08 MARZO 2010

TUSCIA WEB
8 MARZO 2010
 
CHIUDONO IL BECCO ALLE GALLINE CON LA COLLA
 
Ronciglione (VT) - Succede a Ronciglione, dove quattro giovanissimi sarebbero stati denunciati per maltrattamento di animali. Il gruppetto, secondo gli investigatori, sarebbe entrato di nascosto in un pollaio, nelle campagne ronciglionesi, per poi accanirsi sulle povere galline.Agli animali sarebbe stato serrato il becco con la colla. Un gesto a metà tra il sadismo e la ragazzata, che tanta sofferenza è costato alle galline.Il fatto sarebbe stato denunciato dal proprietario degli animali che, dopo aver rimosso la colla dai loro becchi, riuscendo, con fatica, a dissigillarli, ha sporto denuncia ai carabinieri.
LA ZAMPA.IT
8 MARZO 2010
 
Gru trapassata dai pallini anche se la stagione della caccia è chiusa
In Calabria, sopraviverà ma non potrà tornare in libertà
 
 
 

Il tipico verso familiare riempie l’aria e ci fa alzare gli occhi verso il cielo. Sono loro, le gru che nella classica formazione stanno migrando passando sulla Calabria. Una di loro è stata trovata gravemente ferita a Belmonte: trasportata nel centro di recupero animali selvatici del Cipr è apparsa subito come un esemplare giovanissimo, con la zampa destra e l’ala destra passate da parte a parte dai fori di pallini.
Compromesse per sempre. Eppure la "Gru Grus grus" è specie protetta: è un uccello grigio argenteo e nero dalle grandi dimensioni, dal lungo collo e dalle zampe lunghe che in volo tiene distese; migra in stormi in formazioni tipicamente riconoscibili a V o lineari ed è tanto, tanto vocifero. Insomma, è impossibile confonderlo con altri uccelli cacciabili. E tra l’altro la stagione di caccia è chiusa. Scarse le possibilità di restituire alla vita selvatica l’animale, che pure sopravviverà, ma lontano dal cielo per sempre.

OMNIA PRESS

8 MARZO 2010

 

Bocconi avvelenati: strage di cani alle Eolie

 

Lipari (ME) - Una petizione sarà inviata al sindaco di Lipari, al prefetto di Messina e all'Azienda sanitaria provinciale dopo la strage di cani uccisi da bocconi avvelenati nella maggiore delle isole Eolie. “Nelle ultime settimane – si legge - si è verificata una moria di cani nella zona di Calandra. Sono stati avvelenati attraverso esche miscelate con veleni letali, tali da provocare convulsioni e fino a condurre alla morte. Non si può tollerare di risolvere in tal modo il serio problema del randagismo, sostituendosi agli enti preposti”. Nella petizione si segnala anche il pericolo per la salute pubblica, soprattutto per i bambini che potrebbero ingerire i veleni dispersi nell'ambiente o miscelati ai bocconi. Viene dunque sollecitata “una forte azione preventiva e repressiva, tale da assicurare con rapidità la soluzione definitiva ad una pratica illegale e pericolosa che, oltre a rappresentare una grave minaccia per gli animali domestici e selvatici, è civilmente inaccettabile”.


TRENTINO

8 MARZO 2010

 

Bocconi velenosi, pericolo per tutti

 

