cento del territorio nazionale è sottoposto a varie forme di protezione: divieti di caccia, di volo, limitazioni al transito. E si contano ben 400 Zps (zone a protezione speciale). Parchi, lagune, fiumi, mari, riserve, oasi: il legislatore non ha lesinato sforzi per salvaguardare l’equilibrio ambientale e dunque gli animali. Peccato che poi il rapporto tra le violazioni e le sanzioni sia sconfortante. E che di multe se ne vedano assai poche, in questa calda estate come in quelle precedenti.
«Capisco che fare le evoluzioni con un aereo ultraleggero sulla laguna di Orbetello – commenta con amara ironia Mario Tozzi, Presidente del Parco dell’Arcipelago Toscano – sia più divertente che seguire un barboso piano di volo. Ma è deleterio per la fauna, oltre che maleducato. La gente deve denunciare».
Una spinta a farlo la offre Marco Gustin, della Lega protezione uccelli: «Disturbare gli uccelli significa costringerli a lasciare il loro habitat naturale e magari a spingersi verso gli aeroporti. Con conseguenze potenzialmente disastrose per i voli civili».
Una lettrice di Latina, esperta di montagna, segnala a Dillo al Messaggero Estate che in Trentino la presenza, in luoghi non consentiti, degli scalatori sportivi ha disturbato non poco gli uccelli nella stagione calda. Stesso fastidio dal volo, a tutte le ore, di deltaplani e parapendii.
In Italia, segnalano fonti di Legambiente, restano solo 400 coppie di aquile reali: alterare il loro equilibrio e farle scomparire è semplicissimo. Vittorio Guberti, dell’Istituto nazionale di fauna selvatica, parla di «problema culturale» e individua negli aerei da diporto il cuore del problema: «Ne fanno di tutti i colori spaventando gli uccelli. Sulla costa laziale volano letteralmente a pelo d’acqua. Serve una repressione maggiore degli organi competenti».
E forse anche una legislazione più uniforme, come sostiene Claudio Eminente dell’Enac, che sta lavorando proprio a questo problema con il Ministero dell’Ambiente: «Sui divieti di volo nelle aree protette, ciascuna regione si regola modo suo. E spesso si determina confusione che non fa bene all’equilibrio faunistico e che confonde chi vola». Ma regole uniformi basteranno a calmare i cafoni dell’aria?.

APCOM
29 AGOSTO 2009
 
Piranha strozzato da pop corn trovato morto in fiume del Devon
Dopo quello trovato nel Po esemplare "gigantesco" anche in Gb
 
Roma - Appena pochi giorni fa un piranha è stato trovato nel Po, oggi The Guardian riporta la notizia che un altro di questi pesci feroci è stato trovato nel Torridge, un fiume del Devon, in Gran Bretagna. Forse a causa della temperatura rigida delle acque, l'esemplare, che appartiene a una specie il cui habitat naturale è il Rio delle Amazzoni, è stato trovato morto dagli esperti dell'Agenzia ambientale britannica. Ma, benché morto, il piranha apre inquietanti interrogativi sulle specie esotiche che vengono introdotte clandestinamente nei fiumi europei mettendo a rischio la fauna locale. Il pesce, di grandi dimensioni, fuori dalla norma, aveva lo stomaco pieno di pop corn, particolare che rafforza l'ipotesi secondo cui si sarebbe trattato di un animale allevato come se fosse una specie domestica e poi liberato nel fiume di nascosto.

LA NUOVA SARDEGNA
29 AGOSTO 2009
 
Avvistati una balenottera e una quindicina di capodogli
 
CAGLIARI. A tu per tu con i grandi cetacei. È avvenuto nelle acque del sud della Sardegna. Due imbarcazioni a vela italiane, mentre navigavano verso Capo Teulada provenienti dalla Tunisia, si sono trovate letteralmente circondate da un branco di cetacei di varia dimensione e specie: decine di delfini e stenelle, un branco di oltre 15 capodogli e una balenottera comune di oltre 20 metri.  «La scena era straordinaria - ha riferito il biologo marino Giampietro Sara - Decine di delfini sembravano scortare un grosso gruppo di capodogli, tra cui alcune femmine di grandi dimensioni e molti ‘cuccioli’ sotto i dieci metri. Ma la cosa più incredibile era il comportamento della balenottera».  «Ci passavano sotto lo scafo strofinando le teste tra loro, facevano venire i brividi, ma erano bellissimi», ha raccontato da parte sua lo scrittore Simone Perotti, skipper delle due barche a vela insieme con Sara.  Ai margini del branco, una balenottera comune di grandi dimensioni - raccontano i protagonisti dell’avventura - navigava a quasi quindici nodi di velocità.  L’area dove è avvenuto l’incontro si trova in un punto di forte dislivello batimetrico. Da oltre 2.500 metri di profondità il fondale sale improvvisamente a 1.000 metri. Questo ‘salto’ delle profondità crea forti correnti di risalita, capaci di far emergere acque ricche di sostanze nutrienti per plancton e piccoli pesci.  Un paradiso per molte specie di animali, balene comprese. Del resto questi mammiferi marini, anche nel Nord della Sardegna, vengono avvistati con una certa frequenza. Non è un caso che tra il nord dell’isola, la Corsica e il Principato di Monaco si trovi un’area protetta tesa proprio alla salvaguardia delle balene e dei capodogli che vivono nel Mediterraneo.

LA GAZZETTA DI MANTOVA
29 AGOSTO 2009
 
Catturata una vipera nel luogo dell'aggressione
 
CANNETO SULL’OGLIO (MN). E’ stata catturata una vipera nel luogo dove è stato morso l’agricoltore di Canneto, Egidio Benetti, 63 anni, ancora ricoverato in condizioni gravissime per le conseguenze del veleno del rettile. Per il vivaista proprietario del terreno, Aldo Riccardelli, potrebbe essere addirittura quella del morso: si trovava infatti a una quindicina di metri dal canale dove è stato attaccato Benetti. Il rettile è stato tramortito con un bastone, messo in un secchio e portato al laboratorio dell’Asl di Asola. Ad aiutare Riccardelli alcuni volontari della Protezione Civile, che in questi giorni, dopo l’incidente a Benetti, avevano tenuto particolarmente d’occhio la zona alla caccia dei rettili, animali timidi e schivi che attaccano l’uomo molto raramente.  Egidio Benetti è stato molto sfortunato: stava tirando su un pezzo di ferro per regolare l’acqua di un canale del sistema di irrigazione. Il rettile era proprio sulla maniglia, che era rimasta molto tempo al sole. L’agricoltore ha capito immediatamente che di trattava di una vipera: i due segni dei morsi ravvicinati, la forma della pupilla, la coda. E’ corso a casa a chiedere aiuto ai familiari.  Quando è arrivato all’ospedale di Asola la situazione si è improvvisamente aggravata, nonostante l’immediato intervento dell’équipe specializzata. Il veleno ha colpito gli organi vitali e l’uomo è entrato in coma. Ora si trova ricoverato all’ospedale di Pieve di Coriano in rianimazione.
 
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