21 OTTOBRE  2009

LA REPUBBLICA
21 OTTOBRE 2009
 
FROSINONE, DIECI CANI MORTI: ALLARME POLPETTE AVVELENATE
 
Dieci cani sono stati trovati morti a Sant'Ambrogio sul Garigliano (Fr). Si tratta di cani randagi ma anche di animali di proprietà allontanati da casa per via della stagione della riproduzione. Un gruppo si è lasciato morire nel pieno centro storico del paese, altri invece, si sono allontanati fino a raggiungere l'immediata periferia. A lanciare l'allarme è la sezione Anpana di Cassino allertata a sua volta da alcuni residenti. I volontari di Francesco Altieri si stanno attivando per risalire alle cause delle morti. Con tutta probabilità, però, si tratta di polpette avvelenate. Il fenomeno si era già ripetuto alcuni anni fa quando, con lo stesso sistema, vennero uccisi ben sette animali. In quella circostanza il colpevole non venne mai trovato.

IL CITTADINO
21 OTTOBRE 2009
 
Smercio di pulcini, la Lav indaga sul caso Numerose le segnalazioni nel Lodigiano
 
Provincia di Lodi - Lav contro i maltrattamenti animali, è ora di far luce sul caso graffignanino. In merito alla denuncia di due lodigiani che hanno avvertito le autorità del presunto smercio di pulcini e altri piccoli animali, presso un’attrazione all’interno del Luna Park della Sagra della Vittorina, il coordinatore provinciale della Lega antivivisezione Simone Pavesi ha avviato alcuni accertamenti: «Abbiamo chiesto al comune di Graffignana e all’Asl di accedere agli atti per capire chi ha autorizzato cosa o chi si è preso libere iniziative nonostante la mancanza di permessi». Infatti è dal 2006 che, grazie a una legge regionale, è vietato mettere in palio o regalare animali nell’ambito di sagre, lotterie o altre attività pubbliche. Puntualmente tutto questo viene disatteso. In oltre, un’altra legge regionale promuove “la prevenzione del randagismo, la protezione e la tutela degli animali e ne sancisce il diritto alla dignità di esseri viventi, condannando ogni tipo di maltrattamento, compreso l’abbandono”. «È utile ricordare un’analoga triste vicende intercorsa a Codogno nel settembre 2008, in cui durante la “notte bianca” sono stati regalati centinaia di pesci rossi poi abbandonati lungo le strade e quindi morti. La Procura della Repubblica del tribunale di Lodi ha aperto un fascicolo per individuare le responsabilità penali degli organizzatori», prosegue Pavesi e assicura: «La nostra associazione continua a ricevere segnalazioni provenienti prevalentemente dal Lodigiano. Dobbamo fare qualcosa». Poi l’appello: «Chiediamo alle persone che hanno denunciato il caso di Graffignana di contattarci scrivendo a [email protected] o chiamando i numeri 320.4788075 e 3391917434».

CORRIERE DELLA SERA
21 OTTOBRE 2009
 
Il ministro democratico difende le catture: «Ogni Paese ha le sue tradizioni»
Strage di delfini, tensioni in Giappone
Debutta a Tokyo il film sulla mattanza girato di nascosto nella baia di Taiji, i pescatori si mobilitano
 
Un momento della strage dei delfini nella baia di Taiji, in un'immagine della Sea Shepherd Conservation Society (Ap)
 
 MARCO DEL CORONA
 
PECHINO — Era rimasta se­greta a lungo. Poi, la mattanza di delfini che si scatena ogni an­no a Taiji, Giappone meridiona­le, è entrata nel campo visivo degli ambientalisti. Quindi un documentario l’ha resa una cau­sa pubblica: si intitola The Co­ve, l’ha diretto lo svedese Louie Psihoyos che l’ha presentato in diverse rassegne cinematografi­che mondiali, dal Sundance a Deauville. Oggi l’atto definiti­vo: la pellicola verrà proiettata per la prima volta in Giappone, sala numero 1 del cinema Toho a Roppongi Hills, apertura alle 10.30, evento infilato in fretta e furia nel denso programma del Tokyo International Film Festi­val. Già ieri biglietti tutti esauri­ti.
Non è una «prima» come le altre. Per i cacciatori di delfini di Taiji, già furibondi per la campagna ecologista contro quella che difendono come una pratica ancestrale, il debut­to di The Cove sul suolo patrio è una provocazione. Gli orga­nizzatori della manifestazione sono stati presi di mira da lette­re, minacce, telefonate a raffi­ca. La produzione del film (bri­tannica) è stata avvertita che i pescatori di Taiji potrebbero bloccare l’ingresso del cinema o comunque inscenare qualche forma di protesta, mentre le au­torità della cittadina — nean­che 4 mila abitanti — si sono mobilitate a livello politico, chiedendo l’intervento solidale di un paio di ministeri. The Cove, una quindicina di premi in giro per il mondo, dà conto della campagna del con­servazionista americano Ric O’Barry per fermare il massa­cro di Taiji, del quale venne a conoscenza a metà degli anni Settanta. Almeno finché la cam­pagna non ha consegnato Taiji e i suoi pescatori all’attenzione degli ecologisti, tra settembre e marzo venivano uccisi circa 2 mila delfini, e altre decine cat­turate per essere vendute nei delfinari e negli acquari giappo­nesi ed esteri.
Quest’anno pare invece non ci siano vittime. La caccia era condotta con un mi­sto di tecnologia e sistemi ele­mentari, confondendo il sonar degli animali e conducendoli in una cala riparata (The Cove, appunto) dove con lame e fioci­ne si procedeva al macello. Le immagini dell’acqua rosso vi­vo avevano fatto il giro del mondo già prima del documen­tario, realizzato nonostante l’opposizione dei pescatori e delle autorità di Taiji. Le intimi­dazioni subite da O’Barry nel tempo sono state sperimentate poi dalla troupe guidata da Psihoyos, che ha fatto ricorso anche a cineprese camuffate da finte pietre e che rischia l’arre­sto per essersi inoltrato in zone off-limits durante le riprese.
A Taiji ci si è difesi sostenen­do che la carne di delfino viene poi lavorata a scopi alimentari e che l’uccisione degli animali tutela l’ecosistema. Ma «la cat­tura e le uccisioni dei delfini so­no compiuti all’interno del par­co nazionale Yoshino Kumano Kokuritsu Koen, gestito dal mi­nistero dell’Ambiente», scrive­va due anni fa il Japan Times, aggiungendo che «esami di la­boratorio hanno a più riprese mostrato i livelli estremamen­te alti di mercurio riscontrati nella carne di delfino». I pescatori di Taiji negano la circostan­za e sembrano orientati a op­porre alle proiezioni di The Co­ve la stessa resistenza riservata a O’Barry. Il quale, a sua volta, ha raccontato di aver seriamen­te temuto per la propria incolu­mità. D’altra parte, se in giappo­nese la parola che indica una pressione esterna è gaiatsu, quel che The Cove ha scatenato — ha spiegato O’Barry — «è ga­iatsu- più » . L’imbarazzo si è esteso oltre Taiji e ha lambito il nuovo governo nipponico di centrosinistra. Il ministro degli Esteri, il de­mocratico Katsuya Okada, ha voluto ricordare venerdì che ogni Paese ha le sue tradizioni e le sue abitudini alimentari. Non è il pensiero di O’Barry. Che aveva cominciato come ad­destratore di delfini, anche per la serie tv Flipper , salvo pentir­si e battersi per 40 anni per la loro difesa. Adesso il documen­tario parla per lui. E Tokyo è forse la trincea più avanzata.

CORRIERE FIORENTINO
21 OTTOBRE 2009
 
Animali L’evento arriva al Tokyo Festival tra minacce e pressioni
Il Giappone sotto accusa per i delfini uccisi «Ognuno ha il suo cibo»
Film choc, il ministro democratico difende i pescatori
 
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
 
PECHINO — Era rimasta segreta a lungo. Poi, la mattanza di delfini che si scatena ogni anno a Taiji, Giappone meridionale, è entrata nel campo visivo degli ambientalisti. Quindi un documentario l’ha resa una causa pubblica: si intitola The Cove , l’ha diretto lo svedese Louie Psihoyos che l’ha presentato in diverse rassegne cinematografiche mondiali, dal Sundance a Deauville. Oggi l’atto definitivo: la pellicola verrà proiettata per la prima volta in Giappone, sala numero 1 del cinema Toho a Roppongi Hills, apertura alle 10.30, evento infilato in fretta e furia nel denso programma del Tokyo International Film Festival. Già ieri biglietti tutti esauriti.
Non è una «prima» come le altre. Per i cacciatori di delfini di Taiji, già furibondi per la campagna ecologista contro quella che difendono come una pratica ancestrale, il debutto di The Cove sul suolo patrio è una provocazione. Gli organizzatori della manifestazione sono stati presi di mira da lettere, minacce, telefonate a raffica. La produzione del film (britannica) è stata avvertita che i pescatori di Taiji potrebbero bloccare l’ingresso del cinema o comunque inscenare qualche forma di protesta, mentre le autorità della cittadina — neanche 4 mila abitanti — si sono mobilitate a livello politico, chiedendo l’intervento solidale di un paio di ministeri.
The Cove , una quindicina di premi in giro per il mondo, dà conto della campagna del conservazionista americano Ric O’Barry per fermare il massacro di Taiji, del quale venne a conoscenza a metà degli anni Settanta. Almeno finché la campagna non ha consegnato Taiji e i suoi pescatori all’attenzione degli ecologisti, tra settembre e marzo venivano uccisi circa 2 mila delfini, e altre decine catturate per essere vendute nei delfinari e negli acquari giapponesi ed esteri. Quest’anno pare invece non ci siano vittime. La caccia era condotta con un misto di tecnologia e sistemi elementari, confondendo il sonar degli animali e conducendoli in una cala riparata ( The Cove, appunto) dove con lame e fiocine si procedeva al macello. Le immagini dell’acqua rosso vivo avevano fatto il giro del mondo già prima del documentario, realizzato nonostante l’opposizione dei pescatori e delle autorità di Taiji. Le intimidazioni subite da O’Barry nel tempo sono state sperimentate poi dalla troupe guidata da Psihoyos, che ha fatto ricorso anche a cineprese camuffate da finte pietre e che rischia l’arresto per essersi inoltrato in zone off-limits durante le riprese.
A Taiji ci si è difesi sostenendo che la carne di delfino viene poi lavorata a scopi alimentari e che l’uccisione degli animali tutela l’ecosistema. Ma «la cattura e le uccisioni dei delfini sono compiuti all’interno del parco nazionale Yoshino Kumano Kokuritsu Koen, gestito dal ministero dell’Ambiente», scriveva due anni fa il Japan Times, aggiungendo che «esami di laboratorio hanno a più riprese mostrato i livelli estremamente alti di mercurio riscontrati nella carne di delfino». I pesca- In trappola
I delfini vengono condotti in una cala riparata di Taiji . Una volta finiti in trappola, vengono uccisi dalle barche con lame e fiocine 
Per riuscire a girare le scene della mattanza, la troupe di «The Cove» è stata costretta a mimetizzarsi, con cineprese camuffate.

