18 SETTEMBRE  2009

Animalieanimali

18 SETTEMBRE 2009

 

CANE TORTURATO ASSISTE A PROCESSO
E' successo in Francia.

 

 

Ha assistito al processo ai suoi aguzzini - che hanno cercato di dargli fuoco - nelle braccia della sua padroncina il cane Mambo. Con le bende sulle zampe e sul dorso, ancora sofferente, Mambo era presente in aula "in quanto vittima e non per suscitare emozione", ha detto il procuratore della repubblica di Perpignan, la città dove si è svolto il processo.
Due gli imputati: una ragazza di 22 anni e un ragazzo di 17 anni, che nella notte fra il 10 e l'11 agosto scorso a Espira-de-l'Agly, nella regione dei Pirenei-Orientali, "non avendo niente da fare" - scrive Le Figaro - hanno cercato di dare fuoco a Mambo, un bastardino, allora, che vagava nella cittadina. Uno dei due ha tenuto il cane fermo, mentre l'altro lo ha ricoperto di benzina, prima di appiccare il fuoco.
In aula oggi c'era solo la ragazza che è stata condannata dal tribunale di Perpignan a sei mesi di carcere per atti di crudeltà e barbarie contro animali. Il ragazzo, minorenne, sarà giudicato invece il 17 dicembre prossimo.
La vicenda ha toccato la sensibilità dei francesi che si sono mobilitati per raccogliere le firme sotto la petizione "Giustizia per Mambo" inviata poi alla magistratura.
Si sono mobilitate - per sostenere le spese per curare Mambo, sono stati raccolti 10.000 euro complessivamente - associazioni e anche alcune personalità, come l'ex calciatore Zinedine Zidane, l' attore Alain Delon e l'animalista, ex icona del cinema, Brigitte Bardot.


ASYLUM
18 SETTEMBRE 2009
 
CANE BRUCIATO IN UN INCENDIO VIENE CURATO CON IMPACCHI DI MIELE
 
 
 


 
Salvataggio in extremis per un cane lupo, che è rimasto intrappolato nell'incendio all'abitazione in cui viveva, in Cornovaglia. Nella casa c'erano in tutto due cani, Lady e Toby. Appena si sono sprigionate le fiamme, il proprietario, il 77enne Cyril Bond, è subito corsa a cercare i suoi compagni a quattro zampe. Toby è stato il più fortunato: il padrone è riuscito ad "acciuffarlo" e a strapparlo dalla fiamme, che nel frattempo avevano avvolto tutte le stanze. Per questo, è dovuto fuggire all'esterno, lasciando Lady al suo destino. A recuperarla, poco dopo, sono stati i pompieri, che l'hanno trovata sepolta sotto i detriti. Subito l'hanno portata in una clinica veterinaria, dove le hanno prestato le prime cure. Qui hanno anche deciso di sottoporla ad un innovativo trattamento a base di impacchi di miele di Manuka. Il tutto per curare le ustioni che hanno interessato l'area della spina dorsale, e un fianco."Aveva delle bruciature tremende - spiega la veterinaria che l'ha presa in consegna - che hanno provocato un'infezione. Cambiamo gli impacchi di miele ogni due giorni". Senza questo trattamento, spiegano i medici, non sarebbero mai riusciti a salvarla: "Le ferite fanno molto male. E' un cane di indole straordinaria".

LA GAZZETTA DI REGGIO
18 SETTEMBRE 2009
 
Ucciso dai bocconi avvelenati
 
VIANO (RE). I bocconi avvelenati costituiscono ancora oggi un pericolo per gli animali che vagano nelle nostre campagne.  L’ultima vittima, in ordine di tempo è un cane da caccia, un setter di proprietà del signor Giancarlo Giovanelli, morto lunedì durante un addestramento a Ca’ Bertacchi.  L’episodio ha generato l’amaro sfogo del presidente dell’Atc3 Collina, Villiam Landini: «Penso allo stato d’animo del collega - afferma Landini - che durante l’addestramento nella zona di Ca’ Bertacchi si è visto privarsi del suo fido a causa di un boccone avvelenato (sperando che sia l’unico) lasciato sul territorio da una persona crudele, senza scrupoli di coscienza non degna di rappresentare l’umanità alle porte del Terzo Millennio. Fatico a capire le motivazioni di dover infierire su una bestiola che madre natura ha dotato di attitudini per la caccia. Quale disturbo poteva recare sul territorio? Conoscendo l’amico Giovanelli (e l’animo degli appassionati cinofili) sono sicuro che perdonerà il responsabile di questo gesto».  Non è la prima volta che in zona un animale muore a causa dell’ingestione di un boccone avvelenato.  Ad agosto, infatti, vicino a Albinea era stato rinvenuto sul lato della strada un tasso femmina. Senza aver riportato alcuna lesione, l’animale era morto per avvelenamento.

Animalieanimali

18 SETTEMBRE 2009

 

RIAPRONO IMPIANTI DI CATTURA UCCELLI NONOSTANTE PROCEDIMENTO PENALE

Denuncia della Lac nel trevigiano.

 

 

Domenica 20 settembre anche a Treviso riparte la stagione venatoria 2009/2010.
Questa è la prima stagione di caccia che si apre dopo la condanna di due funzionari della provincia di Treviso per le licenze di caccia rilasciate, con esami illeciti, al presidente della provincia di Treviso Leonardo Muraro e al sindaco di Treviso Gianpaolo Gobbo.
Sono il dott. Paolo Pagnani condannato, con sentenza n.530/2008 del 13/11/2008, a otto mesi di reclusione e ad un anno di interdizione dai pubblici uffici, per il reato di abuso in atti di ufficio (art.323 c.p.) in relazione agli esami per la licenza di caccia del sindaco di Treviso Gobbo (pena sospesa) e l’Avv. Franco Botteon condannato, con sentenza n.597/2008 dell’11/12/2008, a nove mesi di reclusione per i reati di abuso in atti di ufficio (art.323 c.p.) e falso in atti pubblici (art.479 c.p.) in relazione agli esami per la licenza di caccia del presidente della provincia di Treviso Muraro.
Purtroppo i guai con la giustizia che riguardano la provincia non finiscono qui: lo scorso anno il Corpo Forestale dello Stato in merito ad un’indagine su traffici illeciti di uccelli nei roccoli, ha indagato un noto personaggio di Vittorio Veneto, M.P. appartenente ad una locale associazione che cura una nota fiera degli uccelli, un ristoratore di Caneva (PN), diversi cacciatori del posto e due dipendenti dell’Ufficio Caccia della Provincia di Treviso: un guardiacaccia e un impiegato, indagati per abuso d’ufficio.
Di quest’ultima indagine ancona non sono balzati alle cronache i risvolti giudiziari. La provincia però non ha mantenuto chiusi i roccoli, impianti di uccellagione muniti di reti, e si appresta a rifarli partire a ottobre.
L’elenco sulle illegalità e irregolarità nella caccia in provincia è ancora lungo: si ricordano le nomine illecite riguardanti le riserve alpine considerate illegittime dal Consiglio di Stato; le disposizioni sulla nomina dei componenti della commissione caccia sulle quali la provincia ha fatto marcia indietro; ecc.
Purtroppo anche quest’anno verranno uccisi migliaia di uccelli migratori all’interno dei Siti della RETE NATURA 2000, quelle aree che le Direttive Comunitarie “Uccelli” ed”Habitat” volevano come protette ma che il piano faunistico venatorio ha consegnato chiavi in mano ai cacciatori, come per esempio il Piave, il Montello ed il Prà dei Gai a Portobuffolè e Mansuè.
“La caccia in provincia di Treviso – ha dichiarato Andrea Zanoni presidente della LAC del Veneto – viene gestita con gravi incidenti di percorso come le condanne dei due funzionari dell’ufficio caccia che avevano fatto carte false per consentire a Gobbo e Muraro di cacciare senza aver sostenuto i relativi esami di abilitazione. Si continua poi a sparare in aree meritorie di tutela come il Piave, il Prà dei gai ed il Montello in barba alle Direttive comunitarie “Uccelli” ed “Habitat”. In merito ai problemi con i cacciatori indisciplinati ed irrispettosi delle regole di sicurezza invitiamo i cittadini a segnalarci abusi e violazioni telefonandoci al 347/9385856, prepareremo per loro le necessarie denunce e querele”.


IL SECOLO XIX

18 SETTEMBRE 2009

 

Portofino (GE), gabbie nel Parco Già abbattuti dieci cinghiali

 

Portofino (GE) - Cinque gabbioni nuovi di zecca e di “ultima generazione”. Ma soprattutto l’eliminazione dei primi dieci cinghiali dall’area del Parco di Portofino. Come preannunciato, l’Ente Parco ha deciso un giro di vite nella lunga battaglia per il controllo degli ungulati, il cui numero è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi dieci anni. Oggi i bestioni sono circa mezzo migliaio e la loro presenza fuori controllo mette a serio rischio la presenza di altre specie e la stessa fauna dell’area protetta. Per questo il piano faunistico ha concesso di eliminare fino 160 cinghiali all’anno. «Abbiamo deciso di avvalerci di questa possibilità e abbiamo già iniziato la campagna di controllo della popolazione – dice Franco Olivari, presidente dell’Ente Parco – Da un paio di settimane abbiamo iniziato a catturare i cinghiali e i primi dieci sono già stati eliminati». Il termine non è utilizzato in maniera casuale, come spiega lo stesso Olivari senza troppi giri di parole: «Non si fa caccia selettiva perché sarebbe pericolosa per i frequentatori del Parco - dice - Gli animali vengono catturati con i gabbioni e poi abbattuti. La modalità è quella che è già stata utilizzata recentemente per le alture di Genova (emblematico il caso del Righi). Una volta imprigionati i bestioni vengono abbattuti con un solo colpo all’interno della gabbia».Sembra un’esecuzione ma, come già ribadito dall’assessore provinciale, Piero Fossati, che ha applicato per primo il sistema di cattura e soppressione: «È il metodo meno crudele in assoluto. Prelevare gli animali e portarli al macello sarebbe peggio». Ovviamente il metodo non è mai piaciuto e non piacerà neppure questa volta agli animalisti, che si oppongono a qualsiasi forma di abbattimento, sia che venga attuata con battute di caccia sia che si attui con le gabbie. «Mi rendo conto che uccidere un animale, a qualsiasi specie appartenga, è sempre un fatto negativo – aggiunge il presidente del Parco – ma la situazione è diventata insostenibile. Non possiamo pensare che l’area diventi una sorta di oasi per i cinghiali. Il rischio per l’ambiente è reale. Senza dimenticare che i cinghiali rappresentano un pericolo anche per escursionisti e agricoltori». Per attuare al meglio la campagna anti-cinghiali, il Parco ha disposto l’acquisto di cinque nuovi gabbioni mobili. Si tratta di strumenti che, a differenza di quelli precedenti, non sono fissi ma possono essere spostati facilmente nelle varie zone del Parco. Le nuove gabbie sono già state provate e hanno dato l’esito sperato. Le catture proseguiranno sino alla fine dell’anno, anche se non sarà facile arrivare a quota 160 cinghiali eliminati, che resta il limite massimo. Come evidenziato da un recente studio, l’utilizzo sul territorio le gabbie si sono dimostrate assolutamente selettive per il cinghiale, catturando molto bene gli esemplari secondo le classi di età da selezionare: dunque piccoli e femmine incinte possono essere rilasciate. L’impatto ambientale delle gabbie è basso, e le spese gestionali sono sostenibili. I cinghiali catturati, grazie alle dimensioni ridotte delle gabbie, non si provocano ferite e sono costretti alla reclusione per poche ore, fino a quando non entrano in azione gli uomini del Corpo forestale. «Non intravedo ad oggi metodi alternativi efficaci che siano praticabili; le proposte sul tavolo sono velleitarie, in quanto non si possono catturare tutti i cinghiali di Portofino in tempi brevi e utili e trasferirli poi in luoghi selvatici dove non facciano danni, impedendo contestualmente ad altri cinghiali di ricolonizzare il territorio», commenta Alberto Girani, direttore del Parco.