RIVA (TN). Il sindaco e il Servizio Veterinario dell’Azienda Sanitaria non devono assolutamente prendere sottogamba la strage di mici randagi registrata nei giorni scorsi nel parco del Lido, precisamente a sud dei campi da tennis, dove una colonia di questi animali abbandonati viene regolarmente accudita dalle cosiddette «gattare». Sono state proprio queste ultime - Carmela Di Lernia e Gerdi Obermaier - a denunciare (anche ai carabinieri) l’atroce uccisione di questi gatti tramite bocconi avvelenati, dopo l’ultimo episodio che ne ha visti morire quattro in un colpo solo.  Ora, questa crudele strage, è all’attenzione allarmata del Coordinamento Animalisti Trentini. Tramite il segretario Antonio Russi e la presidente Ivana Sandri, il Cat non si limita ad esprimere solidarietà alle signore «che amorevolmente da molti anni curano ed alimentano questi animali», ma rammenta alle autorità - appunto il sindaco e il servizio dei veterinari - la necessità di dare piena applicazione, anche per l’episodio di Riva, ad un’ordinanza del sottosegretario al Ministero della Salute, l’on.Francesca Martini.  L’ordinanza in questione - che è del 18 dicembre 2008, con successivi aggiornamenti - fa notare che la presenza su qualsiasi territorio di esche e bocconi avvelenati e tossici «rappresenta un serio rischio per la popolazione umana, in particolare per i bambini» e determina una pericolosa «contaminazione ambientale». Prescrive quindi al veterinario di darne immediata comunicazione al sindaco e a quest’ultimo «di dare disposizioni per l’apertura di un’indagine», di intensificare i controlli e di «attivare tutte le iniziative necessarie alla bonifica dell’area interessata».  Il Coordinamento Animalisti Trentino ritiene che queste procedure vadano applicate tempestivamente anche per la barbara strage nel parco del Lido, a Riva. «Auspichiamo anche - spiega Antonio Russi - che le forze dell’ordine si adoperino in tutti i modi per smascherare gli autori della barbara uccisione dei gatti. Gli autori sono persone che non si curano delle sofferenze da loro inflitte agli animali, o ai bambini che dovessero raccogliere e maneggiare le pericolosissime esche avvelenate».  I protezionisti lanciano infine un appello, invitando chiunque possa fornire informazioni utili all’individuazione dei responsabili, a rivolgersi anche in forma anonima alle Forze di polizia. «Basta telefonare - conclude Russi - ai numeri 113 e 112, oppure al Comando Vigili Urbani di Riva (0464 573870). Tutto può servire a rintracciare questi ignobili individui. Il Cat si augura che le indagini per smascherare queste persone diano i frutti sperati e che la magistratura emetta nei loro confronti una severa condanna che serva da monito anche ad altri».


ON TUSCIA

8 MARZO 2010

 

LAV SOCCINI "CONTINUANO LE SEGNALAZIONI DI ANIMALI IMPALLINATI E AVVELENATI"

 

TARQUINIA - Di seguito una nota di Christiana Soccini (responsabile territoriale Lav Onlus). “Continuano numerose le segnalazioni di gatti e uccelli impallinati da colpi di carabina e notizie di cani avvelenati nelle zone urbane (Civita Castellana, Montalto di Castro, Viterbo).Fortunatamente sono fenomeni che sempre più persone considerano odiosi e che sempre più spesso vengono denunciati.
L’uso di armi da fuoco nei confronti di animali è punibile penalmente dalla Legge 189/2004 che non ne ammette il maltrattamento o l’uccisione. Chi viene condannato rischia fino ad un anno e mezzo di carcere o una multa fino a 15000 euro. L’uso di armi (incluse balestre o armi ad aria compressa) in aree urbane è vietato dalla normativa vigente in materia di attività venatoria (L. n.157/1992) ed è classificabile anche come atto di bracconaggio se effettuato in zone urbane, su specie non cacciabili e in periodo di divieto venatorio.In genere gli animali feriti non muoiono subito e, se non curati, si spengono fra atroci sofferenze. Il consiglio da dare a chi si trovi coinvolto in un esperienza del genere è quello di sporgere denuncia in ogni caso e anche semplicemente contro ignoti. Ciò servirà nel tempo a dare almeno un segnale al legislatore e all’intera comunità locale della necessità di intervenire e monitorare anche rispetto a questi fenomeni degenerativi.
Nello stesso modo patiscono gli animali che cadono vittime dei bocconi avvelenati. Per questo detestabile fenomeno vige un’Ordinanza ministeriale (18.12.2008 e succ. mod.) che impone ai medici veterinari di segnalare immediatamente tutti i casi anche di solo sospetto di avvelenamento ai sindaci i quali, a loro volta, avvertite le forze dell’ordine, debbono intervenire sulle aree interessate con bonifiche tese ad allontanare qualsiasi potenziale ulteriore danno e apporre avvisi evidenti che ne segnalino la contaminazione.La tempestività della comunicazione e la modalità di operare congiuntamente possono evitare l’avvelenamento di bambini e altri animali oltre alla contaminazione ambientale. In questo caso il cittadino coinvolto nell’avvelenamento del proprio animale è obbligato a sporgere denuncia all’autorità giudiziaria (Polizia, Carabinieri, Polizia Urbana, ecc.). Ad ogni buon conto la denuncia appare un obbligo, se non altro morale, verso tutti quegli innocenti colpiti da tanta crudeltà”.


