14 GENNAIO 2011
ALTO ADIGE
14 GENNAIO 2011
 
Finisce il suo cane con l’accetta
 
Fabio De Villa
 
BRESSANONE (BZ). Massacrato a colpi di accetta. E’ il tragico destino di un cane, un bastardino di 17 anni. L’episodio è stato segnalato dal dirigente del servizio veterinario, Robert Tauber, e il padrone dell’animale, un uomo della val di Vizze, è stato denunciato dall’autorità giudiziaria: «Assurdo - ha detto Tauber - che ancora oggi si verifichino episodi di tale crudeltà contro gli animali».
La segnalazione e la conseguente denuncia per maltrattamento di animali è stata avanzata dal dirigente del servizio veterinario comprensoariale, Robert Tauber.
Tauber ha voluto rendere pubblica la vicenda per sensibilizzare la popolazione: «Non è possibile che ancora al giorno d’oggi ci si comporti come quarant’anni fa - spiega Tauber - sopratutto nei masi o in zone isolate di montagna. Le leggi sono cambiate e anche gli animali oggi hanno dei diritti, chi sbaglia è giusto che paghi. Chiunque voglia liberarsi dei propri amici a quattro zampe, può sempre rivolgersi al canile».
La vicenda risale al 3 gennaio scorso quando, presso il centro rifiuti da macellazione della valle di Vizze si è presentato un uomo della zona.
L’uomo aveva portato con sè il corpo apparentemente senza vita del suo cane, spiegando che era deceduto per vecchiaia e per una serie di complicazioni dovute ad una malattia. Il responsabile del centro, dopo aver compilato l’apposito modulo per entrare in possesso del corpo dell’animale, lo ha inserito in una cella frigofira in attesa che fosse poi reuperato da un’azienda specializzata per il suo smaltimento a Bolzano.
Tutto sembrava finito qui ma, il giorno dopo, lo stesso responsabile del centro ha udito dei guaiti provenire dalla cella frigo, scoprendo scoprendo così che il piccolo bastardino era ancora vivo. Immediatamente è stato allertato il suo proprietario che si è presentato sul posto con una scure e, senza dare troppe spiegazioni, lo ha decapitato davanti al responsabile del centro.
La vicenda non è certo passata inosservata e del fatto è stato immediatamente informato il dirigente del servizio veterinario dell’Asl, Robert Tauber appunto. «Dal referto autoptico sul corpo del cane che abbiamo effettuato nei giorni è emerso una cosa sconcertante, ovvero che l’animale quando è stato portato al centro macellazione era solo stordito. Il suo padrone infatti, aveva cercato di ucciderlo già una prima volta a casa utilizzando una scure, non riuscendoci la prima volta. Martedì quindi abbiamo provveduto a formalizzare la denuncia attraverso il procuratore che si occuperà di tutta la vicenda», conclude Tauber.

IL GAZZETTINO
14 GENNAIO 2011
 
Venezia. Muore il padrone, cane veglia da un mese la sua tomba al cimitero
Non vedendolo tornare a casa, l'animale è scappato e l'ha cercato fino a trovarlo. Ora lo aspetta un nuovo proprietario
 
 
VENEZIA  - Per qualche giorno ha atteso il ritorno a casa del suo padrone. Quando non lo ha visto più arrivare, è scappato. È andato dritto nell'unico posto che il suo fiuto gli aveva indicato. Per un mese Davide, un meticcio marrone di taglia media, ha vegliato al cimitero il suo padrone Pier Angelo Casonato, morto a novembre. Pier Angelo, celibe, dopo la morte del fratello Giuliano da anni viveva da solo nella sua casetta di via Matteotti a San Stino di Livenza (Venezia). A fargli compagnia tre cani. Uno è Davide. Lo scorso novembre, Pier Angelo muore. La casa viene chiusa ma restano i tre cani. I parenti li accudiscono. Ma Davide scappa. A dicembre ricompare nei pressi del cimitero di via Gonfi. A due chilometri dalla casa dove abitava. I residenti lo vedono vagare tra l'entrata del camposanto e il boschetto vicino al Livenza. Pierluigi, il cugino di Pier Angelo, Angelo Sartori ed altre persone del posto ogni giorno gli portano da mangiare. Il cane accetta di nutrirsi. Davide mangia e poi ritorna al cimitero. L'animale, apparentemente abbandonato, viene segnalato alla Polizia locale. Partono i controlli e viene riconosciuto. Il suo comportamento è monitorato per giorni. Agisce sempre allo stesso modo ma, soprattutto, non si sposta dal cimitero.
Davide, però, rappresenta un pericolo per la viabilità stradale di via Gonfi. I tentativi di catturarlo non danno esito. Fino a ieri mattina. Veterinari e personale delle Usl 10 del Veneto Orientale e dell'Azienda Sanitaria 9 di Treviso riescono ad avvicinarlo e a sedarlo. Viene visitato, curato, e portato al Centro Benessere Animali di Portogruaro. Davide farà ritorno nella sua casa di via Matteotti dove ad attenderlo ci sono gli altri due cani e un nuovo padrone.

LA GAZZETTA DI MODENA
14 GENNAIO 2011
 
Trascina per strada il cane dimenticato legato alla sua auto
 
Modena - Ha trascinato per decine di metri la sua cagnolina, dimenticandosi che l’aveva legata al bagagliaio dell’auto. Solo quando alcuni passanti in piazza Roma, increduli, lo hanno visto e bloccato si è reso conto di quanto aveva fatto. La cagnolina, Gaia, una cucciola di volpino di 9 mesi giaceva a terra con le zampette scorticate dall’asfalto, nel disperato tentativo di staccarsi da quella situazione.
 Per fortuna il guinzaglio si è allargato e lei alla fine è riuscita a liberarsi, salvandosi da morte certa. L’uomo, un 68enne residente a Modena, ha dichiarato agli operatori della Polizia Municipale, chiamati dai passanti, di aver legato il cane alla macchina parcheggiata in piazza Roma per andare a fare spesa al mercato di via Albinelli. Al suo ritorno è ripartito dimenticandosi del cane. Gaia, questo il nome della cagnolina, è un meticcio tipo volpino che ha circa 9 mesi di vita e che era stata regalata al suo padrone pochi giorni fa dai figli. E proprio il fatto di non essere ancora abituato ad andare a passeggio con il cane al seguito, ha condotto l’uomo a compiere questo atto di clamorosa sbadataggine. L’episodio si è verificato lo scorso 7 gennaio, ma il Comune lo ha reso noto ieri nella speranza di avere notizie certe sul lieto fine della vicenda. Il lieto fine arriverà, complici le amorevoli cure, oltre che la professionalità, dei veterinari del Centro di via Nazionale per Carpi. Qui lo ha portato il ragazzo che ha raccolto la cagnolina sanguinante nei pressi di Palazzo Ducale. E qui è stato invitato il padrone del cane, il quale, una volta appreso che le cure per la cucciola costeranno oltre mille euro, ha spiegato di non volerne sapere nè del conto nè delle spese veterinarie. Per lui è scattata la denuncia per abbandono e maltrattamento di animali.
Intanto, la cagnolina si sta riprendendo dalle profonde ferite riportate alle zampe.
«Quando è arrivata qui non era certo messa bene - racconta la dottoressa Patrizia Cantone - Era sotto choc, agitatissima. Aveva lesioni profonde agli arti anteriori, ai tendini e di fatto erano emerse le ossa. Ferite anche agli arti posteriori. Dovremo probabilmente sottoporla a un intervento chirurgico per chiudere le ferite, prima però cercheremo di favorire la ricrescita spontanea dei tessuti con i bendaggi. Ovviamente la trattiamo con antidolorifici e sedativi perchè credo senta davvero molto male».
«Non mi è mai capitato di vedere una cosa del genere, in tanti anni che curo gli animali - racconta il dottor Alessandro Incerti - Una volta, forse, trent’anni fa. E’ una vicenda davvero incredibile». Di sicuro Gaia è già la mascotte del centro veterinario. «E’ una cagnolina affettuosissima e carina, molto carina. Ora si è ripresa. Il guinzaglio lo guarda con sospetto, però ora si fa anche legare. Molto probabilmente una volta guarita verrà adottata da una nostra collega. Lo stesso ragazzo che l’ha raccolta sanguinante si è già offerto di prenderla. Di sicuro starà bene».