CITY
21 OTTOBRE 2009
 
Pellicce di cane e gatto Anche l’Italia dice basta
no al commercio Dopo il richiamo dell’Ue, il Governo presenta un decreto legislativo che vieta import ed export delle pelli dei due animali.
 
ROMA - Pellicce fatte con la pelle dei due migliori amici dell’uomo: il cane e il gatto. C’è voluta una procedura d’infrazione della Commissione europea per convincere il Governo italiano a fermare la commercializzazione di questi prodotti. Dopo il richiamo di Bruxelles, l’Italia ha fatto ieri il passo decisivo con la presentazione alla Commissione giustizia della Camera di un decreto legislativo ad hoc. Le novità: vietata l’importazione e l’esportazione di pellicce di cani e gatti e di prodotti che la contengono, divieto di utilizzo e inasprimento delle pene per chi non rispetta queste norme. I commercianti trasgressori colti in fallo potranno vedersi sospesa la licenza da tre mesi a un anno. In caso di reiterazione scatta la revoca.

IL TEMPO LAZIO NORD
21 OTTOBRE 2009
 
Operazione Forestale e Carabinieri hanno scoperto un vero e proprio commercio illecito Segugi e setter addestrati venivano privati del microchip e posti in vendita
Tratta di cani, due denunce
Nove sanzioni per vendita di animali rubati. L'inchiesta s'allarga
 
Alessandra Pasqualotto
 
Provincia di Rieti - Tratta di cani in Sabina dove sono finite nei guai due persone denunciate dagli uomini della Forestale e dai Carabinieri per furto di cani da caccia e altre nove sono state sanzionate in quanto ritenute responsabili a vario titolo del commercio di cani rubati. A dare l'allarme sono stati gli stessi cacciatori che hanno denunciato in diverse occasioni la scomparsa dei loro cani nella zona di Scandriglia, tutti animali di razza addestrati per la caccia e di grande valore economico. I cacciatori hanno segnalato a forestale e carabinieri i ripetuti episodi di scomparsa dei cani che venivano evidentemente rubati e subito dopo gli veniva eliminato il microchip per impedirne l'identificazione. Un vero e proprio commercio di cani che, dopo il furto, erano rivenduti nelle regioni limitrofe. Grazie all'azione sinergica di forestale e carabinieri di Scandriglia, a seguito di controlli mirati nei vicini comuni della Sabina romana, sono stati trovati alcuni cani di dubbia provenienza a Moricone e Montorio Romano. Due di essi erano proprio tra quelli rubati segnalati dai proprietari cacciatori alle forze dell'ordine. A Poggio Moiano invece sono stati trovati altri cani non registrati dal detentore. Due le persone ritenute responsabili dei fatti, residenti a Scandriglia, che sono state denunciate alla procura, mentre nove persone sono state sanzionate perché coinvolte a titolo amministrativo nella triste e vergognosa storia del mercato di cani da caccia. Nell'operazione ha collaborato anche il Servizio Veterinaria dell'Ausl di Rieti. L'inchiesta è destinata ad allargarsi.

BIG HUNTER
21 OTTOBRE 2009
 
Lazio: scoperto traffico di cani rubati ai cacciatori
 
Provincia di Rieti - Rubavano cani da caccia, toglievano loro i microchip identificativi e li rivendevano nelle regioni limitrofe a caro prezzo. Queste le accuse rivolte a 11 persone coinvolte in un traffico di cani scoperto in Lazio grazie a all'indagine condotta in sinergia dalla Forestale e dai Carabinieri. Nulla sarebbe però accaduto se l'allarme non fosse partito da alcuni cacciatori, che subito il furto, hanno prontamente denunciato alle autorità competenti la scomparsa dei propri cani, avvenuta per lo più nella zona di Scandriglia. Alle denunce sono seguite le indagini della Forestale che, insieme ai Carabinieri e con la collaborazione dell'Asl, ha effettuato i dovuti controlli nella zona ed è risalita a due dei cani sottratti ai  cacciatori e segnalati alle autorità. Altri cani non registrati sono stati rinvenuti a Poggio Moiano.
Due persone residenti nel comune di Scandriglia sono state denunciate alla procura come autori materiali dei furti ma si è riusciti a risalire anche ad altre nove persone coinvolte a titolo amministrativo nel commercio dei cani rubati. L'inchiesta comunque è destinata ad allargarsi ulteriormente. 
IL MESSAGGERO
21 OTTOBRE 2009
 
Rubavano cani da caccia e poi, una volta rimosso il loro microchip identificativo...
 
MONIA ANGELUCCI

Scandriglia (RI) - Rubavano cani da caccia e poi, una volta rimosso il loro microchip identificativo, li rivendevano nelle regioni limitrofe. E’ quanto hanno scoperto gli agenti forestali e i carabinieri di Scandriglia, i quali, messi in allarme dalle numerose denunce raccolte, hanno avviato nella zona un’operazione congiunta finalizzata a contrastare il traffico illecito di cani da caccia. Un’indagine che ha finito per rivelare aspetti sconcertanti su un traffico illegale di animali.
A finire nei guai due persone, entrambe residenti a Scandriglia, che sono state deferite alla Procura della Repubblica perché ritenute coinvolte penalmente nei fatti. Accanto alle denunce anche sanzioni amministrative: nove in tutto, elevate a carico di persone ritenute coinvolte nei fatti a titolo amministrativo. A far scattare i controlli erano state le numerose denunce giunte sia ai forestali che ai carabinieri dei comandi stazione di Scandriglia da parte di alcuni cacciatori che segnalavano la scomparsa dei loro cani. Da qui la scelta di unire le forze mettendo in atto controlli congiunti e mirati, che hanno consentito di scoprire un traffico illecito di cani da caccia che stava interessando la zona di Scandriglia e non solo.
Parliamo del furto di numerosi esemplari: cani di un certo valore (il prezzo varia dai 3mila agli 8mila euro ciascuno, a seconda della capacità dell’animale) che venivano rubati e poi, una volta sottratto il microchip (dispositivo elettronico, obbligatorio per legge, che è una sorta di carta d’identità dell’animale, ndr) per impedirne l’identificazione da parte del servizio veterinario della Asl, venivano rivenduti nelle regioni limitrofe.
I controlli effettuati nel territorio di Scandriglia, condotti in collaborazione con il personale del servizio veterinario della Asl, hanno permesso così di rinvenire alcuni cani di dubbia provenienza. Tra questi due risultavano tra quelli rubati nei comuni di Moricone e Montorio Romano: rintracciati i legittimi proprietari, gli animali sono stati poi restituiti all’affetto del loro padrone.
Ma l’attività d’indagine dei carabinieri e dei forestali è andata avanti interessando anche il territorio del Comune di Poggio Moiano. E’ qui che sono stati rinvenuti altri cani, tutti non registrati dal detentore, nei confronti del quale sono scattate sanzioni amministrative. Ma i controlli non finiscono qui: altre zone della provincia reatina saranno passate al setaccio per bloccare il traffico illecito di cani da caccia che vengono rubati per essere rivenduti. Spesso ad acquirenti del tutto ignari della loro vera provenienza.