MOLFETTA LIVE

8 MARZO 2010

 

Cani, la solita crudeltà dell'uomo. Ma stavolta finisce bene

 

 

 

Molfetta (BA) - Questa volta raccontiamo una storia che ha il sapore di una triste favola, benché abbia un lieto fine.
Tutto nasce alla fine dell’estate scorsa, quando una signora, stanca del suo cane (un cucciolo di cocker di sette mesi) decide di sbarazzarsene. Non si rivolge, però, a qualche associazione o a dei veterinari, semplicemente lo butta via, nel senso letterale del termine.
Decide di buttarlo in un cassonetto per i rifiuti. La sorte della bestiola sembra segnata.
Passa qualche ora e, fortunatamente, prima dell’arrivo dei mezzi della municipalizzata, un passante sente un lamento provenire dall’interno del cassonetto. Apre il contenitore e recupera il cagnolino.
Grazie al microchip si risale agli intestatari che avevano deciso di sbarazzarsene in maniera così crudele.
Ne è seguito l’immediato il passaggio di proprietà ed il cocker ha trovato una nuova casa.
La storia, però, non finisce qui. La famiglia molfettese, dopo soli quattro mesi, acquista presso un negozio cittadino, un altro cucciolo di cane, questa volta uno shih-tzu.
La cosa, però, non è sfuggita ai volontari del Wwf.
Il responsabile, Pasquale Salvemini e il comandante la stazione dei Carabinieri di Molfetta, m.llo Patruno, sono riusciti a convincere i coniugi a cedere il cucciolo, questa volta in maniera legale. Tutto questo dimostra come sia ancora fondamentale un maggiore impegno da parte di tutti contro gli abbandoni ed i maltrattamenti agli animali.


TRENTINO

8 MARZO 2010

 

Uccide cervo con la pistola, arrestato

 

MONCLASSICO (TN). Gocce di sangue fresco. Su un piazzale, a 50 metri da un’abitazione privata. Sufficienti per far capire agli agenti del corpo forestale provinciale che lì era stato ucciso un animale. Con una pistolona, una calibro 357 modificata con silenziatore. In carcere il bracconiere.  Una operazione antibracconaggio importante, quella di ieri mattina, da parte degli agenti del Corpo forestale provinciale. Il primo arresto dell’anno, avvenuto durante il periodo di divieto assoluto di caccia. Si tratta di Q.M. (queste le iniziali dell’uomo fornite dagli inquirenti), residente a Monclassico. Deve rispondere di detenzione di arma non denunciata, senza matricola, alterazione e modifica di arma da sparo. Oltre ai reati legati alla caccia.  Gli agenti della forestale della stazione di Dimaro, ieri mattina, erano impegnati nella consueta attività di contrasto al bracconaggio. Su un piazzale, l’agente Mauro Baggia, con il custode forestale Alberto Stanchina, in servizio congiunto sul territorio di Monclassico, si sono bloccati. Tracce di sangue fresco e pelo di cervo. I due agenti hanno preso i loro due cani e li hanno incitati a cercare. Nel giro di pochi minuti, i due cani da traccia si sono fermati davanti ad una casa, davanti alla quale era parcheggiato un fuoristrada. All’interno, altri segni inequivocabili dell’uccisione di un cervo. A questo punto, gli agenti, supportati dal responsabile della stazione forestale, ispettore capo Zambelli, e dall’agente Stefano Manini, con il coordinamento del capo dell’ufficio forestale di Malé, vice questore aggiunto Fabio Angeli, hanno iniziato la perquisizione dell’abitazione del sospettato. All’interno è stato rinvenuto un maschio di cervo, già sezionato, con un palco con 11 punte. Mancava però l’arma. Le armi denunciate e regolari non avevano sparato. Alla fine è stata ritrovata una pistola calibro 357, senza matricola, modificata con silenziatore di 60 centimetri e cannocchiale di precisione. Da qua, l’arresto.


