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GAZZETTA DI PARMA
10 AGOSTO 2010
Pitbull precipita da settimo piano su un'auto e muore
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Roma - Un pitbull stamani è precipitato dal settimo piano di un appartamento in via Prenestina ed è morto schiantandosi prima su un motorino e poi su un’auto in sosta. E' accaduto verso le 8.30, all’altezza del civico 282. Al momento dell’incidente, l’animale era da solo in casa. A quanto si è appreso dai vigili urbani del VI gruppo, che si occupano delle indagini, quando l’animale ha varcato la ringhiera del balcone era solo in casa. I proprietari del pitbull, sempre a quanto riferito dalla polizia municipale, sono in vacanza ed avevano incaricato una persona di portare il cibo all’animale. Danni lievi per l’auto, più rilevanti per il ciclomotore.
VIRGILIO NOTIZIE
10 AGOSTO 2010
Pitbull giù dal settimo piano, morto. L'avevano lasciato solo
E' successo a Roma. Venerdì un altro "suicidio" canino vicino a Merano
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Roma - Un Pitbull è morto oggi a Roma dopo essersi buttato da un balcone al settimo piano. Si tratta del secondo caso negli ultimi giorni dopo il cane di Lana, deceduto lanciandosi dal terzo piano. Entrambi gli animali erano stati lasciati soli. Il cane si è prima schiantato contro un motorino e poi su un'auto in sosta e anche in questo caso era stato lasciato solo a casa. I proprietari dell'animale in vacanza e avevano incaricato una persona di andare a dare da mangiare al cane.
A Lana, città alle porte di Merano, qualche giorno fa un cane di razza Presa Canario è morto dopo essersi gettato dal terzo piano. Anche in questo caso, l'animale era stato lasciato solo in casa. Dopo essersi gettato dal balcone di una casa in una zona pedonale il cane si è trascinato sul pavimento stradale per altri cinquanta metri, a questo punto ha perso conoscenza ed è deceduto lungo la strada. La padrona è arrivata qualche ora più tardi e alcuni testimoni dicono che il fratello sarebbe dovuto andare a portare a prendere l'animale per portarlo a spasso. Secondo altri il cane è stato lasciato per troppo tempo fuori dal balcone e avvilito, impaurito e in mancanza di vie di fuga abbia deciso di gettarsi nel vuoto. Anche se, secondo altri testimoni, la padrona lo lasciava spesso da solo e lo trattava benissimo. Pare che la donna l'avesse salvato dall'abbandono portandolo con sé dall'Ungheria. Tutte queste versioni non aiutano a comprendere perché l'animale abbia compiuto questo gesto.
ADN KRONOS
10 AGOSTO 2010
Dopo l'episodio di Merano Solo in casa, un cane precipita dal settimo piano. E' il secondo caso in pochi giorni Roma - E' successo a Roma, in un palazzo di via Prenestina. In vacanza i padroni del 'Dogo Argentino' che è morto sul colpo nello schianto tra una moto e un'auto. Il veterinario: "Caduta accidentale nel 90% dei casi"
Roma - Dopo il caso del cane di Merano, morto dopo essere caduto dal terzo piano, a pochi giorni di distanza un episodio analogo si è verificato questa mattina intorno alle 8.45 a Roma, dove un esemplare di 'Dogo Argentino' è precipitato dal balcone di un appartamento al settimo piano, in via Prenestina 282, schiantandosi su un motociclo e un'autovettura. A quanto si apprende l'animale, morto sul colpo, era solo in casa: i padroni, partiti per le vacanze, avevano chiesto a un conoscente di portargli cibo e prendersi cura di lui mentre loro non c'erano. Sul posto sono intervenute due pattuglie del VI Gruppo della polizia municipale. Secondo Marco Melosi, vicepresidente dell'Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), "il 90% dei casi di cani che precipitano da un balcone, che sono numerosi ogni anno, si verifica per un incidente: spesso gli animali abituati a sostare nei terrazzi prendono l'abitudine di sporgersi correndo il serio rischio di cadere". Il veterinario fa notare poi che "i due casi registrati negli ultimi giorni hanno coinvolto due razze da presa, selezionate per il combattimento: è ipotizzabile che abbiano visto qualcosa in strada che li ha interessati, forse un altro cane da 'sfidare'". Melosi non crede all'ipotesi del suicidio: "come tutti gli animali, anche i cani hanno un fortissimo istinto di sopravvivenza. Sono certamente esseri senzienti, ma il togliersi la vita è qualcosa di innaturale già per l'uomo, figurarsi per un cane. Credere nel suicidio animale significa antropomorfizzare eccessivamente il comportamento canino". Altra ipotesi è che l'animale, "lasciato in balcone per troppo tempo, soffrisse di solitudine e volesse 'raggiungere' i padroni lontani in tutti i modi". "Se lasciati molto da soli, specialmente con il caldo e l'assenza di ombra - spiega infatti il veterinario - i cani possono" arrivare a decidere di 'averne abbastanza' e di tentare ogni via di fuga, non sapendo di poter andare incontro alla morte.
LIBERO
10 AGOSTO 2010
ANIMALI:STRAGE DI CANI AVVELENATI NEL SALERNITANO
Salerno - Almeno una decina di cani sono stati uccisi con del cibo avvelenato nei giorni scorsi ad Omignano, in provincia di salerno. Questo e' quanto si sostiene nelle telefonate arrivate negli ultimi giorni al telefono amico di Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente). Al telefono dell'Aidaa e' stata descritta una situazione di vera e propria moria di cani, avvelenati probabilmente da qualche abitante della zona per risolvere il problema del randagismo. Sempre secondo le segnalazioni pervenute al telefono amico di Aidaa, inoltre, i cani trovati morti (anche nei pressi di abitazioni e negozi, con conseguente pericolo per l'igiene) anziche' essere inviati all'istituto di zooprofilassi per la verifica delle cause del decesso e per l'individuazione del tipo di veleno utilizzato sono stati raccolti in maniera impropria dagli addetti alla pulizia urbana e smaltiti come semplice rifiuto.
IL CENTRO
10 AGOSTO 2010
Strage col veleno, uccisi cani da caccia e da tartufi
Pietro Guida
ORTUCCHIO (AQ). Dieci cani uccisi dal veleno in pochi giorni. È allarme in tutto il territorio e i tartufai, ma anche i cacciatori, chiedono l’intervento delle autorità per fermare la strage. Alla base del fenomeno ci sarebbe una guerra tra raccoglitori locali e quelli che provengono da altri territori, ma anche tra abusivi e regolari. Il danno economico è ingente visto che un cane da tartufo o da caccia può costare anche cinquemila euro. I primi episodi di avvelenamento con l’utilizzo di polpette di carne sono iniziati pochi giorni fa e non si sono arrestati fino a domenica quando sono finiti nella trappola del veleno, probabilmente stricnina, gli ultimi due esemplari di cane da tartufo. Per loro non c’è stato nulla da fare. Basti pensare che la dose mortale media è di circa un milligrammo per ogni chilo di peso. Bastano 25 o 30 milligrammi per uccidere sul colpo un cane di taglia media. Gli avvelenamenti sono avvenuti in una vasta area di territorio, soprattutto nella zona in località Pozzo di forfora. A rischio anche l’incolumità della popolazione, in particolare bambini. Le trappole mortali potrebbero essere il frutto di uno scontro tra cacciatori, una vendetta ordita da quelli da «posta» nei confronti dei cacciatori che utilizzano i cani. I primi, che attendono la selvaggina appostati vicino alle tane, si sentirebbero danneggiati dai colleghi che con le unità cinofile mettono in fuga le prede attese al varco. Ma l’ipotesi più probabile è che sia in corso una sorta di guerra tra tartufai abusivi e quelli in regola. Una lotta senza esclusione di colpi visto che in ballo ci sarebbero grossi interessi e rilevanti somme di denaro ottenute con la vendita dei tartufi. Solo lo il tartufo nero estivo o scorzone costa 120 euro al chilo. Ma oltre che a provocare la morte di cani innocenti, il fenomeno è anche una sorta di terrorismo psicologico prima dell’arrivo a ottobre del tartufo bianco che costringe cacciatori e tartufai ad abbandonare il territorio. Il rischio è troppo alto perché un cane da tartufo già addestrato costa da mille a seimila euro. E per addestrare un cane ci vogliono diversi mesi. Sulla vicenda è intervenuto l’assessore comunale di Ortucchio, Guido Pignanacci , che ha lanciato un appello alle autorità affinché «vengano avviati controlli a tappeto sul territorio per bloccare il fenomeno».
SAVONA NEWS
10 AGOSTO 2010
Savona: ENPA soccorre gabbiano intrappolato da un amo
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Savona - Un giovane gabbiano, rimasto appeso per il becco su un terranno di via Niella a Savona, è stato tratto in salvo da una volontaria della Protezione Animali che, nella non facile operazione, si è ferita ad una mano.Il volatile aveva gli ami dell’arpetta di un’esca artificiale di plastica, usata per la pesca in mare da terra, nel becco e nel naso, forse scambiata per un pesce vero; durante la liberazione si sono conficcati nella mano della volontaria, che ha dovuto poi essere medicata. Il gabbiano è ora in cura presso la sede dell’ENPA è verrà liberato appena guarito.La pesca è vietata in estate durante il giorno su tutte le spiagge ma la maleducazione di molti pescatori è diffusissima; oltre a svolgere illecitamente il loro discutibile sport in mezzo ai bagnanti, non esitano spesso ad abbandonare lenze ed ami, che potrebbero arrecare gravi ferite anche alle persone, soprattutto bambini. I Volontari dell’ENPA, già pesantemente impegnati nel soccorso di centinaia di animali selvatici in difficoltà, hanno dovuto occuparsi questa estate anche di 30 gabbiani e 25 colombi feriti da ami e lenze, soprattutto a Varazze, Spotorno, Noli ed Albenga.
LA ZAMPA.IT
10 AGOSTO 2010
Scimmie in bici e orsi boxeur L'inchiesta choc dell'Animals Asia Foundation
PECHINO - Maiali obbligati a nuotare nell’acqua, scimmie che vanno in bicicletta e orsi che si sfidano come veri pugili davanti agli occhi degli spettatori. Sono alcune delle incredibili scene a cui si assiste in 13 zoo e parchi safari cinesi, secondo quanto denunciato dalla Animals Asia Foundation.
