L'UNIONE SARDA
18 OTTOBRE 2009
Ogni anno in Italia uccisi venticinquemila randagi
Ogni anno in Italia vengono uccisi 25mila cani, tra randagi che vagano nelle città e in campagna e cuccioli di proprietà: la denuncia arriva dall'Aidaa, che ha raccolto i dati tra settembre 2008 e agosto 2009. A questo numero impressionante si aggiungono i 750mila esemplari maltrattati che vivono in condizioni inadeguate.
La maggioranza dei cagnetti viene uccisa con cibo avvelenato: polpette e bocconcini lasciati appositamente per uccidere in alcune zone dove si rifugiano i quattro zampe più sfortunati. Quasi mille esemplari, abbandonati dai loro proprietari, sono morti ammazzati dalle auto durante l'estate. Le regioni in cui c'è stato un maggior numero di vittime della strada sono Lazio, Veneto e Puglia. Colpisce il comportamento dei 4 mila padroni che hanno soppresso i loro amici a quattro zampe perché ormai vecchi e malati, senza però l'ausilio dell'eutanasia. Secondo l'Aidaa i numeri denunciati sono minori rispetto ai reali, in quanto tante vittime non vengono segnalate, soprattutto se usate per i combattimenti o per altri fini illeciti. LA PROVINCIA DI VARESE 18 OTTOBRE 2009
Ricola migliora, ma non ha più fiducia nell'uomo Il difficile ritorno alla normalità della cagnolina di un anno abbandonata per oltre due mesi sull'A9
SARONNO (VA) «E' ancora scioccata, sarà necessario attendere un po' di tempo prima di affidarla a una nuova famiglia». Così i volontari dell'Enpa descrivono la situazione della piccola Ricola, la cagnolina recuperata lo scorso fine settimana nell'intersezione verde tra l'autostrada Como Laghi e la Varese Laghi. «La sua storia ha davvero commosso tantissimi saronnesi - continua Evi Mibelli portavoce della sezione saronnese dell'Enpa - abbiamo avuto tantissime richieste d'informazioni e tanta solidarietà». Ricola è stata vittima di un abbandono estivo: «Ormai ne abbiamo la certezza: abbiamo raccolto la testimonianza di un saronnese che l'ha vista il 30 agosto mentre correva impaurita, e il moncone di collare strappato che le abbiamo trovato la collo non lascia dubbi».
L'UNIONE SARDA
18 OTTOBRE 2009
Una gatta bianca smarrita in via Mercalli
Cagliari - GATTA SMARRITA Beatrice, una gatta bianca di 3 anni, è stata smarrita in via Mercalli, zona Genneruxi, il 12 ottobre. I padroni la cercano disperatamente. Ricompensa a chi la riporta a casa. Chiamare il 335-203975 o il numero fisso 070-4525895.
http://persietrovati.blogspot.com/2009/10/cagliari-smarrito-gatto-femmina.html
CORRIERE DELLA SERA 18 OTTOBRE 2009
Prima della crisi erano uno status symbol, ora i proprietari li abbandonano Spagna: i padroni non hanno più soldi e i loro cavalli muoiono di fame Anche campioni da 50mila euro diventano carne da macello.
Un cavallo denutrito al punto da mettere in mostra le costole (dal video di Elmundo.es)
MADRID – Negli anni dell’abbondanza e dell’ostentazione, sono stati il capriccio dei nuovi ricchi. Chi speculava nel settore immobiliare spagnolo, si comprava il cavallo, o più di uno, come status symbol. Ma ora che i cantieri sono fermi, le case non si vendono, le banche chiudono i rubinetti, si taglia anche sul costo della biada: migliaia di cavalli, inclusi molti purosangue, sono stati abbandonati al loro destino, secondo la denuncia del quotidiano di Madrid “El Mundo”. Come cuccioli cresciuti e diventati ingombranti sono stati dimenticati nei recinti o liberati per le strade di campagna, senza acqua e senza cibo; o, più spesso, ceduti ai maneggi dai proprietari, in saldo parziale dei conti di vitto e alloggio. CARNE DA MACELLO - Ma, non sapendo cosa farsene, i titolari dei maneggi rivendono i loro inquilini a peso ai macellai. Animali cresciuti per pochi anni felici in scuderie di lusso, non ricevono più cure veterinarie e finiscono generalmente per morire di fame e di sete o di malattia. Una minoranza più fortunata viene riscattata da animalisti, associazioni contro il maltrattamento e una ong, organizzazione non governativa, unica in Spagna, l’Associazione CYD Santa Maria che riceve, in media, una ventina di segnalazioni di nuovi casi ogni giorno. Concordia Marquez, la direttrice, soprannominata “la salvatrice di cavalli” non ha però mezzi e strutture per rispondere a tutte le richieste: «Abbiamo dovuto respingere in blocco 150 esemplari che nessuno reclama più nello stesso maneggio. Ormai ci occupiamo soltanto dei casi più drammatici». Ma, prima o poi, lo diventano tutti. ANIMALI IN AGONIA - Stalloni da 600 chili cominciano ad agonizzare sotto la soglia dei 150 chili, quando non c’è più che la pelle inizia a coprire lo scheletro scarnificato. Qualunque piccola infezione degenera rapidamente, le coliche finiscono per ucciderli. Tra i reietti ci sono purosangue che valevano 8 mila euro e addirittura qualche campione da 50 mila. Ora si svendono ad aste clandestine e, quasi sempre, per trasformarli in bistecche, da esportare in Francia e in Italia. Vengono stipati in camion dove viaggiano per giorni, senza nemmeno un sorso d’acqua, verso il mattatoio. Non ci sono allevatori o nuovi proprietari disposti ad adottarli: sei cavalli recuperati sono stati inviati in Olanda, in via sperimentale. Sono richiesti per la monta, ma forse sono ancora troppo debilitati per affrontare il loro nuovo compito e garantirsi la salvezza. La strage in Spagna continua, quasi impunita: «Non ho di che nutrire la mia famiglia, come faccio a mantenere un cavallo?» si è difeso uno dei pochi proprietari raggiunto dalla giustizia. Il suo cavallo, legato a una catena, senza nulla da mangiare e bere da quasi sei giorni, si era prodotto per la disperazione un’enorme ferita, già infetta. Chi aveva deciso di lasciarlo morire così se la caverà, alla peggio, con una multa.
