18 AGOSTO  2009

 

IL SECOLO XIX

18 agosto 2009

 

Chiusi in casa con cibo e tv accesa, pitbull liberati dalle guardie zoofile

Struppa (GE)

 

Struppa (GE) - CHIUSI in casa da sei giorni, con cibo a sufficienza, finestre del balcone aperte (per sporcare) e televisione accesa, ma comunque abbandonati a loro stessi. È successo a due pitbull liberati nei giorni scorsi in un appartamento di via alla Madonnetta di Struppa dal nucleo delle guardie zoofile ambientali, diretto da Gian Lorenzo Termanini con un blitz condotto insieme ai pompieri. La liberazione è avvenuta dopo che i residenti del palazzo hanno segnalato la presenza degli animali soli in casa, testimoniata anche dall'odore pestilenziale proveniente dall'appartamento e dal balcone tutto pieno di escrementi. I cani sono al momento ospiti del canile di Monte Contessa mentre il proprietario, denunciato, non è ancora stato rintracciato.


IL TEMPO

18 AGOSTO 2009

 

Il palazzo adotta la gattina abbandonata

Da cinque mesi viveva da sola nell'appartamento deserto

 

ROMA - La sua padrona aveva lasciato l'affitto da pagare e la gattina prigioniera nell'abitazione. Per tutto questo tempo è stata nutrita dai vicini di casa, impietositi dai suoi miagolii disperati. E per «liberarla» è dovuto intervenire un magistrato. È accaduto nella zona del quarto Municipio. L.E., una romana di 31 anni ch da tempo non pagava più l'affitto al proprietario, è scomparsa nel nulla. Dentro casa, però, è rimasta la sua micia, che non aveva da mangiare e nessuno che l'accudisse. Per oltre cinque mesi la gatta è sopravvissuta grazie ad alcuni condomini che, toccati dai lamenti dell'animale, sono riusciti a rifornirla di cibo e acqua lasciandoli sul balcone dell'appartamento attraverso una finestra condominiale, dove la gatta riusciva ad accedere grazie alla serranda della cucina leggermente sollevata. Dopo essersi rivolto inutilmente a vari enti, l'amministratore del condominio ha avvisato l'Ente protezione animali. Le guardie zoofile hanno accertato la situazione di abbandono del gatto e richiesto all'autorità giudiziaria il permesso di entrare nell'abitazione abbandonata. Essendoci una causa per sfratto in corso, infatti, il locale non era accessibile al proprietario. Così Maria Bice Barborini, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma, ha firmato un mandato di perquisizione e disposto il sequestro penale della micia. Il mandato è stato eseguito dagli agenti dell'Enpa coadiuvati da quelli della polizia municipale del IV gruppo. L'appartamento era in condizioni igieniche impressionanti, con deiezioni del povero gatto ovunque. La micia è stata catturata senza grosse difficoltà dalle guardie zoofile e affidata in custodia a persona fidata. L'ex inquilina è stata denunciata dall'Enpa per abbandono di animali, reato che prevede l'arresto fino a un anno e un ammenda di 10000 euro.


SAVONA NEWS

18 AGOSTO 2009

 

Laigueglia (SV): continuano gli avvelenamenti di colombi

 

 

 

Laigueglia (SV) - A Laigueglia continuano gli avvelenamenti di colombi. Ogni settimana, volontari Enpa, servizio veterinario dell'Asl e vigili urbani raccolgono una decina di animali morti o moribondi e nonostante i soccorsi la maggior parte di quest'ultimi muoiono.La protezione animali savonese invita la cittadinanza a segnalare alla polizia municipale la presenza di granaglie o altre cibarie sparse per la città perchè sono estremamente velenose e possono essere pericolose anche per l'uomo. I colombi possono essere fastidiosi ma non corrisponde a verità che siano portatori di malattie pericolose.


IL CENTRO

18 AGOSTO 2009

 

Pineta, la strage di oche non si ferma Trovati morti altri cinque animali

 

di Pietro Lambertini

 

PESCARA. La strage di oche non si ferma: dopo il decesso di 34 esemplari su cinquanta, altre cinque oche sono state trovate morte ieri. Sono undici, quindi, gli animali rimasti nel laghetto della pineta d’Avalos ma è certo che un’altra oca è stata affetta dal virus. Ma perché sono morte 39 oche? Colpa dell’acqua putrida, un laghetto diventato una fogna.   I PRELIEVI DELL’ARTA. Ieri, l’Arta di Pescara ha raccolto campioni di acqua putrida da analizzare mentre gli esperti dell’Istituto zooprofilattico di Teramo, accompagnati dal veterinario Carlo Ruggeri , sono arrivati alla pineta per controllare gli animali rimasti e portare nel laboratorio l’esemplare colpito dal virus. Ma gli esperti sono tornati nei laboratori a mani vuote: nessuno degli operai del Comune è riuscito a catturare l’oca malata che, peraltro, presenta una paralisi alle zampe.   LA CATTURA FALLITA. Del resto, l’operazione di cattura è stata eseguita con una barca senza lo straccio di un motore e senza neanche i remi: per spostarsi in acqua, il custode della pineta Enzo Trabucco ha remato con una pala da giardinaggio. La cattura dell’oca, quindi, è andata a monte: se ne riparlerà oggi secondo gli orari scandiditi dalla pubblica amministrazione.   L’ACQUA PUTRIDA. Ieri, comunque, è arrivata un’altra certezza: la moria delle oche è stata causata dalla sporcizia che si è accumulata nel laghetto della pineta diventato una cloaca. Secondo gli esperti, «una fogna».  «Nel laghetto c’è una forte contaminazione fecale», spiega il direttore dell’Istituto zooprofilattico di Teramo Vincenzo Caporale (nella foto a destra), una delle massime autorità veterinarie in Italia che ieri ha visitato la pineta d’Avalos. «È evidente che l’area è eutrofizzata: si tratta di un laghetto fecalizzato e questa è una delle cause dei problemi sanitari patiti dagli animali».   FECI NEL LAGHETTO. L’acqua putrida del laghetto è, dunque, una delle cause della morte delle oche: «La sporcizia», prosegue Caporale, «è una causa correlata alla morte delle oche». L’oca colpita dall’infezione che è stata avvistata ieri ma che è non stato possibile prendere ne è la prova: «Quest’oca presenta una sintomatologia coerente con delle forme batteriche che si verificano, in termini epidemici, in situazioni di elevata fecalizzazione, alte temperature e umidità». Il problema, fa capire Caporale, «è costituito dalla forte concentrazione di feci nel laghetto che, sommata alla umidità e all’alta temperatura, produce la morte delle oche. Quando si abbasserà la temperatura, il problema scomparirà ma, nel frattempo», aggiunge, «anche le ultime oche sono a rischio di scomparire».   LE ULTIME 11 OCHE. I cinque esemplari morti sono stati trovati sull’isolotto al centro del laghetto da Trabucco e dalla guardia zoofila dell’Enpa Carmelita Bellini . È possibile salvare le undici oche sopravvissute al virus? «L’unica possibilità è spostarle da un’altra parte», dice Caporale. E il laghetto? «Che questo sia un laghetto che va ripulito è evidente, sia per le oche che per le persone». E anche per i pesci, visto l’esemplare morto fotografato dal Centro: «L’ossigenazione dell’acqua», ammette Caporale, «non è ideale».   VIA ALLA BONIFICA. I suggerimenti di Caporale non sono caduti nel vuoto: «Sarà convocata una riunione», è l’annuncio degli assessori ai Lavori pubblici Gianni Teodoro e ai Parchi Nicola Ricotta , «per predisporre lo svuotamento del laghetto, la pulizia del bacino, la rimozione delle alghe e dei residui alimentari, la bonifica dell’isolotto e il trasferimento degli animali superstiti».   I FARMACI INUTILI.  Sul ritardo nella somministrazione dei medicinali agli animali malati, Teodoro e Ricotta dicono: «I nostri dirigenti non hanno ricevuto farmaci da dare alle anatre e la Asl ieri ha confermato che il medicinale prescritto, definito disinfettante, è comunque inefficace contro il botulino per il quale non esiste una cura. Ci chiediamo», è la conclusione, «perché la giunta D’Alfonso ha permesso che il parco d’Avalos raggiungesse un tale stato di degrado».


IL CENTRO

18 AGOSTO 2009

 

La strage continua Morte al laghetto altre cinque oche

 

PESCARA. La strage di oche non si ferma. Ieri altre cinque anatre sono morte alla pineta d’Avalos, riducendo così a soli 11 gli esemplari ora presenti nel laghetto. Il Comune è incappato in un’altra gaffe: la barca del custode era senza remi, così non è stato possibile catturare un’oca viva affetta dal virus. Secondo una prima ipotesi, gli animali sarebbero stati uccisi dal botulino.


IL CENTRO

18 AGOSTO 2009

 

Le anatre sono state uccise dal botulino

 

PESCARA. E’ il germe del Clostridium botulinum, noto come botulino, che ha ucciso le oche e le anatre del laghetto della Pineta dannunziana. E’ quanto emerge dai primi risultati, resi noti ieri dal Comune, delle analisi condotte dall’Istituto zooprofilattico di Teramo sui campioni di animali morti nei giorni scorsi. Vengono, quindi, esclusi avvelenamenti o, addirittura, l’influenza aviaria che due anni fa uccise migliaia di animali in Medio Oriente.  Gli esami, che ora dovranno essere approfonditi, hanno indicato la presenza del batterio, normalmente presente nel terreno sotto forma di spora inattiva. Questo in assenza di ossigeno si sviluppa e produce la tossina.  Secondo gli esperti dell’istituto, il clima caldo umido di questi giorni d’estate, la scarsa ossigenazione delle acque stagnanti, l’alto livello di eutrofizzazione della flora e la presenza di feci nel leghetto, avrebbero creato le condizioni ideali per la produzione di alghe, da cui è stata liberata la tossina. La conferma di questa tesi, comunque, arriverà nei prossimi giorni dopo il completamento delle analisi sui campioni di anatre morte in uno stato di conservazione migliore rispetto a quelli esaminati finora. Ora si teme che le tossine possano colpire anche altri animali, a cominciare dalle tartarughe presenti nel laghetto. Qualsiasi tipo di farmaco o di disinfettante, del resto, risulta inefficace per curare ed eliminare il botulino. L’unico sistema per debellarlo resta la bonifica dello specchio d’acqua.


LA VOCE DI ROMAGNA
18 AGOSTO 2009
 
La direttrice del canile "E' un episodio inaccettabile"
 
Forlì (b.s.) - Patrizia Magnani direttrice del canile comunale di via Bassetta si difende dalle accuse mosse dall'associazione Noi Animali Onlus di Polverigi. Mantiene la calma e replica - Non sono io, ma la legge italiana a dire che un cane prima di essere trasportato deve per forza essere microchippato. La cucciolata in questione, è vero che aveva il libretto sanitario ma senza un chip che ne confermi la provenienza, io come sanitario e professionista, come potrei accertare la veridicità delle affermazioni? I controlli sono indispensabili, i cani devono essere tracciabili, soprattutto se si spostano da una parte all'altra dell'Italia, come all'estro del resto. In questo caso specifico poi ho avuto seri dubbi sulla sanità degli animali e l'ho fatto presente al futuro proprietario esattamente come alle autorità preposte al controllo. La mia comunque non vuole essere una denuncia ma soltanto una segnalazione. Ci penserà chi di dovere. Se le regole fossero rispettate da tutti il fenomeno del randagismo sarebbe più contenuto.- - Ma non è che avete qualcosa da nascondere dato che, come libera cittadina, non mi avete neppure consentito l'ingresso venerdì pomeriggio scorso?- - L'amministrazione è in ferie - continua la direttrice del canile - e isostituti rimangono solo per 15 giorni. Farò qualche verifica perchè episodi del genere non sono accettabili.- Ricordiamo comunque che un simile episodio si era verificato a un altro nostro collega, alcuni mesi fa al canile di Galatea. Per poter entrare ci sono volute le solite perizie..
 