IL RIFORMISTA
10 AGOSTO 2010
Cina/ Crudeltà su animali, governo lancia campagna per ridurle
Organizzazione animalista Aaf pubblica dossier su abusi
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Roma - Orsi picchiati selvaggiamente con bastoni e costretti a boxare fra di loro; elefanti percossi con uncini metallici e obbligati a stare dritti sulla propria testa; tigri e leoni ai quali sono stati brutalmente rimossi denti e artigli: si tratta solamente di alcune delle scoperte compiute da Animals Asia Foundation nel corso di una lunga indagine condotta in alcuni zoo e parchi safari di tutta la Cina. Come riporta un comunicato diffuso dalla stessa Aaf, un dossier pubblicato oggi e intitolato "The performance" svela i dettagli di una ricerca compiuta in 13 zoo e parchi safari della Cina fra settembre 2009 e agosto 2010. Il dossier segue di poco la recente decisione del Governo Cinese di lanciare una campagna contro il maltrattamento degli animali per il pubblico divertimento. In linea con la nuova politica del Governo, anche il Dipartimento di Protezione Forestale si sta occupando di numerose attività commerciali che fondano su questo i loro profitti. Un numero enorme di animali è barbaramente costretto ad esibirsi in degradanti show, al solo scopo d'intrattenere il pubblico. Chi presenta gli spettacoli di solito inganna gli animali con rinforzi negativi, frustandoli e percuotendoli ripetutamente in modo da indurli a comportamenti contrari alla loro natura. Molti grandi felini vengono ridotti all'impotenza con la rimozione dei canini: questa pratica causa agli animali sofferenze inaudite e provoca ricorrenti infezioni alle gengive, alla mascella e alla regione nasale. Il reportage è stato realizzato in collaborazione con la casa di produzione Environment Films per documentare le atrocità che quotidianamente vengono perpetrate ai danni degli animali nei parchi e zoo safari cinesi. La voce narrante è quella di Terry Waite, già nominato Cavaliere dell'Impero Britannico (CBE) dalla regina Elisabetta II per il suo impegno umanitario, e le musiche sono del cantante Moby. Gli animali vengono rinchiusi in strette gabbie di calcestruzzo, prive di quasiasi arricchimento ambientale, in una zona buia nel retro dell'area adibita agli spettacoli, lontano dal pubblico. Dalle indagini di Animals Asia Foundation emerge che gli orsi neri asiatici, meglio conosciuti come orsi della luna, sono la specie più utilizzata nelle principali performance degli animali, presenti nel 90% dei parchi e zoo visitati. Largamente impiegati anche leoni marini, scimmie, tigri ed elefanti. Alcune di queste strutture sono dotate di un delfinario per le esibizioni dei mammiferi marini.
GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
10 AGOSTO 2010
Gargano, capodogli morirono per i veleni usati dall'uomo
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MARISA INGROSSO
BARI - Sono stati avvelenati. I sette giovani capodogli che, lo scorso dicembre, si spiaggiarono sulle coste del Gargano, sono stati stroncati dagli inquinanti. Lo spiega Alessandro Mazzariol, il patologo dell’Università di Padova che fu tra i primi (col prof. Nicola Zizzo dell’Università di Bari) a raggiungere la caletta di Foce Varano coi cetacei in agonia.
Oggi Mazzariol è coordinatore della neonata «Unità per la necroscopia dei grandi cetacei» e, raggiunto telefonicamente dalla Gazzetta, dice: «Gli animali, tutti maschi, erano a digiuno da più di una settimana. Secondo i nostri calcoli, dato che fanno fino a 70-90 km al giorno, erano digiuni da quando, lasciato lo Jonio, sono giunti al punto dello spiaggiamento. Ciò ha portato a muovere le loro riserve lipidiche, così mettendo in circolo le sostanze inquinanti che vi erano accumulate». Quali sostanze? «Pcb (i policlorobifenili sono sostanze tossiche bandite in Italia dal 1983; ndr); Ddt (il vecchio, maledetto, Ddt che in Italia è vietato dal 1978 ma che ancora si usa nel Nord Africa; ndr), e anche il mercurio ». «Mercurio e Pcb hanno un effetto sinergico e alterano le funzioni del sistema nervoso centrale e del sistema immunitario». «Abbiamo anche visto che, dal 1584, questo è il sesto spiaggiamento di massa di capodogli in Adriatico. Sono eventi occasionali. È come se sbagliassero strada. Per loro l’Adriatico è una sorta di trappola. Di solito poi si spiaggiano molto più a nord, verso Chioggia, Pescara. Però in quei giorni, valutando il meteo, possiamo affermare che c’erano condizioni meteo-marine favorevoli, a che si spiaggiassero proprio sul Gargano». E perché non mangiavano? «Rimane incerto il ruolo delle prospezioni geologiche (le società petrolifere usano air-guns, cioè fucili a onde sonore, per capire cosa c’è sotto il fondale marino; ndr). Possiamo dire che le onde sonore non hanno avuto un “effetto diretto”, non hanno investito gli animali, giacché i capodogli non presentano emboli di gas o emboli lipidici. E le bolle che sono state segnalate anche nel rapporto della Regione Puglia corrispondono ad aria respirata, cioè dovute all’agonia: spiaggiati, il loro peso li ha schiacciati e lo sforzo respiratorio ha fatto sì che l’aria dei polmoni entrasse in circolo». Può esserci stato un effetto indiretto delle ricerche petrolifere? «Non lo possiamo escludere. L’effetto indiretto degli air-guns, infatti, è una alterazione nel comportamento alimentare. Addirittura i capodogli finiscono per immergersi con una diversa inclinazione». Questo spiegherebbe perché erano a digiuno. «Forse sono stati disturbati dalle attività di prospezione. Non siamo ancora riusciti ad avere un elenco completo delle attività di questo tipo presenti in Adriatico in quei giorni». «Infine - conclude l’esperto - stiamo cercando di capire se il mercurio trovato è solo di origine alimentare o se è connesso con l’eventuale presenza, in mare, di contenitori galleggianti pieni di pesticidi organofosforici».
CORRIERE DELLA SERA
10 AGOSTO 2010
Le BATTAGLIE ANIMALISTE di Pedro Ynterian
Diritti e doveri per gli scimpanzé
Biologo brasiliano, chiede una legge che li pareggi agli umani: «Potrebbero finire in prigione per una banana rubata ma non sarebbero più ridotti in schiavitù»
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Pedro Ynterian e Sofia, uno dei primati ospiti del suo "santuario"
Emanuela Di Pasqua
MILANO – Dal circo a una specie di paradiso terrestre: questo è il destino degli scimpanzè accolti da Pedro Ynterian, biologo brasiliano, presidente del Progetto Grande Scimmia, nella sua proprietà di famiglia, dove cerca di recuperare i primati provenienti dai circhi, sia sul piano fisico che sul piano psicologico. La storia di Ynterian ha già fatto il giro del mondo. Anche la Reuters ha ripreso le recenti battaglia dell’animalista brasiliano e ne ha riassunto le ultime importanti conquiste.
GUGA SALVATO DAL CIRCO – Tutto iniziò da Guga. Era un piccolo di scimpanzè che Pedro Ynterian salvò per la prima volta da un circo. Era il 1999. Fu lui il primo ospite della tenuta di Sorocaba, grande possedimento di famiglia dove il biologo inizia ad accogliere reduci dallo zoo. Spesso nel santuario delle scimmie giungevano animali provati nel fisico e nella mente: gli scimpanzè venivano fatti ubriacare per divertire gli umani e talvolta, per sedarli, gli esseri umani arrivavano anche ad accecarli. A Sorocaba venivano curati e soprattutto amati, mentre un team di psicologi cercava di recuperare gli enormi danni sul piano psicologico. Nel 1994 nasceva negli Usa il progetto Grandi Scimmie, Great Ape Project, e nel 2000 Ynterian ne apriva la sede brasiliana. La più recente guerra intrapresa dall’animalista in nome di uno scimpanzè riguarda Jimmy, strappato allo zoo di Niteroi (Rio de Janeiro) dove viveva in condizioni disumane. «La sola differenza è che non parlano – sostiene spesso Pedro Ynterian – per il resto loro (gli scimpanzè) comunicano attraverso i gesti, i suoni e le espressioni facciali. Hanno bisogno di vedere garantiti i loro diritti alla vita e alla libertà al pari degli esseri umani».
OLTRE IL SANTUARIO - L'obiettivo del biologo brasiliano è molto più ambizioso dunque del suo ricovero di Sorocaba: l’animalista vuole estendere i diritti legali anche agli scimpanzè, ai bonobo, ai gorilla e agli orangutango, convinto che le semplici leggi per la protezione degli animali non siano sufficienti per impedirne la tortura e altre pesanti violazioni. L’animalismo di Ynterian ricalca il pensiero di Peter Singer e di Richard Ryder, animalista che per primo coniò la definizione di specista, ormai molto usata nella letteratura sui diritti animali. Il termine è utilizzato, come spiega Wikipedia «per descrivere la pratica discriminatoria dettata dalla diffusa convinzione antropocentrica che gli esseri umani godano di uno status morale superiore e che quindi debbano godere di maggiori diritti rispetto agli altri animali». Il fine ultimo è dunque quello di estendere i diritti fondamentali dell’uomo anche ai primati, e con i diritti anche i doveri. Uno scimpanzè potrebbe finire in prigione per una banana rubata a questo punto, ma nessuna scimmia antropoide sarebbe più maltrattata, ridotta in schiavitù, uccisa o condotta all’estinzione.
GLI STATI PIÙ SENSIBILI – Molte nazioni sono già avanti rispetto alle rivendicazioni sui diritti dei primati. Il Brasile proibisce l’uso degli scimpanzè e di altri animali nei circhi, la Spagna ha offerto un esplicito sostegno al Great Ape Project, la Gran Bretagna ha garantito a questa specie animale uno status speciale nelle procedure scientifiche riguardanti la sperimentazione e la Nuova Zelanda ne proibisce qualsiasi utilizzo nella ricerca e nei test, a meno che le ricerche non vengano effettuate per il benessere e il miglioramento della loro stessa specie. La proposta parlamentare dietro questo grande progetto è chiara ed esplicita: includere gli antropoidi non umani in una comunità di eguali, concedendo loro la protezione morale e legale di cui godono attualmente solo gli esseri umani.