IL GIORNALE
18 OTTOBRE 2009
SBAGLIATO ODIARE I PICCIONI: SONO EROI
Dal 1943 a oggi sono oltre 60 gli animali decorati al valor militare per aver salvato migliaia di vite umane, e ben 32 medaglie sono state assegnate ai colombi. Solo nella prima guerra mondiale furono 400 i volatili impegnati
SEMPRE DI RITORNO Volano anche di notte, con la tempesta, per centinaia di chilometri
Li combattiamo in tutte le maniere, perché sporcano, perché portano malattie, perché rompono le balle. Pillole antifecondative, reti di cattura, chiodi dissuasori sui tetti, assedio per fame nelle pubbliche piazze, le proviamo tutte per farli sloggiare, eppure la storia ci insegna che dovremmo mostragli tutt’altro rispetto. Sono i piccioni, adorati (se vincono) dagli allevatori emiliani oppure odiati da tutti fuorché dai bambini. Eppure se andate a Carnlough, nella contea di Antrim in Irlanda, troverete, sul muro del porto, una targa dedicata a un piccione di nome Paddy che in quella cittadina è nato. Si tratta di un’onorificenza al valore militare con la quale il popolo irlandese ha voluto ricordare nei secoli questo piccione che, alle 8,15 del 6 giugno 1944 partì per una missione che gli lasciava scarse alternative: giungere, il più presto possibile, in Inghilterra a portare le prime nuove sullo sbarco in Normandia o morire, abbattuto dai «caccia» nemici.
Se pensate che solo cani, cavalli, muli e delfini abbiano dato un aiuto, talvolta decisivo, agli uomini impiegati nelle attività belliche vi sbagliate di grosso. I piccioni hanno avuto un ruolo di primo piano, quando alle loro ali erano affidate notizie d’importanza strategica. Uccelli pressoché perfetti, macchine naturali di straordinaria costruzione, i piccioni sono in grado di volare, di giorno e di notte, col sole o con la pioggia, col vento e la tempesta, per centinaia di chilometri ritrovando la loro piccola casettina in cui vivono. Paddy era uno dei più giovani arruolati nella Raf e faceva parte di un gruppo che contava trenta messaggeri alati, aggregati alla Prima divisione statunitense. Quel giorno di giugno Paddy coprì le 230 miglia che dividevano la costa francese dalla base militare di Hampshire in meno di cinque ore, portando notizie strategiche per gli alleati, ma ambite anche dai tedeschi che avevano liberato nei cieli i loro falchi addestrati. Non ci fu storia: il piccione Paddy, con volo battuto, veloce e basso sul mare, fregò gli artigli della falconeria aggregata alla Luftwaffe portando agli angloamericani notizie preziose per la sorte del conflitto. Non era la prima volta che, per la verità, il «soldato» Paddy riceveva un’onorificenza. Subito dopo la guerra ottenne la medaglia Dickin che può essere rapportata alla Victoria Cross per l’uomo. Questa volta, a scoprire la targa, c’era il suo anziano istruttore, John McMullan che, con commozione, ha raccontato di quando Paddy veniva portato in sottomarino al largo delle coste irlandesi e rilasciato per trovare la strada che lo avrebbe condotto a casa, senza alcun ausilio. Neanche venti giorni di stanza in una base inglese meridionale e Paddy aveva già imparato a orientarsi in ogni punto e a volare preciso e sicuro là dove il suo istruttore gli chiedeva di andare. I tedeschi sapevano dei colombi istruiti dagli alleati e avevano addestrato squadriglie di rapaci che perlustravano i cieli con artigli e becchi famelici. Quel 6 giugno del 1944, il giorno del D-Day, forse avvistarono Paddy, ma il suo battito alare vigoroso li lasciò con un palmo di becco nelle zampe. Visse quasi dieci anni ancora, l’eroe irlandese alato, prima di morire nel 1954 tra le mani del suo proprietario, il capitano Andrew Huges. Dal 1943 a oggi sono oltre 60 gli animali decorati al valor militare per aver salvato migliaia di vite umane. Ebbene, 32 medaglie al valore sono state assegnate a piccioni, quali Mary of Exeter ferita quattro volte, durante la Seconda guerra mondiale, mentre trasportava messaggi top secret tra Francia e Inghilterra. Ma è soprattutto durante la Prima guerra mondiale che il loro ruolo, nelle comunicazioni, diventa insostituibile. Durante l’offensiva delle Argonne, la battaglia di due mesi che finalmente mise fine alla Prima Guerra, furono impiegati oltre 400 colombi che portavano messaggi nell’area di Verdun. Probabilmente il piccione eroe più famoso della Prima Guerra fu Cher Ami (Caro amico). Dopo avere espletato una dozzina di missioni importanti, il 4 ottobre del 1918 compì la sua più mirabile impresa. Il giorno prima, il maggiore americano Whittlesey e più di 500 soldati furono intrappolati in una depressione delle colline francesi. Il giorno dopo, non ne rimanevano vivi che meno della metà. Dopo avere inviato diversi piccioni, nel tardo pomeriggio al maggiore ne rimaneva uno solo, Cher Ami. Il fuoco amico, non sapendo dove erano i soldati, rischiava di falcidiarli. Il maggiore diede un bacio a Cher Ami e lo liberò con un messaggio sotto l’ala. C'era scritto «We are along the road parallel to 276.4. Our own artillery is dropping a barrage directly on us. For heaven’s sake, stop it». (Siamo lungo il parallelo 276,4 e la nostra artiglieria ci spara addosso. Per l’amor del cielo fermatevi»). I tedeschi lo videro in volo e aprirono il fuoco. Sembrava dovesse cadere ad ogni battito d’ali, ma il piccolo e Caro Amico volò e volò sempre più su, oltre la portata della «contraerea» e raggiunse gli alleati con il suo messaggio nel canestrino attaccato a una zampa: aveva perso un occhio, un’ala, una zampa era staccata dal corpo. I medici lottarono giorni per farlo sopravvivere e i francesi, saputa la sua storia, lo insignirono della Croce di Guerra. Dai movimenti partigiani di Belgio, Francia e Olanda ai soldati al comando di Himmler (presidente della società tedesca dei piccioni) i colombi ebbero un ruolo strategico nelle due Guerre e se ne incontrate uno ai bordi della via ricordatevi di Paddy e Cher Ami e toglietevi il cappello.