L'intervento di Rodingo Usberti dell'Ausl
Rodingo Usberti capo del servizio veterinario dell'Ausl
 
Forlì - E' un diritto poter accedere ad una struttura pubblica - chiosa Rodingo Usbarti, capo del servizio veterinario dell'Ausl di Forlì - Oltretutto per noi la stampa è molto importante, proprio perchè riesce in un attimo a sensibilizzare l'opinione pubblica. Comunale poi che significa? Che è di tutti, stampa compresa. E le cose pubbliche, quelle di ogni libero cittadino che paga le tasse, devono essere chiare e trasparenti, cristalline.Anzi non solo dovevano farvi entrare, ma addirittura avrebbero dovuto stendervi un tappeto rosso. Vi invito ad andare nuovamente al canile, senza preavvisi di sorta, per verificare con occhio critico, ma giusto, come stanno le cose. E se qualcosa non va, vorrei essere informato nell'immediato, proprio perchè non abbiamo nulla da nascondere.- Ma cosa ne pensa delle polemiche nate dallo scontro tra la direttrice del canile Patrizia Magnani e l'Associazione Noi Animali Onlus di Polverigi? - L'email che molto furbescamente quest'associazione ha inviato alla stampa è il classico tentativo, costruito a tavolino, di far salire la rabbia nelle persone che amano gli animali - prosegue Usberti - Bisognerebbe tener conto che c'è addirittura un'indagine in corso su l'associazione in questione E il materiale verrà inviato alla Procura della Repubblica presto. Molti possono pensare che siamo insensibili, noi invece vogliamo solo il bene degli animali, vogliamo che le leggi siano sempre rispettate. E' la legge italiana a dire chiaramente che un animale, prima di essere spostato, deve per forza essere microchippato. In questo caso specifico non è stato fatto. Forse molti non sanno che c'è un traffico di randagi all'estero che finiscono alla vivisezione. E se le leggi non vengono rispettate l'unico modo che i sanitari hanno per difendere gli animali è una segnalazione a chi di competenza.-
 

CORRIERE DI FORLI' CESENA
18 AGOSTO 2009
 
Cagnolino di 3 mesi proveniente da Agrigento era stato adottato da una famiglia forlinese tramite un'onlus
Lite tra associazioni ed enti per un cucciolo
Veterinaria si rifiuta di inserire il microchip. L'Ausl: - Giusto, c'è il pericolo di malattie. -
 
Raffaella Tassinari
 
Forlì - Disputa e denunce tra enti e associazioni per un cane. Protagonista della vicenda, un cucciolo di tre mesi proveniente da Agrigento sprovvisto di microchip. Adottato da una famiglia residente a Forlì tramite un annuncio, il cane viene portato da una veterinaria che si rifiuta di inserire la "carta d'identità" sottocutanea. Il pericolo è che la cagnolina, proveniente da una regione in cui è diffusa la leishmaniosi, sia malata e rappresenti dunque un pericolo sia per gli altri animali che per le persone. - E' un atto di razzismo - accusa "Noi Animali Onlus", associazione di Ancona che ha gestito l'affido. La vicenda, approdata sul web spaccando su due fronti le associazioni animaliste, ha fatto scattare un'inchiesta che potrebbe giungere in Procura.- Il traffico di cani - afferma Rodingo Usberti, direttore area sanità pubblica veterinaria dell'Ausl - è molto poco chiaro. La collega che si è rifiutata di microchippare il cucciolo ha fatto, a mio avviso, la cosa giusta. Nessun cane, infatti, può essere spostato senza essere prima chippato.- La cucciola era stata consegnata alla famiglia di Forlì assieme ad un libretto sanitario sprovvisto di firma del veterinario. L'assenza del microchip, tuttavia, non permetteva di stabilire una relazione diretta con il documento che poteva dunque riferirsi ad un altro cane. - Nel pomeriggio dello stesso giorno - afferma Tiziana Bordini - dell'associazione Noi Animali Onlus, la dottoressa mi ha telefonato dicendo che non si devono portare cani dal sud per evitare contagi, che a Forlì non ci sono cani malati di leishmania e non dobbiamo portarceli noi e che lei per mocrochippare il cane voleva conoscere tutta la filiera. Come se il cane fosse un prodotto alimentare.- Durante la telefonata sono volate anche accuse e parole pesanti riguardanti anche eventuali speculazioni a discapito degli animali. La famiglia residente a Forlì allarmata dalle parole della veterinaria ha deciso di restituire il cucciolo all'associazione. - Abbiamo fatto visitare il cane dalla nostra veterinaria - sostiene Bordini - la quale non ha riscontrato alcun tipo di malattia. - Ma la vicenda è tutt'altro che conclusa. - Abbiamo scritto all'Ordine provinciale dei veterinari - conclude Bordini - sia per dire la nostra opinione sulla questione che per illustrare il lavoro che abbiamo svolto.- Ma anche l'Ausl vuole vederci chiaro. - Probabilmente ci sarà un'informativa alla Procura - rivela Usberti - perchè non è escluso che i cani finiscano nelle mani di persone che con l'amore degli animali non hanno niente a che vedere.-

LA REPUBBLICA
18 AGOSTO 2009
 
IL SALVATAGGIO DI BIBI COMMUOVE L'AUSTRALIA
 
FOTO
http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/esteri/salvataggio-bibi/1.html

LA TRIBUNA DI TREVISO

18 AGOSTO 2009

 

Cane lupo smarrito Paura sulle mura

 

Treviso - Allarme domenica sera in città, sulle mura di Fra’ Giocondo, per la presenza di un pastore tedesco che si aggirava senza padrone. I passanti, impauriti, hanno dato l’allarme e sul posto è arrivata una Volante della polizia. Gli agenti hanno legato il cane all’albero e lo hanno dissetato, mentre sul posto sono arrivati anche gli uomini dell’Usl. Poco dopo è giunta la proprietaria del cane: ha spiegato che si tratta di un animale anziano che si era allontanato da casa. Accortasi della fuga, la donna è subito corsa alla ricerca del pastore tedesco. L’animale è così tornato a casa con la proprietaria.


LIBERO

18 AGOSTO 2009

 

Compra 1.300 euro di aragoste e le libera in mare

 

Un caso di zoofilia davvero curioso quello di un cittadino sloveno che, spinto dall’amore per gli animali, ha deciso di comperare in un ristorante di Zara, in Croazia, 1.300 euro di aragoste per liberarle in mare. L'uomo, in vacanza in Croazia, ha riferito al padrone del ristorante di essere stato protagonista di simili iniziative anche in Grecia. La vicenda è accaduta in un noto ristorante nei giorni scorsi, da ‘Niko’, il cui proprietario, Erik Pavin, ha detto di non avere mai esaudito una simile richiesta in tutta la sua lunga carriera. Le aragoste liberate erano 30, per un peso di circa 15 chilogrammi.

Dal racconto di Pavin è emerso un altro episodio toccante, ossia quando da un tavolo di otto turisti sloveni, tra i quali quattro bambini, si è alzata una bambina, offrendogli i suoi risparmi per acquistare un crostaceo da liberare in mare. Ma il ristoratore non l'ha accontentata, spiegandole con una piccola bugia, che le aragoste stavano dormendo e non si potevano disturbare. Allora dal tavolo si è alzato il padre della bambina, che ha inoltrato lo stesso desiderio, pagando l'aragosta. Il crostaceo è allora stato pescato e liberato nello specchio d'acqua di fronte al ristorante. Ma l'animalista non si è accontentato, ha acquistato tutti gli altri crostacei non prenotati per la cena da altri commensali e li ha gettati in mare davanti ad una piccola folla di curiosi che si era nel frattempo formata davanti al locale.


LA VOCE

18 AGOSTO 2009

 

Gesto eclatante di un animalista sloveno

Compra 1300 euro di aragoste poi le libera

Non nuovo ad azioni del genere, l'uomo ha comprato ben 30 crostacei

 

Un gesto di altruismo, o semplice esibizionismo. A Zara, in Croazia, un turista sloveno ha comprato trenta aragoste per la modica cifra di 1300 euro, il tutto solo per poterle nuovamente rimettere in libertà.

La notizia, apparsa su alcune testate locali, ha fatto in breve il giro del mondo. Il ristoratore ha spiegato al quotidiano Slobodna Dalmacija che mai nella sua vita gli era capitata una simile offerta. Il liberatore di aragoste, non era al suo primo intervento a favore dei crostacei, come ha affermato lui stesso: era già entrato in azione anche in Grecia.

Sembra che la molla che ha fatto scattare il gesto dell'uomo, animalista convinto, sia stata la richiesta della figlia piccola, che aveva offerto i suoi risparmi per salvare un'aragosta. Il padre, che stava comunque mangiando del pesce, ha rilanciato l'offerta della bambina, aggiudicandosi le trenta aragoste. Alcune, come riportano le fonti, non sono state acquistate però, perchè già prenotate per la cena della sera.


CORRIERE DELLA SERA

18 AGOSTO 2009

 

L'episodio è accaduto a Zara. Tutto merito di una ragazzina..

Compera aragoste vive poi le libera

Il gesto di un animalista sloveno: al ristorante ordina trenta crostacei per 1.300 euro. Per lasciarli vivere

 

MILANO - Ha chiesto al ristoratore aragoste per 1.300 euro. Ma la sua intenzione non era mangiarle, bensì permettere loro di tornare in mare aperto. I crostacei erano infatti ancora vivi e l'uom, un cittadino sloveno, convinto animalista, ha pensato bene di comprare con i propri soldi la loro libertà. Un gesto altamente altruistico che è valso all'uomo la citazione in diversi giornali sloveni e croati. La notizia ha poi fatto presto il giro del mondo.

NON E' LA PRIMA VOLTA - L'episodio è avvenuto a Zara in Croazia, dove l'animalista era in vacanza. Teatro della vicenda il ristorante «Niko», di proprietà di Erik Pavin, che parlando con i cronisti ha raccontato i dettagli della vicenda, sottolineando come in tanti anni di attività mai gli era capitata una richiesta simile. Secondo il quotidiano Slobodna Dalmacija sono state trenta le aragoste acquistate dall'uomo. Il quale, secondo il racconto del proprietario, stava comunque mangiando del pesce. «Non era disturbato dalle aragoste nell'acquario - ha spiegato Pavin, come riporta il Croatian Times - tuttavia ha deciso di volerle liberare perché erano ancora vive. Mi ha anche detto di aver fatto la stessa cosa durante una precedente vacanza in Grecia». L'uomo avrebbe voluto acquistare tutte le aragoste presenti nell'acquario, ma il proprietario gli ha spiegato che alcune erano già state prenotate per la cena da alcuni altri clienti.

LA BAMBINA E L'ARAGOSTA - A far scattare la molla dell'acquisto dei crostacei sarebbe stata in realtà una bambina, la figlia dell'uomo, che ad un certo punto si sarebbe alzata dal tavolo - dove stavano mangiando otto turisti sloveni - offrendo al ristoratore il suoi risparmi per acquistare un'aragosta da liberare in mare. Il ristoratore aveva detto di non potere esaudire il desiderio perché i crostacei stavano dormendo. A quel punto sarebbe intervenuto il padre rilanciando l'offerta della ragazzina e comprando tutte le aragoste non prenotate.


TIO CH

18 AGOSTO 2009

 

LODRINO
Agnellino veglia la madre morta

Da una settimana il piccolo si rifiuta di abbandonare la mamma

 

LODRINO - Veglia da una settimana la mamma morta. E' un agnellino, che da sette giorni sta accanto al cadavere della madre, sui monti dell'alta valle di Lodrino, ma al sopraggiungere delle persone fugge.

Pecora ed agnellino si trovano sotto il Pizzo Picul, giunti probabilmente dalla valle Pincascuia, e dovrebbero appartenere ad un allevatore della Val Verzasca.

La Spa di Bellinzona invita al proprietario di farsi avanti per soccorrere il piccolo, altrimenti l'iniziativa sarà presa dalla Spab.