SESTO POTERE
21 OTTOBRE 2009
 
A Milano circo con "elefanti acrobati", ed è subito polemica. Enpa protesta
 
Milano -  Mentre in Italia non si finisce mai di discutere sul problema, in Europa anche il Portogallo si è provvisto di una legge che vieta moltissime specie animali finora utilizzate nei circhi. Da pochi giorni infatti, la legge proposta dai Ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura portoghesi, ha vietato ai circhi di utilizzare scimmie mentre bandisce ogni ulteriore acquisizione, ivi compresa quella da riproduzione, di ippopotami, leoni, tigri, elefanti, rinoceronti, leopardi finanche rettili, ragni ed alcuni uccelli.“Si tratta di un provvedimento di buon senso – ha dichiarato Giovanni Guadagna, responsabile Ufficio Cattività di Enpa – e questo non solo per il benessere degli animali, ma anche per la sicurezza dell’uomo. In Portogallo, infatti, i circhi sono ora considerati inidonei alla detenzione di specie animali 'pericolose' - ha aggiunto Guadagna - mentre in Italia è possibile che gli elefanti di un circo di Macerata, uno dei quali divenuto famoso anche per avere schiacciato e ucciso un inserviente, verranno mostrati in pista domani a Milano travestiti con le mantelle colorate del Circo Ringling Bros!”Secondo Enpa i tanto pubblicizzati elefanti del Ringling Bros appartengono a un circo marchigiano il quale, però, non potrà invitare il signor Stefan Nagat, ossia il povero inserviente morto schiacciato da una delle tre elefantesse del circo Errani; questo il nome del circo marchigiano. Gli elefanti italiani saranno esibiti in performance per loro potenzialmente pericolose, quali stare in equilibrio con le zampe posteriori per aria e seduti su grandi sgabelli. Gli elefanti in natura, mai assumerebbero posizioni di questo genere e il motivo è molto semplice: la forza muscolare di un animale non aumenta con le sue dimensioni e la sua massa, anzi diminuisce proprio con l’aumentare del peso. Per un elefante già mettersi in ginocchio rappresenta un rischio per giunture e legamenti, figuriamoci ritrovarsi a testa in giù con l’intero peso del corpo gravitante sulle zampe anteriori. Circa i felini, si sottolinea come nelle poche settimane di approdo in Europa il Circo Ringling Bros ha eliminato il numero di una domatrice tedesca già vista in Italia nel circo Lidia Togni (insegna circense condannata per maltrattamento di animali) a vantaggio di altro domatore europeo già ospitato dal Circo Medrano (insegna circense già nota per due scimpanzé a loro sequestrati perché importati illegalmente) e lungamente esibitosi in un circo della famiglia Faggioni, originaria di Genova.
Gli animali del Ringlig Bros, non sono perciò del circo che tanto si è pubblicizzato con la loro presenza, ma con i reclusi a quattrozampe della cattività europea hanno senz’altro in comune le poco invidiabili condizioni di mantenimento e lunghe e stressanti sedute di addestramento.

Animalieanmali
21 OTTOBRE 2009
 
PESCA DI FRODO: SEQUESTRATI 11 CHILI DI ESPLOSIVO A TARANTO
Azione della Polizia di Stato
 
Proseguono i servizi degli agenti della Squadra Mobile in collaborazione con personale della Squadra Nautica della Polizia di Stato per contrastare la pesca di frodo e recuperare esplosivo illecitamente detenuto. Gli agenti hanno passato al setaccio le zone che si affacciano sullo specchio d'acqua del Mar Piccolo. In particolare a bordo di un piccolo rimorchiatore in disarmo, ormeggiato sulla banchina di via delle Fornaci - zona Isola Porta Napoli, e' stata scoperta e sequestrata una busta di cellophane contenente oltre 11 chilogrammi di esplosivo, nonche' una rete chiusa alle due estremita' con dentro due pietre,la rete e le due pietre vengono usati affinche' l'esplosivo raggiunga fondali piu' profondi. L'artificiere della Polizia di Stato ha stabilito che si trattava di ANFO (ammonital-nitrate-fueloil), un potente composto chimico ad alto potenziale detonante, efficacissimo per la pesca di frodo anche in altura.

CORRIERE ADRIATICO
21 OTTOBRE 2009
 
Polizia provinciale al lavoro per arginare il fenomeno, già diverse le denunce
Richiami illegali per cacciare le quaglie
 
Amandola (FM) -  Gli agenti della Polizia Provinciale diretti dalla dottoressa Loredana Borraccini e coordinati dal Tenente Martino Gionni hanno sequestrato nei giorni scorsi nei territori di Sant’Elpidio a Mare, Fermo, Campofilone, Altidona, e Amandola decine di apparecchiature artigianali, composte da vecchie autoradio collegate ad un timer e ad altoparlanti, utilizzate per attirare quaglie e piccoli volatili per mezzo di richiami acustici. Tale metodo di caccia, viene praticato per compiere vere e proprie stragi o per catturare prede da impiegare nell’addestramento dei cani. Si tratta di una pratica illegale finora diffusa soltanto sulla costa ma le indagini dimostrano, purtroppo, che l’azione compiuta recentemente sta prendendo piede anche nell’entroterra. Conseguentemente sono state effettuate denunce all’autorità giudiziaria e numerosi sono stati i verbali amministrativi elevati, ma l’impegno della Provincia non si ferma qui perché i controlli continuano e si chiede la collaborazione di tutti quanti vivono il territorio e si imbattono in tali “rudimentali manufatti” nel darne segnalazione alla Polizia Provinciale.Una battaglia senza quartiere al fine di far cessare un fenomeno illegale e oltretutto molto pericoloso.L’impegno della polizia provincia è costante tanto che i controlli vanno avanti a tutto campo e molti sono già stati i sequestri di apparecchiature del tutto fuori da quelli che sono le previsioni di legge. Un impegno che ha già prodotto ottimi risultati e che anche per questo non diminuirà nei prossimi giorni.

ANSA AMBIENTE
21 OTTOBRE 2009
 
TARTARUGHE A RISCHIO ESTINZIONE LIBERATE IN CALABRIA
 
ISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) - Sono stati rimessi nelle acque del mare Ionio, a Isola Capo Rizzuto (Crotone), cinque esemplari di tartaruga Caretta Caretta, trovate e curate dal Ceam dell'Area marina protetta. Da gennaio a oggi sono state 20 le tartarughe soccorse e poi restituite al loro habitat naturale dopo essere state rimesse in sesto. Il Ceam, che opera all'interno dell'Acquarium dell'Area protetta di Capo Rizzuto, e' diventato centro regionale di recupero e soccorso per la specie Caretta Caretta che e' a rischio di estinzione nel Mediterraneo ed e' tutelata dalla ''Convenzione di Washington''. Gli esemplari, prima di essere rimessi in acqua, sono stati marchiati delle etichette che hanno lo scopo di rendere possibile un monitoraggio con finalita' scientifiche. ''Intendo fare i complimenti - ha affermato il vice presidente della Provincia di C rotone Gianluca Bruno, che ha assistito alle operazioni - a tutti i collaboratori dell'Area marina protetta per il lavoro che svolgono continuamente con sacrificio, impegno e dedizione, anche tra tante difficolta'. L'impegno della nostra amministrazione sara' indirizzato anche all'implementazione delle diverse attivita' dell'Area, cercando di operare sinergicamente con il Ministero dell'Ambiente. La riserva marina Capo Rizzuto rappresenta un fiore all'occhiello nel nostro territorio''.

CRONACA QUI
21 OTTOBRE 2009
 
Sissy è stata ritrovata nella stessa area di servizio dalla quale era stata prelevata
I rapitori di cani si pentono e restituiscono la barboncina
 
 
TORINO - Sissi, la barboncina rubata in autostrada mercoledì scorso, è tornata a casa. Qualcuno deve aver letto l’articolo di CronacaQui in cui Donato Previtero implorava chiunque avesse notizie di contattarlo, e lunedì sera l’autotrasportatore di Taviano, in provincia di Lecce, ha ricevuto una telefonata. «Mi ha chiamato un uomo - racconta Privitero - ma non mi ha detto chi fosse. Mi ha detto soltanto se avessi voluto rivedere la mia Sissi bastava che andassi nell’area di servizio Agip di Settimo, quella in cui era sparita». In un primo momento il padrone del cagnolino ha pensato ad uno scherzo di cattivo gusto. «Ma ho subito chiamato la stazione di servizio, i dipendenti sono andati a vedere, e Sissi era proprio lì. Legata ad un palo vicino ad un’auto». A questo punto, l’autotrasportatore è saltato sul tir e si è precipitato a Settimo. «Sissi mi aspettava - racconta commosso - era bellissima, come sempre, e quando mi ha visto mi è saltata addosso. Chi l’ha presa e poi me l’ha restituita l’ha trattata bene. Vogliamo ringraziare tutti - aggiungono Privitero e la moglie Monique - tutti quelli che ci hanno aiutato a ritrovare la nostra cagnolina, che per noi è come una figlia». Tredici anni, pelo bianco e viso dolcissimo, Sissi era svanita nel nulla mercoledì scorso. Venerdì, Donato Privitero, venuto a conocenza della campagna “denunciate i bastardi” con cui CronacaQui chiede ai suoi lettori di segnalare maltrattamenti di animali al nostro sito, aveva contattato la redazione e raccontato la sua terribile vicenda. «Erano le 9 circa - aveva detto Donato - Sissi aveva già fatto i suoi bisogni e io e mia moglie siamo andati a fare colazione. Lei è rimasta nella sua cuccetta, ma quando siamo tornati non c’era più. Qualcuno aveva forzato la porta e rubato alcuni documenti dal tir su cui io, mia moglie e Sissi abbiamo viaggiato per lavoro in mezza Europa». Donato aveva lanciato un appello, chiedendo che il cane, cieco da un occhio e reduce da un intervento chirurgico di asportazione di un tumore, venisse restituito. E l’altro giorno un uomo misterioso ha risposto. Sissi, adesso, è tornata nella sua Taviano e sta bene. Forse, quando i ladri hanno forzato la porta è scappata e qualcuno l’ha raccolta, credendo si trattasse di un cane abbandonato e temendo che venisse uccisa dalle auto in corsa. Forse, invece, l’hanno presa gli stessi ladri che poi, intimoriti dal fatto che la storia (e la fotografia) del cane fossero state pubblicate, hanno preferito disfarsene. Legandola ad un palo, in modo che il padrone potesse riabbracciarla.