MESSAGGERO VENETO
10 AGOSTO 2010
Vacche morte per malnutrizione, stalla sequestrata
RAGOGNA (UD). Quattro mucche sono state trovate morte ieri in una stalla a Muris di Ragogna dai vigili urbani del Sandanielese che si sono recati sul posto assieme ai veterinari dell’azienda sanitaria su richiesta del sindaco. A sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine è stato lo stesso primo cittadino di Ragogna, Mirco Daffarra chiamato in causa da alcuni cittadini messi in allarme sia da continui richiami delle bestie nei giorni scorsi sia da un forte cattivo odore, che si era diffuso dall’“Azienda agricola 2D” nelle ultime ore. Al loro arrivo i vigili urbani si sono trovati di fronte uno scenario raccapricciante. Quattro vacche erano morte, due invece praticamente agonizzanti. Sono stati quindi i vigili del fuoco di Gemona, subito chiamati dalla polizia municipale assieme ai veterinari dell’Azienda sanitaria, a riuscire a portare fuori dalla stalla gli animali e ad alimentarli quel poco per garantirne la sopravvivenza. Ad uccidere i quattro esemplari, secondo una prima verifica fatta dagli inquirenti, è stata la malnutrizione. Le bestie, infatti, risultavano abbandonate da giorni senza cibo e nel caldo opprimente della stalla, da poco peraltro interessata da lavori. Dopo aver verificato il decesso dei capi di bestiame, gli agenti hanno informato la Procura della Repubblica, e in particolare il dottor Gondolo, magistrato di turno, e posto la stalla sotto sequestro. Ad allertare vigili e veterinari, come detto, è stato il primo cittadino di Ragogna, Mirco Daffarra, dopo aver ricevuto la segnalazione di una cittadina, come lui stesso ha raccontato ieri: «Una signora di Muris mi ha fatto presente che da una stalla del paese si diffondeva un odore sgradevole, come di qualcosa di andato a male». «Ho quindi subito informato i vigili urbani – ha proseguito il sindaco -, che in mattinata sono intervenuti e hanno verificato il decesso di alcuni capi presenti all’interno dell’immobile dove purtroppo questo non è il primo caso del genere. Nello stesso luogo, infatti, lo stesso spiacevole fatto si era già verificato alcuni mesi fa». La stalla si trova come detto nella frazione di Muris, lungo la strada che porta a Cimano, nel mezzo insomma di una zona agricola dove ci sono altre case. Ieri nell’azienda agricola sono arrivati vigili urbani, altre volte era toccato ai carabinieri della stazione di San Daniele intervenire a Muris e denunciare il titolare dell’azienda per maltrattamenti di animali. La vicenda infatti si trascina da una decina di anni, se si eccettua un periodo nel quale i capi di bestiame erano stati trasferiti in Carnia. Poi, recentemente, altri controlli dei veterinari e il tragico epilogo di ieri per quattro bestie. Con altre due salvate soltanto per il pronto intervento dei veterinari e dei vigili del fuoco. I capi di bestiame vivi sono stati trasferiti in altri locali.
L'ARENA 10 AGOSTO 2010
VESTENANOVA (VR). La tradizionale passeggiata di Castelvero ha avuto come vincitore il pennuto di contrada Piombini L’oco «Straco» batte i rivali Il 24enne Diego Fabbrini porta l’esemplare alla vittoria Divertimento in piazza con i carri allegorici a tema
VESTENANOVA (VR) - È stato l’oco “Straco” di contrada Piombini il più veloce nella passeggiata di Castelvero: piumaggio candido e portamento regale, incredibilmente ha guadagnato il traguardo dei 700 metri in totale tranquillità e poi si è messo in attesa dei compagni.
L'ARENA
10 AGOSTO 2010
Scorpioni galline e oche maratoneti
Non sono poche le manifestazioni che mettono a confronto uomo e animale. La più famosa sfida con animali al mondo resta la corsa dei tori a Pamplona, mentre la più pericolosa è quella che i berberi compiono nel deserto del Sahara, scappando al temibile scorpione del deserto.
In Europa gli animali maggiormente sottoposti a gare di velocità di tutti i tipi (pali storici compresi) sono i cavalli seguiti dai cani, mentre tra i paesi subsahariani rimangono le più avvincenti la corsa dei dromedari e quella dei cammelli. Oltre alla corsa delle rane di Scardevara, nel veronese è noto il palio dei mussi a Terrossa di Roncà e pochi giorni fa a Vestenanova si è svolta la «Passeggiata con l’oco». La competizione più famosa in Italia legata al batrace, è il Palio della Rana di Fermignano (Urbino) molto simile a quella di Scardevara. In California si tiene addirittura un rodeo delle rane. A Foligno si porta avanti la tradizione di arare la terra con gli antichi strumenti di un tempo, mettendosi alla prova nella corsa del bove. Invece la più cliccata su Internet è la «Corsa delle galline», chiamata «Ciapa la galina» che si svolge nel comune di Roero in provincia di Cuneo.
L'ARENA
10 AGOSTO 2010
CODICE DELLA STRADA. La Lav scaligera plaude alla nuova legge
D’obbligo soccorrere gli animali feriti
Multe salate a chi investe e non si ferma. I mezzi di soccorso zoofili equiparati alle ambulanze
Anche per gli animali c’è il diritto-dovere di soccorrerli.
A evidenziarlo da sempre è la Lega antivivisezione, la Lav, ma da oggi è anche la legge grazie alle nuove disposizioni in materia di soccorso agli animali vittime di incidenti stradali. La norma introduce l’importante principio che anche gli animali hanno dunque diritto al soccorso. Basta quindi con l’indifferenza lungo le autostrade o per le strade alla vista di cani o gatti abbandonati. Le novità per gli animali e gli automobilisti vedono dunque l’obbligo del cittadino di fermarsi per assicurare un pronto intervento in caso di incidente. E colui che è responsabile del sinistro a scapito dell’animale se non si fermerà rischierà una sanzione amministrativa che va dai 389 euro ai 1.559. Se si fosse coinvolti in un incidente e non si chiamasse aiuto per l’animale coinvolto c’è un ulteriore sanzione che va dai 78 euro ai 311. Ma la norma non si limita solo a toccare il portafogli di quanti possono essere coinvolti in un incidente di questo genere o con quanti preferiscono far finta di nulla, evidenzia anche lo stato di necessità per il trasporto di un animale in gravi condizioni. Ciò significa che chi si occupa della loro cura urgente e per questo pesta di più sull’acceleratore non può essere sanzionato se si dirige verso un ambulatorio medico- veterinario. Anche i mezzi di soccorso veterinari e di vigilanza zoofila assumono una nuova veste: infatti vengono equiparati alle ambulanze, ai vigili del fuoco o polizie. Purtroppo ogni anno sulle strade vengono abbandonati l’80 per cento degli animali domestici, la Lav stima che siano 130mila di questi 50 mila sono cani e 80 mila i gatti. I volontari della Lav di Verona plaudono dunque alla «nuova legge» e invitano i veronesi ad essere d’esempio in quanto soccorrere gli animali in difficoltà è un dovere- diritto.A.Z.
VARESE NEWS
10 AGOSTO 2010
Abbandono di animali: è un reato
La legge 189/2004 lo punisce espressamente con pene fino a un anno o 10mila euro di multa
La legislazione recente parla chiaro: abbandonare gli animali è un reato. La legge 189/2004, all'art. 1 prevede che “Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”. Norma, quest'ultima, indirizzata a reprimere il fenomeno dei canili-lager.
Anche la Dichiarazione universale dei diritti dell'animale sancisce all'art. 6 che «L'abbandono di un animale è un atto crudele e degradante». L'abbandono non riguarda i soli cani e gatti. Sono anche specie ben differenti, e magari esotiche, a ritrovarsi senza più un pasto e un tetto garantiti. Vedi ad esempio qualche tipo di serpente, visto mentre striscia in un giardino condominiale in cerca di prede che difficilmente troverà, o di un sole che non è certo quello a cui era abituato. O tartarughe trovate a sguazzare in fiumi inquinati. La legislazione sull'abbandono è stata introdotta dal Parlamento a tutela del “sentimento umano” verso gli animali d'affezione. Che poi molti possano sorriderne, o giudicarla l'ennesima "grida manzoniana" di difficile applicazione, è un altro paio di maniche. Un passo sul piano giuridico è stato comunque compiuto, con soddisfazione degli animalisti: e si sta facendo strada la cultura del rispetto per gli animali come esseri senzienti dotati di un elementare diritto alla vita di fronte all'unico fra loro capace di scelta morale, l'uomo.