EMILIA NET

18 AGOSTO 2009

 

Ospiti inattesi in piscina

Due esemplari di cicogna bianca tra i bagnanti dell'Aquatico di Reggio. Oggi gli animali hanno raggiunto un grande stormo di passaggio.

 

LIVIO RAMOLINI

 

REGGIO - Qualcuno avrà pensato che quelle che svettano sul tetto della piscina Aquatico siano due statue. Sbagliato. Si tratta, in realtà, di due esemplari di cicogna bianca che hanno scelto questo luogo insolito per fare bella mostra di sè. Probabilmente attirata dai grandi specchi d'acqua, la coppia, un esemplare adulto e uno giovane, è arrivata ieri tra la sorpresa di bagnanti e gestori dell'impianto. Ha tranquillamente trascorso la giornata aggirandosi tra le centinaia di persone che affollavano le vasche, spingendosi fin sui pratini senza alcun timore. L'anello alla zampa fa pensare che si tratti di animali censiti e abituati alla presenza umana. 'Negli ultimi anni la cicogna bianca è una specie oggetto di progetti di reintroduzione ed è stata allevata a scopi ornamentali, per cui molti esemplari sono confidenti nei confronti dell'uomo', ci dice l'ispettore della Polizia provinciale Lorenzo Ferrari, 'certo che questi due esemplari sono davvero coraggiosi: ieri si sono fatti addirittura accarezzare da qualcuno'. Questa mattina le due cicogne erano di nuovo lì, intente ad osservare imperturbabili il via-vai dall'alto, mentre molti bagnanti non hanno voluto perdersi l'occasione per uno scatto o un'osservazione da vicino. 'L'ipotesi - aggiunge Ferrari - è che si tratti di esemplari sfuggiti da un allevamento che c'è qui nei dintorni, dove vengono tenuti allo stato semibrado. Magari sono stati incoraggiati dal passaggio di cicogne effettivamente selvatiche'. La conferma a queste parole arriva poco dopo: intorno a mezzogiorno le due cicogne bianche prendono il volo e raggiungono uno stormo di passaggio che vola altissimo nel cielo della città. Ci piace pensare che volino verso la libertà.


IL TIRRENO

18 AGOSTO 2009

 

Gallina e scoiattolo uniti per sempre

 

CARRARA. È una storia che proviene dal mondo animale e che, come l’ha raccontata la signora che ne è stata testimone, ha dell’incredibile. I protagonisti sono una gallina e uno scoiattolo che sono morti di cause naturali a distanza di un’ora l’una dall’altro: sembrava avessero sviluppato un rapporto di vicinanza talmente stretto che i loro decessi potrebbero essere stati uno la causa dell’altro.  Succede in località Anderlino, dove Anna Borghetti vive circondata da 25 gatti, 7 cani, 21 capre e dove c’è sempre posto per un nuovo arrivo.  Sono passati venti anni da quando Anna acquistò, insieme a suo marito Renato, una gallina di razza livornese alla fiera di San Ceccardo.  Fu subito chiaro ad entrambi che quella non era una “pollastra” qualsiasi. Aveva il suo carattere, Renata: un po’ anarchica - condivideva ben poco con il resto del pollaio - e più propensa a comportarsi da “pet” (così gli anglosassoni appellano le bestiole domestiche come gatti e cani) che da animale da cortile.  Ma Renata, nella sua vita passata a razzolare nei campi di Anderlino, si è distinta per un’altra eccezionalità: è vissuta sino all’età di 19 anni e 7 mesi, record assoluto per il pollame.  Negli ultimi sei mesi viveva quasi in simbiosi con uno scoiattolo: «Li vedevo sempre insieme - racconta Anna Borghetti - Renata gli aveva quasi insegnato ad essere domestico, erano inseparabili, come una coppia di pappagallini». L’altra mattina la gallina dalle piume bianche è morta, erano le nove e trenta.  A distanza di un’ora, alle dieci e trenta, la signora Anna ha scoperto senza vita lo scoiattolo, nello stesso posto in cui aveva trovato morta Renata.  Succedono cose straordinarie nei campi di Anderlino. Veterinari e studiosi del mondo animale dovrebbero prendersi la briga di studiare il micro-cosmo in cui vivono gli animali di Anna. Renata ha vissuto sino a quasi venti anni e la cagnetta Trudy ne ha ventiquattro ed è viva è vegeta. Alloggia da diciotto a casa di Anna, da quando una pediatra carrarese decise di affidarla (allora il cane aveva sei anni) alle cure della donna. Non solo. È risaputo che gli animali selvatici fuggano dall’uomo: soprattutto le femmine quando hanno la prole. Ad Anderlino succede il contrario. Nei terreni di Anna c’è una casetta degli attrezzi costruita anni fa da suo genero: una volpe l’ha scelta come tana per mettere al mondo sei cuccioli. «È venuta, ha partorito, ha allattato i volpini - racconta la signora - e poi se li è portati via... su per Monteverde».  Ma qual è la ricetta di Anna per custodire gli animali, domestici o selvatici che siano? «Nessuna ricetta - dice - io li amo e basta. Del resto per tribunali non ci portano, impossibile non amarli». G.M.


ROMAGNA OGGI

18 AGOSTO 2009

 

Forlì: polemiche e sospetti su cani provenienti dal sud

 

FORLI' - Tutto è partito dal rifiuto del veterinario forlivese, Patrizia Magnani, di inserire il microchip ad una cane di 3 mesi, proveniente da Agrigento, dato in affido ad una famiglia forlivese dall'associazione "Noi animali-Onlus". L'associazione ha puntato il dito contro la dottoressa, direttrice del canile cittadino. Ma il direttore dell'Area sanità pubblica veterinaria dell'Ausl di Forlì, Rodingo Usberti, vuole vederci chiaro: "C'è qualcosa dietro, stiamo verificando".Il fatto: la onlus, secondo le dichiarazioni di Tiziana Bordini, avrebbe procurato il cucciolo tramite il contatto con l'associazione Aronne di Agrigento. "Abbiamo accolto alcuni cuccioli in quanto avevamo richieste di adozione da famiglie del centro-nord. I cuccioli sono arrivati all'aereoporto di Bologna il giorno 5 agosto e nello stesso giorno alcuni sono stati direttamente affidati dalla volontaria Barbara, che tanto si adopera per il benessere degli animali, alle famiglie richiedenti alle quali avevamo già fatto il controllo pre-affido. A Forlì è stata adottata una dolcissima cucciola di 3 mesi, ma quando il signor F. H. si è presentato presso l'ambulatorio della d.ssa M.P. (libera professionista nonchè direttore del canile comprensoriale di Forlì, come lei stessa ha precisato) chiedendole di microchippare il cane, ha ricevuto un fermo NO seguito da un mare di polemiche sull'adozione del cane". La dottoressa ha spiegato di avere agito semplicemente nel rispetto della legge, che prevede che il microchip venga inserito entro i primi 30 giorni di vita del cane. "Ho agito secondo il mio codice deontologico - spiega la Magnani - per tutelare, non conoscendo in nessun modo il tracciato dell'animale, il cane e la famiglia affidataria". "Inoltre il rischio di diffondere malattie pericolose, come la rabbia, rientrata in Italia dopo 40 anni, e la leihsmaniosi, quasi assente nelle nostre zone, siste quando non si conosce quasi nulla nel cane, privo di microchip" I sospetti: "Dietro questa faccenda c'è qualcosa che non quadra - afferma immediatamente Usberti, al quale il caso è stato segnalato dalla dottoressa - L'associazione ha inviato una mail esclusivamente diffamatoria. Devo completare alcune ricerche ed appena avrò i dati completi li trasmetterò alla Procura. Sono molto frequenti i traffici non regolari di animali e su questo cane non c'erano informazioni. Come ha viaggiato? Perchè è partito? La dottoressa ha agito correttamente".


IL SECOLO XIX

18 AGOSTO 2009

 

Libertà di tiro ai cinghiali? Ballestra: «Una sciocchezza»

Continua il dibattito su come arginare gli animali

 

«Dare la possibilità ai singoli proprietari agricoli di sparare? Per favore, cerchiamo di essere seri! Ve le immaginate le sparatorie notturne, con il rischio che qualcuno si faccia male? E che dire delle persone che potrebbero essere fermate con un fucile in macchina e giustificarsi dicendo che stanno andando a scovare il cinghiale che gli rovina le campagne?».
Con queste parole l'assessore provinciale Giovanni Ballestra boccia senza indugi la proposta di alcuni comitati di quartiere, alle prese con i danni provocati dai cinghiali. Ma suggerisce comunque alcune soluzioni: «Quest'anno abbiamo già abbattuto mille capi in più e la nostra Provincia ha un record in questo settore. Il problema esiste, anche perché nella nostra zona si coltiva tutto l'anno: ulivi, vigne, fiori. Ma non è facendo il Far West che si risolve: i cinghiali abbattuti verrebbero comunque rimpiazzati da altri, come accaduto quando in Piemonte è nevicato molto e gli animali sono scesi a valle. La soluzione, piuttosto, è quella di usare i 100 mila euro pagati con le tessere dei cacciatori, oltre che per i risarcimenti, per opere di consolidamento delle culture: unica vera difesa contro gli animali. Abbiamo poi messo a disposizione, nei casi più significativi, delle gabbie per catturare i cinghiali».


IL SECOLO XIX

18 AGOSTO 2009

 

Il capriolo liberato due volte

Il salvataggio nei boschi di ceranesi

L'animale aveva il palco avvolto da una matassa di fili: catturato, gli è stata tolta prima di lasciarlo nuovamente andare

 

Giuliano Gnecco

 

Ceranesi (GE) - Un turbante fastidioso, a causa del quale un capriolo ha rischiato di morire. Era una matassa di fili di plastica, probabilmente di quelli utilizzati per la coltura dei piselli. Si era avvolta ai palchi dell'animale, con il risultato di renderne difficoltosa la vista (esponendolo a numerosi pericoli) e di farlo restare impigliato nella rigogliosa vegetazione. Il capriolo si spostava spesso nel greto del torrente Verde, subito prima dell'abitato del Comune di Ceranesi; gli abitanti lo avevano notato, comprendendo le difficoltà che stava incontrando, e i pericoli ai quali era esposto. Così hanno deciso di rivolgersi alla polizia provinciale, ma i primi tentativi di salvare l'animale sono stati vani.
Nella mattinata di sabato, la svolta: il commissario della provinciale Eraldo Minetti, dopo varie ricerche, ha individuato l'animale nel folto della vegetazione. Nel frattempo aveva preso a piovere in modo piuttosto insistente. Minetti si è reso conto che il curioso "copricapo" riduceva moltissimo la capacità visiva del capriolo, e la pioggia battente ne aveva ridotto anche le capacità uditive; ha quindi deciso di tentarne la cattura. Minetti si è avvicinato con circospezione, camminando nell'acqua ed inseguendo l'animale per oltre due ore e mezza, riuscendo così ad avvicinarsi a pochi metri dal capriolo, Quando si è fatto vedere il capriolo, spaventato, lo ha caricato con decisione ma con scarsa precisione e così il commissario lo ha afferrato ed è rotolato con lui tra i rovi per circa una decina di metri; è riuscito quindi a bendarlo e poi a legargli le zampe. Lo ha caricato sulle spalle e, raggiunta l'auto di servizio, ha provveduto a liberarlo dall'intrico della rete tra i palchi, prima di lasciarlo andare sulle alture nelle immediate vicinanze.


IL TEMPO

18 AGOSTO 2009

 

Monte Amaro

Tre camosci trovati morti nel Parco

PESCASSEROLI (AQ) È da imputare probabilmente alla caduta di un fulmine la causa della morte di tre camosci avvenuta nei giorni scorsi sulle pendici del Monte Amaro, nel territorio del Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise.