BENESSERE BLOG
21 OTTOBRE 2009
 
Quando una malattia ci avvicina agli animali
 
Da tempo tutti noi sappiamo quanto gli animali possano far bene alla salute tanto che è nata la Pet Therapy, ovvero il ricorso agli animali come strumento terapeutico vero e proprio ed, inoltre, gli scienziati hanno iniziato a cercare di capire se i proprietari cani e gatti finissero con l’assomigliare un po’ ai loro rispettivi cuccioli. A questo proposito, Tara Parker nel suo blog Well ci racconta la storia di Stefanie Rinza, un antiquario di 44 anni che si ammalò gravemente all’età di 30 anni. La donna ha rivelato come proprio la sua malattia l’abbia spinta a cercare l’amicizia e l’affetto di un cane randagio da salvare. Una scelta coraggiosa che riuscì a fare proprio grazie alla sua malattia. Un bel giorno, infatti, si disse: “Perché visto che ho lavorato così duramente ed ora sto anche male, non posso realizzare uno dei miei sogni, cioè avere un cane?”. Così, si decise a prenderlo ed oggi Stefanie gode di ottima salute ed è riuscita a trovare casa ad altri 40 animali “sistemati” presso persone affette da qualche malattia e bisognosi sia di dare che di ricevere affetto da animali che, in qualche modo, gli somigliano se non altro perché si trovano in un momento di difficoltà. E voi, cosa pensate? Può una malattia cambiare il nostro rapporto con gli animali o addirittura indurci a cercarne il sostegno? Avete fatto esperienze di questo genere?

Animalieanmali
21 OTTOBRE 2009
 
"IL CANE DI RICHARD GERE SARA' LA PROSSIMA MODA. E POI ARRIVA L'ESTATE..."
Nel film sulla vera storia di un akita in Giappone.
 
Un tempo c'erano i film di Walt Disney che avevano come protagonisti gatti e cani e ogni volta che usciva una di queste opere iniziava una moda, una vera e propria caccia all'accaparramento di un cucciolo simile: dalmata, bassotti, alani. Accadde anche quando una nota compagnia di telefoni utilizzò un cane bianco e nero che recitava con Fiorello e poco dopo un'altra si inventò una serie di spot con protagonista un mastino francese di nome Ettore. Ora è la volta del cane di Richard Gere, tra non molto per le strade italiane dopo l'invasione degli husky ci sarà quella degli akita. Dietro a queste periodiche esplosioni di nuove razze che finiscono alla ribalta ci sono interessi economici di non poco conto. Passata la moda migliaia di cuccioli che sono stati acquistati sull'onda emotiva abiteranno le case degli italiani, presi magari per fare un regalo ai propri figli (guarda caso queste cose accadono solitamente in prossimità del Natale). Peccato che prima o poi arrivano le ferie...
Vanna Mazzati Piccoli, Lettere a La Repubblica

IL TIRRENO
21 OTTOBRE 2009
 
Anatra paralizza il traffico
 
LUCCA. Traffico in tilt l’altro pomeriggio in viale Castracani per colpa di un germano, finito lì non si sa bene come, che si muoveva lungo la carreggiata dribblando le auto e rischiando di provocare incidenti e tamponamenti.  L’anatra è stata catturata, non senza difficoltà, da una pattuglia della polizia municipale.  Gli agenti hanno poi provveduto a liberare l’animale lungo il fiume.

L'ECO DEL CHISONE
21 OTTOBRE 2009
 
Avvistato il branco coi cuccioli, danni alle greggi
LUPI TRA LE STRADE DI MASSELLO: DANNI ALLE GREGGI
Il sindaco: «Non sono più pericolosi dei cinghiali»
 
MASSELLO (TO) - «Alcune settimane fa, nel primo pomeriggio, due lupi adulti mi hanno attraversato la strada mentre passeggiavo per la borgata con le mie nipoti». La testimonianza è del sindaco Daniela Libralon. In alta Val Germanasca non è certo il primo avvistamento: «È già da parecchi anni che questi predatori sono presenti anche nel vallone di Massello». Poco dopo il suo "incontro" alle porte del paese, un guardaparco ne avrebbe avvistati altri quattro, di cui due cuccioli, al bivio tra Salza e Massello. In tutto sarebbero sette gli esemplari che, da quest’estate, sono emigrati dal territorio di Prali e si sarebbero stanziati nel vallone di Massello. «Probabilmente, su queste montagne i lupi hanno trovato un ambiente adatto, dove non hanno avuto difficoltà a reperire il cibo - continua il sindaco - e dove hanno da poco avuto una cucciolata»; dai boschi provengono infatti molti ululati. «La scorsa settimana da Campolasalza li ho sentiti per più di mezz’ora, ed erano nella zona sopra la vasche dell’acquedotto. Ho provato una sensazione ancestrale, un misto di piacere e paura». Alcuni abitanti iniziano a essere preoccupati, ma il sindaco tranquillizza e invita a evitare inutili allarmismi: «Non si sono dimostrati animali spaventati o aggressivi verso l’uomo. Certamente, in caso di avvistamento, è necessario comportarsi con cautela, ma non sono più pericolosi dei cinghiali o dei cani selvatici».Tuttavia, a Massello, i danni che i lupi avrebbero già arrecato riguardano un allevamento, dove hanno ucciso sette capre e una pecora. «Il pastore ha denunciato in Comune la diminuzione del gregge, ma non potrà ottenere il risarcimento previsto dalla Regione - spiega ancora Libralon - perché è necessario trovare almeno una parte dell’animale attaccato, in modo da poter dimostrare che è stato ammazzato da un lupo. Il problema è che questo predatore mangia tutta la preda». Non è comunque da escludere che la presenza del lupo in valle possa portare anche dei vantaggi: «In Abruzzo, ad esempio, dove questo predatore è molto diffuso, si organizzano trekking di avvistamento. Tutto sta a reinventare il turismo».

MARKET PRESS
21 OTTOBRE 2009
 
CINGHIALI IN UMBRIA: CENTRI DI RACCOLTA CAPI ABBATTUTI PER SUPERARE DIFFICOLTÀ GESTIONE CARNI
 
In Umbria, i cinghiali abbattuti potranno essere portati in appositi centri di raccolta in attesa di inviare le carcasse a un centro di lavorazione per i controlli sanitari previsti dai regolamenti comunitari. “Tale importantissima innovazione – sottolinea l’assessore regionale all’Ambiente e alla Caccia Bottini - consentirà di valorizzare un patrimonio che può andare a favore sia del mondo agricolo che di quello venatorio, evitando, allo stesso tempo, di attivare percorsi commerciali che possono sfuggire anche al controllo sanitario”. L’adozione di questa procedura “consentirà alle Province e agli Enti di gestione dei Parchi regionali – prosegue Bottini - di vendere i cinghiali abbattuti durante il prelievo selettivo e destinare gli introiti per il risarcimento dei danni e per la loro prevenzione”. Il Piano di completamento dei prelievi autorizzato dalla Regione e i prelievi selettivi disposti dalle Province sulla base di piani triennali di contenimento delle popolazioni e quelli previsti dal calendario venatorio “consentiranno – ricorda l’assessore regionale - di prelevare nel 2009 circa 2500 capi nel territorio provinciale di Perugia e circa 1000 capi in quella di Terni, mentre il prelievo durante la stagione venatoria si aggira mediamente intorno a 10mila capi nella provincia di Perugia e circa 5mila in quella di Terni”. La commercializzazione delle carni di cinghiali, abbattuti sia nell’ambito di attività venatoria che nel corso di prelievi selettivi, rientra nelle norme previste dal Regolamento comunitario n. 853 del 2004 in materia di igiene di alimenti di origine animale. La Regione Umbria, Direzione regionale Sanità e Servizi Sociali, confermando l’obbligatorietà della ricerca di “trichinella” nelle carni di cinghiale, ha tenuto conto della difficoltà di avviare le carcasse immediatamente a un “Centro di lavorazione” riconosciuto, nel rispetto dei previsti requisiti igienico-sanitari, tra cui il raffreddamento. Il Regolamento Ce 853/2004, infatti, prevede che la refrigerazione dei capi cacciati debba iniziare nel più breve periodo di tempo dall’abbattimento e raggiungere una temperatura in tutta la carne non superiore a 7°C. Per tale motivo la Regione Umbria darà la possibilità di avviare le carcasse abbattute e prontamente eviscerate a un “centro di sosta o centro di raccolta”, ben identificato e funzionale al luogo di abbattimento. Tale centro, registrato ai sensi del Reg. Ce 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, è un punto di raccolta, anche mobile, o una “Casa di caccia”, dotato di una cella frigorifera di capacità idonea a contenere le carcasse non accatastate e di appositi contenitori per i visceri degli animali e degli altri scarti non destinati al consumo umano, da cui le carcasse dovranno poi essere avviate nel più breve tempo possibile a un Centro di lavorazione, per essere sottoposte a visita veterinaria comprensiva di ricerca della “trichinella”. Nei centri di raccolta dovrà essere garantita la rintracciabilità delle carcasse, attraverso un registro di carico e scarico dei capi conferiti. Sono tre gli impianti - a Gualdo Tadino, Massa Martana e Terni - che stanno mettendo a punto le strutture per essere riconosciuti come Centri di lavorazione di selvaggina, accogliendo la grande mole di cinghiali abbattuti. “La gestione del cinghiale e la salvaguardia delle produzioni agricole – sottolinea ancora l’assessore Bottini - sono stati due temi sui quali la Regione dell’Umbria ha focalizzato l’attenzione, tenuto conto sia del grave squilibrio che la specie può determinare all’agricoltura e all’intero ecosistema naturale, sia dell’interesse da un punto di vista venatorio”. “La recente modifica del Regolamento regionale n° 34/99 e la nuova Legge regionale sul risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica – conclude - hanno fornito idonei strumenti di gestione, i cui effetti non tarderanno a manifestarsi in quanto una corretta gestione della specie e adeguati interventi di prevenzione consentiranno di raggiungere un equilibrio dal quale tutti i portatori di interessi hanno da guadagnare, cacciatori, agricoltori e istituzioni”.