LA SICILIA CALTANISETTA
14 GENNAIO 2011
 
cuccioli di cani abbandonati
Pianto in un cassonetto ma non era un neonato
 
Caltanissetta - Sembrava il pianto di un neonato quello che rimbombava all'interno di un cassonetto della spazzatura, e che ha fatto sobbalzare il cuore in gola ad un podista. Ma dentro il contenitore per i rifiuti non c'era alcun bebé bensì quattro cuccioli di cane uno dei quali morto. È stata questa la triste scoperta, l'ennesimo caso di maltrattamenti agli animali, fatta ieri pomeriggio da un uomo che svolgeva footing nei pressi dello stadio "Marco Tomaselli". Quando ha costeggiato la fila di cassonetti posizionati lungo il viale Stefano Candura, ha sentito dei lamenti provenire da un contenitore. Temendo il peggio, ha allertato i carabinieri che hanno ispezionato fra l'immondizia e recuperato un sacco dove qualcuno aveva messo i cuccioli, nati all'incirca da una settimana. Uno era senza vita, gli altri sono stati affidati ad un canile. Sul posto era anche intervenuta un'ambulanza del "118".
IL TIRRENO
14 GENNAIO 2011
 
Sette indagati per i cani avvelenati
 
GROSSETO. Avrebbero comprato veleno, per lo più stricnina, per poi confezionare bocconi mortali con i quali uccidere i cani nella zona di Roccalbegna. È questa l’ipotesi di reato nei confronti di almeno sette persone che sono indagate dalla Procura di Grosseto con l’accusa di maltrattamenti e uccisione di animali. Ieri mattina gli uomini del Corpo Forestale con i colleghi della Polizia proviciale hanno eseguito un blitz tra il Monte Labro e la zona di Piscinello. «Durante le perquisizioni - confermano gli investigatori - sono stati fatti alcuni sequestri». Saranno gli esami di laboratorio, affidati agli specialisti, a dire se quelle sostanze sono le stesse che hanno ucciso una decina di cani.
Quattro le denunce raccolte lo scorso anno riguardo al rinvenimento di cani morti in zone distinte del comune di Roccalbegna in località Le Capanne. Le cause di quei decessi, come accertarono le analisi effettuate dallo Zooprofilattico Sperimentale della Toscana, erano da attribuire all’ingestione di bocconi avvelenati preparati con parti di agnello e stricnina e metaldeide.
Per questo motivo ieri mattina è stata organizzata l’attività di polizia giudiziaria congiunta tra il comando polizia provinciale, il Corpo forestale dello Stato di Grosseto con il supporto tecnico dell’Istituto Zooprofilatico Sperimentale di Grosseto. Dalle 8,30 sono state eseguite, su delega della Procura di Grosseto, numerose perquisizioni all’interno di immobili e ruderi della zona, appartenenti a diversi proprietari, con conseguenti sequestri di materiali attinenti alle indagini.

IL TIRRENO
14 GENNAIO 2011
 
Giallo sui cani avvelenati Choc sul Monte Labro Ecco sequestri e indagati
 
Federico Lazzotti
 
GROSSETO. Avrebbero comprato veleno, per lo più stricnina, per poi confezionare bocconi mortali con i quali uccidere i cani nella zona di Roccalbegna. È questa l’ipotesi di reato nei confronti di almeno sette persone indagate dalla Procura di Grosseto con l’accusa di maltrattamenti e uccisione di animali.
Ieri mattina gli uomini del Corpo Forestale con i colleghi della polizia proviciale hanno eseguito un blitz tra il Monte Labro e la zona di Piscinello. «Durante le perquisizioni - confermano gli investigatori - sono stati fatti alcuni sequestri». Saranno gli esami di laboratorio, affidati agli specialisti, a dire se quelle sostanze sono le stesse che hanno ucciso una decina di cani.
Quattro le denunce raccolte lo scorso anno riguardo al rinvenimento di cani morti in zone distinte del comune di Roccalbegna in località Le Capanne. Le cause di quei decessi, come accertarono le successive analisi effettuate dallo Zooprofilattico Sperimentale della Toscana, erano da attribuire all’ingestione di bocconi avvelenati preparati utilizzando parti di agnello e stricnina e metaldeide.
Per questo ieri mattina è stata organizzata l’attività di polizia giudiziaria congiunta tra il comando polizia provinciale, il Corpo forestale dello Stato di Grosseto con il supporto tecnico dell’Istituto Zooprofilatico Sperimentale di Grosseto.
Dalle 8,30 sono state eseguite, su delega della Procura di Grosseto, numerose perquisizioni all’’interno di immobili e ruderi della zona, appartenenti a diversi proprietari, con conseguenti sequestri di materiali attinenti alle indagini e utili per il proseguimento dell’inchiesta. Al blitz ha partecipato anche un medico dell’Asl 9 che durante i sequestri all’interno degli allevamenti di pecore ha effettuato diversi prelievi sugli stessi animali. «Se nella zona è stato sparso veleno, le pecore - è l’ipotesi degli inquirenti - lo hanno mangiato».
«I reati per cui si procede - fanno sapere gli inquirenti - sono quelli di cui agli articoli 544 bis - uccisione di animali - e ter - maltrattamento di animali - del codice penale. Per questi reati il legislatore ha stabilito recentemente un inasprimento delle pene fino al punto di catalogare queste condotte tra quelle delittuose con pene di reclusione fino a 18 mesi».
Adesso saranno determinanti le comparazioni di laboratorio tra le sostanze trovate a casa degli indagati e quelle ritrovate all’interno degli animali uccisi lo scorso anno.