IL TIRRENO
18 SETTEMBRE 2009
 
Camion in una fossa di campagna morti schiacciati decine di tacchini
 
PESCIA (PT). Si sono avventurati in stradine di campagna con due camion da 240 quintali di portata e con un carico di oltre 2.200 tacchini.  In quelle che sono poco più di redole non era difficile prevedere quello che è accaduto mercoledì notte: uno dei mezzi pesanti si è infossato e ha tenuto impegnati i vigili del fuoco fino alle 6 di ieri mattina.  È successo in via Stradello all’altezza del civico 6. I camion, della ditta B.Z.B. di Forlì, alle undici e mezzo di sera hanno imboccato il viottolo che porta a un allevamento di tacchini. Dovevano caricare le gabbie e portare gli animali a un macello a Siena. Hanno percorso quella strada anche se non potevano farlo i due autisti poi multati dai carabinieri.  All’inizio della carreggiata è ben visibile un cartello di divieto di transito per i mezzi superiori ai 35 quintali. Arrivare di sera un po’ per non essere visti, un po’ per evitare di incrociare auto, non è servito ai camionisti a togliersi dai guai. I vigili del fuoco hanno lavorato per ore con i loro mezzi, ma non c’è stato verso di tirare fuori dalla fossa uno dei due camion.  Alla fine è stato un privato, la ditta Spitaletto di Pieve, a fornire una pala gommata con una grande benna con la quale alle 6 il mezzo è stato rimesso in strada.  Nello scivolare nel fosso, però, una cinquantina di tacchini erano morti schiacciati. Del caso è stata informata la Asl.

LA STAMPA

17 SETTEMBRE 2009

 

I giapponesi riprendono a massacrare le balene

Inaugurata la nuova stagione di pesca: nel mirino anche i delfini

 

 

Cento delfini dal naso a bottiglia e 50 balene pilota sono il ricco bottino della prima battuta di pesca della stagione, iniziata ufficialmente in Giappone il primo settembre e inaugurata ieri nella baia del massacro di Taiji, città costiera a sud di Osaka. La prefettura di Wakayama, in cui si trova la città, ha dichiarato che dei cento delfini catturati, i 40 o 50 esemplari più belli saranno venduti agli acquari, mentre gli altri saranno nuovamente rilasciati in mare. 
La carne di balena, invece, sarà venduta ai mercati del pesce per essere consumata. Ad accompagnare la pesca non sono mancate le proteste e gli scontri tra i difensori degli animali e i pescatori della città, inaspriti quest’anno dal successo del film documentario dei due registi Louie Psihoyos e Richard ÒBarry (The Cove), presentato e premiato all’edizione 2009 del Sundance Film Festival negli Usa. Dopo aver tentato invano di ottenere l’autorizzazione della città di Taiji, i due registi hanno girato il film grazie a telecamere nascoste sul fondo della baia. In questo modo sono riusciti a riprendere e trasmettere con grande realismo l’orrore del mare tinto di rosso dopo il massacro.
 Le immagini, trasmesse anche sul portale Youtube, hanno fatto il giro del mondo scioccando l’opinione pubblica e costando ai due registi un’accoglienza molto fredda nelle successive visite in Giappone. Dopo la proiezione del film la città australiana di Broome ha rotto il gemellaggio con quella di Taiji per protestare contro la pesca. 
I giapponesi continuano tuttavia a ribadire la loro estraneità alle argomentazioni dei detrattori stranieri. "In Occidente si mangia la carne di manzo, di maiale e di pollo. Noi invece mangiamo quella di delfino e di balena, è la stessa cosa", è il commento più facile da ascoltare, mentre la città di Taiji ricorda che ogni anno sono organizzate cerimonie rituali per rendere omaggio agli spiriti dei delfini e delle balene morte.
La stagione della pesca è appena iniziata, ma si preannuncia molto calda. Nonostante alcune concessioni dei pescatori di Taiji, la quota assegnata loro dalla International Whaling Commission per quest’anno è di 240 pezzi, tra delfini e balene. Ora dunque a infuocare la baia di Taiji potrebbero essere i nuovi scontri tra pescatori e animalisti.


IL CENTRO
18 SETTEMBRE 2009
 
Il sindaco trasferisce i 64 cani dal «gattile» di Colleparco
 
TERAMO. Il sindaco Maurizio Brucchi ha stabilito con un’apposita delibera di giunta, alla quale seguirà una ordinanza, lo spostamento dei cani dal “gattile” di Colleparco in altri canili autorizzati del nostro territorio.  Il provvedimento è stato adottato dopo un incontro con il dirigente del settore ambiente Lucio Di Timoteo , il tenente dei vigili urbani Lino Angeletti e il veterinario della Asl Lino Antonini . A conclusione della riunione, si è deciso lo spostamento per il 21 settembre dei 64 cani presenti nel gattile, così come concordato le scorse settimane dopo alcuni sopralluoghi effettuati nella struttura anche dalla Asl. Dei 64 cani, 46 appartengono al Comune di Teramo, mentre i restanti animali risultano (grazie ai microchip) affidati ai Comuni di Roseto, Montorio al Vomano, Castellalto, Castilenti e Campli che ora li riprenderanno sotto la loro custodia.  «Con questa ordinanza», dichiara Brucchi, «si è voluto dare agli animali un giusto ricovero, trasferendo i cani nelle strutture perfettamente attrezzate. L’iniziativa tiene conto delle esigenze dei cittadini che nella zona di Colleparco vivono e che, per troppo tempo, sono stati costretti a subire una situazione al limite del tollerabile».

CORRIERE DELLA SERA

18 SETTEMBRE 2009

 

Una cagnolina «adotta»  quattro pulcini abbandonati

Rifiutati dalla chioccia, sono stati adottati da Viola. La proprietaria: «La nostra mini pinscher non permette a nessuno di avvicinarsi ai piccoli, nemmeno alla madre naturale»

 

La cagnolina Viola e i suoi pulcini

 

Angela Pederiva

 

SPRESIANO (Treviso) — Se li tiene stret­ti accanto a sé nella cuccia, una scatola di cartone rivestita con una coperta di lana. Li annusa, li riagguanta teneramente con la zampina quando vede che si stanno allonta­nando troppo, li coccola. Tutto come una vera mamma. Solo che Viola è una cagnet­ta, mentre quelli che accudisce come se fos­sero i suoi cuccioli sono quattro pulcini, ab­bandonati dalla chioccia ancora prima di nascere.

Una storia che ha dell’incredibile quella che da una settimana sta vivendo una fami­glia di Spresiano, alle prese con un curioso incrocio degli affetti fra specie diverse. Tut­to è cominciato al diciassettesimo giorno di covata, quando la gallina di casa Barbon s’è improvvisamente disinteressata delle sue quattro uova. «Per arrivare alle tre setti­mane di gestazione — spiega la signora Fe­derica, titolare dello storico casoìn di via Cavour — abbiamo riscaldato i gusci con una lampada, avvicinandoli di tanto in tan­to all’orecchio per sentire se i piccolini era­no pronti ad uscire. A tutte queste operazio­ni ha sempre assistito anche la nostra ca­gnolina, che evidentemente ha cominciato già allora ad appassionarsi a questa vicen­da ».

Al punto che, dopo la schiusa, l’esempla­re di mini pinscher ha cominciato a pren­dersi cura dei pennuti con tutta la dolcezza e anche la gelosia di una madre reale. Non appena la chioccia prova ad accostarsi ai suoi figli, per la verità senza grande entusia­smo, è tutto un ringhiare e sfoderare arti­gli. «Viola non permette a nessuno di avvi­cinarsi a quelli che ormai chiamiamo i suoi bambini — continua la proprietaria — tan­to che non sappiamo davvero come gestire­mo questa situazione, una volta che i picco­li cresceranno e non potranno più rimane­re in salotto, a farsi viziare. Per il momento comunque, noi e i clienti del nostro nego­zio che vengono in pellegrinaggio a vedere queste scene, ci limitiamo a restarne incan­tati, pensando che non avremmo mai credu­to di potervi assistere». Come quando i quattro pulcini zampetta­no in colonna, solo che a guidare la fila è una bestiola a quattro zampe, con le orec­chie a punta e la coda di pelliccia.