IL MESSAGGERO
18 OTTOBRE 2009
Sono bastati dieci giorni perché la campagna “Metti al sicuro il tuo cane”
MONIA ANGELUCCI
Sono bastati dieci giorni perché la campagna “Metti al sicuro il tuo cane” mettesse a segno il raddoppio delle iscrizioni all’anagrafe canina regionale. Parliamo dell’iniziativa della Regione in collaborazione con gli ordini professionali dei veterinari di tutto il Lazio per incentivare l’iscrizione dei cani all’anagrafe canina da parte dei proprietari e contrastare così il fenomeno del randagismo. Si tratta di una tariffa agevolata di 20 euro che verrà praticata per tutto ottobre a quanti si recheranno in uno dei 43 ambulatori dei servizi veterinari delle Asl o presso uno dei 416 veterinari accreditati che hanno aderito all’iniziativa (gli elenchi sono disponibili nella sezione focus on del sito www.regione.lazio.it) per sottoporre i propri cani alla microchippatura e contestualmente iscriverlo all’anagrafe canina regionale: lo strumento più idoneo per garantire i diritti e le responsabilità dei cittadini proprietari dei cani, nonché quello più efficace per stimare la popolazione canina presente sul territorio regionale (ad oggi sono 260mila le iscrizioni complessive). Ebbene, grazie a questo sconto, unito ad una campagna di informazione a tappeto, è stato possibile passare dalle 2.457 iscrizioni all’anagrafe canina effettuate nel Lazio nei primi dieci giorni di ottobre 2008 alle 5.056 messe a segno nello stesso periodo del 2009. Nel dettaglio: Roma in testa a quota 2.959 rispetto alle 1.452 del 2008, seguita da Latina che passa da 285 a 722, Frosinone da 286 a 636 e Viterbo che passa da 273 a 473. Va bene anche a Rieti dove si è passati da 161 a 266. Bilancio positivo insomma per questa campagna che si pone l’obiettivo di incentivare i proprietari di cani a mettersi in regola con la normativa vigente che impone l’obbligo di registrare l’animale entro i due mesi di vita o comunque entro 30 giorni dal possesso se l’animale ha più di due mesi, ndr) per contrastare l’abbandono e quindi il randagismo. E che agisce spiegando ai cittadini che dotare il proprio cane di microchip, registrato all’anagrafe canina, oltre che un obbligo di legge, è una misura per tutelare il benessere degli animali e i diritti dei proprietari: quel dispositivo elettronico, applicato per via sottocutanea in maniera indolore, rappresenta l’unico strumento in caso di smarrimento, furto o abbandono, per identificare l’animale e il suo proprietario. Basta la lettura immediata del microchip (che contiene un codice numerico di 15 cifre) per restituire identità ad un cane e un amico a quattro zampe all’affetto del suo padrone.
LA PROVINCIA DI LECCO
18 OTTOBRE 2009
Nuova legge in difesa di Fido e Micia
Sanzioni penali contro le mutilazioni che modificano l'aspetto dell'animale domestico e generano sofferenza per soli fini estetici. In particolare è previsto il carcere da tre a quindici mesi o la multa da 3mila a 18mila euro per il taglio della coda e delle orecchie, la resezione delle corde vocali, l'estirpazione delle unghie e dei denti, tranne nei casi in cui il veterinario consideri l'intervento necessario all'animale.
IL RESTO DEL CARLINO
18 OTTOBRE 2009
"Troppi divieti per i nostri cani".
Potenza Picena (MC) - Spariti o quasi, i posti dove portare i cani a fare due passi. La denuncia porta la firma di Mirco Braconi che sull'argomento ha oresentato in consiglio comunale un'interpellanza - Ho ricevuto lamentele - scrive il consigliere - sui divieti d'accesso per i cani nei luoghi pubblici alle quali mi associo.- Il consigliere entra subito nel merito del problema. - Ultimamente in quasi tutte le piazze, giardini e sul lungomare si è introdotto il totale divieto d'ingresso ai cani: ma così si è tolta la possibilità a chi come me possiede e ha il piacere di uscire con il proprio cane, di poter socializzare con il resto della cittadinanza, che specialmente in estate, popola i maggiori punti d'incontro del paese come il "pincio" o Piazza Souhet" A questo punto il consigliere teme che "queste limitazioni rischiano anche di render vane le varie iniziative per eliminare gli abbandoni e gli annunci di adozioni del canile. Sono convinto che nel rispetto delle regole, quindi al guinzaglio e muniti del necessario per pulire eventuali bisogni, si possa far accedere i cani in tutti gli spazi dove non vi sono giochi per i bambini. Dando così a noi possessori la possibilità di vivere insieme con i nostri fedeli amici il paese senza sentirsi discriminati."
IL MESSAGGERO
18 OTTOBRE 2009
Sorgerà a Civita Castellana il canile intercomunale..