LA PROVINCIA DI LECCO
14 GENNAIO 2011
 
 
Allarme killer per i gatti randagi in centro
Negli ultimi tempi ne sono spariti troppi, intanto il sindaco lancia la campagna di sterilizzazione
 
Patrizia Zucchi
 
OGGIONO (LC) - E' allarme per i gatti, in centro; il Comune si allea con l'«Enpa». Verrà «avviata una campagna di sterilizzazione degli esemplari randagi, di sesso femminile»: ad annunciarlo è il sindaco, Roberto Ferrari.
«L'intenzione di un accordo in tal senso con l'ente per la protezione degli animali già c'era ma ? spiega ? viene incentivata da un increscioso fenomeno che s'è riscontrato di recente, in una zona circoscritta del centro: gli animali scompaiono, non soltanto quelli randagi ma anche quelli dei privati». Ne sarebbero spariti parecchi, nelle ultime settimane.
«La zona particolarmente interessata è quella di via XXV Aprile e piazza Sironi ? riferisce il sindaco ? Sono state fatte denunce da parte dei proprietari che non hanno più visto rincasare il proprio gatto e si sono aggiunte alle segnalazioni di chi notava (e magari periodicamente nutriva) felini randagi, la cui presenza si è improvvisamente ridotta». In poche parole, i gatti scompaiono, vittime probabilmente di qualche malintenzionato; è opinione del sindaco che proprio il loro proliferare possa averne segnato la sorte: «Chi non ama i gatti e ne incontra decine nei pressi di casa può sviluppare reazioni inconsulte, certamente ingiustificabili, ma che ci sembra opportuno fare comunque di tutto per prevenire. Di qui la decisione di intensificare la collaborazione con l'Enpa. Ricordo ? aggiunge il sindaco ? che è reato fare del male agli animali e che le punizioni sono ultimamente più severe».
Riducendo la presenza dei gatti randagi attraverso la sterilizzazione delle femmine è opinione dell'amministrazione che possa attenuarsi anche il disagio avvertito da chi non si fa eventualmente scrupolo d'assottigliare la popolazione felina con metodi tutt'altro che leciti. «In tutti i casi, la campagna porterà beneficio al decoro urbano in genere ? continua il sindaco ? e agli animali stessi, che in un contesto urbano non traggono certo giovamento dalla proliferazione incontrollata. La prospettiva ? spiega ? è di stipulare con l'Enpa una convenzione per dare continuità alla collaborazione e, a fronte di un contributo annuo, permettere all'ente stesso una migliore pianificazione degli interventi; intanto cominceremo con un primo esperimento, lasciandogli il compito d'individuare le iniziative ritenute più urgenti per cominciare almeno a inquadrare il problema». A Oggiono il fenomeno dei gatti randagi è già salito in passato alla ribalta delle cronache: anche per fatti toccanti, come il ritrovamento di una gatta coi micini in un cantiere lungo via Giovanni XXIII, per il cui salvataggio si mobilitarono gratuitamente a fianco dell'Enpa l'impresa edile, un'azienda specializzata e tutto il vicinato.

ALTO ADIGE
14 GENNAIO 2011
 
Cani, truffa online: denunciato allevatore
Massimiliano Bona
 
APPIANO (BZ). Christian Galeotti, l’allevatore condannato in primo grado per maltrattamento di animali, è stato denunciato per truffa. L’uomo, che aveva una pensione per cani a San Genesio, è accusato di aver cercato di vendere online un cucciolo, ma dopo aver intascato 500 euro si è reso irreperibile.
L’episodio in questione risale allo scorso mese di ottobre, quando un 60enne di Appiano, interessato all’acquisto di un cucciolo di golden retriever, ha fatto una ricerca su internet. Sul sito www.subito.it ha trovato un annuncio, nel quale un allevatore - un tale di nome Christian Galvani - offriva un cucciolo al prezzo di 1.000 euro. Fissate anche le modalità di pagamento: 500 euro a titolo di acconto e altri 500 alla consegna. Il sessantenne, dopo aver visto le foto online, si è innamorato del cucciolo di golden retriever ed ha versato, come pattuito, l’acconto. Nelle settimane successive ha cercato più volte, con una certa insistenza, l’allevatore bolzanino, che però nel frattempo aveva fatto perdere le sue tracce. A quel punto l’uomo si è rivolto ai carabinieri di Appiano, guidati dal maresciallo Andreas Raffl, ed ha sporto denuncia. I militari dell’Arma hanno fatto una prima verifica sul web e, nel giro di pochi giorni, hanno scoperto che la vera identità del venditore non era Christian Galvani ma Christian Galeotti, già noto alle forze dell’ordine per alcuni precedenti di polizia. Una volta individuato l’autore del reato i carabinieri lo hanno denunciato per truffa.
 Galeotti, nel febbraio scorso, era stato condannato in prima grado a due anni - con rito abbreviato e con i benefici di legge - per maltrattamento di animali. L’imputato all’epoca ha ottenuto la riduzione di un terzo della pena. Galeotti, in quell’occasione, è stato assolto dall’accusa di induzione e favoreggiamento della prostituzione, ma è stato riconosciuto colpevole di diverse tipologie di maltrattamento nei confronti delle bestie che gestiva nella pensione per cani e gatti di Avigna, a San Genesio. La sentenza di febbraio vietava, tra l’altro, a Galeotti di fare l’allevatore per tre anni. All’epoca destò grande scalpore il coinvolgimento di alcuni cani in scene di sesso filmate e vendute in internet, ma l’allevatore bolzanino non venne condannato «per una condotta che la legge non considera reato». A novembre, sempre in primo grado, Galeotti è stato condannato per truffa. Il tribunale lo ha riconosciuto colpevole di aver raggirato una cliente vendendole un cane privo di chip e pedigree e non vaccinato. L’uomo è stato condannato a 6 mesi con una multa di 450 euro, esattamente la somma che l’imputato aveva indebitamente incassato dalla signora.

IL CENTRO
14 GENNAIO 2011
 
Rubati due cani da tartufo da un’azienda agricola
 
PESCINA (AQ). Ladri in azione in un’azienda agricola alle porte del paese, lungo la strada che porta alla frazione di Venere. Sono stati portati via due preziosi esemplari di cane da tartufo di razza Lagotto romagnolo. Si tratta di episodi che negli ultimi tempi stanno crescendo in maniera esponenziale.
Si pensa a una banda organizzata nel settore degli animali da caccia e per la raccolta di tartufi. I malviventi hanno agito di notte scavalcando la recinzione, introducendosi nei locali che ospitano una decina di esemplari.
Si tratta di persone esperte visto che hanno scelto i due cani di maggior valore e della razza migliore, cioè due Lagotto di un valore di circa cinquemila euro. Negli ultimi giorni, aTrasacco, sono avvenuti furti simili.
Anche nei mesi scorsi si sono verificati episodi del genere. A novembre, a San Benedetto dei Marsi, i ladri hanno portato via quattro cani di razza, in particolare esemplari da caccia di grande valore. Furti anche ad agosto nei dintorni di Ortucchio. In un primo momento si era pensato a una “guerra” tra i tartufai abusivi e quelli in regola. Una lotta senza esclusione di colpi visto che in ballo ci sarebbero grossi interessi e rilevanti somme di denaro ottenute con la vendita dei tartufi. Un cane da tartufo già addestrato costa da mille a seimila euro, in base all’età, alla razza e alla capacità.

GEA PRESS
14 GENNAIO 2011
 
Dalle scatole di biscotti saltano fuori tartarughe
Rischiano fino a venti anni di carcere (...... in America).
 