IL SECOLO XIX

18 SETTEMBRE 2009

 

Recco, sparò ai gatti pagherà 3 mila euro

 

Francesca Forleo

 

Recco (GE) - Dall'amore per il Toro alla caccia ai gatti il passo è più breve di quello che può sembrare. Ed è così che l'ex vicepresidente della squadra granata, l'uomo d'affari Roberto Regis Milano, 45 anni, nato nel capoluogo lombardo ma genovese d'adozione (abita a Recco) è finito condannato dal Tribunale di Genova per maltrattamento di animali (tremila euro di ammenda e la distruzione di una carabina ad aria compressa) con l'accusa di aver sparato ad alcuni felini dal giardino della sua villa nel Golfo Paradiso.
La sentenza è stata emessa nei giorni scorsi dal giudice Adriana Petri che ha riconosciuto Regis Milano colpevole secondo quanto denunciato, nel giugno 2008, dal nucleo di guardie zoofile di Genova, guidato da Gian Lorenzo Termanini. Secondo l'accusa, a quell'epoca, l'uomo d'affari si divertiva a sparare (con il fucile ad aria compressa) ai gatti che passavano nei pressi della sua villa. Il tribunale lo ha riconosciuto colpevole di maltrattamento di animali e ha emesso un decreto penale di condanna.
«Sono allibito, non ho mai fatto male a un animale, non sono mai andato a caccia, non mi sognerei mai di sparare a un gatto, semplicemente per qualche mese mi sono divertito a sparare a un tirassegno per hobby», ha dichiarato a caldo, ieri pomeriggio, Regis Milano rispondendo al telefono della sua abitazione di Recco. «Inoltre non ne sapevo nulla della condanna perché il decreto non mi era ancora stato notificato, ma è chiaro che farò opposizione, perché sono innocente e non voglio certo passare come un torturatore di gattini».
L'indagine delle guardie zoofile era cominciata nel giugno del 2008, dopo il ferimento di numerosi felini nei pressi della villa di Regis Milano in via Bordigotto a Recco. Le verifiche del caponucleo Termanini e delle sue guardie si erano concluse con una denuncia alla Procura e il sequestro della carabina all'uomo d'affari. «Dopo quell'episodio mi ero presentato spontaneamente alla polizia giudiziaria per spiegare la mia versione dei fatti - riprende Regis Milano - ovvero la verità: che semplicemente facevo il tirassegno, ma in maniera attenta, e senza ferire alcun animale, tanto meno i gatti di strada o quelli dei miei vicini. Poi non ho più saputo niente, tanto che pensavo che l'indagine fosse finita in una bolla di sapone. Mai più mi aspettavo una condanna».
Invece, nei giorni scorsi, il giudice Petri ha depositato in cancelleria il decreto che condanna il genovese per maltrattamento ai sensi dell'articolo 544 del codice penale. La carabina che avrebbe "ferito" gli animali, un esemplare ad aria compressa a potenza ridotta (capace di sparare a circa dieci metri di distanza), è stata distrutta. «Me l'avevano già portata via. E del resto del tirassegno mi ero già stancato».


IL CITTADINO

18 SETTEMBRE 2009

 

I pompieri salvano il micio intrappolato

 

Lodi - Ha vissuto davvero un brutta avventura il micetto che, arrampicatosi sui tetti della chiesa di San Cristoforo in via Fanfulla a Lodi, non è riuscito a scendere per tre giorni. L’assessore della Provincia di Lodi, Nancy Capezzera, avendo appreso quanto accaduto nel corso della visita alla mostra di ceramica allestita nella chiesa, attivava immediatamente i vigili del fuoco di Lodi che, prontamente intervenuti, con l’ausilio della proprietaria, procedevano al salvataggio dell’animale. Nella foto il micetto, finalmente in salvo, tra le braccia della padrona accompagnata dai vigili del fuoco, sorridenti dopo il salvataggio, avvenuto sotto gli occhi di molti curiosi.


IL GAZZETTINO PORDENONE

18 SETTEMBRE 2009

 

SAN GIORGIO Dopo le polemiche la decisone dell’associazione Bertrando

Uccelli, la fiera 2010 sarà gratis

 

Alberto Comisso

 

San Giorgio (PN) -  L'ingresso alla 14. edizione della fiera ornitologica sarà completamente gratuito. Lo ha confermato Guizardo Venier, presidente dell'associazione “Beato Bertrando” che assieme all'Ansfv (associazione nazionale sagre e fiere venatorie) ha recentemente organizzato a San Giorgio la 13. edizione della kermesse ornitologica e cinofila. Il perché dell'ingresso gratuito stabilito per il prossimo anno viene così spiegato da Venier: «Non so per quale motivo – spiega – questa volta alcuni espositori non si sono presentati all'appuntamento, lasciando così la fiera priva degli animali da cortile. I visitatori, che sono stati molto numerosi, hanno pagato il biglietto d'entrata (una cifra comunque irrisoria), non trovando però quello che era stato ampiamente pubblicizzato. Non è stata comunque una grossa perdita per noi organizzatori – prosegue – in quanto comunque oltre ai mercatini dell'artigianato c’erano il concorso canoro (con tanto di mostra di “canarini ed esotici”) e l'esposizione di altri tipi animali. C'è stata poi la presenza di Mister Antony, famoso ammaestratore di pappagalli, con uno show molto divertente. Mi dispiace per gli animali da cortile, che invece per problemi non certamente legati alla nostra volontà non sono stati esposti. Di lamentele, francamente, ne ho ricevute poche, ma è giusto – aggiunge Venier – rivolgere pubblicamente le scuse a tutti i nostri visitatori». Il numero uno dell'associazione “Beato Bertrando” ha dunque comunicato che per riparare il “danno”, il prossimo anno nessuno pagherà il ticket d'ingresso alla fiera sullo sfondo del lago Colonia.«Quest'anno – traccia un bilancio Venier – abbiamo stimato la presenza di oltre 200mila visitatori che, nonostante qualche mala- lingua avesse messo in giro la voce che la fiera non si sarebbe svolta, ha ugualmente approfittato per trascorrere una giornata immersi nella natura, a stretto contatto con numerosi animali». 


IL GAZZETTINO

18 SETTEMBRE 2009

 

Treno investe un cervo, pendolari a piedi

Nell’urto i freni sono andati in tilt, corsa cancellata. Utilizzati pullman d’emergenza

 

GIANLUCA ZANDANEL

 

Santa Giustina (BL) -  Ancora una mattina di ritardi e disagi per i pendolari ed i viaggiatori dei treni sulla tratta Belluno – Padova. Stavolta, a mettersi letteralmente di traverso ai loro programmi, un grosso cervo, investito a Formegan di Santa Giustina dal treno per Padova partito a Belluno alle 5.28. Un incidente che ad un’automobile sarebbe costato sicuramente molto caro, ma che è riuscito ad essere fatale, oltre che al cervo, anche al convoglio ferroviario. La grossa bestia ha danneggiato le condotte del freno pneumatico di cui è dotato il treno, provocandone l’arresto.  Impossibile a quel punto ripartire con i freni guasti, per cui non è rimasto altro da fare che inviare una locomotiva di soccorso da Belluno, mentre a soccorrere i viaggiatori sono arrivati gli autobus.  Il treno in questione è stato soppresso per l’intera tratta, il successivo, in partenza da Belluno alle 6.08, è stato cancellato fino a Feltre, da dove è partito con 25 minuti di ritardo, mentre il Belluno – Venezia in partenza da Feltre alle 7.30 è stato sostituito con autobus da Belluno a Montebelluna. Molto probabilmente l’incidente è stato inevitabile, visto che l’investimento è avvenuto prima dell’alba e i treni hanno uno spazio di frenatura molto lungo anche a velocità contenute, tale da non consentire quasi mai al macchinista che scorgesse in anticipo l’animale di arrestare in tempo il convoglio. Difficilmente Trenitalia potrà chiedere i danni a qualcuno, tanto che incidenti simili sono già successi più volte e una richiesta di risarcimento non è mai stata fatta. Il treno è d’altronde molto meno vulnerabile di una macchina, ma spesso la linea ferroviaria attraversa zone impervie e isolate snodandosi in mezzo ai boschi, soprattutto in Cadore, e gli avvistamenti di cervi, caprioli, volpi, tassi e animali più piccoli sono sempre più frequenti. Spesso le bestie selvatiche riescono a mettersi in salvo, ma a volte hanno la peggio, soprattutto se il treno sbuca da una galleria o esce da una curva. In compenso, rispetto alle linee di pianura, sono più rari gli investimenti di persone, anche se un evento del genere, accaduto a Vigodarzere lunedì scorso di prima mattina, ha provocato qualche ora di ritardo e la soppressione di due treni, da Padova a Calalzo e da Calalzo a Venezia. Sempre più frequenti anche i guasti agli impianti di sicurezza spesso dovuti al maltempo, come quello di mercoledì pomeriggio ad Alano, che ha causato parecchio ritardo ad un paio di treni pomeridiani piuttosto frequentati. Ma i continui tagli al personale e ai servizi restano pur sempre il problema principale delle linee del bellunese.


LA NUOVA VENEZIA
18 SETTEMBRE 2009
 
Una taglia sulle nutrie 3 euro per ogni capo abbattuto
 
Provincia di Venezia - La Provincia scatena l’offensiva contro le nutrie, con l’obiettivo di eliminare diecimila capi nell’arco di un anno. Il tutto per limitare i danni che il roditore, originario del Sudamerica e quindi specie non originaria del territorio, sta generando nel Veneziano, compresa l’area di Mestre. Le iniziative sono state presentate ieri, nella sede della Provincia, dal vicepresidente e assessore provinciale alla Caccia Mario Dalla Tor, che subito ha evidenziato un dato: nel corso della sua vita un solo esemplare può provocare danni per cinquecento euro.  La Provincia per favorire l’abbattimento degli animali ha messo una taglia di 3 euro per ciascuna nutria uccisa.  Se si conta che sul territorio provinciale è stimata la presenza di decine di migliaia di nutrie, il pericolo potenziale è ben evidente. Per questo motivo Dalla Tor ha presentato una serie di iniziative di contrasto che in parte potenziano, in parte innovano, l’impianto di contrasto alla diffusione della specie già presente.  Il primo punto riguarda le squadre, una per ognuno dei cinque ambiti di caccia della nostra provincia, deputate all’abbattimento dei roditori: dai 5 elementi per squadra attuali (tutti cacciatori, registrati) si passa a 20, quadriplicando le forze in campo. Viene introdotta, inoltre, una sorta di taglia per ogni animale soppresso dalle squadre di cacciatori. Come detto per ogni nutria eliminata la Provincia, in particolare l’assessorato alla Caccia, pagherà 3 euro, con la somma che verrà però versata non al singolo componente della squadra ma all’ambito di caccia a cui la squadra stessa appartiene.  Cambiano anche gli orari di caccia alla nutria, con le squadre che potranno procedere agli abbattimenti anche 3 ore dopo il tramonto, questo in considerazione anche del fatto che le nutrie si spostano soprattutto al buio. Verrà poi anche potenziato il sistema di gabbie per la cattura di questa specie: si passerà dalle 400 attuali, distribuite nelle zona di campagna, a 500. E non è finita, perchè come ha spiegato lo stesso Dalla Tor l’idea è quella di dotare di gabbie acchiappa nutrie anche i bordi dei corsi d’acqia che attraversano le città. «Per pagare gli abbattimenti delle nutrie», ha spiegato dalla Tor, «abbiamo un budget di 30.000 euro, se qualcuno crede che questi siano soldi sprecati vorrei solo ricordare i danni che possono creare questi animali, con problemi seri specie per le rive dei corsi d’acqua. Negli anni scorsi si è visto che, a fronte dell’eliminazione annua di 4.000 capi, la specie non solo non scompariva, ma anzi prolificava. Le vecchie formule di contrasto non risolvevano il problema, abbiamo quindi deciso di attuarne di nuove».  Da segnalare, poi, un dato reso noto dalla Polizia Provinciale, i cui agenti nell’ultimo anno e mezzo hanno abbattuto o catturato seicento nutrie in ambiti cittadini.