LA VOCE DEL NORD D'EST
8 MARZO 2010

 

Trento, Bracconiere da dieci anni a Monclassico: arrestato

 

Cristian Zurlo

 

Trento - Un bracconiere individuato a Monclassico, un cervo abbattuto, una pistola modificata e munita di silenziatore. E' il risultato di una brillante operazione del Corpo forestale provinciale che si è conclusa con l'arresto di un uomo

E' stato così rinvenuto un maschio di cervo palcuto con 11 punte le cui spoglie erano gia' in fase di sezionatura. I controlli hanno portato anche al ritrovamento di una pistola Thompson calibro 357, senza matricola, modificata e adattata a portare un silenziatore artigianale e un cannocchiale di precisione. Il personale del Corpo forestale provinciale ha provveduto al sequestro dell'animale e dell'arma, operando l'arresto di Q. M. residente a Monclassico e non più in possesso del porto di fucile da circa 10 anni.
Nel corso di un' ordinaria operazione di vigilanza e controllo del territorio, il personale del Corpo forestale della Provincia autonoma di Trento, presso la Stazione forestale di Dimaro, ha portato a termine una brillante operazione di contrasto al bracconaggio.
L'agente forestale Mauro Baggia con la collaborazione del custode forestale Alberto Stanchina, in servizio congiunto sul territorio del Comune di Monclassico, hanno rilevato una traccia di sangue e di pelo di cervo. Grazie anche all'impiego dei loro cani - in particolare la femmina Laika (si chiama Lapua ed ha due anni e mezzo) dell'agente Baggia è addestrata per le attività di monitoraggio dell'orso - , i forestali sono riusciti a giungere nei pressi di una abitazione all'esterno della quale era parcheggiata una vettura fuoristrada. Dentro il mezzo sono state trovate altre tracce di sangue e dei residui di pelo.
A questo punto, gli agenti, supportati dal responsabile della Stazione forestale, ispettore forestale capo Zambelli, e dall'agente Stefano Manini, con il coordinamento del capo dell'Ufficio forestale di Male', vice questore forestale aggiunto Fabio Angeli, hanno intimato l'apertura dell'abitazione e quindi provveduto alla perquisizione.