IL TIRRENO
10 AGOSTO 2010
Dai gatti abbandonati al daino ferito: estate d inferno per gli animali
Lucia Maffei
PISA. Abbandoni, allergie, incidenti, malattie infettive, ipersensibilità alle zecche: l’estate per gli animali è piena di insidie. Ecco le storie, le cifre, i suggerimenti, gli altolà e i numeri utili per proprietari di cani e gatti e per soccorritori in difficoltà. I giorni dell’abbandono. La stima è approssimativa, ma è chiaro che in provincia di Pisa i gatti se la passano peggio dei cani. A luglio il canile municipale di Ospedaletto ha effettuato 40 interventi tra Pisa, Calci, Cascina, Fauglia, Lorenzana, Coltano, San Giuliano, Vecchiano e Vicopisano, culminati con l’ingresso di 35 cani senza padrone; 5 in più rispetto alla media mensile. All’associazione di volontariato “Gatti mammoni” è una invasione. «Solo il primo di agosto ho ricevuto 40 segnalazioni di abbandoni, e una riguardava una gatta con 15 cuccioli - dice la responsabile Fiorella Degli Albizi - Abbiamo 200 gatti e 60 micini, e non sappiamo dove metterli». Il Bambi ferito. Un daino di quattro mesi, identico a Bambi, è accovacciato in uno dei comodi box dell’Ospedale didattico veterinario inaugurato di recente a San Piero a Grado. Ha la zampa anteriore fratturata e una grossa escoriazione sulla testa. «Lo hanno trovato sul bordo della strada. Si era trascinato vicino all’erba, ma non osava muoversi perché il trauma cranico lo ha reso completamente cieco», racconta Michele Corazza, docente di clinica medica veterinaria nella struttura. Dal 13 agosto il mancato soccorso di un animale ferito a seguito di un incidente costerà più caro: l’articolo 189 del nuovo codice della strada prevede un’ammenda da 389 a 1599 per il responsabile, da 78 a 311 euro per chiunque altro sia eventualmente coinvolto. Malattie. Cani e gatti lasciati a se stessi non devono temere solo le ruote dei camion. «Questo è il tipico gattino trovato per strada - dice Grazia Guidi, vicedirettrice dell’ospedale didattico, mostrando una micia di pochi mesi con la pancia dilatata - Ha la congiuntivite e parassiti a volontà, nelle orecchie e nell’intestino». Un tigrato lì vicino sembra perfettamente normale. «Si è preso la leucemia e l’Aids felino - spiega la professoressa Guidi - Due delle tre malattie più gravi per un gatto, insieme alla peritonite infettiva». I consigli. Evitare il contatto diretto con animali soli o feriti e chiamare subito le autorità. In caso di cagnolini o micini senza la mamma: «Mai dare loro il latte di vacca, ma nutrirli ogni due ore con il latte apposito della farmacia e tenerli in un ambiente caldo, sui 39 gradi», spiega Eleonora Schettini, veterinaria dell’Ufficio tutela animali del Comune. Un’altra dritta: «Gli uccelli caduti dal nido vanno maneggiati con delicatezza perché hanno le ossa fragili. In attesa dei soccorsi meglio tenerli in una scatola di cartone con i fori per l’aria». Chi chiamare. Quando si trova un animale in difficoltà la cosa migliore è chiamare la polizia municipale (050.910811), che allerterà il Servizio catture del Comune per il recupero e il primo soccorso di animali feriti. In alternativa, l’Asl Servizi Veterinari allo 050.954434. Dalle 8.30 alle 12.30 fino a venerdì è attivo l’Ufficio tutela animali del Comune (050.910551), a cui ci può rivolgere anche per il ritiro di carcasse. Dal 24 agosto sarà di nuovo a disposizione 24 ore su 24 il servizio di pronto soccorso dell’ospedale di San Piero, al numero 348.1747416. Per il recupero di animali selvatici c’è il Wwf (050.580999). Il fai-da-te è sconsigliatissimo: «Con gli animali, è sempre meglio rivolgersi a una persona competente», conclude Schettini.
L TIRRENO
10 AGOSTO 2010
Attenti al colpo di calore
PISA. Boom di interventi dei veterinari per il colpo di calore nei cani. Decine le chiamate da parte di proprietari spaventati nel vedere gli amici a quattro zampe sbavare e barcollare come ubriachi. Il caldo mette a dura prova anche gli animali e i veterinari raccomandano di non sottoporli a sforzi fisici nelle ore calde della giornata, di non tenerli al sole e in luoghi poco ventilati. I veterinari ricordano di non lasciare i cani nelle auto perché l’interno può raggiungere temperature assai elevate, anche se il veicolo è all’ombra.
IL CITTADINO 10 AGOSTO 2010
La scorsa settimana centinaia di esemplari morti erano stati trascinati nella Muzza e nell’Addetta: le indagini sono in corso Strage di pesci, tutti uccisi dai veleni La causa potrebbe essere uno sversamento nel torrente Molgora
Emiliano Cuti
Paullo (MI) - La strage di pesci registrata la settimana scorsa tra l’Addetta e la Muzza potrebbe essere stata causata da uno sversamento nel torrente Molgora. Insomma una morte per avvelenamento per centinaia di esemplari che per tre giorni sono stati trascinati dalla corrente, tra Lavagna e Merlino, al canale Muzza e da qui al colatore Addetta e alle rogge del territorio. Ovviamente le indagini sono ancora in corso e i risultati saranno presentati in consiglio provinciale a Milano a fronte di un’interrogazione del capogruppo di “Un’altra provincia” Massimo Gatti. La notizia sullo sversamento nel Molgora ha comunque cominciato a circolare tra i pescatori. «Io - racconta un pescatore - ero alla centrale della Muzza e sono stato controllato da agenti, su una macchina della polizia provinciale che veniva da fuori, non del distaccamento di Paullo. Mi hanno chiesto la licenza e ci siamo messi a parlare, tra le altre cose anche della morìa dei pesci. Loro hanno detto che la causa la conoscevano, già individuata in uno sversamento nel Molgora». Ed al contempo non è da escludere, per il tipo di fauna ittica colpita, che si possa trattare di una sostanza “pesante” che si è depositata sui fondali. «Non si tratterebbe comunque - spiega Silvano Paterlini di “Cittadinanza Attiva” - del primo episodio di inquinamento nel Molgora, che è un torrente che nasce in due rami nei comuni di Colle Brianza e Santa Maria Hoè, nel territorio del Meratese. Scende con una modesta portata e frequenti cascatelle fino a Olgiate Molgora. Poi incrementa il suo flusso raccogliendo altri piccoli corsi d’acqua proseguendo verso Osnago. Fa tutto il sud est Milanese, scende verso Cassina de’ Pecchi e Melzo; a sud di Melzo delimita il confine tra la provincia di Milano e quella di Lodi, tra i comuni di Truccazzano e Comazzo, fino alla confluenza nella Muzza. In zona ci sono molte industrie e il torrente nono è infrequente che sia oggetto di sversamenti abusivi.Non mi stupisco se anche in questo caso sia avvenuto: il mistero però resta perché non sappiamo ancora di cosa si tratti». Un aspetto che potrebbe presto essere chiarito dagli assessori provinciali ad agricoltura e parchi Luca Agnelli e alla sicurezza, polizia provinciale, protezione civile, prevenzione e turismo Stefano Bolognini ai quali è stata rivolta l’interrogazione di Gatti.
GEA PRESS
10 AGOSTO 2010
Palermo: tartarughe sequestrate e pantera non più ricercata
Dichiarazioni del Capo della Forestale siciliana nel corso della trasmissione "Ditelo a RGS"
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GEAPRESS – Sequestro domenica mattina di testuggini terrestri operato dal Nucleo della Guardia di Finanza in servizio al porto di Palermo. La notizia è stata resa nota stamani nel corso della trasmissione “Ditelo a RGS” dedicata al commercio di animali esotici.Gli animali sono stati sequestrati ad un cittadino tunisino in arrivo al porto del capoluogo siciliano. Proprio a Palermo ha operato una banda di criminali (vedi articolo GeaPress) specializzata nel commercio internazionale di tartarughe, prima prelevate in Africa e più di recente in Sardegna. In cambio di tartarughe venivano inviati in Tunisia SUV rubati.Nel corso della seguitissima trasmissione, presente il Direttore del Giornale di Sicilia dott. Pepi, è intervenuto il Capo della Forestale siciliana Pietro Tolomeo. E’ stato proprio quest’ultimo a rendere noto che si sono concluse, per mancanza di ulteriori segnalazioni, le ricerche della famosa pantera nera palermitana. Durante la trasmissione, ove è stata invitata anche GeaPress, il dott. Tolomeo, rispondendo ad una domanda del Direttore del Giornale di Sicilia, ha dichiarato che non è da escludere che la pantera sia stata catturata da chi la deteneva illegalmente.
GAZZETTA DI MODENA
10 AGOSTO 2010
Draghi barbuti consegnati al centro fauna
Modena - Due draghi barbuti australiani, dei ‘lucertoloni’ lunghi 30 centimetri, sono stati portati al centro per la fauna di Modena dal ragazzo cui erano stati affidati dal proprietario alla vigilia di un lungo periodo di assenza. Ma, non avendo il ragazzo alcuna nozione su come andassero accuditi, quando ha capito che lo stato di disidratazione raggiunto dalle bestiole era grave, ha deciso di consegnarli al Centro fauna. I draghi vanno così a far compagnia a circa 80 animali esotici già ospiti del Centro ‘Il Pettirosso’. Il fatto è stato segnalato alla Forestale per i rilievi sulla regolarità della detenzione. Originari dell’Australia, sono innocui. Se attaccati i rettili gonfiano però la gola che diventa nera: per questo il il nome di’drago barbuto’. Tra gli animali ospiti della struttura in via Nonantolana 1217 ci sono anche pappagalli sudamericani, iguane e perfino un alligatore, recuperato di recente a Torre Maina. «La rinuncia dei proprietari di animali esotici - ha spiegato Piero Milani, responsabile del Centro - sta diventando un problema nazionale. Anche a Modena stanno aumentando le consegne da parte di proprietari pentiti dopo averli acquistati, probabilmente con troppa superficialità. Ovviamente è sempre meglio consegnarli a noi che abbandonarli, ma resta il problema di chi dovrà poi accudire questi animali anche perchè i Centri specializzati in fauna esotica in Italia sono ormai alla saturazione».
LA GAZZETTA DI MODENA
10 AGOSTO 2010
Toro fugge e cade in un canale Lo salvano i vigili del fuoco
PAVULLO (MO). I vigili del fuoco di Pavullo hanno fatto un intervento davvero speciale ieri a Benedello: hanno portato in salvo un toro. Nel pomeriggio il toro era uscito dal recinto dell’azienda agricola di via Montenero 9 e ha iniziato a vagare qua e là esplorando il terreno che aveva visto tante volte ma non conosceva. Infatti in poco tempo si è perso tra le sterpaglie alte ed è finito in una fitta boscaglia. Ormai stremato dal giro e del tutto disorientato, è caduto in un canalone restandoci. Il proprietario si è accorto della fuga e lo ha trovato. Ha chiesto aiuto ai vigili del fuoco di Pavullo che, dopo una ricognizione sul posto hanno proceduto ad un salvataggio in piena regola. Sono scesi nel canalone e hanno imbragato il toro. Poi col verricello collegato all’elicottero lo hanno sollevato e trasportato verso la sua fattoria. L’animale è stato depositato vicino alla stalla. Anche se molto stressato, stava bene.