MESSAGGERO VENETO
18 SETTEMBRE 2009
 
L' Università a caccia dell orso visto in Carnia
 
TOLMEZZO (UD). Dalla primavera di quest’anno quando una traccia di orso è stata rinvenuta in val di Preone proveniente dalla val d’Arzino, in Carnia si sono succedute segnalazione e avvistamenti di orsi. Nelle ultime settimane il corpo forestale regionale della Carnia ha raccolto denunce di danni da orso ad alveari e ovili in diverse località: val di Preone, Enemonzo, Caneva di Tolmezzo, Forni di Sopra ed Ampezzo. La predazione, specie di animali di medie dimensioni, secondo Stefano Filacorda che studia l’introduzione dell’orso nella nostra regione per l’università di Udine, è da ritenersi un comportamento raro, spesso compiuto da giovani maschi, che con l’aumentare dell’età tende a scomparire. L’autore dei danni alle arnie, allevamenti di pecore e pollai, è probabilmente sempre lo stesso in base ai rilievi fatti dall’università di Udine sulle dimensioni e sui modi di comportamento; è stato anche possibile raccogliere delle feci e del pelo che saranno utilizzate, analizzando il Dna, per confermare se si tratta di un solo individuo, capirne la provenienza, e seguirlo nei movimenti nelle prossime stagioni, oltre che confrontarlo con gli altri orsi che sono nel vicino Veneto e nella parte orientale del Friuli. L’orso della Carnia avrebbe circa 3-4 anni, 80-90 kg di peso, riscontri ottenuti anche da alcune fotografie che hanno permesso di confermare la dimensione e l’età dell’animale che probabilmente non è solo ma in questo momento è quello più facilmente individuabile, grazie la suo comportamento. L’orso non sarebbe quindi un pericolo per l’uomo, che per precauzione, come spiega Filacorda, dovrebbe in caso di incontro ravvicinato, mantenere un atteggiamento non aggressivo, senza emettere urla e non seguire il plantigrado, che si dimostra timido, tanto che è l’orso a scappare se incontra l’uomo, e allontanandosi senza correre. Non esistono esempi di attacchi all’uomo nella nostra regione, secondo l’Università udinese, da oltre 150 anni. «Diversi sarebbe – precisa lo studioso - qualora si trattasse di una femmina con i cuccioli, ma anche in questo caso gli attacchi sono rari e avvengono in situazioni particolari». I danni da predazione, di tutti gli animali selvatici presenti sul nostro territorio, vengono comunque risarciti dalla regione che non provvede solo ai danni già arrecati al patrimonio di pastori ed agricoltori, ma interviene pure con un finanziamento a fondo perduto del 90% per le opere di contenimento di questi rapaci. «Noto - conclude lo studioso - un predisposizione positiva verso l’orso da parte dei più interessati: agricoltori e pastori di montagna, che non vedono la necessità di abbattere questi animali predatori, ma che propendono per una convivenza con essi.»

IL CENTRO
18 SETTEMBRE 2009
 
Scorribande degli orsi, uccisi polli e conigli
 
Claudio Lattanzio
 
SCANNO (AQ). Sparita Gemma con i suoi cuccioli, ecco che un altro plantigrado torna a saccheggiare gli allevamenti e i pollai di Scanno. Contemporaneamente, un altro orso si è dato da fare a Villetta Barrea, dove ha sbranato una pecora uccidendo anche una ventina fra polli e galline in un vicino pollaio.  Due incursioni nella stessa nottata anche se a parecchi chilometri di distanza. La prima è stata registrata in un piccolo allevamento di conigli nei pressi del cimitero di Scanno, dove un orso ha ucciso 18 animali dopo aver distrutto le gabbie. Ad accorgersi dell’incursione è stato il proprietario dell’allevameno, un anziano del paese, quando si è recato nel suo appezzamento di terreno per dare da mangiare agli animali e ha scoperto che l’orso aveva fatto razzìa. Dopo aver fatto la conta dei danni l’anziano contadino ha telefonato al servizio di sorveglianza del Parco per la rituale visita di controllo. Una scena diventata ormai consueta per gli allevatori di Scanno: due guardie del parco che arrivano sul posto per la verifica dei danni e per la consegna della pratica di risarcimento con cui si ha diritto a chiedere l’indennizzo previsto. Nella stessa giornata un altro orso ha fatto la stessa cosa a Villetta Barrea, sbranando una pecora, e uccidendo una ventina di polli e galline in un vicino pollaio. Anche in questo caso sono intervenute le guardie del Parco per fare la conta dei danni.  Due episodi che riportano alla ribalta la necessità di avviare un piano per contrastare le scorribande notturne degli orsi che stanno diventando sempre più frequenti.

IL GAZZETTINO DI VENEZIA

18 SETTEMBRE 2009

 

La Provincia intensifica il piano di controllo e di abbattimento del roditore in forte espansione nel territorio

Guerra alle nutrie, raddoppiate le misure

L’obiettivo è quello di catturare in un anno almeno diecimila esemplari

 

Alvise Sperandio

 

Provincia di Venezia - Riviera del Brenta È guerra alle nutrie. La Provincia intensifica il piano di controllo e di soppressione del roditore all'apparenza simile a un grosso topo che è in forte espansione su tutto il territorio per l'alto tasso riproduttivo, la grossa capacità di adattamento ambientale e l'assenza di predatori naturali. Il vicepresidente Mario Dalla Tor, assessore per la caccia e la pesca, punta ad aumentare da 4 mila a 10 mila le specie catturate nel giro di un anno, di modo da limitare i danni dovuti alla sua presenza e al suo passaggio. L'animale, proveniente dal sud America, si concentra prevalentemente lungo i corsi d'acqua e i canali di bonifica ed è in grado di provocare dei danni molto significativi agli argini dei fiumi e dei canali, dove costruisce le sue tane, e pure alle coltivazioni. In Veneto è ormai presente dovunque con elevate densità nelle province di Padova e Rovigo mentre nella nostra è concentrato in particolar modo nella zona di Chioggia, Cavarzere e Cona e della Riviera del Brenta ma lascia tracce anche nell'area centrale e nelle aziende vallive della laguna di Venezia e Caorle e inizia ora ad arrivare nella parte orientale. «Non esiste un censimento preciso che ci permetta di dire quante sono numericamente ma gli esemplari sono sicuramente tantissimi - sottolinea Dalla Tor - Il programma che abbiamo predisposto sarà molto incisivo e prevede il rafforzamento delle misure tradizionali, ovvero il trapolaggio e l'abbattimento con arma da fuoco». Le squadre degli operatori autorizzati agli interventi di limitazione numerica, operanti di volta in volta nel territorio individuato soltanto se muniti dell'apposita licenza e soltanto se autorizzati nominalmente dall'istituzione, saranno rafforzate passando da 5 a 20 componenti in tutti e cinque gli ambiti di caccia esistenti. Le gabbie installate, invece, verranno aumentate da 400 a mezzo migliaio e saranno messe a disposizione del personale delle aziende agricole che potrà utilizzarle solo dopo aver preso parte a una lezione dimostrativa tenuta dai tecnici. Inoltre sarà erogato al relativo ambito un contributo di 3 euro per ciascuna specie catturata dagli stessi membri delle squadre di caccia i quali potranno restare in azione anche per tre ore dopo l'arrivo del tramonto. «Per questo e più in generale per l'attuazione del piano - spiega Dalla Tor - abbiamo erogato una somma di 10 mila euro alla quale s'aggiungerà un altro fondo di eguale entità che sarà disponibile con l'arrivo del finanziamento regionale. I provvedimenti sono adottati d'intesa con gli ambiti di caccia e le associazioni agricole e venatorie». La nutria è stata introdotta nel nostro paese negli anni Trenta per lo sfruttamento commerciale della pelliccia, ma la sua presenza crea gravi disequilibri per l'ambiente, con dei danni quantificabili in vari milioni di euro che ne impongono l'abbattimento Le carcasse dovranno essere inserite nelle buste apposite e quindi portate nei centri di stoccaggio istituiti dall'ente: a Chioggia, Cavarzere, Mirano, San Donà e Portogruaro.


BIG HUNTER

18 SETTEMBRE 2009

 

Da domenica si caccia in tutta Italia

 

Ci siamo. Domenica si torna a caccia. L'apertura ufficiale, come da prassi è accompagnata dagli auguri e dalle raccomandazioni sulla sicurezza da parte degli amministratori regionali e provinciali. Per esempio il presidente provinciale alla caccia della provincia di Arezzo Roberto Vasai in una conferenza stampa indetta sull'apertura ha sottolineato come negli ultimi anni la caccia sia diventata sempre più rispettosa della fauna. “Con la loro attività, di fatto i cacciatori oggi contribuiscono a rendere il territorio sempre più fruibile da tutti ed hanno quindi, grazie alla loro consapevolezza, un ruolo importante per l'intera collettività”. Dati alla mano, il responsabile del servizio caccia Gabriele Chianucci ha spiegato che la provincia aretina è l'unica in Toascana ad aver diminuito i danni causati dal cinghiale per tre anni consecutivi, “quest'anno addirittura con un meno 30 per cento”.

Gli auguri giungono anche dalle associazioni venatorie: a Verona il presidente di Federcaccia Alessandro Salvelli ha raccomandato ai cacciatori di muoversi con prudenza e moderazione nel rispetto della proprietà privata e delle colture.  Sempre a Verona auguri ai cacciatori anche dal riconfermato assessore provinciale Luca Coletto: "Si ricomincia con le normative modificate in corso d'opera e una particolare attenzione alla mutate condizioni si deve aggiungere alla massima attenzione nell'uso delle armi, nel rispetto delle norme e dell'ospitalità degli agricoltori", esordisce Coletto, ricordando che "se rispettiamo l'ambiente e le normative vigenti avremo il piacere di aprire la caccia ancora per tanti anni senza subire particolari squilibri".
LA REPUBBLICA

18 SETTEMBRE 2009

 

Apertura generale della caccia, agricoltori contenti

Al mattino via libera alle doppiette, al pomeriggio solo ai falconieri

 

Domenica si apre la stagione della caccia alla fauna stanziale in provincia di Bologna. Un appuntamento atteso da più di 6mila cacciatori bolognesi che, dal
sorgere del sole e fino alle 13, potranno aprire il fuoco su lepri, fagiani, pernici rosse, starne, ma evitando parchi e aree protette. Dalle 13 e fino al tramonto, invece, la caccia sara' consentita solo ai falconieri, quei pochi (solo sei sono quelli autorizzati in provincia di Bologna) che al posto del fucile utilizzano falchi ben addestrati.
L'assessorato alla Pianificazione faunistica della Provincia raccomanda, in una nota, di fare attenzione a giornate e a orari consentiti, anche perche' ci sara' chi vigilera' sul rispetto delle regole: le Guardie provinciali (una quarantina di agenti) e i 285 volontari autorizzati a svolgere funzioni di Guardie giurate. Da quest'anno per garantire la sicurezza dei cacciatori c'è l'obbligo di indossare un indumento di alta visibilità rosso-arancione così da essere visibili a grande distanza.Contenti gli agricoltori: "Non se ne puo' piu' di colture agricole danneggiate, di piante e germogli del sottobosco mangiati, di incidenti stradali provocati da cervi, cinghiali e caprioli senza più controllo", è il commento di Coldiretti Emilia-Romagna. Secondo stime Coldiretti, in regione piu' di 8.000 cervi, 60.000 caprioli, 80.000 cinghiali, "vivono sulle spalle degli agricoltori, scorazzando piu' o meno indisturbati nei campi dove provocano veri e propri disastri, mangiandosi oltre ai germogli anche larga parte del reddito degli imprenditori agricoli". Come dire, vanno ridotti. Coldiretti ha gia' raccolto oltre 25.000 firme per fermare il dilagare di animali selvatici; nel 2007 (ultimi dati disponibili, ma ampiamente in crescita nel 2008) le scorrerie di cinghiali e caprioli nei campi coltivati e gli attacchi degli uccelli nei frutteti hanno provocato oltre sette milioni di euro di danni.