UGO BALDI
Civita Castellana (VT) - Sorgerà a Civita Castellana il canile intercomunale dell’agro falisco. L’iniziativa è stata assunta dall’amministrazione comunale civitonica dopo che la Regione Lazio non ha ritenuto idoneo il sito scelto dal comune di Nepi che nel 2004 si era aggiudicata la gara per la realizzazione di un canile dello stesso tipo, dietro un contributo di 74 mila euro, sfilandolo da sotto il naso proprio all’allora amministrazione di centro destra di Civita Castellana. Nè Faleria e nè tanto meno Fabrica di Roma, che erano inserite nel progetto, hanno attivato le procedure per la realizzazione pur essendo coinvolte. E’ cosi tornata in corsa Civita Castellana, tanto che nei prossimi giorni è prevista la firma del protocollo d’intesa da parte dei comuni interessati. Entro un anno e mezzo la struttura entrerà in funzione. «Questa progetto - ha spiegato il vice sindaco, Danilo Corazza - nasce anche dall’esigenza di limitare il numero degli affitti presso i canili, dei cani randagi, che pesano sui conti della nostra amministrazione per un importo di centomila euro l’anno. Il canile nascerà con la finalità di dotare questa parte di territorio di uno strumento efficiente per la salvaguardia dei cani. Essendo pubblico non ha ovviamente fini di lucro e sarà curato da personale esperto. Ci poniamo in prima fila per la realizzazione di un servizio essenziale, non solo per gli animali ma anche per tutti i cittadini». Con la realizzazione del canile si andrà a contrastare e ridurre anche il fenomeno del randagismo ma c’è anche la possibilità di dare a chi vuole la possibilità di adottare un cane che è un gesto di grande civiltà. Sempre l’amministrazione comunale di Civita Castellana, nei giorni scorsi, ha dato il via alla campagna di adozione, di sterilizzazione oltre che a quella di dotare i cani di un microchip con cui si potrà rintracciare il proprietario.
IL GAZZETTINO
18 OTTOBRE 2009
Da Padova a Venezia, sequestrate tonnellate di carne e pesce avariati
Sequestrati in due centri commerciali patavini gestiti da cinesi. A Fiesso d'Artico chiuso ristorante
PADOVA - Zampe di gallina, petti di pollo, pesce e verdure, tutti in pessimo stato di conservazione. Li ha trovati la Guardia di Finanza di Padova in due centri commerciali gestiti da cinesi in corso Stati Uniti. Ed è scattato il sequestro. Almeno sei tonnellate di alimenti sono stati requisiti dalle Fiamme Gialle. Saranno sottoposti a indagini di laboratorio per verificarne la tossicità.
Si tratta in gran parte di carne destinata a ristoranti etnici cittadini, compresi quelli che organizzavano banchetti nuziali. Partite scadute o congelate in maniera inopportuna, molte prive di etichettatura che ne indichi, come legge comanda, la filiera produttiva. Oppure con certificazioni in cinese. Due le denunce, rispettivamente ai commercianti dei magazzini perquisiti dalla Guardia di Finanza.
Altri sequestri nel Veneziano. Seicento chili di carne mal conservata. Buttata nei frighi senza etichetta che ne indicasse la provenienza e la data di scadenza. Il tutto in precarie condizioni igieniche. Come se non bastasse, la carne doveva servire per bandire un banchetto nuziale. La carne è stata sequestrata e il ristorante, con l’intervento dell’Ulss, è stato chiuso. A finire nella rete della Guardia di Finanza è un noto ristorante di Fiesso d’Artico, lungo la Riviera del Brenta, gestito da cinesi.
Passati al setaccio ristoranti, negozi al dettaglio di alimentari, spacci all’ingrosso, mini-market sia italiani che etnici. E le irregolarità sono emerse un po’ ovunque, specie nei mini-market gestiti da stranieri. Molti i prodotti agro-alimentari senza alcuna etichetta, il che vuol dire che non solo non si sa da dove provengano, ma nemmeno si è in grado di risalire alla data di confezione e di scadenza. Numerosi anche i marchi che indicano prodotti italiani, che italiani non sono, o che parlano di prodotti di denominazione di origine controllata che di controllato in realtà non hanno nulla. Oltre alla merce già scaduta. Nell’occhio del ciclone è finito il pesce. Solo in provincia di Venezia sono stati sequestrati 7.500 chili di pesce surgelato, privo di documenti relativi alla tracciabilità. Il pesce "irregolare" è stato trovato soprattutto nel centro storico di Venezia, Mestre e a Chioggia.
L'UNIONE SARDA
18 OTTOBRE 2009
Chanel, meticcia morta a 21 anni, è stata inserita di recente nel Guinness dei primati
Record di lonvegità per cani e gatti
I mezzi della scienza veterinaria e i cibi allungano la vita
Cani e gatti vivono sempre più a lungo. Il segreto? I cibi sani e i mezzi sempre più sofisticati a disposizione della scienza veterinaria.
FRANCESCA GHEZZO
Un anno di vita per un cane, si dice da sempre, equivale a sette dell'uomo: ma bisognerà aggiornare la proporzione, visto che gli animali di casa - vale anche per i gatti - campano ormai molto più di prima. Una sana alimentazione, vaccini, farmaci e prevenzione, proprietari premurosi: ecco le carte vincenti che danno vita lunga e serena ai nostri amici. Non c'è più da stupirsi, dimostrano i recenti studi, se un micio arriva a festeggiare 20 anni e se un cagnetto campa per 17.