 
Due cittadini giapponesi sono stati arrestati all’aeroporto di Los Angeles perché trovati in possesso di ben 55 animali, tra tartarughe e testuggini, protette dalla legge. L’importazione, a prescindere dalla specie di appartenenza, era del tutto illegale. Gli animali, infatti, erano stati nascosti all’interno di scatole di biscotti e merende per bambini.L’importazione illegale di fauna selvatica è negli Stati Uniti un reato federale, ed i due giapponesi, entrambi di Qsaka, rischiano ora fino a venti anni di carcere. Stride, a questo proposito, il paragone con la sgangheratissima legislazione italiana la quale non solo non prevede l’arresto in flagranza di reato ma la teorica pena detentiva, ovviamente a condanna avvenuta, è di appena un anno (quanto, cioè, una vecchia legge della Malesia, poi riformata –. L’arresto dei due giapponesi è avvenuto dopo quasi un anno di investigazioni condotte dagli Agenti del U.S. Fish and Wildlife Service. In due precedenti operazioni erano state sequestrate altre 52 tartarughe. Un Agente, in modo particolare, era risuscito ad infiltrarsi tra le persone in contatto con i due trafficanti che rifornivano i terraristi nord americani. Le tappe principali erano da Osaka ad Honolulu e da qui a Los Angeles.Recentemente, sempre negli Stati Uniti, un’altra operazione era stata portata a termine ai danni di un tedesco (molto noto nei siti di terraristi soprattutto inglesi e tedeschi) che importava illegalmente tarantole, mentre un colpo ancora più duro venne sferrato con l’arresto di Anson Wong, tra i principali trafficanti mondiali di fauna esotica. Tutte le operazioni si sono avvalse dell’ausilio di Agenti infiltrati e sono state condotte dall’ U.S. Fish and Wildlife Service. Nel corso delle intercettazioni ambientali il trafficante tedesco ebbe a dire: “in America devo stare attento, le leggi non sono come in Europa…..“. Purtroppo aveva ragione.
GEA PRESS
14 GENNAIO 2011
 
Caccia alla foche canadesi – l’Europa dice no e la Cina dice si
 
Secondo quanto in parte diffuso dall’agenzia Reuters, il governo canadese si appresterebbe ad aggirare il calo economico derivato dal divieto europeo di importare prodotti di foca, vendendo carne, olio e probabilmente in futuro anche pellicce, alla Cina. Questo paese è già l’acquirente di un terzo del totale di frutti di mare esportati dal Canada e non avrà sicuramente molte difficoltà ad ingerire nel suo mastodontico mercato anche i prodotti di foca.Il Ministro della pesca canadese, sig. Shea, è entusiasta così come lo sono i cacciatori di foche che hanno visto, a loro dire, l’ingerenza europea come un attacco ad uno stile di vita. Una incompatibilità culturale, insomma. Tutto sommato non molto a torto, visto che in Europa è consentito uccidere anche a specie protette, per non parlare di altre molto rare ed alle quali è consentito ancora cacciarle. Basti considerare le balene cacciate dagli islandesi (prossimi nell’Unione Europea) o le specie di uccelli protette sparacchiate nel Veneto del governatore Zaia. Volendo rimanere con i piedi in … acqua, basta ricordare la polemica sul tonno rosso e l’impegno profuso dall’Italia per continuare a pescarlo e venderlo ai giapponesi. Questi ci hanno fatto sfiorare il ridicolo, all’ultima riunione ICCAT, bacchettando il nostro paese per la mancanza di adeguati controlli contro i pescatori abusivi di tonno.Sulla questione delle foche è intanto intervenuta l’IFAW ( International Fund for Animal Welfare) secondo la quale i consumatori cinesi, come gli europei, non vorranno accettare un commercio tanto crudele. Appare però obiettivamente difficile pensare che un paese in così forte espansione economica si faccia eccessivi scrupoli anche alla luce del fatto che il Canada è già intervenuto sul WTO, l’Organizzazione mondiale del commercio, affinché il divieto europeo venga meno. Secondo gli esperti di economia canadese, il bando europeo ha già arrecato un danno di oltre cinque milioni di euro.Per le foche, Europa o Cina, così come per i tonni o le cinque specie protette sparate in Veneto, poco o nulla cambierà. Ogni anno in Canada circa 300.000 cuccioli di foca vengono uccisi in maniera atroce sui ghiacci che iniziano a rompersi. La caccia, infatti, ha inizio tra marzo ed aprile.
LA NAZIONE
14 GENNAIO 2011
 
Scoperta una battuta di caccia al cinghiale di frodo
 
Arezzo -  Il Corpo forestale dello stato ha scoperto sulle colline di Arezzo una battuta di caccia al cinghiale di frodo.Ieri pomeriggio intorno alle ore 16 gli agenti del Nucleo Operativo Speciale di Arezzo, in collaborazione con quelli del locale Comando Stazione Forestale, hanno intercettato sette uomini impegnati in una battuta di caccia 'a rastrello' con l’ausilio di cani tra le località La Macchia Grossa e Le Bagnaie, nei pressi dei ripetitori di San Zio, in Comune di Arezzo.Dopo essere stati avvistati mentre erano in piena battuta, i cacciatori sono stati raggiunti e fermati proprio all’atto di caricare un cinghiale, precedentemente ucciso con munizione a palla, all’interno di un fuoristrada.Oltre al sequestro dell’ animale, per tutti è scattata una sanzione amministrativa di importo pari a circa 500 euro.Infatti, oltre a cacciare in periodo non consentito e con modalità di caccia vietate, la battuta è stata effettuata in un’area vocata al cinghiale, riservata dall’Amministrazione Provinciale alla squadra di caccia al cinghiale di Pergine Valdarno, alla quale nessuno dei cacciatori sorpresi dagli uomini della Forestale è risultato appartenere.
IL TIRRENO
14 GENNAIO 2011
 
Delfino trovato morto sugli scogli
 
PORTO ERCOLE (GR). Un delfino privo di vita è stato ritrovato i giorni scorsi tra gli scogli che proteggono il molo frangiflutti S. Barbara di Porto Ercole.
La carcassa del cetaceo è stata recuperata dalla ditta Calussi di Grosseto, con la collaborazione del signor Geraldo Grisanti, della frazione dell’Argentario. Si trattava, di un bell’animale del peso di circa chili, per una lunghezza di 2 metri. Ancora ignote le cause che hanno portato il cetaceo ad incagliarsi e a perdere così la vita in modo tragico e drammatico.
Alle operazioni di recupero del povero delfino, hanno collaborato il comandante dell’Ufficio Locale Marittimo di Porto Ercole, De Fusco, il geometra Sergio Breschi dell’ufficio lavori pubblici del comune di Monte Argentario e il delegato del sindaco alle problematiche di Porto Ercole, Michele Lubrano.

GEA PRESS
14 GENNAIO 201
 
Salerno – foci del Sele: migliaia di pesci e due quintali di … pigne
L'incredibile sequestro delle Guardie Wwf di Salerno.
 