 

Pescasseroli (AQ) - Gli esemplari, tutte femmine di cui due di età compresa tra i quattro e i sei anni e la terza di circa dodici anni, sono stati rinvenuti dal servizio di vigilanza del parco, intervenuto dopo la segnalazione di alcuni escursionisti che avevano notato le carcasse degli animali. In base ad una prima ricongnizione effettuata dal responsabile del servizio veterinario del Pnalm, la morte dei tre camosci sarebbe stata determinata dalla folgorazione provocata da un fulmine caduto nelle vicinanze durante uno dei forti temporali che hanno flagellato la zona negli ultimi giorni. Tuttavia, non essendo ancora stati compiuti gli esami necroscopici, è stato disposto, in via precauzionale, il pattugliamento dell'area al fine di accertare l'eventuale presenza di altri animali morti o di sostanze velenose. Intanto le carcasse sono state trasferite presso l'Istituto Zooprofilattico di Teramo per tutti gli accertamenti del caso al fine di poter escludere anche la presenza di qualsiasi tipo di patologia o infezione.


IL SANNIO

18 AGOSTO 2009

 

Sul Monte Amaro le carcasse di tre camosci appenninici

 

ISERNIA - Triste ritrovamento sul Monte Amaro, nel territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove gli operatori del servizio di Sorveglianza dell’Ente ieri hanno trovato le carcasse di tre camosci. Si tratta di tre femmine, delle quali due di circa 4-6 anni ed una di circa 12 anni.
Gli operatori del Parco si sono mossi su segnalazione di una guida escursionistica.
Al momento la causa più probabile di morte degli animali sembra essere la folgorazione da parte di un fulmine, caduto durante i forti temporali dei giorni scorsi, questo quanto dichiarato dal Parco. Per avere un quadro più dettagliato di quanto accaduto, la direzione dell’Ente ha comunque disposto un pattugliamento completo della zona, al fine di verificare la eventuale presenza di altri animali morti.
Nel contempo, dopo le analisi preliminari che sono in corso presso le strutture del Parco di Pescasseroli, le carcasse verranno trasferite all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo, allo scopo di aver comunque conferma della causa di morte ed escludere così qualsiasi tipo di patologia, anche in relazione alle altre specie selvatiche ed al bestiame domestico presenti nell’area del Parco.


SANREMO NEWS

18 AGOSTO 2009

 

Rocchetta Nervina (IM): cinghiali a LagoBin, uno muore annegato

 

Rocchetta Nervina (IM) - Alcuni cinghiali sono penetrati questa notte nel giardino dell’agriturismo ‘LagoBin’, a Rocchetta Nervina nell’entroterra di Ventimiglia. La scoperta è stata fatta questa mattina, grazie al cane di un ospite della struttura, che stava passeggiando in giardino e che ha sentito l’animale che cercava di dimenarsi in un canale della vasca della ruota del mulino.
I soccorsi sono scattati prontamente ma, purtroppo, il piccolo cinghiale è annegato. I titolari della struttura hanno poi scoperto che i cinghiali avevano distrutto parte del prato del giardino, per poi fuggire. Uno di loro, però, è caduto nell’acqua, senza più riuscire a salvarsi. E’ stata la Polizia Provinciale ad intervenire per recuperare il cinghiale, di circa 5 o 6 kg.


SESTO POTERE

18 AGOSTO 2009

 

Caccia, la Provincia di Lecco autorizza l’abbattimento di cinghiali, cervi e caprioli in agosto. Enpa protesta

 

Lecco - La Provincia di Lecco ha approvato, nel giro di pochissimi giorni, alcune delibere che prevedono i cosiddetti piani di prelievo, ovvero l’abbattimento di cinghiali, mufloni, cervi e caprioli che, secondo alcuni “censimenti” risulterebbero in sovrannumero e causerebbero presunti danni all’agricoltura. Di tale delibera l’Enpa contesta, non solo il contenuto, ma anche le modalità di approvazione. L’intero iter, denuncia la Protezione Animali, si è infatti concluso con estrema fretta e nel più completo silenzio: solo cinque giorni (di cui due non lavorativi!) per licenziare il provvedimento. “Verificheremo la regolarità di questo provvedimento – annuncia la Protezione Animali - anche se, purtroppo, i tempi di approvazione sono stati così rapidi da impedire, di fatto, un fermo prima che lo sterminio sia compiuto. In ogni caso ci riserviamo di agire per bloccare la delibera”. La legge nazionale 157/92, “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, parla di “controllo delle specie di fauna selvatica”, praticato con metodologie ecologiche verificate dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). I piani di abbattimento, che dovrebbero comunque essere realizzati da guardie venatorie, possono essere autorizzati solo con il via libera dell’Istituto. Nella prassi, tuttavia, la gestione della fauna selvatica ritenuta problematica – comunque patrimonio collettivo – viene “delegata” alle “doppiette”, a cui le amministrazioni ricorrono direttamente, con il pretesto del controllo delle specie e senza tener conto di metodi ecologici alternativi o di verifiche specifiche sulla consistenza numerica della fauna selvatica. Gli abbattimenti selettivi, spesso, sono solo un pretesto inaccettabile per allungare la stagione venatoria, secondo i desideri del mondo venatorio estremista e il dettato quasi defunto DDL Orsi su “caccia selvaggia”. Mentre le province e le regioni, che continuano ad emanare delibere quasi sempre non conformi alle leggi – il TAR è più volte intervenuto in materia - a pagare il prezzo più alto sono gli animali. Non solo gli adulti, gli esemplari vecchi e malati, ma anche le mamme ed i loro cuccioli che finiscono inevitabilmente nel mirino.


IL GAZZETTINO

18 AGOSTO 2009

 

Ai cinghiali piace Baone

 

Baone (PD) -  Ai cinghiali piace Baone, e parecchio. La popolazione degli ungulati del parco, in continua evoluzione e alla ricerca incessante di fonti di cibo, sembra aver eletto a dimora ideale la zona del piccolo centro collinare. Per convincersene basta dare un’occhiata ai dati relativi alle catture degli ultimi 18 mesi: nel 2008 sono stati catturati a Baone 195 esemplari, ma nei primi sette mesi di quest’anno sono già finiti in gabbia 179 animali. Stando alla media, si potrebbe arrivare a fine dicembre a 300 cinghiali presi nella sola zona fra Valle San Giorio ed il monte Cecilia. L’anno scorso il Parco colli aveva piazzato 10 chiusini, le gabbie costruite appositamente per la cattura dei selvatici, nel territorio comunale di Baone, mentre quest’anno i chiusini sono 11. L’ente, che ha sede in via Ca’ Mori ad Este e da anni conduce una lotta serrata alla popolazione di "indesiderati", ha fornito anche qualche altro dato relativo ai cinghiali. L’anno passato erano stati rinvenuti tre ungulati morti per cause naturali o investiti da automobili, ma da gennaio ne sono stati ritrovati già due. Ignote, al momento, le cause della proliferazione nella zona a sud degli Euganei, che però dovrebbero essere legate alla facilità di reperire cibo, protezione e acqua dei vari branchi. Il periodo estivo costringe poi gli animali a scendere a valle dal monte Cecilia, estrema propaggine del comprensorio collinare in direzione della Bassa padovana. Nelle campagne i cinghiali trovano enormi estensioni di mais, nelle quali possono muoversi indisturbati. Vigneti, orti e campi coltivati forniscono "vitto e alloggio", ma ultimamente i gruppi si avvicinano un po’ troppo alle abitazioni fra Arquà Petrarca e Baone, spaventando i residenti e creando qualche problema. Solo una decina di giorni fa un branco ha sventrato un segugio italiano di sei anni impegnato in una selezione per i campionati italiani dedicati ai cani da seguita. I proprietari del segugio avevano visto un certo movimento di cinghiali nel campo in cui si svolgevano le prove. L’assicurazione del Parco, che copre i danni alle colture ed eventuali danneggiamenti in seguito ad incidenti stradali con la fauna selvatica, in questo caso non sarà applicata.


MATTINO DI PADOVA

18 AGOSTO 2009

 

Raddoppiato il numero delle catture a Baone

 

Nicola Cesaro

 

BAONE (PD). I cinghiali proliferano e le squadre del Parco Colli sono costrette agli straordinari. L’ente euganeo ha ufficializzato in questi giorni il numero di catture avvenute nel territorio di Baone. Le cifre sono a dir poco impressionanti: se infatti nell’arco del 2008 a Baone erano stati catturati 195 cinghiali, al 31 luglio di quest’anno la squadra di cattura del Parco ha già provveduto a metterne in gabbia 179. A questi occorre aggiungere altri due animali trovati già privi di vita (nel 2008 erano stati tre). Baone si conferma dunque uno dei Comuni collinari maggiormente infestati da questo tipo di fauna, che danneggiata colture e proprietà. Ma non solo. La scorsa settimana un cinghiale avrebbe anche ucciso un cane da caccia (l’attività venatoria è comunque proibita nell’area collinare, compreso l’addestramento dei cani). Per questo il Parco ha collocato ben 11 chiusini (sui 30 totali) nel territorio comunale di Baone, aggiungendone uno rispetto all’anno scorso. In generale, analizzando l’intera attività nei Colli, sono stati catturati più di 800 cinghiali. A vedere la tendenza, a fine anno saranno certamente molti di più.


IL CENTRO

18 AGOSTO 2009

 

Cinghiali nell'Oasi: no alla caccia, al via la cattura

 

POPOLI (PE). Cinghiali nella Riserva di Capo Pescara: «Il controllo è necessario», afferma il sindaco Emidio Castricone , «perché il luogo è frequentato da turisti e la presenza massiva di questi animali potrebbe costituire un pericolo. Pertanto avvieremo una trattativa con la Provincia, ente deputato alle operazioni di controllo della popolazione di ungulati con l’obiettivo di rendere sicuri i luoghi che accolgono visitatori». La Provincia potrebbe intervenire in due modi: con il selecontrollo, cioè con l’abbattimento programmato dei capi sul territorio, o con la cattura con speciali gabbie, per poter avere la possibilità di rilasciare gli animali in altri luoghi. «La nostra Riserva è gestita dal Wwf: faremo un incontro con il direttore dell’Oasi Pierlisa Di Felice », riprende Castricone, «e chiederemo all’amministrazione provinciale un intervento risolutivo. Ma una cosa è certa: non permetteremo che si adoperino armi nella Riserva».  Dunque si procederà con la cattura, che potrebbe cominciare già nel corso di questa settimana.


BIG HUNTER

18 AGOSTO 2009

 

Pierpaola, amica di BigHunter: “per il cacciatore le prede sono essenza di vita”

 

Pierpaola Cancelli ha trent'anni e vive a Firenze dove lavora come insegnante elementare. Non ancora cacciatrice, ci confida che è stata contagiata dalla passione per la caccia dal padre cacciatore e che prenderà il porto d'armi non appena sarà tornata nell'amato Salento ed avrà tutto il tempo da dedicare a questa stupenda attività. “La caccia nasce con l'homo sapiens e l'uomo è diventato sapiens anche grazie alla caccia” spiega Pierpaola augurandosi che, proprio in quanto elemento imprescindibile dal genere umano, la caccia venga spiegata ai ragazzi nel modo più semplice possibile, soprattutto sottolineando “la differenza fra cacciatore e bracconiere”. “Il vero cacciatore ama la natura, gli animali e poichè ogni essere vivente su questo pianeta è cacciatore, stima le sue prede considerandole non come un trofeo ma come essenza di vita”. L'equilibrio della vita è alla base della pratica della caccia ed è per questo che non si può definire l'attività venatoria come uno sport, secondo Pierpaola.


IL GAZZETTINO

18 AGOSTO 2009

 

Entrò nel pollaio e si trovò di fronte una volpe..

 

Pordenone - Entrò nel pollaio e si trovò di fronte una volpe che stava sbranando una gallina. Impugnato il fucile fece fuoco contro l’animale ferendolo in modo grave (andò a morire poche centinaia di metri più avanti). Tale condotta dell’agricoltore nonché cacciatore Giovanni Simoni, residente a Spilimbergo, fece scattare un doppio procedimento (amministrativo e penale) con sentenze che dopo tre anni gli hanno restituito giustizia. Nei giorni scorsi, infatti, la Cassazione ribaltando la sentenza di condanna del giudice di primo grado, lo ha assolto.