IL CITTADINO

18 SETTEMBRE 2009

 

Almeno 1.700 “doppiette” lodigiane si aggiungono i tesserati di altre province: confermate le limitazioni nelle zone protette 

Fuoco alle polveri per 2.600 cacciatori  

Da domenica e fino al 31 gennaio scatta la stagione venatoria 

 

Alberto Belloni

 

Provincia di Lodi - Sono già mille e settecento le “doppiette” lodigiane pronte a battezzare la nuova stagione di caccia. Il “fuoco alle polveri” scatterà alle 6.15 di domenica mattina e durerà fino al 31 gennaio prossimo, quando i fucili torneranno in letargo fino al settembre del 2010. Il numero massimo dei cacciatori ammessi sui quasi 40mila e 800 ettari di superfici disponibili, comprensivo delle “doppiette” provenienti dalle altre province, è rimasto pari a 2.630: di questi, 1.605 potranno cercare prede nei quasi 25mila ettari dell’Ambito territoriale di caccia Nord, mentre gli altri potranno dedicarsi all’attività venatoria nel più ridotto Ambito territoriale di caccia Sud. Assieme ai fucili, ovviamente, tornano gli inviti a un esercizio dell’arma “sicuro” (per la salute propria e degli altri) e al rispetto delle regole che disciplineranno i diversi tipi di caccia. I giorni, innanzitutto. Da domenica all’ 11 ottobre si potrà cacciare in tre giorni fissi (mercoledì, sabato e domenica), mentre dall’12 ottobre al 31 gennaio i tre giorni settimanali saranno a scelta. Nel territorio degli ambiti territoriali della provincia l’utilizzo del cane da seguita è consentito sino al 7 dicembre, mentre dal 1 gennaio al 31 gennaio in tutti gli ambiti l’utilizzo del cane da ferma, da cerca e da riporto sarà consentito unicamente nel raggio di cento metri dalla battigia dell’acqua di Po, Adda, Lambro, Muzza e suo colatore, Tosi, Mortizza, Regina, Codogna, Sillaro, Cavo Marocco, colatore Lisone, rio Tormo, roggia Bertonica, Brembiolo, nonché nelle stoppie di riso. Confermate anche le limitazioni all’interno delle Zone di protezione speciale (Zps) lungo l’asse del Po: a Castelnuovo, San Rocco, Senna e Corte Sant’Andrea in gennaio si potrà sparare solo il sabato e la domenica.E i “carnieri”? La novità è la reintroduzione del limite massimo di due minilepri al giorno. Identico tetto giornaliere per la fauna stanziale, per la quale il massimo stagionale sarà di 6 lepri e 24 fagiani; per gli animali migratori, quali allodole, merli, quaglie, germani reali e via discorrendo, farà fede il regolamento regionale che prevede un limite massimo di 30 capi al giorno. Nelle prossime settimane è attesa una ricognizione sul ripopolamento delle lepri, protagoniste di un eccellente “boom” di catture nella passata stagione nelle 17 Zone di ripopolamento e cattura; le aspettative sono buone, anche se la diffusione della diabrotica nei campi di mais rappresenta un’incognita sullo stato di benessere e diffusione dell’animale. Chi non avesse ancora ritirato il tesserino può farlo contattando prima gli uffici provinciali (telefono 0371 442249).


DIRE

18 SETTEMBRE 2009

 

Doppiette e polemiche, domenica apre la stagione della caccia

Al via tra polemiche, 'guerra' di cifre e interessi economici. Tredici le regioni che hanno previsto la 'preapertura'. 78 vittime nelle ultime due stagioni

 

ROMA - Domenica parte ufficialmente la stagione venatoria 2009-2010. Settecentomila le doppiette pronte a far esplodere i propri colpi in tutta Italia, anche se i cacciatori hanno già iniziato a mettere le loro prede nel carniere. E non senza polemiche. Tredici le regioni che hanno previsto la 'preapertura' della caccia, permettendo quindi di sparare in deroga tra le proteste degli ambientalisti: la Lipu ha denunciato "rischi per la natura" poichè "si spara ai nidificanti", mentre il Wwf ha denunciato la "non tutela dell'avifauna" facendo bocciare- grazie ad un sentenza del Tar dell'Abruzzo che ha riconosciuto le ragioni dell'associazione- il calendario regionale abruzzese. Clima 'infuocato' ancor prima di partire, dunque. Con le polemiche che, come ogni anno, non mancheranno. Sicurezza, ambiente e dimensioni della caccia i temi a cui ruota, da sempre, il dibattito sull'attività venatoria. L'associazione 'Vittime della caccia' ha calcolato che nelle ultime due stagioni venatorie sono morte sotto il fuoco 'amico' 78 persone. Un numero di incidenti mortali in crescendo, passato da 37 vittime della stagione 2007-2008 alle 41 di quella dell'anno scorso. E si tratta di un bilancio "per difetto", visto che il resconto di 'Vittime della caccia' e' fondato sugli episodi riportati dalle cronache dei mezzi di informazione. E 'Vittime della caccia' fornisce anche un conteggio degli incidenti legati alle preaperture 2009: 3 morti e 2 feriti gravi. Ma la caccia uccide 'per sbaglio' anche "almeno 5.000 cani" secondo Aidaa, l'Associazione italiana di difesa di animali e ambiente. E anche in questo caso si tratta di "stima prudenziale", perchè "ogni anno durante le battute di vengono feriti almeno tremila cani, e di questi una buona parte viene poi soppressa". Al numero degli animali uccisi per errore si aggiunge quello dei capi abbattuti volontariamente: la fondazione 'vegana' ValleVegan ha calcolato che "durante la stagione venatoria vengono massacrati 150 milioni di animali", ma per il consigliere nazionale di Arci Caccia, Marco Ciarafoni, "è impossibile fare una stima dei capi abbattuti alla fine di ogni stagione venatoria, perchè- ha spiegato alla Dire- ogni regione ha il proprio calendario con le proprie regole". In Toscana, ad esempio, ogni cacciatore può abbattere al massimo due fagiani al giorno, ma non è detto che il limite sia lo stesso in altre regioni. Quindi, il numero di capi abbattuti "varia da regione a regione", e comunque anche se si fornisse un cifra, questa rischierebbe di essere comunque non veritiera, perchè alla caccia permessa si aggiunge quella non consentita. La Lipu, alla fine dell'ultima stagione venatoria (2008-2009), ha denunciato "oltre due milioni di uccelli protetti non cacciabili ufficialmente" nelle sole regioni Lombardia, Veneto e Marche. E' 'bagarre' sulle cifre, ed è polemica sul fronte dei controlli. Gli animalisti, implicitamente, hanno accusato il nostro paese di non vigilare come si dovrebbe. Una critica che sembrerebbe essere non del tutto infondata: i dati Istat hanno rilevato la presenza di un solo agente o di una sola guardia per 1.000 ettari, con un dato praticamente pari a 'zero' per quanto concerne la vigilanza nel nord (0,9 agenti). Piu' elevata al centro, con una media 1,4 agenti per parita' di superficie, ma forse è ancora troppo poco. C'è poi la questione delle doppiette, costantemente in calo. I cacciatori italiani sono passati dai due milioni degli anni Sessanta ai circa 700 mila di oggi. Solo tre anni fa erano 760 mila, secondo l'Istat. Gli animalisti hanno sottolineato come la caccia sia quindi ormai "un'attivita' oggetto del disprezzo della maggioranza degli italiani e di scarso interesse per i giovani d'oggi" e da anni si chiedono, a questo punto, per quale motivo si continui a incoraggiare i cacciatori. Il motivo potrebbe essere di natura economica. L'Unavi, l'Unione nazionale delle associazioni venatorie italiane, ha calcolato che il giro d'affari annuale legato alla caccia è di tre miliardi di euro. E allo stato frutta, ogni anno, almeno 150 milioni di euro. Il presidente di Federcaccia, Franco Timo, ha ricordato che "i cacciatori pagano tre tasse: una allo Stato (per il porto del fucile, di 173,16 euro), una alla regione (per il tesserino, che varia dai 32,65 ai 64,56 euro) ed una alla zona di caccia (che va da un minimo di 10 ad un massimo di 100 euro)". Stabilito che in Italia ci sono all'incirca 700 mila cacciatori, se ogni cacciatore dovesse pagare soltanto l'importo minimo delle tasse regionali e della zona di caccia, le casse dello Stato riceverebbero 151.067.000 euro. La caccia mette quindi di fronte interessi economici e ragioni ambientaliste, in un confronto-scontro che non accenna a scendere di tono, anzi. Pochi giorni fa, l'11 settembre, la regione Lombardia ha varato una legge sulla caccia in deroga che ha immediatamente innescato le reazioni del fronte anti-caccia. La Lombardia ha detto 'sì' alla caccia anticipata di fringuello, frosone e peppola, specie migratorie tutelate dalle leggi dell’Unione europea. Dura la reazione di Enpa, Lav, Wwf, Oipa, Associazione vittime della caccia, Lac e Vas: "Di fronte alla procedura di infrazione comunitaria ormai prossima a giudizio e a ben due sentenze della Corte Costituzionale che dichiarano illegittima le concessione di deroghe mediante legge, la Lombardia ha inteso ugualmente procedere, approvando una legge-truffa che infrange la direttiva, contrasta con le leggi dello Stato e viola la Costituzione". Insomma la caccia è tornata, e quest'anno sembra anche più prepotentemente rispetto ad altri anni passati. Animalisti e ambientalisti si fanno sentire a colpi di denunce e ricorsi, ma da domenica i cacciatori si faranno sentire a colpi di fucile.