L'ECO DI BERGAMO
10 AGOSTO 2010
Per i cani del Sics di Seriate record di salvataggi in mare
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Un cane da salvataggio in azione Ferruccio Pilenga e i suoi labrador
Cinque persone, quattro bambine di circa dieci anni e un giovane di trenta. Sono le persone salvate, in un solo giorno, dai cani della «Scuola italiana cani da salvataggio» (Sics) fondata vent'anni fa a Seriate e tuttora presieduta dal bergamasco Ferruccio Pilenga.Ora la Sics è diffusa in tutta Italia. Tutto è successo nella giornata di sabato 7 agosto. «Un evento straordinario, mai era accaduta una cosa simile in vent'anni di attività - dice Roberto Gasbarri, responsabile della Sics Gruppo Tirreno -: sabato il mare aveva condizioni difficili, c'era vento e corrente; non c'erano onde, per cui le persone entravano tranquillamente in acqua. In queste condizioni però le correnti invisibili giocano un ruolo di grande pericolosità».
E sabato verso mezzogiorno, sulla spiaggia di S. Agostino (poco a nord di Civitavecchia) sono giunte le urla di soccorso di due bambine. Proprio a S. Agostino c'è una postazione fissa della Sics: l'addestratrice Chiara Sugamosto con il cane Tom Tom, labrador maschio, e l'assistente bagnanti del vicino stabilimento balneare si sono gettati in acqua. Le due bimbe impaurite vengono tratte in salvo. Un quarto d'ora dopo, nella stessa striscia di mare, altre due bambine lanciano grida di allarme: ll'azione di traino di un altro cane è stata efficace permettendo contro il vento, e le due piccole sono tornate a riva. Poco dopo è toccato a un 30enne residente a Civitavecchia: anche lui è stato salvato.
GEA PRESS
10 AGOSTO 2010
Vibo Valentia: a caccia con il laser nella provincia con più fucili registrati che abitanti anagrafati
Intervento dell'Arma dei Carabinieri.
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GEAPRESS – Erano proprio in servizio anti bracconaggio i Carabinieri della Stazione di Maierato e del Comando Compagnia di Vibo Valentia. Una squadra di cacciatori di cinghiali è stata scovata già con il colpo in canna, pronta a sparare. Ai cinque bracconieri, tutti di Maierato, sono stati così sequestrati, il località Scrisi, tre fucili calibro 12, un puntatore laser, numerose cartucce a pallettoni, e quattro potentissimi fari che avrebbero illuminato a giorno una vasta area. Di fatto un potenziale di fuoco più adatto ad una guerra, ma contro gli uomini. I Carabinieri hanno così provveduto al sequestro di tutto l’armamento oltre che a denunciare per porto abusivo di armi i cinque bracconieri. La denuncia sarà oggi convalidata dal PM.Così come già rivelato in un precedente articolo di GeaPress dedicato alla provincia di Livorno (vedi articolo GeaPress), anche per quella di Vibo Valentia, il destino dei cinghiali uccisi è la ristorazione. Ovviamente nessuna garanzia sanitaria per l’ignaro cliente.I Carabinieri di Vibo Valentia hanno ormai messo in atto un controllo sistematico del territorio finalizzato proprio alla repressione del bracconaggio che in questi luoghi presenta rilevanze che vanno ben oltre la violazione della legge sulla caccia.Soprattutto nei centri medio piccoli, infatti, il numero delle armi da caccia denunciate è addirittura superiore al quello degli abitanti. Basti pensare, allora, ai furti di queste armi, spesso rinvenute dai Carabinieri con la matricola abrasa in veri e propri rifugi sotterranei costituiti da tubi in pvc che celano le armi avvolte nella plastica ed abbondante talco o sale, utile ad assorbire l’umidità.Le operazioni dei Carabinieri si avvalgono anche dell’ausilio del Nucleo elicotteristi con sede proprio a Vibo. Molti dei luoghi sono infatti accidentati e, pertanto, di difficile accesso. Dallo loro, i cacciatori di frodo, hanno la perfetta conoscenza del luogo la quale unitamente alla particolarità di alcune armi, come quelle fornite di puntatore laser, costituiscono di fatto un arsenale di notevole pericolosità. Un singolo puntatore laser può arrivare a costare alcune migliaia di euro. E’ chiaro che il bracconiere deve avere una suo ritorno economico dalla vendita della carne di cinghiale o da altre situazioni.In tutta la provincia di Vibo Valentia vi sono circa 200.000 fucili da caccia denunciati, più degli stessi abitanti. Un problema serio che andrebbe attentamente valutato anche nei recenti lavori parlamentari relativi alla normativa sulle armi, sulla quale sta cercando di determinare la sua influenza la stessa lobby degli armieri e cacciatori (vedi articolo GeaPress).
GEA PRESS
10 AGOSTO 2010
Peste suina in Sardegna: abbattuti 278 maiali
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GEAPRESS – 278 maiali abbattuti in Sardegna per la peste suina africana.Il focolaio ad Oristano. 250 le porcilaie della zona, tutte a rischio. In ogni caso per i maiali è sempre e solo morte!Per i 278 uccisi in questi giorni la sola differenza è che non sanno mangiati o trasformati in salami/salsicce/mortadelle.Piuttosto ci sarebbe da preoccuparsi per l’alta densità di allevamenti nella zona, per il loro affollamento. Solo a Santa Giusta ci sono 10 allevamenti, poi altri 240 sparsi tra i comuni di Arborea, Marrubiu, Palmas Arborea, Oristano, Solarussa, Simaxis, Villaurbana, Cabras, Siamanna e Siamaggiore.La ASL ha vietato macellazioni e movimentazioni di capi per un mese.Gli allevatori prospettavano lauti guadagni, a spese della vita dei maialini, con le vendite di Ferragosto e, ovviamente, ora cantano
miseria: solito rituale lamentoso del comparto zootecnico. Ma già sono stanziati 1.250milioni di euro per l’erosione (la chiamano così!) della peste suina africana.
La peste suina africana (Kenia 1921) fa il suo primo ingresso in Italia nel 1967. E’ una malattia contagiosa per suini, cinghiali e suidi selvatici. Le vere calamità, però, restano l’aberrazione degli allevamenti, il
sovraffollamento, che è la prima causa per la diffusione dei virus, la prigionia a vita di questi esseri senzienti, la loro macellazione e soprattutto il gusto quasi cannibalesco di chi li mangia. La carne di maiale è quella che più si avvicina, come consistenza e gusto, a quella umana e quella dei maialini (uccisi a migliaia a Ferragosto in Sardegna) a quella dei bambini. L'ARENA 10 AGOSTO 2010
ALBAREDO (VR). Da «Green valley» escono tre equini che si immettono in strada ma vengono recuperati dai vigili Un rodeo sulla provinciale Tre cavalli fuggono dal ranch Il proprietario: «Un dispetto fatto a me tagliando la recinzione come quando sono venuti a rubare e ad avvelenare i daini»
Albaredo (VR) - Singolare rodeo ieri sulla provinciale che collega Albaredo a Legnago, all’altezza delle ex piscine. Alle 11, gli automobilisti in transito in via Serega si sono trovati di fronte tre cavalli adulti di colore marrone che scorrazzavano liberi lungo l’asfalto di una delle strade più pericolose del paese, un po’ spaesati ma dall’aria mansueta. Un passante ha telefonato ai carabinieri, che a loro volta hanno avvertito i vigili urbani di Albaredo.
IL SECOLO XIX
10 AGOSTO 2010
Caccia al cinghiale dal 3 ottobre
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la Spezia - Sarà domenica 3 ottobre la prima giornata utile per la caccia al cinghiale che durerà sino al 31 dicembre. Le squadre potranno battere la macchia la domenica e il mercoledì di ogni settimana. Lo ha stabilito la Provincia della Spezia. Il nuovo assessore alla caccia, Giorgio Casabianca , ha diramato il calendario venatorio per la caccia al cinghiale, che interessa oltre duemila cacciatori. Il numero dei capi da abbattere è stato fissato a 4.500 esemplari. Si tratta dello stessa soglia dello scorso anno. L’obiettivo non fu raggiunto. La stagione potrebbe essere chiusura anticipatamente nel caso in cui le doppiette abbattessero 4.500 selvatici prima di Capodanno. Ma potrà essere prorogata sino alla fine di gennaio qualora il numero dei cinghiali abbattuti, come lo scorso anno, fosse inferiore alla soglia.
MATTINO DI PADOVA
10 AGOSTO 2010
Tre incidenti con i cinghiali in pochi giorni
Piergiorgio Di Giovanni
GALZIGNANO (PD). Ieri mattina, sotto lo sguardo di due addetti del Parco Colli, un camion dotato di «ragno» è andato a sollevarli e li ha trasferiti nel cassone per poi avviarli allo smaltimento. Sono stati recuperati così i due cadaveri di cinghiale, morti dopo gli schianti con altrettante auto. Fortunatamente i conducenti protagonisti loro malgrado dei violenti urti, hanno riportato solo un bello spavento e i segni degli scontri sulla carrozzeria delle macchine. Gli incidenti che si sono verificati la scorsa settimana in zona sono stati tre, tutti accaduti in notturna ma in date diverse. Il primo è avvenuto giovedì a Baone e ha avuto come protagonista un residente al volante di una Mercedes. Il cinghiale è rimasto disteso sull’asfalto. Nella notte tra venerdì e sabato ad Arquà il secondo urto, e nella nottata tra sabato e domenica a Galzignano il terzo. Ad Arquà lo schianto è avvenuto in via Mandonego, nei pressi dell’incrocio della Costa. Il cinghiale è sbucato all’improvviso dall’oscurità e il conducente non è riuscito ad evitare l’impatto. Il cadavere dell’animale giaceva nel vigneto dell’azienda Loreggian. Incidente anche a Galzignano, in viale delle Terme all’altezza del bacino. Il cinghiale ha tentato di attraversare la strada, mentre stava sopraggiungendo una macchina che ha frenato bruscamente, ma il conducente di Solesino non è riuscito a schivare l’animale, finito nel fossato. Per i rilievi degli incidenti è intervenuta la polizia provinciale. Alla luce di questi ultimi episodi, è quanto mai necessario prestare attenzione alla segnaletica verticale che annuncia il pericolo dell’attraversamento di fauna selvatica.