L'ECO DI BERGAMO
8 MARZO 2010
 
Romano, troppi conigli nel parco
«Retata» della polizia con i furetti
 
Un furetto impiegato retata di Romano
 
Romano di Lombardia (BG) - Polizia provinciale, soci dell'ambito territoriale caccia della Bassa e furetti: tutti insieme per una retata di conigli selvatici a Romano di Lombardia, nel piccolo parco di via dei Pioppi. Sabato mattina il gruppo si è riunito per dare la caccia (innocua) agli animali, ormai abituati alla presenza dell'uomo: oltre ai conigli selvatici, il parco è popolato anche da animali da compagnia di cui qualcuno si è voluto disfare.
Una retata senza sparare fucilate o fare del male alle bestiole; alla fine ne sono stati presi una quindicina di dimensioni varie che sono stati liberati poco dopo lungo le rive del fiume Serio, dove già vivono delle colonie di conigli selvatici. I furetti sono stati utilizzati per stanare i conigli dalle tane e poi catturati con delle piccole reti a forma circolare.
E' stato il Comune di Romano a ordinare l'intervento perché «nel parco questi conigli inevitabilmente sporcano, e siccome ci vanno a giocare i bambini era diventata una questione di igiene» sottolinea l'assessore all'Ambiente del Comune, Eva Pescali della Lega Nord. Nella zona del parco di via Pioppi restano ancora tanti conigli, per cui alla prima retata di sabato mattina ne seguiranno altre per poter traslocare l'intera colonia in posti in cui queste dolci besiole non daranno fastidio a nessuno.
http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/121093_furetti_e_poliziotti_a_caccia_di_conigli/

IL PICCOLO TRIESTE

8 MARZO 2010

 

Salvate 2 caprette cadute in una grotta

 

Sgonico (TS) - Due caprette tibetane precipitate in una grotta carsica sono state salvate ieri dai volontari del Soccorso alpino e speleologico che si sono avvalsi della preziosa collaborazione di Omar Marucelli, il giovane proprietario di un gregge di pecore di razza carsico istriane. È stato lui a calarsi in profondità e a tranquillizzare i due animali. Poi ha fissato attorno ai loro corpi «l’imbrago» usato per i cani da valanga. Questa procedura ha consentito agli speleologi un facile ricupero. L'insolita operazione di soccorso si è snodata ieri tra le 12.30 e le 16 sulle pendici Sud del monte Lanaro, nel territorio del Comune di Sgonico. L’allarme, lanciato da due escursionisti, era rimbalzato nella Stazione della Forestale e da qui al Soccorso alpino e speleologico e al Distaccamento dei Vigili del fuoco di Opicina. «La prima capretta, un animale da compagnia, era bloccata a otto metri di profondità su una piccola cengia. L’altra era invece sul fondo della grotta, profonda una quindicina di metri. Nella caduta si era spezzata la mandibola» ha spiegato Omar Marucelli, aggiungendo che i due animali, del peso di 25-30 chili, erano finiti in quella pericolosa posizione probabilmente mentre cercavano di mangiare delle foglie di edera di cui sono molto ghiotte. Secondo l’allevatore che le ha raggiunte e salvate le due caprette tibetane - una bianca, l’altra marrone chiaro - erano presenti in quella zona del Monte Lanaro da una quindicina di giorni. «Ho notato le loro tracce sul terreno, è difficile sbagliare». In altri termini il proprietario con buona probabilità le ha abbandonate, anche perché, se fossero fuggite da un recinto o da un giardino o da una stalla, qualcuno le avrebbe cercate annunciandone la scomparsa e chiedendo collaborazione. Invece non è accaduto nulla di tutto ciò e solo i disperati belati di ieri mattina, raccolti da un gitante, ne hanno rivelato la presenza nella profonda grotta. Sono animali da compagnia, né da latte, né da carne, e ora, dopo le cure del caso, saranno date in affido a qualche persona di buon cuore in grado di ospitarle in uno spazio adeguato al loro stile di vita. «Se non troveremo un veterinario disponibile a curare subito la capretta con la mandibola spezzata, terrò nella mia stalla entrambe le due bestiole. Con la ripresa del lavoro non sarà difficile superare questo impasse» ha aggiunto Omar Marucelli. L’operazione di ricupero alle pendici del Lanaro, alla quale hanno partecipato una quindicina di volontari, non è stata dissimile a quella del 14 febbraio scorso, quando gli stessi speleologi avevano tratto in salvo un cane precipitato nell’abisso di san Lorenzo, sul ciglione Nord della Val Rosandra.