IL RECORD Nel Guinness dei primati il mese scorso è entrata Chanel, cagna meticcia morta a 21 anni. Ma le soffierà il primato, prima o poi, Max, terrier vivo e vegeto di 26 anni. Il gatto che ha vissuto più a lungo è invece arrivato a compierne 34. «I farmaci per le articolazioni, per la demenza senile, le cure per combattere il cancro, il cibo industriale studiato appositamente per gli animali senior contribuiscono ad allungare la vita dei nostri coinquilini a quattro zampe», spiega la veterinaria Alessandra Zucca. «I padroni sono sempre più attenti: anche se è un micio di 16 anni ad aver bisogno di cure, non si tirano indietro. Se è possibile che viva qualche mese in più ben venga». Insomma, l'aspettativa di vita del cucciolo domestico è stravolta rispetto al passato, soprattutto per gli esemplari medi e piccoli. I METICCI E gli incroci resistono di più: «Un cane di taglia grossa generalmente vive meno di uno più piccolo, ad esempio è raro trovare un alano che superi i 13 anni, ma si può incontrare tranquillamente uno yorkshire di 20», sottolinea Barbara Ferraro. «I meticci sono sicuramente più longevi, mentre spesso quelli di razza possono essere portatori di malattie congenite. I boxer sono soggetti a tanti tipi di tumore, i bulldog e i gatti col muso schiacciato presentano generalmente problemi respiratori». Il pedigree non risparmia dunque fastidi e malattie, ma tanti altri fattori entrano in gioco quando si parla della qualità della vita degli animali domestici. IL PESO Cani e gatti snelli vivono meglio e in media due o tre anni in più di quelli sovrappeso: «Bisogna scegliere cibi bilanciati, invece di imbottirli di proteine e alimenti di ogni genere», spiegano gli esperti. Senza trascurare i passi da gigante della veterinaria negli ultimi 15 anni: tac, ecografie, risonanza, esami di laboratorio che consentono di arrivare a diagnosi prima sconosciute. Senza nulla togliere ai tradizionali vaccini e alla prevenzione: «Grazie alla profilassi, per esempio», dicono gli esperti, «molti cani si salvano dalla filariosi, malattia mortale». LA PROVINCIA PAVESE 18 OTTOBRE 2009
Non è certo la prima volta Io ho travolto un capriolo
VOGHERA (PV). Capita più spesso di quanto si possa immaginare. Nella top ten degli animali di grossa taglia che provocano gravi incidenti stradali in Oltrepo ci sono i cinghiali, seguiti subito dopo da camosci e caprioli: ma una volta sul ponte del Po è stato centrato anche un alce. «Recuperiamo parecchie auto coinvolte in incidenti del genere - afferma Andrea Gambini, titolare dell’omonimo autosoccorso di Casteggio - Poche settimane fa a Santa Giuletta, in località Manzo, una ragazza di Casteggio ha preso in pieno un cinghiale: per la paura ha dato un brusco colpo di sterzo e si è capottata. Io stesso, nel medesimo punto di Genestrello in cui si è verificato l’incidente dell’altra sera, ho investito un capriolo. Guidavo la Fiat Multipla di mio padre, verso le 22, quando dalla stradina che scende da Riccagioia è sbucato un capriolo che mi è saltato sul cofano. Una volta sul ponte del Po abbiamo recuperato un’auto che aveva investito un alce scappato da chissà quale parco privato. Questo per quanto riguarda le statali di pianura: se parliamo invece delle strade di collina, gli incidenti avvenuti o mancati per un soffio sono all’ordine del giorno». Sulla via Emilia il punto peggiore è proprio quello di Genestrello, ma c’è anche la tangenziale di Casteggio. «Questi incidenti si verificano con i primi freddi o d’inverno - conclude Gambini - i cinghiali scendono dai monti per mangiare. Probabilmente il cinghiale dell’altra sera cercava del mais nei campi della zona». LA PROVINCIA PAVESE 18 OTTOBRE 2009
Sannazzaro (PV), in riva al Po animali rari da salvare
SANNAZZARO (PV). I saliceti ed i prati spontanei della golena del Po, in frazione Savasini, 25 ettari affidati dalla Regione alla gestione diretta del Comune, presentano 31 specie diverse di avifauna di cui 22 nidificanti. Tra questi, anche tre autentiche rarità, dichiarate a tutela assoluta dalla Comunità Europea per il loro forte declino su tutto il continente. Si tratta dell’averla piccola, dell’occhione (solo pochi esemplari nel Sud d’Italia) e del succiacapre. Valeria Di Lucia, 22 anni, naturalista che ha studiato la golena del Po per poi stendere una tesi di laurea triennale in scienze e tecnologie per la natura, spiega: «Ho passato giornate intere, dalle 5 del mattino, sulla golena per individuare, censire, valutare l’intera avifauna che vi abita. Un lavoro lungo e prezioso che mi ha portato a scoprire anche specie che si ritenevano scomparse. Le direttive comunitarie hanno dichiarato lo stato di tutela assoluta su tre animali che sul Po, sulle rive ed i ghiaieti di Savasini, sono ancora oggi di casa. La presenza accertata dell’averla, dell’occhione e del succiacapre dimostra che l’habitat in zona è ancora incontaminato». Valeria Di Lucia mostra le centinaia di foto scattate in golena ed aggiunge: «Quest’area, pur piccola, va preservata. Come da progetto Po-Net di Legambiente, dovrà diventare il polmone di collegamento tra il Parco Piemontese del Po ed il Parco del Ticino ad est. La sua preservazione è un obbligo sociale». LA NUOVA VENEZIA 18 OTTOBRE 2009
Cani dei cacciatori fanno strage di polli e tacchini
SAN DONA’ (VE). Cacciatori maleducati, proteste a Grassaga e Santa Teresina. Questa volta non hanno sparato sulle case, ma i loro cani da caccia si sono intrufolati nei pollai e cortili a far man bassa di polli e tacchini. Lo hanno denunciato alcuni residenti tra le due frazioni, una in territorio di San Donà e l’altra in territorio di Noventa. «Abbiamo chiesto spiegazioni - raccontano i proprietari dei pennuti - ma non abbiamo ricevuto risposte. In breve, i cacciatori se ne sono andati con i loro cani e i polli. Non è certo per il valore economico che ci lamentiamo, ma per la prepotenza e maleducazione che hanno avuto nei nostri confronti. Potevano almeno chiedere scusa. Noi comunque abbiamo provveduto a denunciare l’accaduto alla polizia provinciale». Intanto, sempre in zona sono state segnalate molte volpi. MESSAGGERO VENETO 18 OTTOBRE 2009
Ragogna (UD), ancora un caso di rabbia in una volpe
RAGOGNA (UD). Una volpe morta è stata trovata lo scorso 5 ottobre nella frazione di Muris di Ragogna. Sottoposta all’Istituto di zooprofilattica delle Venezie alle analisi di rito è risultata positiva alla rabbia silvestre. Si tratta del 31esimo caso accertato in provincia di Udine e seguito, a brevissima distanza, da altri due registrati stavolta in provincia di Pordenone, in comune di Travesio, dove una volpe rabida è stata trovata morta, un’altra è invece stata abbattuta. Il fenomeno è dunque tutt’altro che in fase di remissione e sta anzi coinvolgendo porzioni di territorio regionale che fino a oggi non erano stati interessati dalla rabbia silvestre. Su tutti la provincia di Pordenone, anche se l’area più colpita resta quella collinare, in particolare tra i Comuni di Majano e San Daniele, oggi anche di Ragogna, dove i casi registrati complessivamente sono dieci.Ricordiamo che per i cani, oltre all’obbligo di museruola e guinzaglio, l’azienda sanitaria numero 4 – Medio Friuli ha reso obbligatoria anche la vaccinazione antirabbica.Chi non dovesse ottemperare all’ordinanza emessa dall’Ass4 rischia di incorrere in sanzioni.