SALERNO NOTIZIE
10 AGOSTO 2010
Caccia, Russo scrive a Caldoro per precisare su specie cacciabili con cani
L’Assessore provinciale alla Caccia e Pesca, Antonio Mauro Russo, ha scritto al Presidente della Regione Campania, On. Stefano Caldoro ed all’Assessore all’Agricoltura, Piano di Sviluppo Rurale e Pesca, dott. Vito Amendolara, per segnalare un errore nel calendario venatorio stagione 2010/2011, relativo alle specie cacciabili senza cani di fagiani e starne. «Trattandosi sicuramente di mero errore di trascrizione -precisa Russo- ho chiesto alla Regione di voler provvedere urgentemente alla correzione, essendo queste due specie cacciabili solo con l’ausilio di cani». L’Assessore Russo, intanto, continua a lavorare al progetto del Piano Faunistico Venatorio provinciale, la cui realizzazione è stata affidata, con approvazione in Giunta, all’Università Federico II di Napoli sulla base di una governance stabile per i cacciatori ed una politica di gestione coordinata con gli altri Enti, soprattutto, il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
IL CENTRO
10 AGOSTO 2010
L'orso torna in paese e cena nel pollaio
CIVITELLA ALFEDENA (AQ). L’orso torna a visitare il paese per gustare una cena a base di carne fresca. Domenica notte, durante le prove generaliper l’oscuramento di Civitella Alfedena necessario all’osservazione delle stelle cadenti in programma oggi, il plantigrado ne ha approfittato visitando un pollaio e mangiando una decina di galline. L’orso, incoraggiato anche dal favore del buio con lo spegnimento dei lampioni si é avvicinato al paese dirigendosi verso un pollaio in località «La fonte» dove, trovato il succulento pasto, non ha esitato a divorare i pennuti. Il plantigrado aveva lasciato la sua impronta qualche settimana fa e per ben due volte sull’altopiano delle Cinquemiglia dove ha divorato decine di tacchini e di polli. A nulla, anche in quest’ultimo raid a Civitella, sono servite le reti di protizione intorno ai pollai. L’orso è entrato nel recinto scardinando la porta d’ingresso poi, tra lo scompiglio generale di galli e galline ha agguantato alcuni dei malcapitati pennuti e li ha divorati. Un pasto veloce forse perché il plantigrado è stato disturbato da qualche rumore. I danni provocati dagli animali selvatici sono risarciti dal Parco nazionale solo se avvengono nel perimetro dell’area protetta, altrimenti a pagare è la Provincia. Intanto fervono i preparativi nel piazzale Santa Lucia, quando stasera a circa 1.300 metri di altezza i turisti potranno osservare il fenomeno delle stelle cadenti in condizioni ideali, grazie proprio all’oscuramento delle luci e alle condizioni di limpidezza di un cielo senza inquinamento luminoso.
LA REPUBBLICA
10 AGOSTO 2010
Aiuto, mi è scappata la canola Se l'ogm si riproduce in natura
Per la prima volta una pianta geneticamente modificata è stata osservata allo stato selvatico. Accade in North Dakota. Gli scienziati temono che possano minacciare la biodiversità. L'esperto italiano Rosellini: "Geni vagliati e considerati sicuri, nessun pericolo"
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JACOPO PASOTTI
Piante di canola OGM si stanno propagando dai terreni agricoli del Nord Dakota, negli Stati Uniti, invadendo aree incoltivate. Le piante transgeniche possono dunque abbandonare i campi ed invadere le zone naturali circostanti. Lo sostengono alcuni scienziati statunitensi che hanno osservato, per la prima volta, la presenza di piante geneticamente modificate che si sono riprodotte in aree naturali, e che sono quindi una minaccia per la biodiversità. La scoperta, secondo gli esperti, avrà "implicazioni importanti" nelle politiche agricole degli Stati Uniti.
In luglio i ricercatori hanno raccolto, fotografato ed analizzato 406 piante di canola cresciute fuori dai terreni coltivati lungo un transetto di 5.400 chilometri che attraversa vaste regioni agricole. Di queste, ben 347 (l'86%) sono risultate positive ai test sulla presenza di proteine che le rendono più resistenti ad alcuni erbicidi (la CP4 EPSPS e la PAT). Un segnale d'allarme, dunque, che non giunge da associazioni ambientaliste ma da Meredith Schafer, ricercatrice presso Università dell'Arkansas, insieme a colleghi della Environmental Protection Agency (Epa, l'agenzia federale che si occupa della protezione dell'ambiente). Secondo lei queste piante "scappate" dai campi potrebbero influenzare la biodiversità della regione. Meredith Schafer ha presentato i risultati delle sue analisi alla conferenza annuale della Società Ecologica Americana (ESA) tenutasi nei giorni scorsi a Pittsburgh. Gli scienziati non sanno se questo possa essere accaduto anche ad altre colture OGM. Secondo Daniele Rosellini, biologo presso l'Università di Perugia, la scoperta dei ricercatori statunitensi è una conferma di un fenomeno già noto. "Che i geni introdotti mediante ingegneria genetica persistano nell'ambiente in piante coltivate presenti fuori dai campi o in piante spontanee di specie affini che possono incrociarsi con loro è indesiderato da molti. Questo non è comunque pericoloso per l'ambiente e la salute, perché quei geni sono stati vagliati e considerati sicuri prima di autorizzare la coltivazione delle piante OGM che li contengono", conclude Rosellini. Ma c'è di più. I ricercatori hanno anche trovato "due casi di modificazioni multiple all'interno di singoli individui". Un fatto che, secondo gli scienziati, "indica che alcune colture si sono inselvatichite, cioè oltre ad essersi stabilite al di fuori dei campi coltivati, si stanno riproducendo in natura". Niente di male per le piante di canola, che sono in questo modo più resistenti e di maggior produttività. Ma la scoperta potrebbe essere l'indizio che il controllo esercitato dai biotecnologi sugli organismi OGM ha maglie più larghe di quanto si pensasse. "I nostri risultati hanno conseguenze rilevanti sulla ecologia e la gestione sia per le piante native che per i prodotti OGM del paese", dicono gli scienziati. La scoperta non può passare inosservata in Europa. La commissione europea ha infatti appena dato il via libera alle prime colture OGM, ponendo fine a un embargo in vigore dal 1998. Dalla primavera di quest'anno il gruppo tedesco Basf è autorizzato a produrre la patata transgenica Amflora per usi industriali e come mangimi. La canola è una varietà della colza, prodotta inizialmente in Canada (il suo nome deriva appunto da Canada e olio). È impiegata nell'alimentazione degli animali da allevamento e per la produzione di biocarburanti. Attualmente i campi di canola ricoprono 2 milioni di ettari del territorio statunitense, ma l'estensione delle coltivazioni è destinata a crescere a causa del continuo aumento dell'impiego dei bio-combustibili.
GAZZETTA DI PARMA
10 AGOSTO 2010
Cavallo dell'Appennino è stato riconosciuto fra le razze autoctone
Comunicato stampa della Regione
Il "Cavallo dell’Appennino" è stato inserito nel registro anagrafico nazionale delle razze-popolazioni equine a limitata diffusione. L’inserimento, sancito da un decreto ministeriale, è frutto dell’azione propositiva dell’assessorato Agricoltura della Regione Emilia-Romagna e della fattiva collaborazione con la Regione Toscana, del ministero dell’Agricoltura e dell’Associazione italiana allevatori.«Il traguardo raggiunto - ha sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni - è il meritato riconoscimento all’impegno profuso dagli allevatori che, nonostante i notevoli sacrifici, continuano a mantenere viva l’attività zootecnica nelle nostre montagne. Ancor più significativo che questo arricchimento del patrimonio della biodiversità, con l’aggiunta di un nuovo elemento all’elenco delle razze autoctone del territorio regionale, avvenga nel proprio nel 2010, proclamato dall’Onu "Anno Internazionale della biodiversità".Tutti i cavalli che rispondono alle caratteristiche dello standard di razza approvato potranno essere iscritti al registro anagrafico. Il Cavallo dell’Appennino è particolarmente adatto all'ambiente di montagna ed è dinamico, intelligente e di forza fuori dal comune. Ideale per la produzione di carne ma anche per l’utilizzo da lavoro e da diporto (tiro, sella, turismo equestre), grazie alle doti di robustezza, frugalità, carattere docile e buone caratteristiche per l’equitazione.Attualmente si contano circa 300 fattrici nella sola Emilia-Romagna e poco meno di 2mila diffuse in tutte le zone collinari e montane d’Italia, dalla Sicilia alla Lombardia.«Questa razza - ha aggiunto l’assessore Rabboni - rappresenta oggi un patrimonio nazionale, da tutelare come elemento di biodiversità e di presidio di territori fragili dal punto di vista ambientale e a rischio di spopolamento, ai quali può offrire un’opportunità economico-produttiva. Inoltre con questo inserimento si realizza in tal modo il presupposto per poter beneficiare della misura 214 del Piano di Sviluppo Rurale finalizzata alla conservazione delle razze a rischio di abbandono, altro fattore che può supportare l’economia delle zone marginali».La razza ha origini lontane: i primi esemplari sono stati importati dalla Svizzera alla fine degli anni ’60 nell’azienda dell’imprenditore Vittorio Ortalli, situata sulle colline reggiane; da qui la razza ha trovato immediata diffusione nell’areale dell’Appennino Tosco-Emiliano, popolando le zone calanchive, caratterizzate da pascoli poveri ed elevate escursioni termiche tra estate e inverno. Il cavallo, adattandosi negli anni al territorio, ha sviluppato ancor più le peculiari doti di rusticità ed adattabilità, integrandosi nel tessuto ambientale e socio-economico.