 
Di notte a difendere la natura, prima dai pescatori di frodo e poi dai raccoglitori di … pigne! I primi, purtroppo, non si è riusciti a rintracciarli, nonostante gli appostamenti. Avevano predisposto una sofisticata rete alla foce del fiume Sele, area protetta,  per la cattura dei piccoli pesci. In questo periodo, infatti, le acque del fiume si popolano di “novellame”, ovvero neonati di varie specie di pesci. La cattura messa in atto doveva verosimilmente servire alla vendita fuori provincia o a qualche vivaio clandestino di specie ittiche d’acqua dolce. Tutto sequestrato, anche se i pescatori, ovviamente, si sono guardati bene dal presentarsi. Migliaia di pesciolini hanno comunque riguadagnato la vita libera grazie alle Guardie del WWF. Subito, infatti, è stata disposta la liberazione del pescato.Gli insoliti ritrovamenti, però, non finivano qui. All’interno dell’area protetta, infatti, la Guardie del WWF di Salerno hanno provveduto a bloccare due cittadini stranieri trovati in possesso di due quintali di pigne. L’intervento, congiunto ai Carabinieri della Stazione di Santa Cecilia, ha comportato anche il sequestro del mezzo utilizzato per il trasporto, trovato privo di copertura assicurativa e per questo, tutto sommato, coerente con il resto dell’attività illecita.
IL GAZZETTINO
14 GENNAIO 2011
 
EPISODIO INQUIETANTE
Misteriosa strage di volatili si fa strada l’incubo aviaria
Venti fra merli, tortore e storni sono caduti a terra stecchiti vicino a una siepe condominiale in pieno centro a Conegliano
 
CONEGLIANO (TV) - (erbe) Moria sospetta di uccelli selvatici: l'Uls7 dispone gli accertamenti per individuare le cause ed escludere l'ipotesi dell’aviaria. Il macabro ritrovamento risale a ieri mattina: venti fra tortore, merli e storni, erano morti, tutti ammassati in prossimità di una siepe del condominio al civico 7 di via Veneto a Conegliano. Un episodio inquietante, che ha spinto l'amministratore del palazzo ad avvisare il Servizio veterinario dell'accaduto. Nessun segno evidente di ferite che possano aver provocato la morte dei volatili in un quartiere del centro, lontano anche dalle doppiette dei cacciatori. La preoccupazione è che a stroncarli possa essere stato un virus. A tutela di bambini, anziani e di tutti i residenti nella zona, Antonio Brino, responsabile del Servizio veterinario e del Dipartimento di prevenzione dell'Uls7, ha disposto la raccolta e l'invio degli esemplari all'istituto Zooprofilattico di Legnaro, nel padovano, per la ricerca delle cause della moria. «Un provvedimento predisposto alla luce delle linee guida regionali, emanate a seguito dell'influenza aviaria del 2008 -spiega Brino- Non sappiamo se gli uccelli siano morti tutti nello stesso momento; di certo recentemente». I risultati delle analisi, disponibili tra 8-10 giorni, permetteranno di capire se la causa sia una forma virale, un'intossicazione dovuta a sostanze provenienti da chissà dove o altro. Al momento si esclude anche l'eventualità che la moria sia da ricondurre all'utilizzo di trattamenti o diserbanti sparsi nei campi: «In questo periodo dell'anno, l'agricoltura è pressoché ferma -spiega Brino- A questo va aggiunto il fatto che le piogge abbondanti cadute nelle scorse settimane avrebbero comunque lavato via eventuali depositi». Nel coneglianese c'è un precedente: la moria di merli registrata a Valdobbiadene nel 2009. In quel caso, all'origine della morte dei volatili, c'era il virus Usutu, conosciuto come «la malaria degli uccelli»: «La preoccupazione era che si trattasse del virus West Nile, che può provocare encefalite ed estendersi a uomo e cavalli. Le analisi eseguite, però, hanno accertato che si trattava di un altro virus, che colpisce esclusivamente gli animali» conclude Brino.
OGGI TREVISO
14 GENNAIO 2011
 
NESSUN VIRUS, GLI UCCELLI SONO MORTI IMPALLINATI
 
CONEGLIANO (TV)  - Ieri la ventina di uccelli ritrovati morti a terra in centro a Conegliano aveva portato la mente ai fatti che da qualche settimana interessano più parti del mondo.Oggi, dopo un primo esame autoptico, ogni timore che la morte dei volatili potesse essere ricondotta a qualche virus è venuta meno. Gli uccelli sono morti impallinati: questo il verdetto dell'esame compiuto sugli animali a Treviso.«Si tratta - spiega il dottor Antonio Brino, responsabile del Dipartimento di prevenzione dell’Usl 7 - di uccelli il cui l'abbattimento è vietato anche in periodo di caccia, ad esempio tra quelli rinvenuti ci sono fringuelli, tortore e frisoni. Impossibile che qualcuno abbia sparato in centro città, se non con una piccola arma: l'ipotesi - chiude - è che qualcuno li abbia lasciati lì per disfarsene».Lunedì l'Ulss7 sporgerà denuncia contro ignoti.
IL RESTO DEL CARLINO
14 GENNAIO 2011
 
Piovono tortore morte, un virus la causa
Secondo le prime indiscrezioni sembra che il motivo di questi decessi in massa di volatili sia dovuta ad una malattia trasmessa dai piccioni, che tuttavia non attaccherebbe l'uomo
 
Ascoli Piceno - Il giallo delle tortore precipitate a terra e morte, già segnalato a Faenza, Ravenna e in altre zone d'Italia, sta investendo pesantemente anche il sud delle Marche. Dopo la 'pioggia' di animali registrata a Civitanova Marche (Macerata), tre giorni fa, ora anche l'Ascolano e il Fermano sono interessate dallo strano e inquietante fenomeno. In particolare il centro interno di Roccafluvione, paesino a 13 chilometri da Ascoli Piceno, situato ai limiti dell'area montana del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Gli abitanti del posto hanno trovato decine di tortore morte sulla strade, sui tetti delle case e dei capannoni, sulle auto parcheggiate.Un paesaggio inusuale e spettrale, che ha fatto subito mettere in allarme l'Amministrazione comunale del paese, che ha allertato l'azienda sanitaria locale e poi fatto spedire tre esemplari all'istituto zooprofilattico di Fermo. E sempre a Fermo, più a nord, verso la costa adriatica, un'altra strage di tortore si è consumata negli ultimi giorni. Almeno cinquanta uccelli morti, sono stati rinvenuti in una piscina privata, in località Campiglione di Fermo.Secondo le prime indiscrezioni, che citano esperti sembra che la causa di questi decessi in massa di volatili sia dovuta ad un virus trasmesso dai piccioni, virus aviario che tuttavia non attacca l'uomo. Non inquinamento ne cause alimentari quindi. Ma i dubbi sono molti e le preoccupazioni per quanto sta accadendo ancora forti nella popolazione.
MESSAGGERO VENETO
14 GENNAIO 2011
 
Piccioni morti rinvenuti in città
 
GORIZIA - Piccioni morti, riversi a terra privi di vita. Non siamo ancora ai livelli di Faenza, in Romagna (dove sono stati rinvenuti in poche ore centinaia di pennuti esanimi), ma l’eco di un fenomeno inspiegabile, che ha toccato l’Arkansas e la Svezia, così come Conegliano e Caserta, è giunta anche a Gorizia: ieri mattina diverse sono state le segnalazioni giunte in redazione per testimoniare di casi di volatili rinvenuti morti al ciglio di alcune arterie cittadine. «Mi accingevo a parcheggiare la mia vettura nello spazio antistante al duomo, quando un piccione mi è piombato sul parabrezza – ha raccontato un professionista cividalese, in città nella mattinata di ieri per lavoro –. Sceso dall’auto ho trovato l’animale riverso a terra, morto».
Casi analoghi (un altro paio) sono stati segnalati in altre aree della città. Nessun provvedimento è attualmente al vaglio del Servizio veterinario dell’Azienda sanitaria isontina: «È facile che in questi casi la gente si lasci impressionare, facendosi influenzare dal risalto mediatico che la vicenda sta avendo su giornali e telegiornali, un po’ come avvenuto a suo tempo con la psicosi scatenata dall’influenza aviaria – spiegano i responsabili del servizio –. Al momento non ci è arrivata nessuna richiesta di intervento specifica». Nelle località italiane in cui la moria di animali ha assunto dimensioni ben più allarmanti le Aziende sanitarie di riferimento hanno disposto accertamenti per risalire alla causa del fenomeno.