IL GAZZETTINO
18 OTTOBRE 2009
LUSIANA (VI) Devastante incursione notturna dei cinghiali all’impianto di calcio
Campo mangiato dai suini
Il branco ha scardinato le recinzioni per "pascolare" : terreno inagibile
Lusiana (VI) - Desolante. E’ lo spettacolo del campo di calcio di Lusiana che, appena rimesso a nuovo con lavori di rifacimento del manto erboso, è stato devastato da incursioni di cinghiali. Gli animali, dopo essere entrati una prima volta nella notte tra venerdì e sabato della scorsa settimana, sono tornati nelle scorse notti "mangiandosi" il terreno di gioco. Per entrare hanno creato varchi scavando sotto la rete a maglie metalliche che circonda completamente l’area. Il manto erboso è costellato da buche profonde anche venti centimetri che rovinano anche il sottofondo. Il campo, utilizzato dalla società sportiva Asd Junior Altopiano per allenamenti e partite, risulta inagibile.“Il danno quantificato – dice Nereo Ronzani, presidente della società sportiva – è di circa 30 mila euro. L’intervento di sistemazione appena realizzato è stato completamente vanificato. Ora bisognerà procedere alla rizollatura e alla sistemazione del manto erboso. Servirà poi installare una barriera esterna anti intrusione. Inoltre, per consentire la disputa delle partite ufficiali delle nostre squadre, sono necessari interventi di sistemazione provvisoria del campo comunale di Conco”.L’allarme cinghiali torna periodicamente, con la devastazione di prati e orti, nelle propaggini dell’Altopiano. Lo scorso febbraio per tentare di arginare questo fenomeno la Provincia aveva autorizzato i cacciatori ed eseguire alcune battute nell’area che va da Laverda di Lusiana al monte Xausa sempre in comune di Lusiana.
SUPER EVA
18 OTTOBRE 2009
Uomo e animali: vicende di una prospettiva antropocentrica
La specie umana si è considerata nel corso della sua evoluzione nettamente superiore alle altre specie animali. Il tutto è dettato da considerazioni evidenti che riguardano le specifiche abilità[...]
La specie umana si è considerata nel corso della sua evoluzione nettamente superiore alle altre specie animali. Il tutto è dettato da considerazioni evidenti che riguardano le specifiche abilità umane, quali quella relativa al linguaggio, all’interazione sociale, all’organizzazione comunitaria e alla realizzazione di prodotti culturali. Eppure il rapporto tra uomini e animali non si è mai del tutto estinto.
Una recente ricerca ha messo in evidenza come avere degli animali domestici in casa possa influire positivamente sulla salute di bambini e anziani, migliorando le loro condizioni psicologiche e fisiche. A trarre beneficio non sono solo i disagi comportamentali, ma anche il nostro organismo, arrivando ad un miglioramento del benessere in generale.
IL GIORNALE
18 OTTOBRE 2009
Influenza A meno grave di quella stagionale Non mi faccio vaccinare
Il professor Silvio Garattini intrattiene con le medicine lo stesso rapporto che ha con le camicie: non le usa mai. Siccome ha fondato e dirige l’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, è paragonabile a un produttore di vino che si dichiarasse astemio. Se poi gli chiedi perché da 40 anni indossi soltanto il maglioncino d’ordinanza di colore rigorosamente bianco, di cotone in estate e di lana in inverno, ti osserva meravigliato: «E lei perché ha camicia e cravatta?». Mente scientifica. Quindi ti spiega indulgente che i suoi dolcevita, acquistati in blocco dalla moglie in via del Corso a Roma, da Schostal, sono assai più pratici: «Si stirano portandoli». Nel tempo sono fiorite parecchie leggende metropolitane su questo abbigliamento che lo rende molto simile a un frate domenicano: «Alcuni dicono che ho fatto un voto, altri che è un modo per nascondere un’anomalia del collo», e scosta verso il basso l’orlo della cocolla laica per mostrare un décolleté rugoso ma sanissimo. Nessuna delle due. Bravo chi indovina la terza.