ALTO ADIGE
10 AGOSTO 2010
Con due cani difficile trovare casa
Gentile direttore, sono qui a scriverle questa lettera, in quanto vorrei che i lettori del quotidiano «Alto Adige» e tutti gli altoatesini venissero a conoscenza di alcuni problemi in cui sto incorrendo con la mia famiglia. E che penso possano accomunarci a tanti altri nuclei famigliari con lo stesso problema. Siamo una famiglia italiana composta da tre adulti (tutti e tre con reddito) e un bambino di 3 anni, siamo ormai da un anno che cerchiamo disperatamente casa ma sempre con esiti negativi. Mi sembra di essere il protagonista di una barzelletta. Il nostro problema è avere due cani (uno di piccola e l’altro di media taglia) abituati sempre in appartamento, e un bambino. Dopo aver contattato diverse agenzie immobiliari di vario livello e diversi privati, essendo già stati dal sindaco, avere esposto il nostro problema ad altre autorità, non abbiamo ottenuto nessun risultato. La risposta è sempre la stessa “no ai cani”, e non ci crederà mai, ma è così che alcuni hanno anche risposto “no ai bambini”! Posso capire per i cani, ma per i bambini proprio non lo concepisco! E le pubblicità contro l’abbandono dei cani a cosa servono se poi non li possiamo tenere in appartamento? E i bambini non dobbiamo più farne? Perché in altre città italiane questo non avviene? Dove dobbiamo cercare appartamento se nessuno ha voglia di affittare appartamenti a persone che hanno bambini e o cani? Penso che le esigenze dei vicini siano da tutelare ma animali domestici e bambini non dovrebbero essere un problema. Nella speranza che questa lettera possa aiutarci a risolvere il nostro problema, Le porgo i miei più cordiali saluti.
GAZZETTA DI MODENA
10 AGOSTO 2010
Unione ciechi: «Il cane? E un diritto»
Trova finalmente un punto di arrivo la polemica sulle norme riguardanti la presenza di animali in luoghi pubblici. Confesercenti aveva recentemente invitato il sindaco Pighi a predisporre in tempi brevi un regolamento specifico per consentire a coloro che hanno dei problemi l’acceso ai locali con i cani guida. Arriva una risposta tanto chiara quanto perentoria da Irene Balbo, vicepresidente dell’Unione italiana ciechi, la quale spiega come tale regolamentazione esista già da tempo. La legge in questione, numero 37 del 14 febbraio 1974, dice: “il privo di vista ha diritto di farsi accompagnare dal proprio cane guida nei suoi viaggi su ogni mezzo di trasporto pubblico, senza dover pagare il biglietto all’animale. Al privo di vista è riconosciuto altresì il diritto di accedere agli esercizi aperti al pubblico con il prorpio animale guida. Responsabili della gestione dei trasporti e titolari degli esercizi che impediscano o ostacolino l’accesso ai privi di vista accompagnati dal cane sono soggetti ad una multa che va da 500 a 2500 euro”. I discorsi che nei giorni scorsi hanno agitato i giornali dimostrano come manchi informazione sul tema dei cani guida. «In Italia la situazione è complessa e poco organica - commenta la Balbo - ci si trova continuamente a giustificarsi per un diritto, una cosa davvero umiliante. Anche le forze dell’ordine sono disinformate, tanto che uno è costretto a portare con se una copia della legge». E’ forse utile ricordare il recente caso della ragazza ipovedente che, recatasi presso l’ospedale S.Maria nuova di Reggio con il proprio cane guida, è stata fermata all’ingresso dal personale sanitario. Oltre al bastone, il cane rappresenta l’unico ausilio che possa rendere indipendente un cieco, capace di restituire quella libertà che è diritto di tutti. Visto che le leggi garantiscono loro completa accessibilità, non resta che lavorare sulla conoscenza. L’ultimo appello dell’Unione italiana ciechi è proprio questo, che «il sindaco, Confesercenti e le forze dell’ordine rivolgano i loro buoni intenti nel fare informazione, perchè la normativa esiste ed è chiara».
LA NUOVA SARDEGNA
10 AGOSTO 2010
Carloforte, in spiaggia col cane: c è un nuovo servizio balneare
CARLOFORTE (CI). La stagione estiva è arrivata quasi all’apice ed ecco arrivare alcune novità, in termini di servizi balneari predisposti dal Comune. Meglio tardi che mai, verrebbe voglia di aggiungere. Così, nelle spiagge della Caletta e della Bobba, sono operative due postazioni di salvataggio a mare, con bagnini che rimarranno in servizio fino a metà settembre. Sfruttando dei fondi che sono stati resi disponibili soltanto alla fine luglio, il servizio è stato attivato in maniera spartana e senza nemmeno la torretta di avvistamento, in quanto quelle posizionate l’anno scorso dalla Provincia risultano danneggiate ed inservibili. Ma c’è di più. Considerate le numerose richieste, l’amministrazione comunale, sentita la Capitaneria, ha predisposto un tratto di litorale che sarà fruibile da chi va al mare con animali da compagnia: in particolare la balneazione sarà consentita fino ad un centinaio di metri. Si tratta dell’area di scogliera che è compresa tra gli stabilimenti della tonnara e la Punta, di fronte all’Isola Piana, in cui i cani potranno liberamente circolare. Un servizio di cui si sentiva davvero la necessità.
IL TIRRENO
10 AGOSTO 2010
Roccalbegna liberata dai piccioni grazie a una coppia di falchi
GROSSETO. Fino ad alcuni anni fa i piccioni per Roccalbegna erano un flagello, tanto che ne fu autorizzato l’abbattimento a fucilate in paese. Servì a poco. I piccioni si allontanavano per qualche giorno per poi tornare sui tetti. Adesso i piccioni sono praticamente scomparsi da Roccalbegna, ce ne saranno una trentina. Un miracolo? No, opera della natura. «E’successo che nelle gole dell’Albegna - spiega Riccardo Nardi, resposnabile Oasi Wwf di Bisco Rocconi - si è insediata spontaneamente una coppia di falchi pellegrini che sia quest’anno che l’anno scorso hanno involato 3 pulcini. I colombacci selvatici sono prudenti e veloci, i piccioni “torraioli” molto meno e i falchi ne hanno catturati e mangiati a decine anzi a centinaia». Nardi quindi suggerisce ai 12 sindaci firmatari del documento “antipiccione” di favorire l’insediamento del falco pellegrino e di tutelarne i siti di nidificazione. «All’Argentario basterebbe permettere ai falchi pellegrini di rioccupare alcuni siti storici come Capo d’uomo per risolvere il problema piccioni a Porto Santo Stefano - dice - basta chiudere la caccia vicino ai nidi e soprattutto vietare le scalate che i falchi tornerebbero e con loro una soluzione al problema della proliferazione delle popolazioni di piccioni. A Grosseto e in altri comuni il problema è più complesso perché andrebbero creati siti idonei su torri e campanili e poi convincere i falchi ad occuparle». Gli esempi però non mancano. A New York le coppie sono 20 coppie e a Siena si stanno installando spontaneamente 2 coppie di Falchi Pellegrini sfruttando qualche nicchia tranquilla. Un appello che viene sottoscritto anche da un gruppo di animalisti grossetani. «Per ridurre con successo e in maniera stabile la popolazione dei colombi - dicono - gli unici metodi davvero efficaci sono di tipo incruento. Pensiamo all’installazione di di dissuasori di appoggio con punta arrotondata per non ferirli, accompagnati da un accurato servizio di rimozione dei rifiuti urbani ad opera dei Comuni, per ridurre la disponibilità di cibo e anche all’uso del mangime sterilizzante che impedisce la nascita dei piccoli». Sono tanti i Comuni che hanno sperimentato questi metodi. «Sono metodi assolutamente innocui per i colombi, mangime sterilizzante compreso, ma capace di portare alla crescita zero - dicono - e le associazioni zoofile stanno collaborando fattivamente e volontariamente alla distribuzione di questo mangime, dotati di apposita autorizzazione scritta». Anche sulla questione rischi per la salmonellosi, chi è assolutamente contrario all’abbattimento dei piccioni, dicono la propria. «Non sono stati registrati casi significativi sul colombo come invece nel caso degli allevamenti intensivi da carne e da latte - aggiungono - dove, secondo gli organi scientifici dell’Unione Europea, ci sono elementi preoccupanti per la diffusione dell’agente patogeno. Altre inesattezze riguardano la zecca (argas) che vive a terra indipendentemente dai piccioni e diventano una preda della zecca come lo può diventare qualunque altro animale». Eppure, fino a non molti anni fa, con i piccioni l’uomo ci convive tranquillamente. «Non dimentichiamoci che quasi tutte le famiglie in campagna - dicono - avevano le piccionaie. Possibile che i nostri predecessori non si siano mai accorti del rischio che correvano? Possibile che solo ai giorni nostri i piccioni siano diventati un pericolo?».
ALTO ADIGE
10 AGOSTO 2010
Galeotti si difende: «Non maltratto i cani In regola gli animali che allevo e vendo»
BOLZANO. Dopo la denuncia in Procura da parte della polizia di Bolzano Christian Galeotti si difende: «I miei tre cani sono in ottima salute e gli agenti sono intervenuti su richiesta di una vicina di casa che ha sentito abbaiare gli animali». Una settimana fa gli agenti della questura di Bolzano vengono chiamati: ci sono dei cani che non smettono di abbaiare. Una volta giunti sul posto i poliziotti segnalano che le ciotole dell’acqua sono vuote e il proprietario, Christian Galeotti, 35 anni, condannato a febbraio per maltrattamenti di animali, viene dunque denunciato. Ora l’ex allevatore, condannato a due anni di reclusione, si difende dalle ultime accuse. Infatti non è solo la polizia di Bolzano ad averlo segnalato. Anche i militari del Noe si sono rivolti alla Procura, dopo che due trentini hanno dichiarato di avere acquistato dal bolzanino cani di razza, risultati però poi malati.«Non vendo macchinari né mobili né attrezzature, ma animali vivi che come tutti possono essere soggetti a tante malattie ereditarie e il compito di un allevatore serio è quello di selezionare nella massima serietà facendo accoppiare soggetti sani ed equilibrati caratterialmente. Ed è quello che faccio».