LA SICILIA

18 AGOSTO 2009

 

«Rito barbaro e raccapricciante»   
La Lav accusa i promotori della festa dell'«oca e 'u sirpintazzu» che si svolge ogni anno a Butera 

 

Butera.  La Lav Sicilia lo scorso anno aveva denunciato la barbarie che si registra a Butera durante la festa dell'«oca e 'u sirpintazzu», con la speranza che il rito dell'oca sgozzata e poi appesa ad un cavo venisse sostituito utilizzando un pupazzo a forma di oca. Invece non è stato così, gli organizzatori hanno proseguito con la tradizione ed ora rischiano una denuncia penale, considerato che la Lav si accinge a presentare un esposto alla magistratura.
Nel giorno di Ferragosto i responsabili della Lav Sicilia hanno effettuato un "blitz" a Butera ed hanno verificato direttamente cosa accade durante la festa di "u sirpintazzu". Muniti di fotocamere e telecamere hanno filmato ogni secondo della tradizione durante le festività in onore di San Rocco, il Patrono di Butera. Il "blitz" è nato dopo il coro di indignazione che tale “tradizione” aveva suscitato a livello nazionale. Nonostante il sollecito dello scorso anno, il "rito barbaro" si è ripetuto, come se nulla fosse accaduto. Per la Lav «l'uccisione di un animale e l'utilizzo del suo corpo come oggetto di divertimento è un gesto inqualificabile ed inaccettabile perché la nostra civiltà rifiuta la violenza, la tortura e l'uccisione di ogni essere vivente».
«Anche la legge ha recepito tali convinzioni etiche con la modifica del codice penale a seguito della legge 189 del 2004 sul reato di maltrattamento di animali, in cui è evidente la tutela dell'animale in quanto soggetto, nel rispetto della sua natura, secondo le sue caratteristiche anche etologiche», ha detto Carlo Aprile, responsabile settore “feste sadiche” della Lav Sicilia.
«Ogni “tradizione” che veda negli animali oggetti da sfruttare deve quindi essere interpretata criticamente, per convertirla e renderla eticamente accettabile secondo i parametri che il progresso culturale e sociale determina nel tempo, per adattarla alla società contemporanea alla luce delle sensibilità nel frattempo maturate. Esistono tradizioni giuste e tradizioni sbagliate – conclude Aprile – e molte volte, così come accade nel gioco dell'oca a Butera, si esercita della violenza sugli altri senza rendersene conto».
«Lo scorso anno avevamo scritto al sindaco di Butera ed al parroco del Santuario di San Rocco evidenziando anche le conseguenze culturali ed educative estremamente pericolose nei giovani: l'uso dell'oca sgozzata come elemento di divertimento li allontana dal valore preminente del rispetto della vita di ogni essere. Non abbiamo ricevuto nessun cenno di risposta dalle due Autorità che, anche quest'anno, hanno ignorato ogni appello al buonsenso ed al rispetto della legge organizzando e promuovendo tale festa», ha aggiunto Jessica Natale, responsabile della Lav Caltanissetta.
«Si tratta di una festa altamente diseducativa per organizzatori, partecipanti e pubblico - conclude Jessica Natale -. Appellarsi alle tradizioni è il solito tentativo di nascondere le proprie responsabilità, soprattutto da parte di chi è tenuto, per credo religioso o dovere civico ed istituzionale, a bandire modelli di comportamento improntati alla violenza su qualsiasi creatura umana o non umana».
La Lav ha annunciato che una equipe di legali ed esperti sta già esaminando la possibilità di sottoporre al vaglio della Magistratura penale lo “spettacolo” del gioco dell'oca, per il rispetto delle norme penali e del testo unico di pubblica sicurezza che vietano manifestazioni che producono strazio e sevizie di animali. La protesta dello scorso anno della Lav era un preavviso di quanto sarebbe accaduto quest'anno, ma la Giunta del sindaco Luigi Casisi, così come il parroco Filippo Provinzano, secondo gli animalisti non hanno accolto i loro suggerimenti ed ora rischiano di essere chiamati davanti ad un giudice per la festa di "u sirpintazzu".
Ogni anno a Ferragosto l'oca sgozzata, ancora sanguinante, viene appesa per le zampe ad un cavo sulla piazza del municipio di Butera e qui, su un podio di legno, un uomo cerca di strapparle il collo a mani nude. Da un terrazzo, un altro uomo tira il cavo per impedirne la presa strattonando il cadavere dell'animale che si deforma, si spezza le ali, perde penne e piume. E la Lav definisce la scena «raccapricciante».


LA TRIBUNA DI TREVISO

18 AGOSTO 2009

 

Dal Sile scompaiono le oche

 

Provincia di Treviso - «Continuano le misteriose sparizioni di oche al ponte della Gobba». La Lav denuncia la scomparsa dei bianchi pennuti e paventa cacce grosse per scopi alimentari, chiedendo alle autorità «maggiori controlli delle forze dell’ordine». E l’associazione non si ferma qui. «Sia data la massima informazione per garantire il rispetto degli animali liberi lungo il fiume».  La Lav riferisce che le oche bianche liberate in loco, e che vivevano tranquillamente tra anatre, cigni, folaghe e altri animali selvatici non conducono più un’esistenza tranquilla, né assicurano lungo il Sile uno spettacolo naturale.  Da tempo il loro numero è sensibilmente diminuito - scrive la Lav - con sparizioni costanti e improvvise. «Due scomparvero in breve tempo, ne furono portate altre 4, forse dall’Isola del Paradiso, per far compagnia alla superstite - continua la Lav - ma anche queste sono state prese di mira ed il gruppo si è nuovamente sfoltito».  Ieri l’ultima sparizione: sarebbero rimaste due sole oche. E i volontari che si recano periodicamente a monitorare la situazione hanno notato, lungo la sponda del Sile, un mucchietto di penne e piume bianche a riprova la sfortunata oca ha tentato una strenua difesa prima di soccombere. «Sono sparizioni molto sospette - commenta Lorenza Secoli, responsabile della Lav di Treviso - non ci sono predatori capaci di sterminare un gruppo di oche adulte. Non vorremmo fossero oggetto di periodica “raccolta” per la propria mensa. Il comune deve vigilare, oche cigni e altri uccelli presenti lungo il Sile, gli animali della Penisola del Paradiso, meritano il massimo rispetto da parte di tutti».  Infine, la Lav chiede di affiggere cartelli in diverse lingue, che la fauna presente lungo il Sile e gli altri corsi d’acqua di Treviso costituisce patrimonio indisponibile dello Stato, e non può essere prelevata o spostata a piacimento, per precise leggi dello Stato».


IL CITTADINO

18 AGOSTO 2009

 

Somaglia (LO) -  Le esche posizionate nella riserva sono rimaste al loro posto: l’area verde potrebbe essere presto riaperta 

Non c’è più traccia di randagi nell’oasi 

Gabbie vuote e nessun avvistamento del branco alle Monticchie

 

Laura Gozzini

 

Somaglia (LO) -  Volatilizzati. Dei randagi che il mese scorso erano stati avvistati all’interno del parco Monticchie disseminando la paura nei visitatori e quindi la rapida attivazione del primo cittadino del comune di Somaglia Giuseppe Medaglia, nonché di Asl e Provincia, da alcune settimane non vi è più alcuna traccia. Forse sarebbe meglio dire impronta.
I bocconi per acchiapparli in gabbia oppure anche solo rilevarne la presenza finiscono con il consumarsi sotto il sole agostano, invasi dagli insetti e ignorati, mentre di “code sospette” più neanche l’ombra.
Così se entro fine mese la situazione si manterrà invariata l’ordinanza comunale che dispone la chiusura della riserva verrà ritirata, per la gioia dei tanti affezionati rimasti orfani, proprio nel cuore della stagione deputata alle gite all’aria aperta, della più classica biciclettata nella frescura della piccola oasi della Bassa Lodigiana.«Il monitoraggio non si è mai interrotto e da giorni non evidenzia più alcun avvistamento - commenta il primo cittadino Medaglia - da parte nostra c’è l’intenzione di dissipare ogni dubbio perché la riapertura al pubblico possa avvenire in condizioni di massima sicurezza». Un imperativo cui presiedono gli operatori della sezione cremonese di Arpana e cui si aggiungono alcuni volontari lodigiani - una decina in tutto - impegnati in turni anche la notte per non lasciare mai il campo scoperto. «Ci siamo affidati a persone competenti che ci hanno consentito di dare una risposta adeguata, scrupolosa e celere. Da soli noi, Provincia e Asl non avremmo potuto garantire una presenza costante». Proprio il rientrato allarme ha reso superfluo il posizionamento di una nuova gabbia come era stato pronosticato alla fine di luglio, considerata tra l’altro la difficoltà di pervenire a una cattura con quell’ausilio. Poco male.
Ne sorridono gli ambientalisti e gli stessi responsabili della riserva somagliese, mentre resta il mistero di quale strada stiano adesso annusando i quattro zampe. «Secondo gli esperti si è trattato di un branco non stanziale, di cani che per qualche ragione si sono trovati nello stesso posto e hanno così fatto gruppo. Viceversa sarebbe impossibile non notarne la presenza fissa». Insomma, quello dei randagi alle Monticchie sembra davvero il classico giallo dell’estate.


IL TEMPO

18 AGOSTO 2009

 

Annunci «civetta» sul web dell'associazione Aidaa. Trecento euro per un rapporto con un cavallo

Depravazioni, 500 laziali disposti a far sesso con gli animali

Da marzo a oggi ci sono state sette denunce nel Lazio contro chi ha chiesto di far sesso con animali: cinque a Roma, una a Latina e una a Frosinone.

 

E in un paio di giorni, con alcuni «annunci civetta» su internet per sondare le disponibilità di far sesso con un animale a quattro zampe, sono arrivate 514 richieste di disponibilità dal Lazio, 112 da Roma. Dalla Capitale, tutti uomini, mentre dieci donne del resto della Regione hanno espresso la loro voglia di far sesso con un animale. Sono questi alcuni dei dati elaborati dall'Aidaa, l'Associazione italiana per la difesa di animali e ambiente sulla «zoofilia», il sesso praticato con animali. In totale l'Aidaa ha presentato nel Lazio sette denunce per zoofilia: 67 sono quelle presentate a livello nazionale. Tra le disponibilità, sottolineano dall'associazione ambientalista, anche quella di un allevatore del nord del Lazio «che offre i cavalli a trecento euro per incontro, con una possibilità di videofilmarli». «Lo denunciamo alla procura», dice Lorenzo Croce, presidente Aidaa. «Cercano cani di grossa taglia, cavalli ma anche maiali, molto ricercati. Ma non c'è solo questo: sono richieste anche varie specie di pollame per riti sacrificali a base di sesso. Prima fanno il rito, con un atto sessuale verso l'animale e poi alla fine lo uccidono sgozzandolo». Secondo una stima di Aidaa segnalata da Croce ci sarebbero «mille zoofili a Roma e circa cinquemila nel Lazio». «In rete - dice Aidaa - esistono 8.810 siti italiani che contengono immagini, racconti o filmati di sesso con animali». A livello nazionale, sugli «annunci civetta» pubblicati dall'associazione siti internet dedicati all'argomento e su siti di annunci online per verificare l'ampiezza del fenomeno ci sono stati circa «7.000 contatti di persone pronte ad offrirsi per fare sesso con animali, ma anche di persone disposte a vendere a ore il proprio animale per incontri sessuali e da buon ultimo prostitute che si offrono per sesso a pagamento con animali». «Da un'analisi dei dati abbiamo avuto la conferma che in Italia almeno una persona su mille ha fatto sesso con animali o ne è stata in qualche modo coinvolta».


Animalieanimali

18 AGOSTO 2009

 

SESSO CON ANIMALI, BOOM DI RICHIESTE SUL WEB
A rispondere ad alcuni «annunci civetta» su internet per sondare le disponibilità di far sesso con un animale a quattro zampe, in pochi giorni sono arrivate 514 richieste di disponibilità dal Lazio, 112 da Roma.