Garattini è nato a Bergamo da un impiegato di banca e da una casalinga, rimasta per lungo tempo invalida a causa d’una grave malattia. Diplomatosi perito chimico, affrontò gli esami al liceo scientifico per iscriversi all’università e diventò medico. In corso d’opera scoprì la sua vera vocazione: la ricerca. Come scienziato e docente da allora s’è sempre occupato di farmacologia e chemioterapia. Un giorno del 1958 si presentò da lui Mario Negri, un imprenditore della gioielleria, il classico cumenda milanese largo di portafoglio e di cuore, che aveva investito nella Burroughs Wellcome, un’industria farmaceutica britannica senza scopo di lucro. Voleva consigli su un farmaco. Garattini, che era appena tornato da un lungo soggiorno negli Stati Uniti, gli chiese a bruciapelo: «Perché non mi aiuta a costituire una fondazione non profit privata come quelle che ho visto negli Usa, indipendente da Stato, università e industrie?». L’anno dopo Negri s’ammalò di cancro. In punto di morte, convocò Garattini: «Professore, volevo dirle che tutto è stato fatto secondo i suoi desideri». Nel 1960, all’apertura del testamento, il ricercatore scoprì che il filantropo gli aveva lasciato 900 milioni di lire, rivalutati a oggi oltre 11 milioni di euro. L’istituto Mario Negri è frutto di quell’eredità, anche se i costi di funzionamento ora ammontano a quattro volte tanto: 42 milioni di euro l’anno. Dai 22 pionieri del 1963, è passato a 1.000 dipendenti, compresi tre dei cinque figli del professor Garattini. Dispone di quattro sedi. Quella principale, alla Bovisa, inaugurata nel 2007 dal presidente della Repubblica, è costata 70 milioni di euro. Il fondatore ha dato impulso alla lotta contro il cancro, le malattie nervose e mentali, le malattie cardiocircolatorie e renali, gli inquinanti ambientali, le malattie rare, le droghe e ha sviluppato nuovi modelli per lo studio delle patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer, il Parkinson, la sclerosi laterale amiotrofica e l’epilessia. Non esiste organismo nazionale o internazionale che abbia a che fare con la salute e con i farmaci nel quale Garattini non sia stato cooptato: fra gli altri, Oms, Emea, Cnr, Cuf, Aifa (gli importanti acronimi diranno poco ai non addetti ai lavori, ma almeno hanno il pregio della sintesi). La Francia gli ha conferito la Legion d’onore.Roberto Gervaso ha scritto: «L’Italia gli deve molto e Stoccolma gli dovrebbe qualcosa». In pratica l’ha candidata al premio Nobel. «Una carineria senza legami con la realtà». Lei è medico e compirà 81 anni il prossimo 12 novembre, dunque doppiamente a rischio per l’influenza A, detta anche suina. Si vaccinerà? «No. Sono medico ma non frequento i malati e come anziano non corro rischi: i più esposti sono i giovani fino ai 27 anni e le donne in gravidanza. Diverso è il caso degli operatori sanitari a contatto con i pazienti: se si ammalassero tutti insieme, chi manderebbe avanti gli ospedali?». Pare che il 70% dei medici non abbia alcuna intenzione di vaccinarsi. «Anche per l’influenza di stagione non si vaccina mai più del 20-30% del personale sanitario». A luglio ha dichiarato all’Ansa: «Se il virus H1N1 manterrà il livello di virulenza attuale, non c’è la necessità di vaccinare tutta la popolazione». Oggi è cambiato? «No. Le analisi più recenti confermano la bassa aggressività che era stata osservata nel virus isolato ad aprile». Allora perché la psicosi? «L’età delle vittime desta impressione. Ma l’opinione pubblica non sa che in Italia l’influenza uccide ogni anno dalle 5.000 alle 8.000 persone. Giornali e Tv fanno la conta: primo morto, secondo morto, terzo morto... La gente si spaventa. Nessuno spiega che la prima vittima già soffriva di insufficienza renale, cardiaca e respiratoria e di diabete. Di questo passo saranno classificati come morti per influenza anche i contagiati dalla “suina” che si buttano sotto il treno. Inoltre, qualora il virus dovesse mutare, non è detto che il vaccino sia in grado di proteggere. Può anche accadere che il picco infettivo passi prima che il vaccino sia disponibile per tutti». Nel frattempo che fare? «Evitare luoghi affollati, stare ad almeno un metro di distanza da chi è raffreddato e starnutisce a pieni polmoni anziché nel fazzoletto, lavarsi spesso le mani». Le scorte di Amuchina sono esaurite. «Bastano acqua e sapone». Lei ha parlato di «una grande pressione da parte delle industrie farmaceutiche, che dalla corsa al vaccino trarranno molte risorse economiche». Quali sono queste industrie? «Gsk, cioè Glaxo Smith Kline, Novartis, Sanofi Pasteur, Baxter. Ma, più che col vaccino, si faranno affari d’oro con i due antivirali, l’oseltamivir e lo zanamivir, prodotti da Roche e Gsk con i nomi commerciali Tamiflu e Relenza, che andrebbero somministrati solo nei casi gravi, in ospedale». Che cosa contiene il vaccino? «Tre componenti: un liquido a base di acqua e sali; un adiuvante, lo squalene, che aumenta la risposta anticorpale; gli antigeni ottenuti dalle proteine del virus». Ma lo squalene non è pericoloso? Il 95% dei veterani dell’esercito Usa che hanno sviluppato la sindrome della guerra del Golfo erano stati protetti dall’antrace con un vaccino contenente squalene. «Non ci sono prove di questa correlazione nociva. Lo squalene è presente nel corpo umano, è un precursore del colesterolo». La Food and drug administration lo ha proibito nella versione americana del vaccino. Perché in Europa e in Italia c’è? «Alcuni Paesi preferiscono vaccini privi di adiuvanti, altri Paesi preferiscono gli adiuvanti per abbassare la dose di antigeni e il numero di iniezioni».Se i suoi cinque figli avessero meno di 30 anni, li farebbe vaccinare? «Avrei molti dubbi a farli vaccinare, anche perché non c’è vaccino disponibile per tutti». Non si nasconda dietro un dito. «Ne parlerei col medico». Lei