ANMVI OGGI

8 MARZO 2010

 

GATTI RAPITI PER SANGUE: ESPOSTO CONTRO AIDAA

 

"AIDAA ha fatto un uso irresponsabile della stampa, e il suo mancato riscontro alle legittime istanze della FNOVI non solo conferma l'inconsistenza della denuncia di cui si è resa protagonista ma, allo stato, si arricchisce di un contenuto oltraggioso". Con queste motivazioni, il Presidente della FNOVI ha firmato e depositato un esposto presso la Procura della Repubblica di Roma, contro AIDAA.L'allarme lanciato a febbraio da AIDAA sul presunto utilizzo illecito di gatti di proprietà per rifornire una banca del sangue clandestina era stato seguito da un controcomunicato di ANMVI teso ad invitare la stampa a non alimentare notizie denigratorie e tutte da verificare. Il Presidente Nazionale AIDAA, Lorenzo Croce replicava che non spetta ad ANMVI "esprimere giudizi di merito ma alla procura della repubblica di Roma alla quale - dice - abbiamo inviato una denuncia circostanziata". Nella sua replica Croce confermava il contenuto della sua denuncia, "sulla quale- diceva- è aperta un'inchiesta penale". La FNOVI aveva chiesto all'associazione di ricevere evidenza delle circostanze a loro conoscenza per potersi adoperare, per quanto di propria competenza, nel caso fossero verificate e accertate responsabilità in capo a medici veterinari. Invitata a dare evidenza dei fatti, l'Associazione non ha dato riscontro.


ANMVI OGGI

8 MARZO 2010

 

FIUME PO, PRELIEVI E CONTROLLI DEI SERVIZI VETERINARI

 

Su disposizione della Protezione civile dell'Emilia Rpmagna lo stato di attenzione per il Po è mantenuto fino ad oggi. Ma il Servizio veterinario dell'Usl di Ferrara continuerà a prelevare i campioni dei molluschi e proseguirà l'attività di controllo anche nei prossimi giorni, secondo il programma straordinario concordato con la Provincia.L'area Sanità pubblica veterinaria dell'Azienda USL esegue sin dal 1997 un'attività di monitoraggio delle zone di produzione molluschi bivalvi vivi, effettuando campionamenti per controlli di natura microbiologica, biotossicologica e chimica. Dal 2004 ha ratificato con la Provincia una convenzione per l'applicazione del D. Lgs 152/99, incrementando ulteriormente i controlli. Si hanno quindi a disposizione centinaia di dati pregressi che permettono di affermare che la realtà relativa ai contaminanti ambientali, ed in particolare ai composti derivati dagli idrocarburi, è stata di tutta sicurezza: i valori nei molluschi ferraresi è di circa mille volte inferiore rispetto ai limiti di legge. Nei prossimi giorni, con il ricevimento dei risultati delle analisi sui campioni giornalieri eseguiti in più stazioni, dopo lo sversamento di idrocarburi nel fiume Po, si procederà al raffronto tra i dati storici e quelli rilevati in occasione dell'attuale emergenza.Lo sversamento di 600 mila litri di idrocarburi nel fiume Lambro ha creato una vera emergenza per la fauna acquatica. Molte le specie a rischio, tra cui aironi, gabbiani, folaghe, germani e gallinelle d'acqua. Abbiamo effettuato un lavoro immediato di coordinamento insieme ad alcune associazioni animaliste per recuperare la fauna in pericolo- afferma il Garante per la Tutela degli Animali, Gianluca Comazzi. Inoltre per gli animali che non sono riusciti a sopravvivere, il Comune di Milano ha disposto il recupero delle carcasse attraverso il supporto dell'Asl veterinaria di Milano.