IL GIORNALE
21 OTTOBRE 2009
 
A CASTELFUSANO UN SAFARI STRISCIANTE PER CERCARE ALTRI SERPENTI A SONAGLI
Intensificati i controlli in tutta la zona della pineta: la Forestale sta dando la caccia ai piccoli crotali che potrebbero essere nati dalla coppia catturata
 
Castelfusano (RM) - Caccia aperta a Castelfusano. Guardie forestali alla ricerca di altri serpenti a sonagli. Dopo la scoperta del secondo Crotalus Atrox cresce l’allarme a Tumuleti per la fantomatica «nidiata» di piccoli serpenti dal morso letale, figli presunti della coppia catturata. Hanno fatto in tempo a rilasciare la cucciolata oppure, vista la giovane età dei soggetti, il pericolo potrebbe essere scampato? Ancora: sono stati abbandonati solo loro due o bisogna prepararsi ad altri inquietanti avvistamenti?
Sulla questione interviene il professor Guido Lombardi, esperto erpetologo, già direttore del rettilario di Frascati e dello zoo-safari sul lago Maggiore, nonché consulente faunistico pontificio a Castel Gandolfo: «Non diciamo amenità: l’Atrox è un animale viviparo - spiega Lombardi -, questo significa che non nidifica, non cova le uova come le galline o lo stesso pitone, ma partorisce piccoli già sviluppati all’interno dell’utero. Dalle dimensioni che ho potuto osservare i due esemplari di Castelfusano sembrano adulti, di circa 4 anni». Tre anni almeno, secondo quanto confermano gli agenti della Forestale: «Dai sonagli della coda, nove anelli - dicono - il secondo soggetto dovrebbe avrebbe 36 mesi. Ogni anello, infatti, corrisponde a un cambiamento di muta, perciò 9 anelli equivalgono a 9 stagioni». Insomma, troppo giovani per il ciclo riproduttivo. Mentre per l’animale catturato a fine settembre il sesso non è un mistero, femmina, per quest’ultimo bisognerà attendere l’esame dei medici veterinari del Centro di Recupero animali di Roma, dov’è stato affidato. Il rettile verrà sottoposto, tra le altre cose, all’esame del Dna per accertare se ci sia o meno una parentela con la «lady» immobilizzata il 29 settembre, dopo una battuta di 48 ore, da Marco Guidi, esperto Cites. Non solo. Dovrà essere stabilito con esattezza se la preda contenuta nello stomaco del serpente sia di una specie del luogo, come probabile. «Un dato decisivo - sostengono il responsabile nazionale Cites, l’ingegner Ciro Lungo, e il sovrintendente Marco Fiori, del nucleo investigativo - per capire se il serpente era in cattività o in libertà al momento del pasto. Se si trattasse, infatti, di una preda catturata nella pineta di Ostia significherebbe che il crotalo si è già ambientato nel nuovo habitat. Elemento preoccupante visto che il suo morso è letale». Una prima risposta, però, sembra arrivare dalla constatazione che il serpente è privo di uno dei due denti incisivi, probabilmente perduto durante la caccia. Dunque, i segni sul corpo fanno pensare che la bestia sia vissuta in natura più tempo della compagna, almeno un mese. Vale a dire: sono stati abbandonati entrambi nello stesso periodo ma solo uno è stato catturato subito dopo. Il fatto che serpente a sonagli, tipico delle aree sud-orientali degli Stati Uniti e del Messico, si nutra ogni tre settimane completa il quadro. Le indagini della magistratura dovranno risalire, adesso, al responsabile dell’abbandono. Alla Asl di zona il compito di procurarsi l’antidoto.

L'ECO DEL CHISONE
21 OTTOBRE 2009
 
Una sibillina ordinanza del ministro delle… Politiche sociali
Sig. sindaco, come stanno i cani?
 
PIER GIOVANNI TROSSERO
 
Provincia di Torino - Com'è sempre (più) difficile fare il sindaco. Ne sanno qualcosa Bello di Cantalupa, così come la Zoggia di Porte, Catizone di Nichelino, Bruera di Luserna S.G. e tutti i loro colleghi.
Con i problemi che già hanno, da due mesi devono anche far attenzione ai cani randagi. Certo, costituiscono un problema e non li si può mica lasciare allo stato brado se i Vigili o un messo ne trovano uno per la strada. Solo che da agosto è uscita un'ordinanza urgente del ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, che attribuisce ai sindaci responsabilità precise. Con questa ordinanza c'è poco da scherzare.I cani randagi vanno tutelati, si deve tener conto della natura di "esseri senzienti" (per il buddhismo, ad esempio, sono quegli esseri viventi dotati di almeno un senso o comunque mammiferi, uccelli, rettili, pesci ed anfibi) ed i sindaci devono farsene carico, altrimenti saranno guai.Trovi un cane randagio sul territorio che poi viene collocato in qualche struttura? A questo punto il signor sindaco - Bruera come la Zoggia, Catizone come Bello - di che cosa dovrà preoccuparsi? «Di effettuare - parole testuali dell'ordinanza urgente - periodiche verifiche sullo stato di salute e benessere degli animali almeno una volta all'anno». Ma non finisce qui: il signor sindaco «dovrà dare comunicazione dei risultati ottenuti e dello stato di salute degli animali al Consiglio comunale…».
Probabilmente verrà aperta anche una discussione in merito con interventi dei vari Drago, Berti, Colarelli, Peano, Suino, Groppo o Cirri per confermare o negare la patente di "Amico degli animali" al sindaco pro tempore!Che vita da cani, signori sindaci. Segno evidente che i cani hanno un peso nella nostra società, tant'è che Morgando (candidato alla segreteria regionale del Pd per la mozione Bersani) venerdì 16 ottobre (abbiamo la copia del comunicato stampa, tranne che si tratti di uno scherzo di Franceschini o Marino) nel suo giro elettorale è stato anche in visita al canile "rifugio" di Torino, concludendo con uno slogan (rivolto ai cani?): «Fai vedere che ci tieni. Alle Primarie vota».

LA STAMPA
21 OTTOBRE 2009
 
IL PRIMATOLOGO HUFFMAN: "HO SCOPERTO LE MEDICINE NATURALI GRAZIE A CHAUSIKI, UNA FEMMINA CHE E' GUARITA IN 24 ORE"
La farmacia degli animali
Dagli insetti alle scimmie: così hanno imparato a curarsi con le piante
 