IL TIRRENO
18 SETTEMBRE 2009
 
Cinghiali, assurdo cacciarli ora
 
PISTOIA. Durissime critiche della sezione provinciale di Federcaccia al progetto di Provincia e Atc per l’abbattimento di selezione degli ungulati, cinghiali in primis, che prenderà il via il 22 settembre prossimo. Federcaccia lamenta innanzitutto di non essere stata avvisata né consultata, pur rappresentando - si spiega - «l’80% dei cacciatori». «Me se non siamo stati contattati, dov’è finita la concertazione? Quali sono gli enti e le istituzioni che hanno deciso?».  Il problema principale, tuttavia, non è di metodo, ma di merito. Il problema degli ungulati va affrontato anche secondo Federcaccia. «Ma ciò - si legge - deve avvenire nel momento e nel periodo nel quale l’animale selvatico fa effettivamente danno e non a cose già fatte e a mesi di distanza. Invece si decide di intervenire quando la gran parte dei danni è stata causata e gli animali iniziano a rientrare nel bosco, il quale ricomincia ad offire loro i suoi frutti. Ai primi di ottobre inizieranno a cadere le castagne: allora il problema non esisterà più».  La soluzione giusta, secondo Federcaccia, sarebbe stata quella del foraggiamento dissuasivo, cioè offrire cibo agli ungulati dentro i boschi, in modo da non farli avvicinare alle coltivazioni nei mesi estivi. «Nessuno - si legge - ci ha ascoltato, hanno aspettato che facessero danni e adesso, tardivamente, si pensa di risolvere il problema con qualche schioppettata».  «Assisteremo - conclude Federcaccia - a un fatto davvero strano: a pochi giorni dall’apertura della caccia, in beffa a tutti i cacciatori della provincia, oltre 2.500, pochi eletti abbatteranno i cinghiali. Forse nessuno ha pensato ai problemi e alle polemiche che tutto ciò scatenerà».

BIG HUNTER

18 SETTEMBRE 2009

 

Caccia con i cani da seguita. Quali prospettive?

 

Caccia e Cinofilia rimette al centro delle questioni l'utilizzo dei cani da seguita per la caccia agli ungulati.  Una soluzione che incontrerebbe una situazione delicata che vede importanti incrementi in vaste aree prevalentemente montane delle popolazioni ungulate, in particolare  di cervidi e bovidi e di conseguenza dei danni che questi arrecano alle colture. "I danni quantitativi e qualitativi arrecati all’agricoltura -scrive Caccia e Cinofilia -  e all’ambiente dipendono, tra l’altro, dalla disposizione territoriale dei campi e dei boschi, dallo sviluppo del perimetro forestale, e, comunque dal numero degli animali che vivono in una determinata area, per i quali vige la necessità di provvedere ad uno stretto monitoraggio".

Senza dimenticare tra l'altro che il sovrannumero di esemplari è dannoso anche per la stessa fauna "si registra, ad esempio, in Toscana, in Emilia Romagna ed in Piemonte un’esplosione demografica che sta creando notevoli difficoltà per la convivenza con altri animali selvatici". Situazioni simili si riscontrano anche per il capriolo che in alcune zone raggiunge densità oltre i 40 capi per chilometro quadrato. "Il prelievo con il cane da seguita delle specie elencate, con norme rigide, oltre a reintrodurre una pratica di caccia tipicamente italiana, - spiega l'associazione - consente un approccio più naturale alla regolarizzazione e alla gestione degli ungulati selvatici, garantendo un riequilibrio delle popolazioni stesse. L’utilizzazione dei cani nell’esercizio venatorio ha tradizioni antiche anche in Italia in quanto gli studiosi fanno risalire a circa 12.000 anni fa l’addomesticamento dei segugi proprio per l’impiego nelle attività venatorie. In Friuli Venezia Giulia, nel Cantone del Giura, in Svizzera, ma anche in altre Nazioni europee come l’Inghilterra, la Spagna, i paesi scandinavi, la stessa Germania e la Francia, e comunque, in tutto il mondo, la caccia ai cervidi e bovidi con cani da seguita è una tradizione consolidata che non ha fatto riscontrare alcun tipo di destrutturazione all’ecosistema"."E’ pertanto legittimo, ai sensi dell’articolo 19 della legge n.157/92, prevedere una forma di prelievo attraverso la quale sia possibile completare i piani faunistici-venatori, approvati annualmente dalle Province, distribuendoli in maniera omogenea sul territorio, prelevando cioè anche laddove la fitta vegetazione renda impossibile un tiro selettivo a lunga distanza con arma a canna rigata. La proposta di cacciare i cervidi e i bovidi con il cane da seguita consentirebbe l’utilizzazione esclusiva di fucili a canna liscia caricati a palla: una tipologia di prelievo che risulta ormai consolidata"."L’attività venatoria -conclude - dovrà essere commisurata alle locali densità e all’incremento utile annuo delle popolazioni sottoposte a gestione faunistica venatoria. A tal proposito verrà presentata, dalla nostra associazione, la proposta di legge per regolamentare, in modo chiaro e responsabile, il prelievo con il cane da seguita che, nel contempo, reintroduce un modo do concepire la caccia agli ungulati seguendo una importante tradizione venatoria mediterranea".

IL MATTINO

18 SETTEMBRE 2009

 

La sezione Lipu ha effettuato un altro salvataggio di un animale in difficoltà..

 

Monterone (Na) - La sezione Lipu ha effettuato un altro salvataggio di un animale in difficoltà, stavolta si tratta di un gruccione (Merops apiaster), uno degli uccelli più colorati d'Europa. Lo sfortunato volatile è stato ritrovato nel territorio comunale di Fragneto Monforte, in località Monterone, da Franco Giangregorio e Giuseppe Marino, i quali viste le condizioni non buone del gruccione hanno subito contattato il responsabile della Lipu Marcello Stefanucci. Nel giro di poche ore il gruccione è stato consegnato alla locale sezione della Lipu che ha provveduto ad alimentarlo e a sistemarlo in un luogo fresco e appartato per evitargli lo stress che la presenza umana causa alla fauna selvatica. Successivamente due volontari della Lipu, Tommaso Repola e Salvatore Bava, hanno trasferito il gruccione presso il Centro Recupero Fauna Selvatica che la Lipu gestisce a Casacalenda, in provincia di Campobasso.Qui il volatile è stato accolto dalla responsabile del Centro, Angela Damiano, ricoverato e sottoposto alla prima visita per poter stilare una diagnosi. Il delegato Lipu, Marcello Stefanucci, esprime il suo pensiero sull'accaduto: «L'animale è arrivato piuttosto debilitato presso la nostra sezione.Credo che questo uccello si trovasse in fase di migrazione, infatti i gruccioni dopo aver nidificato in Europa tornano in Africa,per svernare».


IL GAZZETTINO

18 SETTEMBRE 2009

 

Secca risposta della Coldiretti all’interrogazione dei consiglieri di Conegliano che avevano individuato nei trattamenti delle viti la causa del decesso di merli e gatti

I fitofarmaci non fanno morire gli animali

 

Elisa Giraud

 

Conegliano (TV) -  «Siamo noi i primi a tutelare il territorio». I viticoltori locali rompono il silenzio e rispondono alle accuse di abusare di anticrittogamici e pesticidi. A riportare l’attenzione sulle irrorazioni dei vigneti con diversi tipi di fitofarmaci è stata l’interrogazione presentata dai consiglieri comunali della Lista Ghizzo sindaco nella quale viene denunciata l’applicazione di trattamenti alle viti che avrebbero causato la morte di uccelli e gatti. «Dal punto di vista agronomico un tale evento è impossibile visto che i prodotti usati attualmente hanno una tossicità molto bassa - afferma Giuseppe Lucchetta, presidente della sezione coneglianese di Coldiretti Treviso - Tale evento può essersi verificato per l’applicazione di composti che esulano dalle normali pratiche di campagna e per cui distanti, e per niente collegati, alle produzioni agricole. Bisogna altresì evitare di cadere nella generalizzazione e nella banalizzazione di un intero comparto che produce ricchezza, mantiene la bellezza e la funzionalità del territorio e permette ai cittadini italiani, e di altre nazioni, di consumare dei prodotti agricoli genuini e salubri. La nostra legislazione nel comparto agroalimentare è una delle più restrittive nell’uso di prodotti fitosanitari o altri composti di sintesi». Sul comparto dei fitofarmaci destinati all’utilizzo in agricoltura vigilano le Uls, le Regioni, l’Agea, l’Agenzia nazionale per le erogazioni in agricoltura e l’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari. In particolare quest’ultimo controlla affinché non siano immessi abusivamente sul mercato italiano prodotti esteri che sono fuori dai parametri indicati dalla normativa nazionale. Il dubbio è che gli agricoltori vecchia maniera non ci vadano troppo il sottile. «Una volta si parlava di inserire l’obbligo di ricetta per l’acquisto di anticrittogamici, insetticidi eccetera, come per i farmaci – spiega Guido Teot, agronomo – Gli agricoltori per poter acquistare devono avere un patentino e tenere un registro. Di fatto ci vorrebbero più controlli e una maggiore sensibilità nel settore». Ma gli agricoltori non ci stanno all’accusa di ‘avvelenare’ le viti e l’aria: «si tenga presente che chi vive e lavora, come me, nell’interno della propria azienda è per primo interessato al rispetto delle norme e all’uso intelligente e razionale della chimica» conclude Lucchetta.