 

Fare sesso con animali, gli annunci corrono sul web e da marzo a oggi sono state 7 le denunce nel Lazio: 5 a Roma, una a Latina e una a Frosinone. A rispondere ad alcuni «annunci civetta» su internet per sondare le disponibilità di far sesso con un animale a quattro zampe, in pochi giorni sono arrivate 514 richieste di disponibilità dal Lazio, 112 da Roma. Dalla capitale, tutti uomini, mentre dieci donne del resto della Regione hanno espresso la loro voglia di far sesso con un animale.
Sono questi alcuni dei dati elaborati dall'Aidaa, l'Associazione italiana per la difesa di animali e ambiente sulla «zoofilia», il sesso praticato con animali. In totale l'Aidaa ha presentato nel Lazio 7 denunce per zoofilia: 67 sono quelle presentate a livello nazionale. Tra le disponibilità, sottolineano dall'associazione ambientalista, anche quella di un allevatore del nord del Lazio «che offre i cavalli a trecento euro per incontro, con una possibilità di videofilmarli». «Lo denunciamo alla procura», dice Lorenzo Croce, presidente Aidaa. «Cercano cani di grossa taglia, cavalli ma anche maiali, molto ricercati. Ma non c'è solo questo: sono richieste anche varie specie di pollame per riti sacrificali a base di sesso. Prima fanno il rito, con un atto sessuale verso l'animale e poi alla fine lo uccidono sgozzandolo».
Secondo una stima di Aidaa segnalata da Croce ci sarebbero «mille zoofili a Roma e circa cinquemila nel Lazio». «In rete - dice Aidaa - esistono 8.810 siti italiani che contengono immagini, racconti o filmati di sesso con animali». A livello nazionale, sugli «annunci civetta» pubblicati dall'associazione siti internet dedicati all'argomento e su siti di annunci online per verificare l'ampiezza del fenomeno ci sono stati circa «7.000 contatti di persone pronte ad offrirsi per fare sesso con animali, ma anche di persone disposte a vendere a ore il proprio animale per incontri sessuali e da buon ultimo prostitute che si offrono per sesso a pagamento con animali». «Da un'analisi dei dati abbiamo avuto la conferma che in Italia almeno una persona su mille ha fatto sesso con animali o ne è stata in qualche modo coinvolta - proseguono dall'associazione - Si tratta di un giro di affari che tra filmini pornografici, incontri squillo, affitto di animali sfiora i venti milioni di euro l'anno e coinvolge mediamente 50-60.000 persone». «C'è bisogno - conclude Croce - di una legge che possa istituire il reato di zoofilia. Ora le denunce sono solo per maltrattamento e, nel caso si riesca a trovare filmati, per pornografia».


IL TEMPO DI FROSINONE

18 AGOSTO 2009

 

Zoofilia

In gergo tecnico si chiama zoofilia

 

Pare che la pratica del sesso con animali sia più diffusa di quanto si immagini. Basti pensare che - stando ai dati diffusi dall'Aidaa, l'Associazione italiana per la difesa di animali e ambiente - da marzo ad oggi ci sono state sette denunce solo nel Lazio. Una di queste è stata presentata nei confronti di una persona di Frosinone. Sembra che gli amanti di questa pratica - non solo uomini ma anche donne - ricerchino prevalentemente cani di grossa taglia, cavalli ma anche maiali. Ma non c'è solo questo: sono richieste anche varie specie di pollame per riti sacrificali a base di sesso. Inoltre, attraverso alcuni annunci «civetta» pubblicati su internet dall'Aidaa per sondare le disponibilità di far sesso con un animale a quattro zampe, sono arrivate ben 514 richieste di disponibilità dal Lazio e 112 solo da Roma. Tra questi tutti uomini e sole dieci donne. Si pensi che addirittura un allevatore, anche lui denunciato, offriva i cavalli a trecento euro per un incontro, con la possibilità di videofilmarli.


AGI

18 AGOSTO 2009

 

ANATRE MORTE: WWF E LAV, ANIMALI POTEVANO ESSERE SALVATI

 

Pescara - "Gli enti sapevano da anni della situazione di inquinamento del laghetto" della riserva naturale pineta dannunziana di Pescara, dove nei giorni scorsi sono state trovate molte anatre selvatiche morte. Lo affermano Wwf e Lav ricordando che "il comune di Pescara gia' nel 2002 era stato avvisato della gravissima situazione di degrado ambientale dello specchio d'acqua". La relazione consegnata a Palazzo di citta' nell'ambito di alcuni studi pagati dall'ente per approfondire il Piano di Gestione della Riserva, "descriveva perfettamente le criticita' connesse alla mancanza di ossigenazione delle acque e prescriveva immediati interventi di rinaturalizzazione per evitare ulteriori e piu' gravi problemi sia agli animali domestici sia agli uccelli selvatici che frequentano quel laghetto e le sue sponde". Piu' di recente, nel 2008, il Wwf ha avvisato il Dirigente dell'Ufficio Parchi della Regione Abruzzo chiedendo un intervento urgente, "considerata l'inadempienza del Comune di Pescara, ente gestore della Riserva regionale". La Regione, infatti, ha la responsabilita' di sorvegliare sull'operato dei gestori delle aree protette regionali e del loro coordinamento. "Da allora - dicono Wwf e Lav - non sappiamo se vi siano stati sviluppi e oggi possiamo solo constatare il disastro che si e' verificato". Antonella Agostini, responsabile provinciale della Lav, definisce "estremamente grave" quanto accaduto, "perche' la situazione di degrado del laghetto era stata piu' volte denunciata" e "probabilmente non sarebbero morti se si fosse dato seguito per tempo agli studi gli animali. Riteniamo che vadano ricercate le responsabilita' di questa strage - conclude Agostini - anche solo per gli aspetti amministrativi e contabili, per cui chiediamo al sindaco di Pescara e all'assessore regionale competente di procedere in tal senso affinche' quanto avvenuto non accada mai piu'".


AGI

18 AGOSTO 2009

 

RANDAGI: AGENZIA-ANIMALISTA, SINDACO CAMPOBASSO RESPONSABILE

 

Campobasso - "Il sindaco di Campobasso e' responsabile per legge di tutti i cani randagi". Lo sostiene una nota de l'agenzia-animalista, che interviene sull'avvelenamento degli animali in pieno centro."Il Sindaco - si legge ancora nel testo - ha obbligato all'uso di guinzaglio e museruola. Intanto, le diverse decine di randagi che sono stanziali in centro possono continuare a morire! I cani senza padrone sono di proprieta' del sindaco e non indosserranno la museruola, ne' porteranno il guinzaglio.Vanno ricordate al Sindaco ed al Prefetto le precise responsabilita' che derivano dall'ordinanza del ministero della Salute del 18 dicembre, che prevede un Tavolo tecnico, coordinato dal Prefetto e composto da Provincia, Sindaci, Servizi veterinari ASL, Corpo Forestale dello Stato, Istituto Zooprofolattico, Guardie zoofile e Polizie locali.Il Tavolo ha il compito di monitorare il fenomeno e gestire gli interventi da effettuare".


CORRIERE DELLA SERA

18 AGOSTO 2009

 

Si gioca la carta del turismo: tutelare i grandi felini per attirare visitatori nel Paese

Kenya, ogni anno cento leoni in meno

Oggi la popolazione non supera i 2 mila esemplari. Colpa degli allevatori e della distruzione dell'habitat naturale

 

MILANO - Il Kenya ha perso in media un centinaio di leoni ogni anno dal 2002: lo ha denunciato l’associazione Kenya Wildlife Service, secondo la quale la specie rischia di essere minacciata di estinzione. Non restano che circa 2 mila «grandi felini» nel Paese dell’East Africa, ha dichiarato Paul Udoto, portavoce della ong.

IL NEMICO E' L'UOMO - Spesso i leoni sono uccisi dagli allevatori, stanchi dei continui attacchi contro il bestiame, ha aggiunto Udoto. Tra gli altri motivi legati alla rapida scomparsa di questi predatori, c’è la distruzione dell’habitat naturale e un forte aumento della popolazione umana assieme alle malattie. Il numero di leoni registrati era 2.749 sette anni fa, secondo l’organizzazione ecologista. «Dobbiamo cercare di stabilizzare il loro numero a 2 mila», ha spiegato il portavoce.

EDUCARE LA POPOLAZIONE - «Dato che le comunità umane sono la minaccia principale contro i leoni e i grandi felini», ha detto ancora Udoto, bisogna educare i keniani e far capire loro che il turismo è una priorità per il Paese. I safari fotografici nei grandi parchi naturali e sulle spiagge dell’Oceano indiano sono una delle principali risorse del Kenya: facendo capire che i turisti arrivano anche e soprattutto per vedere animali come i leoni, forse - è l'idea di fondo - questi ultimi saranno considerati non più come un problema bensì come risorsa.


IL MESSAGGERO

18 AGOSTO 2009

 

Il botulino potrebbe essere il killer delle anatre selvatiche nel laghetto ..

 

LUCIANO TROIANO

Teramo - Il botulino potrebbe essere il killer delle anatre selvatiche nel laghetto della pineta D’Avalos. Lo dicono i primi risultati delle autopsie effettuate dall’Istituto zooprofilattico di Teramo sulle 28 carcasse recuperate lo scorso 10 agosto e comunicati solo ieri all’amministrazione comunale con una nota del veterinario della Asl, Franco Ruggeri. Ieri mattina una task force composta da esperti dell’Istituto zooprofilattico, Arta e Asl, si è recata nel comparto dove c’è il laghetto per cercare di recuperare altre anatre colpite dalla tossina. Il mistero dell’estate, dunque, viene svelato escludendo l’ipotesi di avvelenamento degli animali da parte di ignoti vandali e quella di un virus. Lo stesso direttore dell’istituto, il professor Vincenzo Caporale, accompagnato dai dottori Lelli e Pomilio, ha escluso sia avvelenamento tramite pesticidi o altri agenti tossici sia malattie infettive come l’aviaria o la Wn Disease. La tossina del botulino è sprigionata dal Clostridium Botulinum normalmente presente nel terreno sotto forma di spora inattiva che, in assenza di ossigeno, germina diventando letale. Secondo i sanitari, il clima caldo e umido degli ultimi giorni, la scarsa ossigenazione, l’alto livello di eutrofizzazione e fecalizzazione delle acque del laghetto, avrebbero creato le condizioni ideali per la produzione di alghe killer. Per l’amministrazione «la nota ufficiale della Asl ha messo fine alla ridda di voci di corridoio e alla polemica relativa ai presunti ritardi del comune nella somministrazione degli antibiotici agli animali malati». «I nostri dirigenti - hanno dichiarato gli assessori Gianni Teodoro, lavori pubblici, e Nicola Ricotta, parchi -, non hanno ricevuto alcun farmaco da dare alle anatre mentre la Asl ha confermato che il presunto medicinale prescritto, definito “disinfettante”, è comunque inefficace contro il botulino per il quale non esiste una cura». Il farmaco, per la cronaca, era stato consegnato alla guardia zoofila Carmelita Bellini che ha anche provveduto al recupero di una delle carcasse degli animali. Il comune, nel frattempo, ha inviato una squadra di operai per rimuovere altri animali morti mentre gli assessori Teodoro e Ricotta parlano di «un vertice tecnico d’urgenza per valutare gli interventi da adottare nell’immediato: svuotamento del laghetto, pulizia del bacino, rimozione di alghe e residui alimentari, bonifica dell’isolotto e trasferimento degli animali in altra area».
Ma la sferzata alla precedente amministrazione di centrosinistra prosegue con i due assessori che parlano di «una verifica presso l’ufficio comunale preposto alla tutela del verde e della riserva dannunziana alla ricerca di relazioni circa l’avanzato stato di collasso di quel laghetto ridotto, a causa dell’incuria, in una cloaca: situazione nota da anni senza che nessuno abbia mai fatto nulla». La prossima settimana, infine, saranno resi noti i risultati definitivi delle indagini diagnostiche ancora in corso, da parte di Asl e Istituto zooprofilattico, e di quelle relative ai campionamenti delle acque del laghetto eseguite ieri dai tecnici dell’Arta.