WELL MEE
14 GENNAIO 2011
 
Aviaria: si sconfigge grazie ad un pollo Ogm
 
Francesca Mancuso
 
Non sempre gli Ogm, a lungo criticati, hanno effetti negativi sulla salute. Pare, infatti, che grazie a un pollo geneticamente modificato riusciremo a impedire il contagio di massa dell'influenza aviaria. E' quanto sostengono alcuni ricercatori delle Università di Cambridge e di Edimburgo, che in una ricerca diretta da Laurence Tiley e Helen Sang, pubblicata su Science, hanno scoperto come lo speciale animale sia in grado di contrastare l'epidemia.Questo speciale pollo transgenico, grazie alle sue caratteristiche, non trasmetterebbe l'influenza ai vicini di pollaio, costituendo così una sorta di barriera di protezione e allevamenti più sicuri. La nostra memoria ci ricorda che l'influenza aviaria, causata dal virus H1N1, ha ucciso oltre 240 persone in tutto il mondo dalla fine del 2003. Si tratta di un virus proprio dei volatili ma la cui trasmissione all'uomo ha avuto e potrebbe continuare ad avere effetti spesso fatali.Partendo dal dato di fatto che l'infezione si trasmette a partire da questi animali, gli studiosi britannici hanno cercato di trovare il modo per bloccarlo. Da qui l'idea degli studiosi di Cambridge di inserire inserito nel dna dei pulcini un ''gene esca'' che inganna il virus dell'aviaria.Successivamente, quando lo speciale pollo è attaccato dal virus, il sistema molecolare che serve al virus per riprodursi viene intercettato dal gene esca impedendogli di replicarsi e dunque di infettare altri volatili. “Ci aspettiamo che l'esca funzioni con tutti i ceppi di aviaria e che i virus difficilmente troveranno un modo di aggirarla”, commenta Tiley.
Ma da Coldiretti arrivano i primo no, attraverso un'indagine, secondo cui quasi 3 italiani su 4 non vogliono il pollo transgenico nel piatto. “Nonostante il rincorrersi di notizie miracolistiche sugli effetti benefici delle nuove modificazioni genetiche effettuate su animali e vegetali in laboratorio  rimane elevato - sostiene la Coldiretti - il livello di scetticismo. La realtà è infatti che gli Ogm attualmente in commercio riguardano pochissimi prodotti (mais, soia e cotone) e sono diffusi nell'interesse di poche multinazionali senza benefici riscontrabili dai cittadini”.
LA SENTINELLA
14 GENNAIO 2011
 
Al via la caccia al cinghiale Resta, invece, irrisolta l’emergenza delle nutrie
 
Mariateresa Bellomo
 
EPOREDIESE (TO). Battute di caccia al cinghiale al via da mercoledì 19 gennaio e per i successivi due mesi. Una misura, questa, che rientra nel piano di contenimento dei danni ingenti che gli ungulati sono accusati di procurare alle colture agricole dell’Eporediese e del Canavese. Negli ultimi anni sono stati tanti gli addetti del settore che hanno denunciato di essere stati messi in ginocchio per il passaggio degli ungolati sui propri terreni, vanificando così il lavoro di mesi. Senza contare i tanti incidenti stradali, spesso con conseguenze anche gravi per gli automobilisti, avvenuti lungo le arterie provinciali e regionali.
«Una gestione faunistico-ambientale corretta deve mirare a mantenere l’equilibrio fra tutti i fattori che interagiscono. Se l’equilibrio sballa in difetto si deve procedere al reintegro, se in eccesso alla riduzione» - fanno sapere dall’Ambito Territoriale di Caccia eporediese, l’Atc 1.
Anche se, nel computo delle specie il cui numero sta crescendo a dismisura rientrano non solo i cinghiali, avvertono dall’ente, ma anche altri animali, le nutrie in particolare.
La proliferazione anomala di questi roditori, infatti, continua a creare molta preoccupazione in diversi Comuni, da nord a sud del Canavese. Tanto che il presidente dell’Atc 1, Franco Lomater, dichiara.
«La diffusione massiccia delle nutrie, come quella dei cinghiali, è un dato reale. Ma, mentre per gli ungulati i provvedimenti in materia di contenimento esistono, per le nutrie non ve ne sono ancora. Occorre muoversi di concerto con gli enti istituzionali superiori, perché si consideri la questione come un problema da risolvere al più presto e da qui in poi si stabilisca una strategia di intervento prima che sia troppo tardi».
«Tra l’altro, la propagazione delle nutrie sta diventando inarrestabile, di canale in canale - aggiunge il presidente Atc -. Ci sono colonie che contano decine di esemplari nell’arco di un paio di ettari di territorio. In tutta la zona umida ai piedi della Serra Morenica, in particolare tra Cascinette e Burolo, ve ne è una quantità enorme. Diventa prioritario tenerla sotto controllo».
Insomma, se i cinghiali sono un problema, altrettanto lo sono le nutrie che, per il momento, e almeno ufficialmente, sono intoccabili. In attesa che sia emessa una normativa ad hoc anche per il contenimento di questi roditori, il regolamento che riguarda la riduzione del numero dei cinghiali è applicato e messo in pratica, invece, nei minimi dettagli.
Lomater, infatti, spiega: «In tutta l’area in cui da mercoledì prossimo verranno effettuate le operazioni di riduzione degli ungulati, sono già stati affissi dei cartelli, ben visibili a tutti, per comunicare alla popolazione data e ora della presenza dei cacciatori sul posto. Inoltre, è stato messo a punto anche un sistema efficace di tracciamento degli animali, in modo che sia circoscritta l’area di caccia. Ovviamente, se i cinghiali riuscissero a raggiungere delle aree protette, in quel caso non potranno essere catturati».
L’adesione alle battute di caccia agli ungulati è possibile non solo per gli operatori faunistici, ma anche per quei cacciatori che ne abbiano fatto richiesta.
La Provincia di Torino ha, tuttavia, posto un limite anagrafico ai partecipanti che debbono avere un’età inferiore ai settantacinque anni. Una disposizione che starebbe creando non poche perplessità tra gli addetti ai lavori.
«Il 10% circa di quanti si erano iscritti alle operazioni hanno più di 75 anni - confida Lomater -. Si tratta di persone già esperte che però dovranno essere escluse. Purtroppo è vero che l’età media dei cacciatori si aggira, comunque, intorno ai 60 anni, mentre sono davvero pochi i giovani che si appassionano alla caccia». Certo, i giovani al giorno d’oggi preferiscono altri svaghi e altri sport da praticare nel loro tempo libero. Un trend questo che deluderà le famiglie in cui la passione per la caccia si è sempre trasmessa di generazione in generazione. Per la gioia, al contrario, di una buona parte degli ambientalisti e, ovviamente, degli animali.