LA REPUBBLICA
18 SETTEMBRE 2009
 
La rivincita dei bastardini Il dna svela gli antenati
Negli Stati Uniti basta inviare un campione di sangue o saliva per scoprire la razza dei progenitori del proprio meticcio. E sul web è già mania
 
FLAMINIA FESTUCCIA
 
CHI, guardando il muso del proprio bastardino, non si è chiesto almeno una volta quali razze canine abbiano dato il loro contributo per renderlo così unico? A volte sapere qualcosa dei genitori può essere utile per ipotizzare la futura taglia del cucciolo, altre per identificare malattie ereditarie tipiche di alcune razze. Ma più spesso è semplicemente la curiosità ad avere il sopravvento. Le orecchie a punta le avrà prese da un pastore tedesco? Il colore del pelo da un labrador? E la coda a ricciolo viene da un antenato husky oppure da un cane da pastore? Un gruppo di società americane promette di dare risposta a questi dubbi. Il servizio è disponibile per il momento solo negli Stati Uniti, dove si può acquistare o farsi inviare per posta il kit per la raccolta del campione e mandarlo alla sede più vicina della compagnia. Dopo poche settimane arriva a casa il responso, con tanto di certificato e foto.
L'esperimento del Wall Street Journal. Le società che attualmente propongono il servizio sono quattro, e il Wall Street Journal
ha deciso anche di testarle grazie a Parrot, il cane meticcio di una giornalista. I prezzi per i test variano da 60 a oltre 120 dollari, alcuni si basano sulle cellule raccolte con un tampone all'interno della guancia del cane, altri richiedono un campione di sangue. Il vero limite, come risulta dall'esperimento del Wall Street Journal, è il fatto che non tutte le razze pure sono presenti nella banca dati delle diverse società, e così i quattro risultati sono stati tutti diversi. Il responso più attendibile (ma anche il più costoso) è venuto dalla Mars Veterinary, che ha potuto paragonare il Dna di Parrot con quello di 160 razze, mentre le altre compagnie hanno a disposizione molto meno materiale. Secondo il test della Mars, Parrot è risultato un mix di bull terrier e american staffordshire terrier, con tracce meno evidenti di altre razze, risultato che corrisponde abbastanza fedelmente all'aspetto fisico del cane. Ci vuole un po' di fortuna, quindi: sperare che il proprio bastardino non sia un mix troppo confuso (i test sono attendibili solo per percentuali abbastanza alte di patrimonio genetico), e che le razze dei suoi antenati siano catalogate nel database della società a cui ci si rivolge. Nel caso di Parrot, ad esempio, l'american staffordshire terrier era presente soltanto nella banca dati della Mars, cosa che è stata confermata anche dalle altre società a cui si sono rivolti i proprietari di Parrot per il test. E i genetisti concordano: il Dna dei cani può variare molto da individuo a individuo anche all'interno della stessa razza, e i test sono attendibili solo quando una gran parte del patrimonio genetico combacia.
La mania sul web. Ma la verità è che ai proprietari dei bastardini questa novità è piaciuta moltissimo. Nel paese dei "bastardi di razza" (incroci come il
labradoodle e il puggle, frutto dell'accoppiamento di due genitori "puri", molto di moda tra le celebrities), è facile che venga voglia di scovare gli antenati illustri del proprio meticcio. Sul web in tanti raccontano la propria esperienza, qualcuno con disappunto - "il mio cane non assomiglia a nessuna delle razze indicate dal test" si lamentano - ma la maggior parte con entusiasmo. Su molti siti e forum frequentati dai proprietari di meticci sono stati lanciati anche i concorsi del tipo "indovina la razza", con i test del Dna gentilmente messi a disposizione dai laboratori di analisi.
Noi dobbiamo accontentarci di tirare a indovinare on line, dove la Mars Veterinary ha creato un
gioco in cui provare a identificare gli antenati del nostro cane analizzando la forma di muso, coda e orecchie. In attesa che la novità arrivi anche in Italia, però, i nostri cani rimarranno i soliti simpatici, semplici, unici bastardi.

ANSA AMBIENTE
18 SETTEMBRE 2009
 
TRIESTE; LIBERATA TARTARUGA CARETTA CARETTTA 80 KG.
 
TRIESTE - Ha ripreso oggi la via del mare, ma continuera' ad essere seguita, la tartaruga 'Mamola', che in dialetto gradese significa 'ragazza', esemplare della specie Caretta Caretta di circa 80 chilogrammi, recuperata il 25 agosto scorso nel porto di Grado (Gorizia). Sottoposta a un intervento chirurgico per rimuovere un amo che le era rimasto incastrato nella gola, Mamola ha trascorso la convalescenza al Centro recupero tartarughe del Wwf Italia, presso l'Area marina protetta di Miramare (Trieste). ''Abbiamo applicato una targhetta di riconoscimento a questo splendido esemplare - ha affermato Maurizio Spoto, direttore dell'Area - in linea con quello che e' il programma Tartarughe del Wwf Italia''. Un accorgimento, ha spiegato Spoto, ''che ci consentira', se mai venisse ritrovata, di censire i suoi spostamenti e di apprendere qualche informazione in piu' sulle abitudini e il comportamento di una specie ancora poco conosciuta''. Mamola e' stata liberata insieme a un'altro esemplare adulto di tartaruga, ricoverato per circa venti giorni presso l'Area dopo essere stato raccolto nelle acque di Marina Nova (Monfalcone)

CORRIERE ADRIATICO

18 SETTEMBRE 2009

 

Revocato il divieto assoluto, cani ammessi fino a metà maggio

Fido in spiaggia, ma al guinzaglio

 

Falconara (AN) - Il migliore amico dell’uomo può tornare a passeggiare al mare dal 15 settembre al 15 maggio. Il Comune ha infatti ottenuto dall’Autorità Portuale una deroga all’ordinanza che vietava la presenza dei cani al mare per tutti i 365 giorni dell’anno. Lo scorso mese di marzo per i proprietari dei cani era arrivata la triste notizia che ai quattro zampe era vietato l’arenile non solo nel periodo estivo, ma tutto l’anno. Un semplice disguido, avevano spiegato in Comune, poiché la deroga al divieto, rinnovata di anno in anno fino al 2002, non era stata più richiesta formalmente e quindi l’Autorità Portuale aveva confermato la proibizione assoluta per tutto il tratto di spiaggia posto sotto la sua competenza diretta. Una dimenticanza, finalmente, nei giorni scorsi grazie alla collaborazione fra Autorità Portuale e Comune. “I contatti sono stati avviati nel mese di luglio – spiega l’assessore all’ambiente Matteo Astolfi – e di recente è arrivata l’attesa conferma che dalla metà di settembre alla metà di maggio c’è il via libera agli animali al mare, sempre fermo restando il rispetto delle norme di igiene e cioè della necessità di provvedere alla raccolta degli escrementi e dell’ordinanza comunale che vuole i cani sempre al guinzaglio in tutti i luoghi pubblici”. Una bella notizia secondo l’Assessore anche perché “la presenza dei cani al mare insieme ai loro proprietari per tutto il periodo invernale è una specie di presidio, una forma di controllo e vigilanza di un luogo che altrimenti sarebbe deserto”. A partire dall’entrata in vigore del divieto assoluto nello scorso mese di marzo numerosi sono stati i proprietari di cani che hanno protestato e chiesto in Comune di modificare questa norma, particolarmente pesante in una città dove gli spazi verdi destinati agli animali sono davvero pochi specie nelle zone centrali. “Ringrazio per la collaborazione e la disponibilità – osserva Astolfi – il presidente dell’Autorità Portuale Canepa, il segretario Vespasiani ed il responsabile del procedimento Leonardi. Questa operazione è un buon esempio di collaborazione fra enti”. Naturalmente l’accesso di cani è subordinato all’utilizzo del guinzaglio (non superiore a 1,5 metri) e della museruola (rigida o morbida da applicare al cane in caso di rischio per l’incolumità di persone e animali, o su richiesta delle autorità competenti). Tali prescrizioni, sono le stesse che regolamentano la conduzione di cani in tutta la città.


LEGGO
18 SETTEMBRE 2009
 
PANAMA, MOSTRO DEL LAGO SPAVENTA I BAMBINI
 
 

A Panama, nei pressi di Cerro Azul, una specie di creatura mutante è emersa dalle acque di un lago, risalendo da una grotta e spaventando un gruppo di bambini che giocava nei paraggi. Un essere strano, quasi gommoso, vagamente somigliante alle creature del Signore degli anelli, tanto da essere soprannominato Gollum dai giornali inglesi. I bambini hanno raccontato che la creatura aveva iniziato ad arrampicarsi sulle rocce e che si stava dirigendo verso di loro: così, spaventati, l'hanno attaccata prima con dei sassi e poi con un bastone, uccidendola. I genitori dei ragazzi, sentendo la storia, non hanno preso sul serio il loro racconto, pensando che fosse frutto della loro fantasia: quando però hanno visto il corpo del 'mostro', sono rimasti stupefatti. Le foto, che vi mostriamo, in effetti ritraggono uno strano animale, mai visto prima: secondo uno zoologo, Jacob Arauz, il Gollum potrebbe essere nient'altro che una mutazione di un bradipo.


IL TIRRENO
18 SETTEMBRE 2009
 
I gamberi killer a Mortaiolo
 
COLLESALVETTI (LI). Scuri, scurissimi. Coriacei, ben protetti dalla loro dura corazza. Più simili a scorpioni che a gamberi, hanno invaso anche le acque dei fossi che si trovano nei dintorni di Mortaiolo, vicino a Vicarello. Sono i gamberi killer, noti perché distruggono ogni forma di vita dei corsi d’acqua, riducendone fra l’altro la portata.  Ieri un nostro lettore di Vicarello ci ha segnalato il caso: in cinque minuti, ha riempito un secchio di questi animali. «E senza bagnarmi i piedi», ha aggiunto. Dei gamberi, hanno solo la classica andatura all’indietro. Per il resto, sembrano davvero scorpioni. E le loro chele, simile a quelle dei livornesissimi “favolli”, sono anche in grado di mettere paura a chi avvicina le sue dita.  «Il guaio - ha raccontato Bruno, il nostro lettore che ci ha segnalato la situazione - è che la presenza di questi gamberi killer, sicuramente provenienti dal lago di Massaciuccoli, crea non pochi problemi alla gente che utilizza i corsi d’acqua di Mortaiolo per irrigare gli orti. Questi sono animali spietati: mangiano alghe e uova di pesce, là dove ce ne sono. E distruggono, dunque, ogni forma di vita nelle acque dove si riproducono».  C’è chi non rinuncia all’idea di rendere pan per focaccia ai gamberi killer e di mangiarli. «Mah, forse saranno anche buoni - conclude il buon Bruno - ma il problema è che vivono in ambienti sporchi. Non penso sia il caso di mangiarli».

CORRIERE DELLA SERA

18 SETTEMBRE 2009

 

Nei prossimi giorni iniziative di distribuzione gratuita

Campi «annaffiati» con il latte A Brescia la protesta degli allevatori

«Costa di più produrlo che venderlo», denunciano gli aderenti a Copagri. E lo gettano via

 

 

MILANO - I campi del Bresciano «annaffiati», anziché con l'acqua, con 200mila litri di latte spruzzati direttamente dalle autobotti. Questo spreco mostruoso fa parte di un'iniziativa di protesta degli agricoltori che aderiscono a Copagri (Confederazione Produttori Agricoli): lo avevano annunciato nei giorni scorsi, e l'hanno attuato venerdì 18 settembre. Con le autobotti solitamente utilizzate per spargere il concime hanno gettato nei campi antistanti il caseificio Ambrosi a Castenedolo (Brescia) circa 200 mila litri di latte. Da giovedì gli allevatori hanno ridotto il conferimento del latte all'industria del 50% e da lunedì non verrà più consegnato. Martedì i produttori bloccheranno le frontiere del Nord.