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IL TEMPO
10 AGOSTO 2010
I geni futuri nell'era biotech
L'Homo Tecnologicus del Terzo Millennio rivoluzionerà la vita sul Terra. Prossimi scenari: individui programmati in un ambiente di piante luminose e animali ibridi.
È in corso uno dei più grandi cambiamenti che la civiltà umana abbia mai visto: dalla rivoluzione industriale si passa alla biotecnologia, all'alleanza tra informatica e ingegneria genetica. Il computer viene usato per decifrare le informazioni dei geni, gestirli e poi sfruttarli. Già vengono programmati geni per l'alimentazione, per prodotti farmaceutici, per realizzare nuove risorse di energia, fibre e materiali.Geni umani vengono iniettati nell'embrione dei topi, che si muovono molto più velocemente e crescono in maniera abnorme. La luce delle lucciole viene iniettata nelle piante, che diventano luminescenti, mentre nascono nuovi animali ibridi, come la geep misto di goat (capra) e sheep (pecora). Fino alla ben nota pecora clonata. In attesa che si ufficializzi la nascita del primo essere umano clonato. Non c'è quindi più bisogno dello sperma maschile e dell'ovulo femminile, ma si potranno duplicare copie identiche di individui, con uno standard di produzione simile alla catena di montaggio. E ogni essere umano potrà cambiare il suo codice genetico per eliminare disturbi o malattie. Sono da anni in atto esperimenti sul feto umano e presto si potranno programmare bambini su misura. Ma nascerà davvero il figlio perfetto? E che ne sarà del bambino nato in modo tradizionale, senza elaborazioni genetiche? Quale sarà il confine della perfezione? Inevitabile la discriminazione verso i genotipi. Con datori di lavoro che non assumeranno più individui dalla mappa genetica «avariata».Dimenticando che poi il gene interagisce con l'ambiente e non è detto che l'essere perfetto non morirà o non si ammalerà prima di quello ritenuto imperfetto. Ed è probabile, come asserisce l'economista Jeremy Rifkin, che «la battaglia per i diritti genetici dominerà sulla politica della prossima generazione» e «chi controlla i geni controllerà il secolo della biotecnologia». Sembrerà un'inezia l'inquinamento petrolchimico o nucleare, di fronte all'«inquinamento genetico». La Terra sarà seminata da nuovi organismi e non tutti saranno benefici. Cosa succederà agli uccelli che si ciberanno di insetti pullulanti su piante che producono plastica? Ma soprattutto muteranno codici, valori morali, etici, e in particolar modo atteggiamenti psicologici dell'Homo Tecnologicus del Terzo MillennioA dare un esempio degli scenari futuri di questo nuovo essere umano ancora in fase di sviluppo è stato Umberto Galimberti, con il libro «Psiche e techne. L'uomo nell'età della tecnica» (riedito da Feltrinelli, pp. 815, euro 20,66). È questo forse il suo saggio più importante che tenta di descrivere l'uomo, nei suoi diversi aspetti, in rapporto alla tecnica. Continuiamo a pensare - scrive Galimberti - che la tecnica sia uno strumento del quale noi deteniamo le chiavi. In realtà, la tecnica ha sostituito la natura che ci circonda e costituisce oggi l'ambiente nel quale viviamo. Noi però facciamo ancora parte dell'uomo pre-tecnologico che agisce in vista di scopi, con un bagaglio di idee proprie e di sentimenti in cui si riconosce. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela verità, la tecnica «funziona». E basta. Galimberti cerca così di ridefinire i concetti di identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione e storia. Concetti che nella nuova età della tecnica vanno riconsiderati, abbandonati o rifondati. Tutto ciò che finora ci ha guidato nella storia - sensazioni, percezioni, sentimenti - risulta inadeguato nel nuovo scenario. Come «analfabeti emotivi» assistiamo all'irrazionalità che scaturisce dalla perfetta razionalità dell'or-ganizzazione tecnica, priva ormai di qualunque senso riconoscibile. Ecco che si percepisce la necessità di un ampliamento psichico, capace di compensare la nostra attuale inadeguatezza. Ecco che l'autore affronta il tentativo di fondare una nuova psicologia dell'azione che ci consenta, se non di dominare la tecnica, almeno di evitare di essere da questa dominati.Anche il cinema, proprio in questi giorni, sta offrendo suggerimenti per sopravvivere nell'era prossima ventura con il fantasy «Splice», da venerdì nelle sale. Adrien Brody e Sarah Polley sono due giovani e ambiziosi scienziati e segretamente decidono di mescolare Dna umano e animale: il risultato è qualcosa di straordinario, un ibrido, una chimera chiamata Dren. Ma dopo poco tempo, quella che sembrava una scoperta in grado di rivoluzionare il mondo della scienza si rivelerà il più grande errore mai commesso. Il film è prodotto da Guillermo Del Toro e segna il ritorno alla regia di Vincenzo Natali, l'autore di «The Cube».
PANORAMA
10 AGOSTO 2010
Adattarsi al clima: una vongola ci salverà?
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Qual è il segreto per vincere la battaglia del clima? Potrà mai la specie umana, che ha avuto e continua ad avere un ruolo attivo nel riscaldamento globale, basti pensare alle emissioni di gas serra nei paesi industrializzati, trovare una soluzione al problema climatico? Si potranno verificare, in tempi brevissimi, modifiche genetiche ereditarie tali da adattarci alle nuove condizioni ambientali in maniera indolore? «I meccanismi evolutivi di adattamento che rendono un individuo o una serie di individui più adatti a sopravvivere in un nuovo ambiente richiedono tempo. E poi bisogna azzeccare la giusta combinazione di mutazioni, generazione dopo generazione» risponde Antonello Pasini, ricercatore al Cnr di Roma. «Tuttavia ci sono organismi viventi, tra i più sensibili ai cambiamenti di temperatura, che fanno sperare in processi biologici più rapidi. Mi riferisco a molluschi come le patelle che all’occhio del profano somigliano abbastanza alle vongole. L’adattamento alle diverse temperature avviene grazie alla sostituzione di un solo aminoacido che compone la struttura di una singola proteina. E una evoluzione di questo genere può essere la chiave per reagire prontamente al cambiamento futuro del clima».Il merito principale di queste osservazioni va a George Somero, dell’Università di Stanford, che ha studiato i meccanismi di termo-regolazione di alcune specie di molluschi del genere Lottia, in grado di adattarsi a vivere in ambienti e temperature differenti. La domanda di fondo è: un simile semplicissimo meccanismo di adattamento genetico sarebbe possibile anche in altre specie, oltre che e a questo tipo di molluschi? E in tal caso si aprirebbe una strada per creare organismi più resistenti al caldo? «Le mutazioni genetiche sono un normale fenomeno evolutivo di adattamento all’ambiente. L’eccezionalità sta nel fatto che, almeno per alcune specie analizzate, ciò è avvenuto in tempi rapidissimi. Se ne potrebbe dedurre che un simile meccanismo adattativo non sia frutto di mutazioni casuali, bensì di mutazioni specifiche, mirate ed ereditabili» afferma Ernesto Burgio, coordinatore del Comitato Scientifico dell’Isde. «Tanto più che esempi analoghi non mancano neppure tra gli organismi più complessi. Ci sono insetti (soprattutto zanzare e moscerini) che stanno modificando il loro patrimonio genetico ogni 5 anni, ma anche gli scoiattoli ogni 10 anni e uccelli, come le cince ogni 30. È una questione di vita o di morte: o si adattano rapidamente o altrettanto rapidamente soccombono».Due ricercatori dell’Università dell’Oregon, William Bradshaw e Christina Holzapfel, hanno pubblicato alcuni anni fa su Science, i risultati di una loro ricerca, che dimostravano come i cambiamenti climatici di questi ultimi 40 anni abbiano già indotto mutazioni genetiche al limite dell’incredibile, perché avvenuti in tempi brevissimi su scala evolutiva. I due scienziati, avevano notato che molte specie animali, per adattarsi ai cambiamenti del clima, avevano modificato abitudini di vita e comportamenti, spostandosi verso le zone polari nelle loro migrazioni, oppure riproducendosi in anticipo nella stagione primaverile. Ma studiando più a fondo il problema hanno scoperto che all’origine di quelle che sembravano semplici modalità di adattamento comportamentale, c’erano modifiche genetiche ereditarie per adattarsi e rendere più adatti i propri discendenti a un clima e un ambiente diverso da quello dei progenitori.Lo scoiattolo rosso del Canada, per esempio, si riproduce in anticipo per adattarsi alla sua fonte di nutrimento: con i cambiamenti del clima, le pigne degli abeti e delle altre conifere, sua principale fonte di cibo, sono infatti disponibili in anticipo, in primavera. Anche la cincia ha mutato le sue capacità riproduttive, deponendo in anticipo le uova e covandole prima per far coincidere il periodo di schiusa con la massima abbondanza di vermi e bruchi, di cui si nutre. Vermi e bruchi, con il cambiamento climatico, hanno anticipato a loro volta la riproduzione in primavera. Gli insetti di nord America, Europa e Australia si sono già adattati: i moscerini della frutta si riproducono prima perché la frutta matura prima, mentre le zanzare si sono adeguate al diverso contesto climatico per garantire successo ai ritmi larvali.Le variazioni del clima influenzano tutte le specie viventi. «E là dove non hanno la capacità di elaborare informazioni e di decidere azioni in maniera consapevole, come possiamo fare noi, non resta che rispondere ‘istintivamente’ a questi cambiamenti. La risposta forse più evidente è quella della ‘fuga’ da zone divenute inospitali. Ma per molte specie ciò risulta difficile e allora non resta che cercare di adattarsi in loco, magari sfruttando la capacità di cambiare i propri comportamenti, come abitudini alimentari e cicli del letargo» spiega Pasini, autore di Kyoto e dintorni, i cambiamenti climatici come problema (Franco Angeli).
«Una strategia con dei limiti, raggiunti i quali l’unica risposta è quella dell’adattamento genetico, evolutivo, come fanno in tempi brevi per esempio patelle e vongole, ma non l’uomo. Noi non possiamo basarci sulla speranza di un’evoluzione genetica, che per noi ha tempi lunghissimi, ma su una evoluzione culturale. L’unica per ora che ci consenta di rimediare ai danni fatti all’ambiente».
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