MONICA MAZZOTTO
 
Il 70% delle medicine introdotte negli Usa negli ultimi 25 anni derivano da composti naturali. Ma molti animali, dai bruchi agli scimpanzé, non si stupirebbero: da sempre usano la foresta come una farmacia all'aperto. Uno dei primi a scoprire come gli animali si autocurino è stato Michael Huffman, docente presso il «Primate Research Institute» dell'Università di Kyoto in Giappone, che sarà ospite del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino il 28 ottobre e del Festival della Scienza di Genova il 30.
Professore, come pensa che gli animali abbiano evoluto questa abilità da «farmacisti»?
«Alcune piante producono i “metaboliti secondari”, sostanze nocive di vario genere, che hanno il compito di scoraggiare eventuali insetti ed erbivori predatori. Queste piante, spesso, manifestano la loro tossicità con un sapore amaro. Ma contemporaneamente ci sono gli animali, che hanno un'altra battaglia da vincere, quella contro parassiti, virus e batteri. E' probabile che uno di loro, ammalato, abbia assaggiato per caso una pianta amara e tossica e ne abbia ottenuto un vantaggio. Da qui l'associazione tra pianta amara e guarigione è stato facile».
L’associazione è molto diffusa?
«Sì. E non è un compito all'altezza solo dei primati, ma anche di animali come le capre. In un test si è visto come siano in grado di associare tre diverse cure a tre diverse patologie indotte dagli sperimentatori. Significa che imparano a quale rimedio ricorrere a seconda del disagio fisico».
L'automedicazione è un fenomeno standard?
«Da quando la scienza si è soffermata sull'uso farmacologico di alcune piante da parte degli animali, ogni anno si scoprono nuove specie capaci di autocurarsi. Ma, secondo me, l'automedicazione è presente quasi in ogni specie. E non deve sorprenderci: credo che chi impara a difendersi dai parassiti e dalle infezioni, grazie alla conoscenza degli effetti benefici di alcune piante, sia evolutivamente vincente. E il discorso vale non solo per scimpanzé e gorilla di cui mi occupo, ma anche per gli insetti. Alcune larve, quando sono infestate da parassiti, modificano i loro gusti e mangiano una pianta velenosa, che è un anche un antiparassitario».
Come ha capito che alcune piante venivano usate dagli scimpanzé come cura?
«Vent'anni fa, osservando un gruppo di scimpanzé delle Montagne di Mahale, in Tanzania, notai che una femmina, Chausiki, restava separata dal gruppo, non rispondeva ai richiami del suo piccolo, dormiva quasi sempre e non mangiava. Poi, a fatica, si alzò e si fermò accanto a un cespuglio di Vernonia amygdalina, famosa per la sua tossicità. Prese un ramo e, tolta la corteccia, ne succhiò il midollo. Non avrei prestato molta attenzione a questo comportamento, se non fosse stata la mia guida, Mohamedi Seifu, a dirmi che per la sua tribù quella pianta era un medicinale usato per curarsi da infezioni, malaria, dissenteria amebica e anche per liberarsi dai parassiti. L’osservazione, unita al fatto che Chausiki si ristabilì in 24 ore, fu illuminante».
Quello fu solo l’inizio delle sue ricerche, giusto?
«Esplorai la zoofarmacognosia, lo studio delle strategie usate dagli animali per preservare o migliorare la salute. Dopo le foglie di Vernonia analizzai un altro comportamento, che lasciava perplessi i primatologi: alcuni scimpanzé prendevano per colazione delle foglie di Aspilia e, dopo averle arrotolate, le inghiottivano. Le raccolsi e le studiai: nelle feci erano intatte e mi accorsi che possedevano dei sottili peli uncinati, a cui erano impigliati dei microscopici vermi. Passando nell’intestino, lo ripulivano dai parassiti, agganciandoli con un “effetto Velcro”. Studiando i gorilla, invece, è emerso l’uso di piante contenenti agenti stimolanti come la caffeina, anche quando non sono malati: lo fanno per sentirsi più “in forma”».
Le conoscenze non si limitano a quale pianta usare, ma a quale parte scegliere e a come ingerirla. Come lo sanno?
«Dipende dalla specie. Per le larve di insetti si tratta di istinto. Per altri animali, come i primati, sembra che imparino grazie alla combinazione tra l'osservazione dei comportamenti altrui e l’associazione nel momento in cui stanno male. Nel primo caso la “conoscenza” fa parte del pool genetico, nel secondo fa parte di una sorta di “cultura”».
Non c'è un insegnamento da parte delle madri ai piccoli?
«L'apprendimento avviene per imitazione sociale, non c’è insegnamento parentale. I giovani osservano gli altri membri del gruppo e imparano. Però c'è uno studio sui macachi che è interessante: utilizzano alcuni peli come fili interdentali. Se svolgono questo compito davanti ai figli, tutto avviene più lentamente».
Lei si occupa anche di etnofarmacologia e studia i farmaci naturali. Gli animali hanno ispirato i nostri antenati?
«Credo di sì. Per centinaia di migliaia di anni l'uomo ha osservato i comportamenti degli animali malati e il fatto è testimoniato da leggende e racconti. Per i Navajo, nel Sud-Ovest degli attuali Usa, è stato l'orso bruno a svelare il segreto delle proprietà curative del Ligusticum, pianta usata per curare molte infezioni batteriche».
La medicina, quindi, è anche legata all'alimentazione.
«Il confine cibo-medicine è sottile. Molte società sono dipendenti dalle piante sia per l'alimentazione sia per le medicine. Tra gli Hausa della Nigeria il 30% delle piante commestibili è usato come farmaco».
Qual è la differenza, allora, tra noi e gli altri primati?
«Nelle scimmie non è mai stato notato il tentativo di somministrare a un compagno una pianta. Siamo l'unica specie che cura il prossimo».
Chi è Michael Huffman Primatologo
RUOLO: E’ PROFESSORE DI ETOLOGIA  AL «PRIMATE RESEARCH INSTITUTE» DELL'UNIVERSITA’ DI KYOTO
IL LIBRO: «PRIMATE PARASITE ECOLOGY» - CAMBRIDGE UNIVERSITY PRESS

IL PAESE NUOVO
21 OTTOBRE 2009
 
Scaglia il cane contro un Carabiniere, torna in carcere
 
Lecce (Salento) – Lascia il guinzaglio e il pastore tedesco aggredisce un militare, ritorna in galera dopo un controllo domiciliari.
I Carabinieri di Ugento si erano recati presso casa sua per effettuare una perquisizione domicialare. L’uomo Vito Stasi 30enne si trovava agli arresti domiciliari e, alla vista dei militari, ha slegato il pastore tedesco che si è avventato su uno di loro. Così lui ha avuto il tempo di sgattaiolare dall’ingresso dentro casa, magari con l’intento di nascondere la roba. Ma la perquisizione effettuata dopo aver prestato soccorso al militare, ha comunque permesso di rinvenire residui di sostanze stupefacenti contenute all’interno di siringhe (che venivano sottoposte a sequestro) di cui l’uomo aveva cercato di disfarsi con conseguente segnalazione amministrativa al Prefetto di Lecce per uso non terapeutico di sostanze stupefacenti e denuncia per resistenza a Pubblico Ufficiale. A seguito di tali comunicazioni il G.I.P. ha disposto pertanto l’immediato ripristino della Custodia cautelare presso il carcere di Lecce.Il militare soccorso dai sanitari dell’ospedale di Casarano ha riportato solo lievi ferite.

MARKET PRESS
21 OTTOBRE 2009
 
MIGRAZIONE PER LA DEPOSIZIONE DELLE UOVA: SVELATO IL MISTERO DELLE ANGUILLE EUROPEE
 
Tracciare gli spostamenti dei singoli pesci negli oceani è un´impresa ardua, ma un gruppo internazionali di scienziati è appena riuscito nell´impresa. I risultati della ricerca, pubblicati nella rivista Science, dimostrano come gli scienziati abbiano seguito un gruppo di anguille per i primi 1. 300 km di un viaggio di ben 5. 000 km. La ricerca fa parte di Eeliad ("European eels in the Atlantic: assessment of their decline"), un progetto finanziato in riferimento all´area tematica "Ambiente" del Settimo programma quadro (7° Pq). Il progetto, il cui termine è previsto per il 2012, ha ricevuto un finanziamento di più di 2,6 milioni di euro. I ricercatori, provenienti da Canada, Danimarca, Irlanda, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti, hanno studiato le anguille europee (Anguilla anguilla) durante il rito annuale della migrazione. Su alcune delle anguille - partite dalle coste irlandesi per arrivare al Mar dei Sargassi, vicino alle Bermuda nell´area centrale del Nord Atlantico - sono stati apposti dei trasmettitori satellitari chiamati "pop-up satellite archival tag" (Psat), in modo da consentire ai ricercatori di mappare la prima parte del viaggio. Le informazioni raccolte in questo studio consentono di comprendere la direzione e la profondità di nuoto, e il comportamento migratorio di queste anguille. I risultati permettono inoltre di avere una rapida panoramica dei vari ambienti che vedono il passaggio delle anguille durante la migrazione. Coordinati dal professor David Righton del Centre for Environment Fisheries and Aquaculture Science (Cefas), nel Regno Unito, i ricercatori hanno scoperto che le anguille nuotano nelle acque superficiali più calde (a una profondità compresa tra i 200 e i 300 metri) durante la notte, per poi spostarsi a maggiori profondità (fino a 1. 000 metri) nelle ore diurne. Secondo i ricercatori, la scelta delle acque calde per la notte sembra essere dovuta al fatto che la temperatura dell´acqua favorisce il metabolismo e facilita il nuoto. I risultati lasciano supporre che la scelta di nuotare in acque più fredde nelle ore notturne, invece, sia dovuta alla possibilità di tenere sotto controllo lo sviluppo degli organi riproduttivi. Gli organi riproduttivi, infatti, si sviluppano quando raggiungono le calde acque tropicali del Mar dei Sargassi, dove avviene l´accoppiamento. "È una conoscenza del tutto nuova e possiamo solo ipotizzare i motivi alla base di questo comportamento delle anguille. Ipotizziamo che il modello osservato possa avere a che fare con la termoregolazione", ha spiegato il professor Righto, co-autore dello studio. "È possibile che le anguille si spostino nelle acque più calde durante la notte per mantenere un ritmo metabolico e di nuoto adeguato, per poi scendere in acque più fredde e profonde per ritardare la maturazione delle gonadi. Questo significherebbe che gli animali mantengono il proprio profilo idrodinamico per la maggior parte della loro lunga migrazione per non sviluppare le uova. Diventano più pesanti, infatti, avrebbero bisogno di una maggiore quantità di energia per nuotare". Il dottor Kim Aarestrup, scienziato presso il National Institute of Aquatic Resources del Politecnico della Danimarca (Dtu Aqua) ha affermato: "È un risultato sorprendente sotto diversi punti di vista. Seguire le anguille, una volta che hanno lasciato le acque europee, è molto complesso. Per questo motivo, il loro comportamento quando migrano verso i siti di deposizione rimane un mistero pressoché irrisolto". Il dottor Aerestrup, che si è occupato anche del lavoro relativo ai trasmettitori per il progetto Eeliad ha aggiunto: "Lo studio ha ampliato le conoscenze sulla migrazione e ha sorpreso gli scienziati per vari motivi". Le anguille europee, prima di dirigersi verso il mare e di attraversare l´Atlantico per arrivare al Mar dei Sargassi, trascorrono i primi anni di vita nei fiumi. Esse depongono le uova - che si schiudono in larve trasparenti chiamate leptocefali - e intraprendono il viaggio di ritorno verso l´Europa sfruttando le correnti oceaniche. Una volta arrivate, sono già piccole anguille, definite "cieche", che colonizzano i fiumi europei. I ricercatori hanno sottolineato che l´ottimizzazione delle tecnologie satellitari di controllo consentiranno di tracciare per intero il processo di migrazione per la deposizione delle uova. Per maggiori informazioni, visitare: Eeliad: http://www. Eeliad. Com/ Science: http://www. Sciencemag. Org/ Dtu Aqua: http://www. Aqua. Dtu. Dk/english. Aspx .