IL TIRRENO

8 MARZO 2010

 

Con Le Cirque du Soleil effetti in technicolor e numeri da brividi

 

Gabriele Rizza

 

FIRENZE. E’ la macchina spettacolare più famosa e funzionale al mondo. Un organismo che lavora tutto l’anno sotto ogni latitudine. Spesso su commissione. Quando c’è da inaugurare un’Olimpiade o da festeggiare un centenario. Un colosso del divertimento planetario attorno a cui oggi ruota un sistema di oltre 5mila persone (quando nacque nel 1984 erano 73). Casa madre in Canada, a Montreal, “dependance” a Tokio, New York, Las Vegas, Dubai, Orlando. La formula è semplice, il successo garantito.  Dal primo spettacolo montato a Quebec City per celebrare i 450 anni della scoperta del Canada, il Cirque du Soleil non si è più fermato e non ha perso un colpo. La fiaba sposa il teatro, l’artigianato si coniuga con gli effetti speciali, la sorpresa diventa un corpo che lievita nell’aria e compie evoluzioni impossibili, il vecchio circo si trasforma, non cambia pelle ma solo il nome e diventa “nouveau cirque”. Che altro non è se non lo spettacolo viaggiante che esce dal tendone, viaggia sui Tir, sostituisce le roulotte con le camere d’albergo, occupa i palasport e rinuncia agli animali.  Diciotto anni dopo il debutto, e con 11 milioni di spettatori alle spalle, il titolo che più di ogni altro ha segnato e fatto conoscere stile e marchio del Cirque du Soleil, quasi una sorta di manifesto programmatico, “Saltimbanco”, arriva in Italia e farà tappa per la prima volta a Firenze, al Mandela Forum, dal 24 al 28 marzo (il 26 e 27 doppia replica alle 16 e alle 20, info 055 667566).  Ambientato in una città ideale, lo spettacolo è una incandescente sequenza di numeri, acrobazie mozzafiato, giochi di prestigio, claunerie, danze sul trapezio, volteggi, equilibrismi, balletti aerei, passaggi sul filo, una fantasmagoria di luci e colori, senza un attimo di tregua, che trascina lo spettatore, spesso col fiato sospeso, in una altra dimensione, quella che lascia le porte aperte all’immaginazione, al sogno, alla libertà.  Anche “Saltimbanco”, che pure è il titolo meno tecnologico del Cirque, il più vicino all’idea di circo come esibizione di prove di forza e di abilità, vanta numeri da capogiro. Per trasportarlo da una città all’altra servono dodici autotreni e per farlo ogni sera, montarlo e smontarlo, ci vogliono un centinaio di persone, la metà artisti (compresi cinque musicisti e due vocalist), il resto tecnici, attrezzisti, macchinisti, datori luci ma anche sarti, costumisti, truccatori, fisioterapisti, assistenti di scena, accompagnatori, interpreti e addetti alla cucina. La grande famiglia di “Saltimbanco” vive praticamente in comunità, si allena tutti i giorni per diverse ore, ha un’età media di 25 anni, più ragazzi che ragazze, tutti rigorosamente single perché sempre in tour.  Ci sono russi, bulgari, ungheresi, americani, brasiliani, australiani, mongoli, francesi e c’è una sola italiana, Elisabetta La Commare, specialista in “boleadores”, specie di “lazo” inventati e usati in Argentina dai cacciatori nelle pampas che volteggiano per l’aria e rimbalzano a terra con impeccabile precisione. Il fondatore del Cirque si chiama Guy Lalibertè. Come un destino segnato.


COME DON CHISIOTTE

8 MARZO 2010

 

COME TI ERUDISCO IL PUPO: LA CORRIDA ALLE ELEMENTARI

 

 

Questa la devo proprio raccontare.