LA ZAMPA.IT

18 AGOSTO 2009

 

Piemonte, piano salva-pipistrelli "Soldi a chi li adotta"

La Regione: incentivi agli agricoltori che ospitano colonie

 

DEVIS ROSSO

 


A.a.a. azienda agricola accogliente cercasi. L’appello è lanciato dai pipistrelli, o meglio dalla Regione che, attraverso il programma chirotteri e il centro regionale per lo studio dei pipistrelli di Avigliana, sta censendo le fattorie del Piemonte alla ricerca delle colonie dei «batman» nostrani. Lo scopo non è quello di avviare una «guerra biologica alle zanzare», il cibo preferito di questi volatili, ma piuttosto tutelare uno dei mammiferi oggi più a rischio in Italia. Nel 2008 il servizio tutela e fauna della Regione ha attivato il progetto, tra i primi in Italia, per la conservazione delle colonie di pipistrelli in ambito agricolo.
«La presenza dei chirotteri - spiega Paolo Debernardi, del centro di Avigliana - è indice di equilibrio ambientale e allo stesso tempo garantisce un ottimo agente contro alcuni degli insetti più dannosi per l’agricoltura. Insomma, un’arma biologica importante per la nostra agricoltura». Al momento sono quattro le aziende che hanno segnalato la presenza di colonie di pipistrelli all’interno della loro fattoria. Due sono a Sud di Torino, a Bricherasio e a Piossasco. Le altre si trovano nelle Langhe, nell’area delle colline albesi.La colonia di Bricherasio è formata da oltre 250 elementi, ma è su quella di Piossasco che si concentra l’attenzione degli studiosi. Con oltre 700 volatili riuniti in un’unica vecchia stalla, la colonia di vespertili smarginati (la specie di pipistrelli individuata) è la più grande censita in Italia.«Si nutrono di mosche - spiega Debernardi - e altri insetti che catturano di notte, in perfetta simbiosi con le rondini che svolgono lo stesso ruolo durante il giorno. Oggi sono seguiti e monitorati, ma per dare un’idea della delicatezza della specie basta citare il caso di Bricherasio. Quest’anno, a causa di un rumore improvviso durante una giornata di lavoro, l’intera colonia si è allontanata, abbandonando il sito per diverso tempo». Per questo la Regione aiuta, anche economicamente, gli agricoltori che partecipano al progetto, finanziando fino a 500 euro eventuali piccoli interventi per migliorare l’ambiente dove vivono i pipistrelli (creazione di pareti in cartongesso, tende alle finestre, limitazioni agli usi di pesticidi) o eliminare altri disguidi per gli animali, come il cambiamento degli orari di intervento con i mezzi meccanici all’interno della stalla. «Siamo certi che in Piemonte esistano altri importanti insediamenti di chirotteri nelle azienda agricole - conclude Debernardi -, il nostro obiettivo è invitare gli agricoltori a segnalarceli e intervenire in maniera discreta per garantirne la salvaguardia. Non divoreranno tutte le zanzare della zona, ma la loro presenza sarà un termometro importante della salute dell’ambiente».


TRENTINO

18 AGOSTO 2009

 

Pronto il soccorso al germano reale

 

PERGINE (TN). Vigili del Fuoco, Forestale e veterinario sono accorsi nella giornata di Ferragosto, su segnalazione di alcuni turisti, sulla spiaggia del Valcanover, per soccorrere una femmina di germano reale apparentemente morente. Portato alla caserma dei pompieri a Pergine, il volatile è stato curato e ieri in mattinata è stato nuovamente visto dal veterinario dottor Giovanni Monsorno, presente anche il comandante della forestale Ezio Zappini e alcuni vigili. L’animale, piuttosto malandato per motivi legati ad una scorretta alimentazione, come ha spiegato subito il veterinario, è stato curato e in mattinata, vista una buona ripresa, Monsorno e Zappini hanno deciso che poteva essere riportato nel suo habitat del lago. «Il germano reale che abbiamo soccorso - spiega Monsorno -, presenta sintomi abbastanza gravi dovuti ad uno stato di sovralimentazione, dovuta all’azione in questo caso deleteria dell’uomo che dà ai volatili troppo cibo, e in prevalenza solo pane. L’alimentazione errata favorisce l’indebolimento dell’animale, lo sviluppo di malattie, l’avitaminosi; ma c’è anche un altro pericolo, perché lo spargimento di cibo lungo le rive incrementa la presenza di ratti, pericolosi per gli animali ma anche per l’uomo». E il dottor Monsorno rivolge anche un appello. «Evitiamo di alimentare i volatili del lago e lasciamo alla natura il compito di fornire loro l’alimentazione base - afferma -, rispettando in tal modo anche la naturale selezione e quindi l’entità delle specie presenti lungo le rive». (f.v.)


IL GAZZETTINO

18 AGOSTO 2009

 

Allarme furti di bestiame dai pascoli altopianesi

 

Luca Pozza

 

Asiago (VI) - Allarme furti di bestiame dai pascoli altopianesi. Durante quest'estate sarebbero almeno cinque i casi accertati (ma su un altro paio di sparizioni si sta cercando di fare luce) e denunciati da malgari che avrebbero denunciato la scomparsa di uno o due capi bovini appartenenti alle rispettive mandrie. Sulla vicenda c'è il più stretto riserbo da parte delle forze dell'ordine - in particolare sulla vicenda stanno lavorando i carabinieri e degli agenti del Corpo Forestale dello Stato, coadiuvati dai colleghi che operano al confine con il Trentino - che da alcune settimane starebbero lavorando in gran segreto, anche con appostamenti notturni per bloccare i responsabili dei furti.Un lavoro non certo facile visto che gli episodi sarebbero iniziati nel mese di giugno, mentre l'ultimo risale alla settimana scorsa, in un'area vastissima, che in pratica comprende tutto l'"arco" altopianese, da ovest (Roana) sino a est (Enego), passando per il comune di Asiago.Inizialmente, dopo i primi casi, si pensava alla scomparsa per varie cause, tipo cadute in grotte o precipizi, o magari per qualche animale disperso nei boschi o in qualche vallata, dopo aver perso l'orientamento. L'allarme furti è scattato per il ripetersi di questi episodi e soprattutto dopo che nessuno di questi animali, cercati per giorni in Altopiano, sono stati ritrovati, nè sono stati rinvenuti eventuali resti. Altro aspetto non casuale il fatto che tutte le sparizioni avrebbero coinvolto animali giovani - sembra un vitello, due vitelle e due giovani tori - più facili da portare via con un camion, anche di piccole dimensioni, o un furgone.Sulla vicenda le forze dell'ordine mantengono il più stretto riserbo, tuttavia l'esperienza delle forze dell'ordine altopianesi e trentine, inducono a due possibili ipotesi per reati simili, che quasi sempre avvengono su commissione e che vengono compiuti in piena notte, per ridurre i rischi di essere scoperti: la prima, che è anche la più probabile, è il furto degli animali che vengono avviati in tempi brevissimi (già alla mattina successiva) alla macellazione clandestina e poi subito sul mercato del settore alimentare; un fenomeno questo, secondo una recente denuncia della Coldiretti nazionale in preoccupante crescita nell'ultimo anno. La seconda ipotesi è che l'animale rubato vada a sostituire (molto spesso in un'altra regione o comunque in un luogo non inferiore ai 40-50 km di distanza) un animale simile deceduto o a sua volta rubato: un escamotage che verrebbe messo in atto per evitare di denunciare la morte o la scomparsa di un animale da parte dei malgari.Secondo alcune indiscrezioni, almeno quattro dei cinque bovini rubati disponevano degli orecchini identificativi, che secondo le norme riportano il numero identificativo dell’animale registrato all’anagrafe bovina. Ma quasi sicuramente i ladri, che necessariamente devono avere una certa dimestichezza con questi tipi di animali, si saranno affrettati a toglierli e a farli sparire.


TARGATO CN

18 AGOSTO 2009

 

Valli cuneesi: (lettera) "la fauna aliena diventa un mostro"

 

Mariano Allocco

 

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione su un tema che nelle valli cuneesi è molto sentito.
"All’inizio del secolo scorso nelle valli, quella che era stata una competizione durata per secoli si poteva dire vinta e i selvatici che erano considerati incompatibili col tipo di coltivazione e allevamento praticati nelle valli erano stati spinti verso le vette o si erano estinti.
Negli ultimi decenni questo equilibrio è stato pian piano stravolto, per primo è stato reintrodotto negli anni settanta un porcastro lontano parente del cinghiale di un tempo e che ora comincia a scendere in pianura, poi c’è stato l’esperimento non riuscito della introduzione del daino, poi il capriolo e in fine il cervo. Il lupo è arrivato da solo quando il menù è stato servito, è il predatore che sta al vertice di una catena alimentare che negli ultimi anni si è sviluppata in modo abnorme, peccato però che il lupo non sappia distinguere tra selvatici e animali di allevamento…ora non rimane che aspettare l’arrivo dell’orso! Se in altre regioni europee questo avviene sotto la regia attenta delle popolazioni e delle istituzioni locali, da noi invece esse sono completamente estranee al “grande circo del divertimento” che si sta mettendo a disposizione di persone e di interessi che col territorio hanno poco a che vedere. In tutte queste azioni non vedo traccia di una strategia generale di intervento che preveda come punto centrale l’uomo che vive la montagna e la conseguenza sono reintroduzioni sconsiderate alla cui base non colgo alcuna programmazione strategica. Prevalgono chiaramente interessi esterni e in tutto questo la parte del leone sempre più è recitata dalla “cattiva coscienza” della pianura dove si potrà completare la grande opera di distruzione dell’ambiente naturale solo se si troverà il modo di controbilanciare in qualche modo questa devastazione con “buone azioni” che non possono che essere fatte nelle valli alpine. Il rischio è che, attorno a una pianura completamente antropizzata e in cui il verde e la natura sono tracce residuali, si voglia creare una zona franca dove poter vedere alla domenica animali in libertà, ma dove mancherà l’uomo. Non è la prima volta che appetiti esterni al nostro territorio, dopo aver ingoiato quanto loro interessa, ci lasciano tracce orribili quanto inutili e dannose dei loro pasti. Ora stiamo assistendo alla nascita un ibrido mostruoso, perché l’introduzione di nuove specie animali senza programmazione, senza pensare a una loro gestione e specialmente senza tenere in conto dell’impatto che avranno sulla vita e sull’economia nelle valli, non potrà che generare una situazione a cui qualcuno tra breve dovrà porre rimedio, sempre che ci si riesca.
La gestione del territorio e di tutte le risorse che sono legate ad esso, è questione che riguarda in primo luogo la società civile che quel territorio vive, solo così è possibile definire un programma di interventi che si basi sulla ricerca di un giusto equilibrio tra interessi che ad esso fanno riferimento. L’attuale organizzazione dell’agricoltura è dell’allevamento montani sono incompatibili con una fauna aliena che sta diventando un mostro e se non lo si combatte ora che non si è ancora sviluppato completamene, stravolgerà definitivamente gli equilibri sempre più delicati di un territorio che è un patrimonio collettivo. Sicuramente non sarà certo con la politica degli indennizzi che si potrà risolvere questo problema".