BLOGOSFERE
21 OTTOBRE 2009
 
Influenza suina in un allevamento di tacchini in Ontario
 
Simona Giacobbi
 
Le autorità sanitarie dell'Ontario hanno confermato un'infezione da influenza suina in un allevamento di tacchini anche se comunque non dovrebbe esserci pericolo per le persone. Quando ho sentito "tacchino" oggi in tv e "virus H1N1" chissà perché ho pensato subito al tacchino che ho cucinato una settimana fa per il Thanksgiving che in Canada cade il secondo lunedì del mese. Tacchino che ho "salvato". Ok, era già morto, ma essendo stato comprato già pronto, con il ripieno, senza nessuna salsina, la cena poteva finire in una tragedia. Ho tirato fuori il cuoco che è in me (ebbene sì, quando voglio e riesco a scacciare le botte di pigrizia che sempre più spesso mi affliggono, so cucinare). E ho cominciato ad armeggiare in cucina con cucchiaio, olio, limone e... l'Ariosto.  E pensate che i canadesi partono la mattina presto e si mettono in strada non per andare a fare la gita fuori porta... nooo... per andare a comprare il tacchino!  Il ministro della Salute dell'Ontario Deb Matthews ha detto che il virus si è propagato in alcuni tacchini ma non ha saputo dire quando.  Nessuno di loro, comunque, e nemmeno le loro uova, sono entrate nella catena alimentare, quindi sul mercato. L'allevatore ha messo in quarantena i volatili infettati. Il chief medical officer of health Arlene King ha consigliato a tutti gli allevatori con i sintomi da influenza di evitare il contatto con il bestiame e di sottoporsi al vaccino per l'H1N1 appena sarà disponibile in Canada (in ritardo rispetto per esempio all'Italia).  E' il primo allevamento di tacchini in Canada ad essere colpito dal virus e rappresenta la seconda specie animali più a rischio, dopo quella suina. Anche il Cile ha confermato casi di influenza suina in un allevamento di tacchini. Il contagio era scoppiato a marzo di quest'anno ed è stato dichiarato pandemia a giugno. Lo scorso aprile era stato trovato in un allenamento di maiali in Alberta. Consigliano di cucinare bene la carne per uccidere il virus. Se solo penso a tutti bbq che mi sono fatta da quando sono qui in Canada... Fameeee! E per la cronaca, sono a casa. Malata. Ma non è influenza suina.

BLITZ QUOTIDIANO
21 OTTOBRE 2009
 
Influenza A: primo animale contagiato negli Stati Uniti, è un furetto
 
Un furetto è il primo animale domestico contagiato dall’uomo con il virus dell’influenza A/H1N1. È accaduto negli Stati Uniti, a Portland (Oregon), e la notizia è stata diffusa dalla rete della Società internazionale per lo studio delle malattie infettive.Il furetto è risultato positivo al test per la diagnosi del virus A/H1N1 e il proprietario dell’animale mostrava i sintomi dell’influenza, ha reso noto Emilio DeBess, del servizio di Sanità veterinaria dell’Oregon che ha eseguito la diagnosi, successivamente confermata dal Dipartimento dell’Agricoltura. L’animale mostrava gravi problemi respiratori e molti dei sintomi tipici dell’influenza, come febbre, tosse, raffreddore e debolezza.Altri animali domestici a rischio potrebbero essere gli ucce lli, ha osservato DeBess. Gli uccelli, ha spiegato, sono infatti all’origine di tutti i virus influenzali e sono anche in grado di prendere tutti i virus di questo tipo. I cani sono finora stati colpiti da un solo virus influenzale, l’H3N8, una mutazione comparsa negli ultimi 5 anni e che non si trasmette all’uomo. Nessun virus dell’influenza sembra colpire i gatti e, infine, nè gatti nè cani sono portatori del virus H1N1.

IL SECOLO XIX
21 OTTOBRE 2009
 
Scopre che la moglie lo tradisce grazie al cane lasciato in strada
La donna, nel negozio dell'amante, aveva legato fuori lo yorkshire. Il marito l'ha visto, è entrato e ha pestato a sangue il rivale
 
Caltanissetta. Dire al marito che esce con le amiche e che farà tardi: è una delle scuse più classiche che una donna usa se vuole nascondere incontri galanti e tradimenti. A Gela, una avvenente donna poco più che trentenne (madre di due bambini) lo ha fatto, ieri sera, dopo le 21, ma con una variante che le è stata fatale: portarsi dietro il proprio cane da salotto, uno yorkshire sin troppo vivace.
Proprio per questa caratteristica, la fedifraga ha legato l'animale alla fioriera davanti a un bar del centro storico con il cui proprietario (un cinquantenne) aveva intrecciato un rapporto sentimentale. Abbassata la saracinesca dell'esercizio, ma non totalmente, i due amanti hanno dato libero sfogo alla loro travolgente passione. Senza cena pronta, l'ignaro marito (un operaio di circa 40 anni) aveva deciso di recarsi in rosticceria per comprare pizze e arancini, portando con sé i figli. Il caso però ha voluto che scegliesse un fast food ubicato a pochi metri dal bar-alcova. All'arrivo del gruppetto il cane legato alla fioriera si è messo ad abbaiare insistentemente perché ha riconosciuto i padroni. Uno dei bambini ha fatto notare che quello era il cane della mamma. Allora, il marito insospettito, si è avvicinato al bar, ha alzato di scatto la saracinesca e ha scoperto i due amanti in flagrante. La rabbia dell'uomo tradito si è abbattuta violentemente sull'amante della moglie con una raffica di pugni e di calci. Nella colluttazione, mobili e suppellettili del locale sono stati danneggiati. Alcuni passanti hanno chiamato i carabinieri e un'ambulanza del 118 che ha portato al pronto soccorso il barista pestato a sangue.

ASCA
21 OTTOBRE 2009
 
CACCIA: INCIDENTE NEL TREVIGIANO, DONNA FERITA ALLE MANI E AL VOLTO
 
Roma - Tre cacciatori durante una battuta di caccia ai merli, avvicinatisi troppo ad una abitazione, hanno sparato ferendo al volto e alle mani una donna mentre curava i fiori del proprio giardino. E' avvenuto a Santa Maria di Mareno di Piave, nel trevigiano, secondo quanto denuncia oggi la LAC - LEga Abolizione della Caccia, pronta ad offrire assistenza legale gratuita alla donna e a costituirsi parte civile in un eventule processo.Il figlio della donna ha rincorso i tre cacciatori, subito fuggiti, ha preso le targhe dei loro autoveicoli grazie alle quali gli agenti del Commissariato di Polizia hanno potuto identificarli.Incidenti del genere purtroppo risultano sin troppo frequenti - avverte l'associazione - , solo nella scorsa stagione di caccia 2008/2009 in Italia si sono verificati ben 96 incidenti di caccia con 65 feriti e ben 31 morti, tra i quali un cercatore di funghi.''Le attuali leggi sulla caccia sono ormai inadeguate e sorpassate per una societa' moderna come la nostra e per le nostre campagne fortemente urbanizzate - ha commentato Andrea Zanoni presidente della LAC Veneto - bisognerebbe bloccare subito la caccia e far rifare seri esami a tutti i cacciatori; sono troppi i morti e i feriti per incidenti di caccia e non c'e' da stupirsene viste le condizioni in cui si caccia con un altissimo numero di cacciatori che esercita la sua attivita' pericolosa in un territorio tra i piu' densamente popolati al mondo.
Si tratta di una schiera di dilettanti perche' i cacciatori italiani non hanno avuto un addestramento professionale all'uso delle armi, la maggior parte di loro non ha neanche superato un esame in proposito perche' ha preso la licenza di caccia prima che le leggi lo prevedessero ovvero prima del 1977''.
''E' necessario poi - avverte - inasprire le sanzioni per chi spara vicino alle case, alle strade ed agli agricoltori prevedendo il ritiro della licenza e aumentando e incentivando la vigilanza venatoria: questi tre signori, ad esempio, in questi giorni stanno ancora cacciando perche' le attuali leggi sulla caccia per un incidente come questo prevedono solo una misera sanzione amministrativa senza nessuna pena accessoria''.