è medico. «Ma non sono il medico dei miei figli». Li farebbe vaccinare sì o no? «Se avessi un figlio asmatico, sì. Se fosse diabetico o avesse qualche deficit immunitario, sì. Se fosse predisposto alle malattie respiratorie, sì. Insomma, non lo farei vaccinare solo perché va soggetto di frequente a tosse e raffreddore o perché in passato ha avuto una polmonite occasionale». Che cosa differenzia l’influenza A da una normale influenza? «Niente. La sintomatologia è uguale. Nella stragrande maggioranza dei casi l’influenza A è una sindrome benigna, meno grave dell’influenza di stagione e comunque con una mortalità inferiore». Però tirano in ballo la spagnola, che dal 1918 al 1920 fece 50 milioni di morti. «È impopolare dirlo, ma l’Organizzazione mondiale della sanità ha commesso errori grossolani nella comunicazione. Che senso ha parlare di pandemia quando si sa da sempre che qualsiasi tipo di influenza colpisce in tutto il mondo? Il riferimento alla spagnola è assurdo. Oggi disponiamo di molte armi che nel secolo scorso non c’erano: vaccini, antibiotici per curare le sovrapposizioni batteriche, terapie intensive, respirazione artificiale, condizioni complessive di salute migliori, igiene e alimentazione adeguate, case riscaldate». Più progredisce la ricerca e più aumenta l’allarmismo. Non le pare un controsenso? «C’è un fattore nuovo: la globalizzazione. La gente viaggia. Se i soldi che l’Occidente ha speso in vaccini fossero stati investiti per far sì che in Indonesia gli uomini non vivano più con i polli, l’influenza aviaria sarebbe stata debellata per sempre». La temuta pandemia di aviaria non ci fu. Eppure in Italia erano stati previsti 2 milioni di ricoveri e 150.000 morti. «Tutti danno i numeri». Non è strano che il panico da aviaria sia esploso il 13 settembre 2005 a opera degli inviati speciali dei giornali che a Malta seguivano la seconda Conferenza europea sull’influenza, sponsorizzata dalle holding farmaceutiche dei vaccini? «Io a Malta non ci sono andato. Ma non tutto quello che succede dopo è determinato da ciò che era accaduto prima». Come dice Andreotti, a pensar male si fa peccato però spesso ci si azzecca. «Spesso ma non sempre. Stabilire un rapporto fra causa ed effetto è uno dei compiti meno facili anche se resta uno degli esercizi più popolari. Per le mucillagini nell’Adriatico gli ambientalisti puntarono il dito contro il Po inquinato, le industrie, il fosforo. In realtà vi sono testimonianze scritte a partire dal 1642 sulla periodica comparsa in quel mare di una densa poltiglia». Che fine hanno fatto i vaccini contro la temuta pandemia di aviaria? L’Italia ne prenotò 36 milioni di dosi, per l’influenza A siamo addirittura a 48 milioni. «Non lo so. Fa parte dei segreti di Stato. In campo farmaceutico tutto è riservato. Sono stato sette anni all’Emea, l’agenzia dell’Unione europea per la valutazione dei medicinali, ed ero vincolato alla confidenzialità. Se lei chiede all’Emea la documentazione su un farmaco approvato, non l’avrà». Quanti sono i farmaci registrati in Italia?
«Buona domanda. Il numero cambia tutti i giorni». (Consulta vari volumi). «Ecco qua: 13.344, di cui 6.467 concedibili dal Servizio sanitario nazionale».
Quelli dannosi a suo avviso quanti sono? «Dannosi non molti. Ma il 50% sono inutili e potrebbero essere eliminati con qualche vantaggio per la salute». E quali sono quelli inutili? «Immunostimolanti, epatoprotettori, vasodilatatori, dimagranti, antiossidanti, antivecchiaia, antiradicali liberi e integratori alimentari a base di vitamine, minerali, amminoacidi, erbe. Aggiunga i farmaci per la memoria, che sarei il primo a utilizzare se funzionassero». Come mai la Novalgina è venduta in Italia, mentre è vietata negli Usa fin dal 1977, non è mai stata registrata nel Regno Unito e l’hanno ritirata dal commercio in Francia, in Germania e nei Paesi scandinavi? «È in fascia C, quindi non è considerata un farmaco essenziale. Dipende anche dalle caratteristiche delle popolazioni. Si vede che in Italia è più bassa che altrove l’incidenza dell’agranulocitosi, una delle reazioni avverse più temibili al metamizolo, il principio attivo della Novalgina». Qual è l’atteggiamento degli italiani verso i farmaci? «Da una parte fideistico, per cui si allentano le regole igieniche presumendo che vi sia una medicina per tutto; dall’altra fobico, perché ognuno capisce che nessun farmaco è completamente innocuo, motivo per cui molti si rivolgono alle erbe, convinti che ciò che è naturale sia anche buono. Peccato che un estratto vegetale contenga migliaia di sostanze chimiche». E il suo atteggiamento? «Non uso mai medicinali, a parte la cardioaspirina per problemi circolatori, quando me ne ricordo. L’importante è dare un ritmo al corpo e mantenerlo. Io mangio una volta al giorno, la sera. Al mattino e a mezzogiorno solo un tè». Le diagnosticano un tumore. Che fa? «Dipende. Se non è asportabile chirurgicamente, mi affido ai protocolli e mi sottopongo alla chemioterapia. Non sarà la soluzione, ma è meglio di niente». Che cosa pensa degli elevati consumi di Viagra? «Uno dei tanti utilizzi impropri di un farmaco. Era nato per curare le disfunzioni erettili, non per aumentare le performance sessuali nei satiri». Favorevole o contrario a ricavare le cellule staminali dagli embrioni congelati? «Il tema è superato dalla ricerca, perché oggi dalla cute di un adulto si possono produrre cellule che hanno le caratteristiche delle staminali embrionali». Non svicoli. «Piuttosto che lasciarli a 196 gradi sottozero, meglio utilizzarli nella sperimentazione». Ma come? Da giovane non lavorava negli uffici dell’Azione cattolica? «Certo, ma poi ognuno ha la sua evoluzione. Su queste tematiche il Papa non parla ex cathedra. Esprime un’opinione, mica un dogma».
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