IL CENTRO

18 AGOSTO 2009

 

L'orso sbrana conigli e agnelli

 

SCANNO (AQ). Prima ha divorato tre conigli, poi ha sbranato sei agnelli. L’orso ha compiuto un’escursione a Scanno. E’ accaduto l’altra notte in località «Le muse». Si tratta di un plantigrado adulto. Nel primo caso ha forzato una gabbia e ha divorato tre conigli. A poca distanza è entrato in un ovile dove ha ucciso sei agnelli e ne ha parzialmente mangiati alcuni. Il raid è stato segnalato dagli allevatori. Sul posto si sono recate, per il rilievo dei danni causati dalla fauna selvatica, le guardie del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazione e Molise. Gli esperti, viste le numerose tracce e le modalità dell’incursione, hanno constatato che l’incursione notturna è stata opera di un orso. Ma escludono il ritorno in zona di Gemma e dei suoi cuccioli. La località turistica del Parco, con il suo territorio incontaminato, si ripropone quale meta preferita dall’orso marsicano per le scorribande culinarie. La strategia messa in atto dai contadini, che hanno protetto i pollai con reti di acciaio e tavole chiodate all’ingresso, sembra quindi aver sortito l’effetto di indirizzare il plantigrado verso altre prede. Gli abitanti di Scanno, nonostante le frequenti «visite» in zona da parte dell’orso, non sembrano però intimoriti o turbati. La scorsa estate fu movimentata dalle razzie dell’orsa Gemma e dei suoi cuccioli. Nei giorni scorsi un altro orso aveva compiuto una serie di visite nei pollai e nelle stalle dei paesi della Valle del Giovenco, sull’altro versante della montagna. L’episodio di Scanno arriva a pochi giorni dall’accordo siglato dal Parco col Comitato allevatori (Cospa), che aveva minacciato di portare in processione nel centro abitato di Pescasseroli 800 mucche se l’ente non avesse aumentato l’entità dell’indennizzo per i danni provocati dagli animali selvatici.


IL CENTRO

18 AGOSTO 2009

 

E al cimitero dei cani è sempre folla

 

Walter Teti

 

MANOPPELLO (PE). C’è la tomba di Simba, quella di Quirino e poi quella di Verò. Ad appena un anno dall’apertura, nel cimitero per piccoli animali di Manoppello, si contano già un centinaio di sepolture: sono i cani e i gatti che i padroni non vogliono abbandonare neanche dopo la loro morte.  I posti assegnati, su un terreno con l’erba in stile inglese, sono contraddistinti da piccole lapidi sulle quali è possibile scrivere il nome dell’animale morto e, a discrezione, si può mettere anche la sua foto. Succede tutto come in un cimitero normale.   I FIORI SULLE TOMBE. Il titolare del cimitero Bruno Centurione racconta anche che, chi si reca a visitare la tomba del proprio animale, lascia anche qualche fiore. E il più delle volte, assicura Centurione, riesce a stento a trattenere le lacrime.  Il cimitero per gli animali d’affezione, chiamato Valle degli Affetti, si trova a Manoppello, in contrada Valvone, lungo la strada statale Tiburtina Valeria a circa due chilometri e mezzo dall’autostrada A25, Pescara-Roma, casello di Alanno-Scafa in direzione Manoppello. È una struttura unica in Abruzzo, una delle poche esistenti nel centro e nel sud Italia.   L’IDEA. «Mi è venuta questa idea», spiega Centurione, «perché io amo gli animali come tantissimi altri e non ho mai accettato la condizione di doversi semplicemente “disfare” di un cane o di un gatto al quale si è stati legati per tutta la vita. Un animale che magari ci ha aiutato, ci ha fatto compagnia, ci ha dato affetto o ci è stato utile, come a esempio lo sono i cani per i non vedenti oppure quelli utilizzati per i servizi di polizia o per tanti altri scopi sociali e curativi. Purtroppo, fino a poco tempo fa, si era costretti a troncare definitivamente il rapporto con queste amate bestioline per mancanza di strutture idonee. Ora questo spazio qui in Abruzzo c’è», sottolina il titolare della Valle degli Affetti, «e la soddisfazione di chi fino ad oggi lo ha utilizzato è grandissima. Lo si legge nei loro occhi».   IL REGOLAMENTO. Comunque, c’è un regolamento da rispettare e la prima regola è che il legame con il proprio animale non può durare all’infinito: dopo cinque anni il corpo, che viene sotterrato abbastanza in superficie, viene rimosso e il posto liberato e preparato per l’arrivo di un altro animale.  Inoltre, l’animale deceduto, che deve essere dotato di certificato di morte redatto da un veterinario che escluda la morte per malattia infettiva, viene imbustato in uno speciale contenitore biodegradabile, capace di resistere intorno ai cinque anni.  Dopo questo lasso di tempo la rimozione dal sito di sepoltura garantisce immediatamente una nuova utilizzazione: «Questo tempo è anche sufficiente a mantenere vivo il legame del padrone con il proprio animale», riprende Centurione, «senza che il distacco improvviso possa ingenerare traumi affettivi».   IL SITO. Non è stato facile per il cittadino manoppellese poter avviare l’attività: «Ci è voluta un’enorme quantità di autorizzazioni da parte di molti enti, che erano anche impreparati a compilarle. Ci si è dovuti muovere sulla scia delle esperienze di alcune regioni del Nord».  Il terreno, che consiste di quasi un ettaro, doveva essere lontano dai centri abitati, avere caratteristiche geomorfologiche particolari, senza connessioni dirette con falde acquifere, e comunque raggiungibile agevolmente.  «Il cimitero di Manoppello», prosegue il titolare, «è stato anche attrezzato a piccolo parco verde in modo che possa contribuire allo sviluppo di tutto il territorio: già ora è diventata una struttura di pubblica utilità di ampio riferimento».  Fra le sepolture effettuate una larga percentuale arriva da fuori regione, segno inequivocabile dell’alto gradimento ottenuto. Per informazioni, è possibile telefonare al numero 331.3065651 oppure visitare il sito internet www.valledegliaffetti.it.

 

 

            18 AGOSTO 2009
VIVISEZIONE - SPERIMENTAZIONE

IL SECOLO XIX

18 AGOSTO 2009

 

La sclerosi multipla curatacon farmaci anti-ipertensivi

Lo studio realizzato da un neurologo che ha iniziato casualmente una cura per la pressione alta

 

Roma. Ipertensione e sclerosi multipla: un'accoppiata inedita ma importante, perché fra le due malattie esisterebbe un collegamento reale.
Questa possibilitàè stata evidenziata da un team di studiosi della Stanford University School of Medicine (Usa), che lo ha verificato nei tessuti cerebrali sia dei topi che dell'uomo.
Una scoperta che, se confermata da futuri approfondimenti, potrà aprire all'impiego di farmaci poco costosi e già ampiamente utilizzati contro la pressione alta anche per curare la sclerosi.
La storia di questo studio, pubblicato su "Proceedings of the National Academy of Sciences", inizia sette anni fa quando il neurologo Lawrence Steinman, autore principale, scoprì di essere iperteso e il suo medico gli prescrisse il lisinopril. Da buon scienziato (grazie a lui si è arrivati alla nuova classe di medicinali antinfiammatori di cui fa parte, per esempio, il natalizumab), Steinman fece subito una ricerca su Google. Rilevando con sorpresa la presenza di un'abbondante letteratura scientifica che studiava il collegamento fra sclerosi multipla e ipertensione, entrambe malattie su base infiammatoria.
In particolare, il "link" riguarderebbe la sclerosi multipla e l'angiotensina, ormone chiave nella regolazione della pressione del sangue.
Lo scienziato ha così deciso di indagare su questa relazione utilizzando strumenti moderni. Arrivando a rilevare, nelle lesioni da sclerosi in pazienti deceduti, elevati livelli sia di recettori dell'angiotensina che dell'enzima attivatore dell'angiotensina, che viene bloccato dal lisinopril nei pazienti ipertesi.
Grazie a un modello animale, poi, Steinman è riuscito a dimostrare che, nei topi di laboratorio malati di sclerosi, il farmaco impediva alle lesioni tipiche della malattia di svilupparsi o le faceva regredire se erano già apparse, senza intaccare il sistema immunitario dei roditori. Inoltre il medicinale ha stimolato la proliferazione delle cellule immunitarie T, un aiuto in più contro la sclerosi multipla.
Sono ovviamenti dati che avranno bisogno di ulteriori studi, ma che potrebbero rappresentare una svolta sia per i malati che per le casse pubbliche.


ASCA

18 AGOSTO 2009

 

SALUTE: CELLULE STAMINALI 'MAGNETIZZATE' PER RIPARARE IL CUORE

 

Roma, 18 ago - Il recupero delle arterie del cuore danneggiate passa per le cellule staminali, secondo uno studio condotto da Mark Lythgoe della University college di Londra e pubblicato su Cardiovascular Interventions. Secondo la ricerca, gli attacchi di cuore e le lesioni vascolari possono essere trattate mediante regolari iniezioni di cellule staminali magnetizzate, che vengono immesse nel flusso sanguigno e convogliato nelle zone maggiormente danneggiate. Questa tecnica chirurgica provata sugli animali, ma ancora da sperimentare sull'uomo, ha aumentato nei ratti di ben cinque volte la localizzazione di un sito con danno vascolare e ha permesso la guarigione delle cellule in zone dove era necessario. Si attendono ulteriori ricerche per capire se oltre ad aumentare la possibilita' per queste cellule di arrivare dove necessario, questa strategia permetta di accelerare anche il processo di riparazione. Nei prossimi anni sono previste prove sull'uomo; un simile approccio magnetico potrebbe trovare applicazione anche nelle terapie anti-cancro.


MATTINO DI PADOVA

18 AGOSTO 2009

 

Elisa, il rientro della ricercatrice

 

Cristina Chinello

 

«E’ sempre così: quando si è in due a fare ricerca, in due ambiti diversi, finisce che uno si debba sacrificare o debba rincorrere l’altro. Speriamo funzioni». Trentatré anni, un figlio piccolo e un altro in arrivo. Un marito ricercatore, sposato dopo due anni passati a rincorrersi per gli Stati Uniti. E ora il destino dà un’altra scossetta alla coppia Elisa Greggio-Gabriele Simi. Il «cervello» di lei è stato riacciuffato dall’università di Padova, grazie a un programma del Miur che ne ha fermato la fuga».  Quali erano i suoi sogni quand’è andata negli Usa?  «Sono sempre rimasta in contatto con il professor Bubacco, anche se ho concluso il dottorato negli Usa. L’idea di tornare a casa per svolgere il mio lavoro, è sempre stata presente».  Un ricercatore che fa esperienza all’estero e poi desidera tornare, quale scenario ha davanti?  E’ semplice tornare in Italia e avere un assegno di ricerca, che però non dà garanzie. Difficile è rientrare nel sistema con una posizione equivalente a quella che si ha all’estero: nel sistema italiano bisogna essere già parte di un gruppo di ricerca. Altrimenti è complicato, perché se sei stato all’estero hai inevitabilmente tagliato i contatti diretti».  Lei come ha fatto?  «Ho seguito il modo più “internazionale”, grazie al progetto del Ministero, per il rientro dei cervelli. Era un programma biennale, iniziato nel 2001 e poi sospeso per mancanza di fondi. A settembre dell’anno scorso è stato riattivato».  In cosa consiste il suo progetto?  «Parte dall’idea di associare la biologia cellulare e i modelli cellulari animali alla biologia biochimica, per caratterizzare i geni e studiare l’effetto dei prodotti di ossidazione che portano a sviluppare il Parkinson».  Quale l’obiettivo finale?  «Individuare una cura per il morbo di Parkinson. Ora abbiamo solo farmaci per la sintomatologia: si possono migliorare le condizioni di vita dei pazienti, ma non curare la malattia».  Quanto è allettante il progetto del Miur?  «Se intende a livello economico, direi molto allettante. Per quattro anni eroga 35 mila euro all’anno di stipendio, più 16 mila euro per la ricerca e alcuni sgravi fiscali. Effettivamente è un programma che attrae. Negli Usa sarei potuta restare: un post-doc percepisce sui 47 mila dollari all’anno, mentre qui la media è di 23 mila euro».  E dopo i quattro anni?  «A metà gennaio inizierò l’attività didattica. Ho buone speranze. Se si lavora bene e si pubblicano ricerche, probabilmente il dipartimento sarà il primo a non farsi sfuggire il ricercatore».

 

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