OGGI TREVISO
21 OTTOBRE 2009
 
IMPALLINATA NEL GIARDINO DI CASA
44enne ferita in un incidente di caccia
 
Mareno di Piave (TV) – Una donna è diventata l’involontario bersaglio dei cacciatori. Che una donna potesse diventare una coniglietta sembrava riservato alle poche che amano mostrarsi sulle pagine patinate di playboy.Invece a Santa Maria di Mareno di Piave una 44enne è finita nella traiettoria di tre cacciatori ed è stata impallinata come fosse selvaggina. E’ stata ferita alla mano e al volto.La vittima è Sandra Collodel, che vive con il marito e i due figli in via Colonna a Santa Maria.L’incidente si è verificato sabato pomeriggio sulla soglia di casa della donna. Tre cacciatori in cerca di merli si sono avvicinati troppo a un’abitazione e hanno sparato ferendo la padrona di casa, che si trovava nel suo giardino.Gli sparatori sono scappati abbandonando addirittura i merli appena uccisi ma il figlio di Sandra Collodel, Mirko Dal Pos, li ha rincorsi e si è trascritto i dati delle targhe dei tre fuggitivi. I numeri di targa hanno consentito agli agenti del Commissariato di Polizia di identificare i cacciatori maldestri.“Incidenti del genere purtroppo risultano sin troppo frequenti, solo nella scorsa stagione di caccia 2008/2009 in Italia si sono verificati ben 96 incidenti di caccia con 65 feriti e ben 31 morti, tra i quali un cercatore di funghi”, commenta la LAC, lega abolizione caccia.“Le attuali leggi sulla caccia sono ormai inadeguate e sorpassate per una società moderna come la nostra e per le nostre campagne fortemente urbanizzate – ha commentato Andrea Zanoni presidente della LAC Veneto – bisognerebbe bloccare subito la caccia e far rifare seri esami a tutti i cacciatori.
Si tratta di una schiera di dilettanti perché i cacciatori italiani non hanno avuto un addestramento professionale all’uso delle armi, la maggior parte di loro non ha neanche superato un esame in proposito perché ha preso la licenza di caccia prima che le leggi lo prevedessero ovvero prima del 1977”.
Le norme di sicurezza prevedono che per sparare bisogna tenersi a distanze minime di 100 metri dalle case e di 50 metri dalle strade, ma sono numerosi gli incidenti dovuti al mancato rispetto di queste regole:
-il 24 settembre alcuni spari sono stati esplosi contro un’abitazione
- il 28 settembre a Chiarano un cacciatore ha sparato a distanza di qualche metro da un cortile dove si trovavano un uomo e la figlia
- il 29 settembre a Roncadelle di Ormelle l’USL 9  ha recuperato un cane da caccia con una una rosa di pallini conficcati dentro la carne.
-  l’1 ottobre a Loria Angelo Beltrame ha rinvenuto 7 galline sbranate dai cani da caccia
-  il 12 ottobre a Vittorio Veneto un cacciatore ha ferito due anziani del posto in cerca di funghi
-  il 14 novembre a Valdobbiadene è stato impallinato un gatto vicino ad un centro abitato
-  il 15 novembre ignoti cacciatori hanno effettuato una sparatoria a Scomigo di Conegliano terrorizzando una residente
-  il 16 novembre ad Albina di Gaiarine un uomo è stato minacciato da un cacciatore che gli ha puntato il fucile contro, perchè gli era stat chiesto il rispetto delle distanze dalle case
-  il 17 gennaio, nei boschi compresi tra Curogna e Onigo di Pederobba, è stato ferito un cacciatore di 62 anni di Pederobba, colpito dai pallini partiti dal fucile di un suo collega.

IL GAZZETTINO DI TREVISO
21 OTTOBRE 2009
 
Veterinari a confronto su volpi e rabbia silvestre
 
Franco Pavan
 
Provincia di Treviso - Saranno pure di parte ma gli scenari che il mondo venatorio paventa intorno all'aumento della presenza di volpi sul territorio veneto e polesano in particolare, fanno davvero paura.Focolai di rabbia silvestre, patologia estremamente pericolosa per gli animali e trasmissibile all'uomo, sono stati isolati a venti chilometri dal confine regionale e ora le correlazioni che tenterà di dimostrare il convegno di Federcaccia - domani alle 18 nella sede di via Levico, presenti esperti e veterinari da tutto il Nordest - con la diffusione senza piani di contenimento del canide, sono all'ordine del giorno. Rabbia, spiegano a Federcaccia, e non solo. Almeno un'altra patologia farebbe correre gravi rischi alla popolazione animale delle campagne e anche agli umani che ne dovessero venire in contatto.Spiega tutto Giovanni Fante, esperto di Federcaccia. "Ormai è documentato a livello veneto con opuscoli editi dall'istituto zooprofilattico delle Tre Venezie, che la rabbia silvestre è presente ai confini della regione. Si badi - precisa Fante - che per misura precauzionale dovrebbe esistere una fascia di almeno 150 chilometri intorno ai focolai per non correre rischi. Fascia nella quale praticare vaccinazioni di massa a cani e gatti. Al nostro convegno parteciperanno esperti tecnici e veterinari friulani che stanno monitorando la situazione. Va ricordato che proprio la volpe è vettore anche della cisticercosi, una tenia che arriva nella catena alimentare umana attraverso le feci disperse sull'erba mangiata poi da lepri, bovini e altri animali che infettano le loro carni che a nostra volta mangiamo".

MESSAGGERO VENETO
21 OTTOBRE 2009
 
Volpe morta a Cussignacco, l Ass 4: non aveva la rabbia
 
Cussignacco (UD) - Il primo esame è negativo. La volpe trovata morta giovedì scorso in un’abitazione a Cussignacco quindi non avrebbe contratto la rabbia. «Per la conferma definitiva – rivela il direttore del distretto Sanità animale dell’Ass 4, Oreste Battilana – dobbiamo attendere un ulteriore analisi, ma raramente l’analisi di immunoflurescenza viene smentita quindi direi che possiamo stare tranquilli». In ogni caso l’Azienda sanitaria numero 4 ha deciso di rendere obbligatoria la vaccinazione antirabbica per tutti i cani dei 62 comuni del Medio Friuli. «Prima provvederemo a vaccinari i cani dei comuni dove sono stati ritrovati animali infetti e quelli confinanti – dice Battilana – poi tutti gli altri. Abbiamo già inviato le comunicazioni a tutti i comuni, ai di stretti venatori e ai soggetti interessati. Al momento abbiamo vaccinato i cani di 16 comuni, in corso di vaccinazione ce ne sono 13, poi provvederemo con gli altri 33 per i quali procederemo con più calma». Complessivamente l’Ass4 si sta preparando a vaccinare gratuitamente circa 30mila cani «anche se – precisa Battilana – è difficile avere un numero preciso tenendo conto che non tutti i cani sono registrati all’anagrafe canina e che molti non vengono cancellati». Nessun allarme invece per i gatti. Mentre la Regione si prepara a distribuire esche per le volpi in mezzo Friuli. Si allarga infatti il raggio di azione del piano regionale di vaccinazione orale della volpe che interesserà tutta la provinciadi Udine.
MESSAGGERO VENETO
21 OTTOBRE 2009
 
Vaccinazioni e microchip: appello ai proprietari di cani
 
Maristella Cescutti
 
SEDEGLIANO (UD). Il sindaco Dino Giacomuzzi ha reso noto con un avviso il calendario delle vaccinazioni rese obbligatorie in seguito all’ordinanza emessa dall’azienda Sanitaria n.4 Medio Friuli e fatta propria dal comune in data 2 ottobre. Il Veterinario Ufficiale ha quindi comunicato le giornate disponibili per le vaccinazioni, nel frattempo chiunque può già provvedere a sue spese presso gli ambulatori privati. Nella disposizione del sindaco è fatto obbligo che i bovini, bufalini, ovini, caprini, equidi, suidi, e i cani al seguito che attraversano per la transumanza o per l’alpeggio nel territorio del comune di Sedegliano devono essere vaccinati contro la rabbia a domicilio, o sede epidemiologica attestata almeno 15 giorni prima della movimentazione. Il provvedimento si aggiunge ad altri emanati in seguito al nuovo ca so di rabbia silvestre accertato a Mereto di Tomba. Tra questi la vaccinazione obbligatoria antirabbica per tutti i cani - condotti al guinzaglio dai proprietari ,di età superiore ai 3 mesi, i cui dati saranno identificati con la lettura del microchip - che verrà effettuata a Grions il 21 ottobre presso il centro sociale dalle 11 alle 13; a Rivis sempre mercoledì dalle 15.30 alle 17.30 nella sede della Pro Loco. A Sedegliano giovedì 22 i cognomi dalla A alla M presso il magazzino comunale dalle 11 alle 13 e i cognomi dalla N alla Z sempre nella stessa sede e nello stesso giorno ma al pomeriggio, dalle 15.30 alle 17.30. Nelle frazioni di Gradisca. San Lorenzo, e Coderno si è già provveduto alle previste vaccinazioni lunedì e martedì scorso. In tali occasioni si provvederà all’applicazione del microchip ai cani non iscritti all’anagrafe e nelle stesse date sarà possibile provvedere da parte di tutti i possessori di cani alla verifica dell’anagrafe canina con l’aggiornamento dei dati senza incorrere in sanzioni. Questo è il termine ultimo per la regolarizzazione.
LIBERO
21 OTTOBRE 2009
 
Gli australiani proteggono gli squali: rendono soldi!
 
In Australia gli squali valgono molto di più da vivi che da morti, soprattutto se rimpolpano le casse del Paese. Una nuova ricerca ha dimostrato che i predatori dell'oceano fruttano all'economia australiana una grossa fetta dei dollari turistici, mentre la loro popolazione continua a declinare. Secondo i recenti studi dell'università James Cook a Townsville, infatti, la prospettiva di avvistare squali è un’ attrazione troppo forte per gli appassionati di nuoto subacqueo. Nel nordest dell'Australia, tra Cairns e Port Douglas, dove si estende la Grande barriera corallina, fino al 25% della spesa media di un visitatore, circa 825 euro, sono dedicati all'opportunità di vedere gli squali. Nonostante questo però, il numero degli squali nelle acque australiane continua a diminuire. Il portavoce del Wwf Australia, Nick Heath, ha, infatti, dichiarato che la popolazione di pescecani, in alcune parti della barriera corallina, si è intanto ridotta dal 3 al 12% rispetto alle dimensioni originali. Più di 70 mila squali vengono pescati ogni anno al largo del nord Queensland, molti entro l'area della Grande barriera corallina. “Dobbiamo fare di più per proteggere questi supremi predatori, se non per il bene dell'ambiente, per il loro valore in dollari. Un avvistamento garantito vale oro per l'industria del turismo”.
 
 
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