«LO REGALEREMO» - La protesta, secondo quanto ha spiegato il referente nazionale di Copagri per il latte, Roberto Cavaliere, è stata attuata perché «in questo momento produrre il latte costa 40 centesimi al litro e ci viene pagato invece 28 centesimi al litro». Cavaliere ha anche spiegato che nei prossimi giorni verranno attuate iniziative di distribuzione gratuita del latte. La Copagri si appella nuovamente alle istituzioni a tutti i livelli e ed alla politica tutta, affinché ci si attivi con la massima celerità per porre in essere adeguate contromisure rispetto alla gravissima crisi economica e finanziaria che vede il comparto lattiero caseario italiano stretto in un saldo negativo senza precedenti, con un crollo dei prezzi del 40% in soli sei mesi che impedisce di fatto perfino la copertura dei costi minimi aziendali.

UN GRAVE RISCHIO - «Il rischio è pesantissimo per migliaia di aziende - spiega Franco Verrascina, presidente Copagri - famiglie, posti di lavoro, per molte aree del Paese dove la produzione di latte e formaggi costituisce parte fondamentale dell'economia territoriale e in alcuni casi l'unica attività economica possibile». «La situazione è ineludibile così come urgenti adeguate determinazioni - ha proseguito Verrascina - noi stiamo operando per sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni su un problema che non è solo degli allevatori, e degli agricoltori in genere, ma riguarda l'intera collettività e la gente ci sta seguendo manifestandoci ampiamente la propria solidarietà. Riscontriamo grande maturità nella consapevolezza e nelle opinioni delle persone. È chiaro a molti che l'agricoltura italiana è un patrimonio di garanzie che non può essere abbandonato».

 

ALTRE FOTO

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_settembre_18/latte_protesta_copagri_brescia_campi-1601783949113.shtml

 

 

            18 SETTEMBRE 2009
VIVISEZIONE - SPERIMENTAZIONE


 
ADUC SALUTE
18 SETTEMBRE 2009
 
Usa. Societa' si ritira dal mercato della clonazione degli animali
 
Una compagnia biotech statunitense ha annunciato di ritirarsi dal settore commerciale della clonazione di cani in quanto in disaccordo con una società concorrente coreana.
Lou Hawthorne, direttore esecutivo della californiana BioArts nel comunicato stampa dichiara che la RNL Bio di Seul partecipa alla clonazione nel mercato nero e che le anomalie riscontrate in alcuni animali rivelano che non e' ancora il tempo giusto per questo tipo di operazioni, perche' la tecnologia non e' ancora pronta.
La Bioarts ha clonato per scopi commerciali cinque cani.
L'uscita della compagnia californiana fa si' che quella coreana rimanga l'unica del settore.
La RNL ha recentemente annunciato l'apertura di un centro nella Provincia di Gyeonggi, con l'obiettivo di arrivare a produrre mille cani colonati entro il 2013.
La BioArts sostiene di essere la sola compagnia autorizzata alla clonazione di cani, gatti e alcuni mammiferi, autorizzazione ricevuta dalla comagnia texana Start Licensing, la quale ha ricevuto il diritto direttamente dalla Fondazione Roslin, artefice della clonazione della pecora Dolly.
La Start ha citato in tribunale la RNL con l'accusa di violare il diritto di brevetto, ma Hawthorne ha specificato che il passo legale e' arrivato "troppo tardi, ed e' poco significativo", e per questo il valore della licenza ricevuta e' praticamente "nullo".
"E' chiaro che la Start non sia in grado di difendere le compagnie con regolare brevetto o sostenere la BioArts. Lo Start non difende le societa' con il suo brevetto di clonazione perche' in caso di perdita perderebbe la possibilita' di controllare il mercato. Lo Start ha deciso di non fare nulla per proteggere il mercato della clonazione dei cani contro le compagnie che infrangono i diritti altrui".
La BioArts ha anche una partecipazione con la coreana Sooam Biotech Research Foundation, diretta dal controverso scienziato Hwang Woo-suk, che creo' con successo nel 2005 il cane Snuppy.
La competizzione tra la BioArts e la RNL ha messo Hwang contro il suo ex collega, ricercatore dell'universita' di Seul Lee Byeong-chen, che ha partecipato al progetto di Snuppy, ma che dopo essere stato portato in tribunale da Hawthorne ha deciso di lavorare con la RNL.
In una intervista con il Korea Times, Hawthorne ha criticato la RNL perche' la politica dei prezzi bassi ha distrutto il mercato della clonazione, definendo le attivita' della compagnia coreana "spazzatura".
In una recente dichiarazione, Hawthorne ha inoltre dichiarato che la RNL Bio, nella sua continua politica di prezzi al ribasso arrivera' a compromettere la sicurezza degli animali. "Ogni volta che la RNL offre servizi per 150 mila dollari, dichiara che nel prossimo futuro il prezzo scendera' di circa 30 mila dollari. Quale compagnia, in un mercato di servizi di lusso, annuncia che il prezzo scendera' dell'80%?", conclude il manager.

PANORAMA
18 SETTEMBRE 2009
 
Ho clonato una scimmia
Il genoma di un primate è stato manipolato per creare un animale da laboratorio. Su cui testare terapie per molte malattie. È l'esperimento choc di una scienziata giapponese. Colloquio con Erika Sasaki
 
di Agnese Codignola
 
Manipolare il genoma di una scimmia non è poi così diverso dal manipolare quello di un cittadino di Roma, Milano Brescia o Perugia. Noi siamo primati e mettere al mondo un primate, ancorché non umano, geneticamente modificato e in grado di trasmettere le modifiche alla prole è una sfida che nessuno fino a oggi aveva mai osato affrontare. Per le difficoltà tecniche, e per l'enormità bioetica del fatto. Perché, se già le Dolly o i maiali transgenici, creati per curarci o nutrirci al meglio, sono intollerabili per la morale di molti, figurarsi generare un primate, un nostro strettissimo cugino, per farne uno strumento della scienza. Eppure questo hanno fatto i ricercatori del Central Institute for Experimental Animals di Murasaki, in Giappone, guidati da Erika Sasaki, che si sono guadagnati la copertina di 'Nature' con l'eloquente titolo: 'Biological Supermodel'.Tecnicamente, i ricercatori giapponesi sono riusciti a inserire nel genoma di piccole scimmie chiamate marmoset, il gene di una proteina fluorescente, la Green Fluorescent Protein o Gfp, con un normale procedimento di fecondazione in vitro. La proteina aliena è stata così inglobata in modo casuale nel Dna dei cuccioli che, una volta diventati adulti, accoppiandosi l'hanno trasmessa alla seconda generazione, dando così il via a una vera e propria colonia di marmoset mutati. E, si chiedono in molti, se l'hanno fatto sui nostri cugini, quanto manca a una generazione di umanoidi modificati? Francamente parecchio, sul piano scientifico. Ma l'animale giapponese inquieta: di certo, l'intervento sul genoma dei primati eccita paure ancestrali, alimentate da decenni di letteratura e cinematografia, e la questione va al di là del merito scientifico, anche perché il risultato è stato ottenuto in Giappone, paese tutt'altro che propenso a discutere pubblicamente degli indirizzi della scienza, tanto all'interno quanto all'esterno dei suoi confini. Abbiamo chiesto alla stessa Erika Sasaki di raccontarci cosa sta succedendo nel suo paese e perché questa manipolazione genetica era inevitabile.
 
VIDEO
http://espresso.repubblica.it/multimedia/home/9670403

LA REPUBBLICA
18 SETTEMBRE 2009
 
La ricerca che dà speranza Così si può fermare un tumore
Studio italiano: staminali malate all'origine dell'insorgere del male. La soluzione nella rettifica di un gene attraverso un farmaco
 
ELENA DUSI
 
IL TUMORE ha un tallone d'Achille che una ricerca italiana è riuscita a individuare. Anziché attaccare a colpi d'ariete la malattia, si cercherà ora di ucciderla mirando al cuore. La benzina che fa proliferare le cellule impazzite - è la scoperta pubblicata oggi sulla rivista Cell - sono le cellule staminali che escono dalla loro routine quotidiana e impazziscono riempiendo l'organo malato di cellule figlie. Arrestando le staminali che forniscono benzina al fuoco del cancro, è possibile fermare la crescita del tumore in maniera totale, senza bisogno di bersagliare l'organo intero.
Facile a dirsi, meno a farsi. Ma un team coordinato da Pier Giuseppe Pelicci e condotto da Angelo Cicalese e Giuseppina Bonizzi dell'Istituto europeo di oncologia e dell'Istituto di oncologia molecolare Ifom di Milano, ha individuato lo scambio che può riportare le staminali malate del cancro sulla retta via. È il gene p53, che produce una proteina con lo stesso nome. Nel tessuto della mammella di alcuni topolini di laboratorio malati di cancro si è osservato che questa proteina non funzionava. E il difetto induceva le staminali di quel tessuto a comportarsi in una maniera del tutto peculiare.
Normalmente infatti le staminali si dividono in due, dando vita a un'altra staminale e a una cellula destinata a diventare adulta e specializzarsi in una determinata funzione all'interno dell'organismo. Questo tipo di divisione viene chiamata dai ricercatori "asimmetrica". Quando p53 non funziona, si passa invece a una divisione "simmetrica": dalla staminale madre si formano due figlie che sono entrambe staminali. Non restano "bambine" né diventano "adulte", ma continuano a vivere sospese in una perpetua adolescenza, generando altre cellule figlie e facendo crescere la massa di un tumore. Non è tuttavia loro che bisogna colpire, se si cerca una strategia vincente nella guerra contro i tumori. L'arma più intelligente è un farmaco che ripristina la funzione di p53, fa cessare la divisione simmetrica e riporta le staminali sulla strada della divisione asimmetrica, quella sana. Una molecola in grado di svolgere questa funzione è stata individuata negli anni passati e i ricercatori milanesi l'hanno usata nei loro topolini di laboratorio malati. In un paio di mesi, la massa del tumore ha effettivamente smesso di crescere, e questo risultato avrà ora due conseguenze positive. La prima, di tipo pratico, è l'inizio della trafila delle sperimentazioni prima sugli animali e poi sull'uomo che porterà il farmaco negli ospedali, se tutto andrà bene nel giro di pochi anni. La seconda consiste nell'aver descritto nei dettagli quali sono i meccanismi dello sviluppo della malattia e della formazione delle metastasi. Il processo individuato nel cancro della mammella sarà ora probabilmente osservabile anche in altre forme di tumore. E trovare una cura che abbatta la malattia alla radice, sono convinti i ricercatori, servirà anche a prevenire le ricadute provocate dalle cellule staminali che a volte restano nell'organismo anche dopo una guarigione.
 
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