LA SENTINELLA
14 GENNAIO 2011
 
Ungulati come risorsa economica
 
EPOREDIESE (TO). Che fine fanno i cinghiali abbattuti in seguito ai piani di controllo faunistico?
Una carne considerata prelibata quella degli ungulati, a detta di molti appassionati di selvaggina, a patto, però, di saperla trattare e quindi preparare nel modo adeguato. Eppure, non tutti gli animali uccisi vengono poi consumati. Un vero spreco secondo molti cacciatori e buongustai.
Spiega, infatti, il presidente Atc 1, Franco Lomater: «Nelle operazioni di contenimento i cinghiali assegnati ai collaboratori esterni, sono destinati al consumo alimentare diretto e non possono in alcuna misura essere venduti. Il resto delle carcasse viene, invece, trasformato in rifiuti speciali da smaltire secondo le norme di settore vigenti in materia».
«Certamente si potrebbe pensare a una destinazione diversa, magari a una struttura in grado di ricevere tutti gli animali abbattuti e stoccarli. Ma ad oggi nulla di questo esiste».
Ma le norme, nella Regione Piemonte potrebbero, invece, cambiare molto presto. Addirittura già durante l’anno in corso.
Il consigliere regionale del Popolo della Libertà, Roberto Tentoni, anticipa che, a breve, sarà presentata una modifica della legge regionale che disciplina la caccia, la numero 70 del 1996, per definire nuove regole e identificare pure una specifica filiera per il trattamento e l’utilizzo della carne degli ungulati abbattuti.
Ovvero, il circolo potrebbe diventare virtuoso e offrire persino delle opportunità di lavoro. «La gestione e il controllo del numero dei cinghiali potrebbe trasformarsi da problema per gli agricoltori e per la circolazione stradale in risorsa - conferma il consigliere Tentoni -. Intanto, verranno allentate le maglie che disciplinano la caccia di questi animali, estendendo anche il periodo venatorio di riferimento e aumentando la quantità di capi che si possono abbattere.
«Ma si potrebbero aprire importanti scenari dal punto di vista economico - conclude il consigliere Tentoni - favorendo la nascita di aziende dedite alla trasformazione della carne degli ungulati e dei suoi derivati».

LA GAZZETTA DI REGGIO
14 GENNAIO 2011
 
Caprioli, è guerra sui numeri
 
CASTELNOVO MONTI (RE). A quanto ammonta attualmente il numero di caprioli sul crinale? E’ l’interrogativo che sorge spontaneo dopo che da una parte Atc4 aveva votato, all’unanimità, la decisione di sospendere l’abbattimento di piccoli e femmine a partire dal 1º gennaio dato che era stato riscontrato un calo sensibile di esemplari; dall’altro gli agricoltori hanno chiesto e ottenuto che ciò non accadesse, perché convinti che al contrario gli animali presenti in montagna siano ancora troppi.
Ora è Legambiente, con il suo presidente Massimo Becchi, a intervenire. «Nei censimenti primaverili i selettori hanno contato circa 5.000 caprioli, prendendo atto finalmente di un drastico calo del numero di questi animali - spiega - Non a caso a dicembre l’Atc4 Montagna ha deciso di effettuare un ulteriore censimento, mai fatto in anni passati, con risultati a dir poco preoccupanti, censendo solo circa 1.000 animali. Per questo motivo il consiglio direttivo dell ATC4 ha deciso di sospendere gli abbattimenti». «A fronte di questa situazione e del fatto che le associazioni agricole lamentano i soliti danni - continua Becchi - è necessario che queste richieste vengano supportate da censimenti, anche a carico delle associazioni agricole stesse, che diano una validazione scientifica alla richiesta di apertura della caccia al capriolo. Francamente dei pressappochismi o del sentimento non sappiamo cosa farcene».
«Resta poi il nodo irrisolto della patologia - prosegue - forse anche trasmessagli dai bovini con cui accidentalmente sono venuti a contatto. Se si teme il diffondersi della Clostridiosi, spore che vivono sul terreno estremamente pericolose e che possono infettare gli animali, a questo punto occorre sapere se sono stati fatti controlli».
«Siamo favorevoli - conclude Becchi - a lasciar chiusa la caccia al capriolo in Atc4 e chiediamo all’assessore Gennari, responsabile di questo delicato comparto, oltre che di avvalorare questa richiesta di non procedere agli abbattimenti degli animali in pianura, finora vietato, ma di catturarli e portarli dove possono essere immessi in un habitat idoneo».

GEA PRESS
14 GENNAIO 2011
 
Pantani Sicilia sud orientale: ricorso contro la caccia
Legambiente e LIPU: Assessore peggiore e lobby soverchianti.
 
L’ennesimo ricorso sarà presentato da  Legambiente e MAN per fare rispettare il divieto di caccia nel pantani della Sicilia sud orientale. La caccia, infatti, nonostante ben tre pronunciamenti del TAR, confermati dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, era stata nuovamente riaperta dall’ Assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia D’Antrassi (vedi articolo GeaPress).  Per Angelo Dimarca, responsabile Conservazione Natura di Legambiente Sicilia, il peggiore Assessore che fino ad oggi ha avuto l’Assessorato Agricoltura. Gli fa eco il Vice Presidente Nazionale della LIPU, Fulvio Mamone Capria, secondo il quale si è così concretizzato un fatto preoccupante che molto dice su quanto il potere politico sia asservito alle lobby venatorie.Il tutto, dopo che l’ultima chiusura dell’attività venatoria nei pantani, aveva riportato specie rare quali le Gru e la Casarca, bellissima anatra dalla livrea aranciata. Pace mandata all’aria  grazie  al vero e proprio blitz natalizio che secondo Legambiente sarebbe stato messo in atto non solo dall’Assessore … peggiore, ma anche da un semplice dirigente (… l’organico della Regione siciliana è stracarico di Dirigenti…) di un altro Assessorato, quello al Territorio e Ambiente. L’Assessore del ramo, infatti, aveva preso impegno opposto.Tutto per colpa di un … comunissimo … Dirigente e di un  Assessore un po’ troppo particolare? Forse no. Tra i bene informati, infatti, gira voce che l’ennesimo provvedimento spara anatre, questa volta in salsa natalizia, sia stato voluto dallo stesso Presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo a sua volta oggetto di improperi filo venatori.
IL MESSAGGERO
14 GENNAIO 2011
 
Volpe “spara" al cacciatore che l'ha ferita e riesce a fuggire
 
 
MINSK  - Una volpe ferita ha “sparato” al cacciatore che aveva cercato di ucciderla spedendolo in ospedale con un proiettile nella gamba. È accaduto nella regione di Grodno, in Bielorussia, e la notizia viene pubblicata oggi dai principali media russi che ricostruiscono con abbondanza di particolari la dinamica di un incidente che ha dell'incredibile.
Dopo aver colpito la volpe, il cacciatore si è avvicinato cercando di finirla a mani nude. L'animale però ha reagito e ha involontariamente azionato il grilletto del fucile con una zampa facendo partire il colpo in canna. Il cacciatore è stato costretto a rivolgersi al pronto soccorso per farsi estrarre il proiettile da una gamba, mentre la volpe è riuscita a fuggire.

TG COM
14 GENNAIO 2011
 
Bielorussia,volpe spara cacciatore
E' riuscita a "sparargli" con il fucile
 
La steppa bielorussa è stata teatro di un episodio a dir poco bizzarro. Una volpe ferita da un proiettile è riuscita a sua volta a "sparare" un colpo con il fucile del cacciatore, riuscendo a dileguarsi. L'incidente si è verificato quando il cacciatore si è avvicinato per finire la preda. L'astuto animale, si è finto morto, salvo saltare contro il cacciatore e a premere casualmente il grilletto quando questi ha poggiato l'arma accanto alla volpe.Lieto fine per l'animale, un po' meno per l'uomo. La volpe è riuscita a fuggire e il cacciatore è stato costretto a rivolgersi al pronto soccorso per farsi estrarre il proiettile da una gamba.
EXITE
14 GENNAIO 2011
 
Bielorussia, una volpe si finge morta e spara al suo cacciatore
 
Capita anche, a volte, che gli animali si vendichino della brutalità dell'essere umano. Volontariamente o involontariamente, ma accade. Così ha fatto una volpe contro il suo cacciatore. Il fatto è accaduto in Bielorussia, qui un cacciatore è stato ferito dalla volpe a cui aveva appena sparato. A parlare della notizia i media locali.Nel corso di una battuta di caccia l'uomo ha sparato alla volpe e l'ha ferita. Il cacciatore si è quindi avvicinato all'animale per ucciderlo. La volpe era immobile, sembrava morta, ma quando l'uomo si è avvicinato l'animale gli è saltato addosso. Quando poi il cacciatore ha appoggiato l'arma accanto alla volpe, quest'ultima è riuscita con la zampa ad azionare il grilletto del fucile. E' partito un colpo che ha ferito l'uomo a una gamba.La volpe è così riuscita a fuggire, mentre l'uomo si è dovuto recare al pronto soccorso per farsi estrarre il proiettile da una gamba. Una vicenda davvero singolare, forse unica. Ma si sà, le volpi sono furbe.
IL TIRRENO
14 GENNAIO 2011
 
Avvistate 44 gru a volteggiare lungo il corso del fiume Serchio
 
NOZZANO (LU). «Krro-Krro», le gru, più che un avvistamento, sembra un miracolo sospeso tra cielo e terra. «Eccole, vengono dal mare», grida Silvio Dovichi, ornitologo del Centro Ornitologico Toscano (Cot). Sono 44 gru che, dopo aver fatto sentire il loro caratteristico verso, si sono materializzate nel cielo di Nozzano. Sono appena partite, forse provenienti da San Rossore, dove hanno trascorso la notte.
L’avvistamento, reso noto solo ieri, risale alle 9.10 del 9 gennaio.
Le gru, dopo aver risalito il corso del Serchio, deviano verso est, seguendo le pendici settentrionali delle estreme propaggini occidentali del monte Pisano, dirette verso il padule di Bientina, dove saranno nuovamente osservate dagli ornitologi del Cot che domenica erano impegnati a contare gli uccelli acquatici svernanti lungo il Serchio, nell’ambito dei censimenti svolti annualmente in Europa a gennaio nell’ambito del International Waterbird Census (Iwc) da oltre 40 anni, ed in Toscana da 28.
In provincia di Lucca, il Cot ha curato i censimenti lungo il Serchio, nelle zone umide di Bientina, Massa Macinaia, Sibolla, Massaciuccoli, Porta, lungo la costa da Torre del Lago al Cinquale, nei bacini artificiali della Garfagnana e delle Apuane, in collaborazione con le Guardie Ambientali Volontarie del Parco. Nei prossimi giorni i censimenti, svolti anche grazie ad un contributo della Regione, proseguiranno nel resto del territorio regionale. I risultati preliminari, ancora in corso di elaborazione, mostrano per quest’anno nell’area lucchese il calo di alcune specie, come l’alzavola e la pavoncella, la stabilità di altre, con scarsi incrementi.
La comparsa delle gru è il risultato più positivo. Imponenti uccelli alti 120 cm e con un’apertura alare di oltre 2 metri: sono comparse per la prima volta l’anno scorso dopo tempo tempo immemorabile. Erano otto, hanno trascorso l’inverno nel padule di Bientina. Quest’anno ben 150 esemplari sono stati osservati nella provincia di Pisa, oltre le 44 viste sul Serchio. Queste ultime hanno cercato un posto tranquillo per alimentarsi nell’alveo dell’ex lago di Sesto, ma l’intensa attività di caccia che vi si svolgeva domenica scorsa ha spaventato gli animali che, dopo aver volteggiato ripetutamente sul padule, si sono diretti altrove. Sempre nel padule, quest’anno sono state censite, fra le altre, 582 alzavole, 212 garzette, 35 aironi bianchi maggiori, 132 svassi maggiori e una rarissima moretta tabaccata, mentre all’oasi Wwf del Bottaccio è stato osservato il raro tarabuso.

GEA PRESS
14 GENNAIO 2011
 
La matematica salverà l’elefante africano
 
 
Forse è in arrivo una speranza di salvezza per l’elefante africano, sempre più decimato dai bracconieri grazie alle incredibili decisioni della Convenzione di Washington (Cites) di autorizzare uccisioni e consequenziali commerci di avorio. Se nessun ripensamento è finora pervenuto dalla Cites, un calcolo matematico potrebbe questa volta cambiare le cose.I circa 500.000 elefanti africani, infatti, potrebbero essere considerati non più come unica specie, ma addirittura due. L’ipotesi viene avanzata già da una decina di anni. Nel frattempo, però, la Cites ha continuato ad autorizzare la caccia ed il commercio legale di avorio. Questo, con le sue facilmente falsificabili certificazioni, fornisce di fatto la copertura per il commercio illegale. Il paradosso, poi, è che buona parte dell’avorio legale proviene dai sequestri. Al posto di essere distrutto, viene commercializzato.Ad ogni modo, da ora le cose potrebbero cambiare. La diversità genetica, infatti, tra il piccolo elefante delle foreste africane e quello delle savane è ben più alta che tra quest’ultimo e quello asiatico. Non solo. L’elefante africano delle savana sarebbe addirittura ancora più vicino allo stesso mammut, rispetto al suo (lontano) cugino delle foreste.Secondo gli scienziati dell’Università di York, infatti, la diversità genetica tra elefante africano delle savane e quello più piccolo delle foreste, sarebbe equiparabile a quella tra uomo e scimpanzé. Il risultato è stato ottenuto studiando le sequenze del DNA delle tre (presunte) specie di elefanti viventi, con quelle estratte dal mammut e dal mastodonte.Se tale scoperta dovesse essere confermata, le autorità internazionali Cites dovrebbero intervenire per proteggere entrambe le specie (se già non è troppo tardi). Lo facessero almeno per mero calcolo matematico. Il numero di individui totali è già critico per una specie, figuriamoci se ora è da dividere in due.
 
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