Mi metto lì, armata di santa pazienza, per far fare i compiti a quello sfaticato di mio figlio, e scopro che — fra le altre cose — deve leggere e completare pagina 129, sezione “Informazione - Cronaca” (libro «Mille e una storia - Sussidiario dei linguaggi - classe V» a cura di Eva Pigliapoco, diretto da Luigino Quaresima, Gruppo Editoriale Raffaello).
Tale pagina, dunque, riporta un articolo del quotidiano “la Repubblica” intitolato «La vita dei bambini toreri: record di incassi, ma tanti rischi» (in Messico, per la precisione), e narra appunto di uno di questi ragazzini che, benché ferito gravemente da un toro, ha insistito per poterlo uccidere etc.
Le uniche domande relative al testo proposto, raccolte sotto il titolo «Per riflettere su se stessi» sono:
“Hai mai sentito parlare della corrida o hai mai visto questo spettacolo?”
“Cosa pensi di questa sfida fra uomo e animale?”
“Cosa pensi del fatto che anche i ragazzini possano lottare in un’arena contro un toro?”
Ora, considerando che persino la Spagna stessa dibatte in questi giorni sull’abolizione o no della corrida — che presenta un enorme carico di crudeltà pregresse a carico dell’animale, e che in nessun modo al giorno d’oggi può configurarsi come una “sfida fra uomo e animale” —, mi pare non soltanto che la questione sia malposta; ma anche che tutta la faccenda sia estremamente diseducativa.
E mi chiedo come sia possibile educare le nuove generazioni al rispetto della vita dei senzienti non umani se persino un libro di testo delle scuole elementari sceglie, fra le mille opportunità possibili per insegnare come si fa cronaca, proprio la corrida presentandola ancora come uno “spettacolo”, una “sfida”, una “lotta”, e non menziona neppure vagamente tutto quello che c’è dietro — e che tutto è tranne che educativo o pedagogico.
Più di quarant’anni fa il mio sussidiario delle elementari si limitava a dire che l’uomo è padrone del Creato — ma era quarant’anni fa, appunto, e non c’era ancora il movimento di liberazione femminile, figuriamoci quello animale!, e quella cattolica era ancora religione di Stato… Forma a parte, la sostanza non è cambiata di molto.
Alessandra Colla


IL GAZZETTINO

8 MARZO 2010

 

Gli svizzeri ieri hanno bocciato (col 70,5% di no) in un referendum

 

BERNA - Gli svizzeri ieri hanno bocciato (col 70,5% di no) in un referendum, la proposta di inserire nella Costituzione federale l'obbligo per tutti Cantoni di istituire un "avvocato degli animali", un "difensore civico" incaricato della loro tutela nei casi di maltrattamento o per altre infrazioni alla severa legge sulla protezione animali. Solo il Cantone di Zurigo ha creato questa funzione, fin dal 1992, ma gli altri non ne hanno l'obbligo.Per il governo e per la maggioranza dei partiti di destra e centrodestra, che hanno fatto campagna per il no, bastano le severe norme esistenti sulla tutela degli animali.Gli svizzeri spendono l'equivalente di 460 milioni di euro all'anno per soddisfare la loro passione per gli animali La legge sulla protezione degli animali punisce per esempio i padroni di pesci rossi che li gettano vivi nel gabinetto, o i pescatori che lasciano trote e lucci agonizzare. Prescrive inoltre che gli animali «sociali» come i criceti o le cocorite siano sempre accompagnati da un partner, non lasciati in gabbia a intristire nella solitudine.


IL SECOLO XIX

8 MARZO 2010

 

Gli svizzeri dicono no all'avvocato per gli animali

 

GINEVRA. Gli svizzeri hanno bocciato ieri a stragrande maggioranza in un referendum l'istituzione della figura di difensori civici per gli animali maltrattati, ritenendo che la legge in vigore garantisca già la protezione di mucche, cani, gatti, pesci rossi e altri animali vari.
Il "no" ha vinto in tutti i cantoni, con il 70,5% contro il 29,5% dei "sì", al termine di un'intensa campagna in un Paese dove gli animali sono tra i più protetti al mondo.
Il referendum per istituire in ogni cantone un "avvocato" d'ufficio per le bestie era stato proposto dalla Società svizzera per la protezione degli animali. Tale figura esiste attualmente solo nel cantone di Zurigo, nel 1992.
Gli svizzeri, che spendono l'equivalente di 460 milioni di euro all'anno per soddisfare la loro passione per gli animali, hanno seguito così le raccomandazioni del loro governo e dei partiti di destra, che considerano sufficiente la legge in vigore dal 2008.
La legge sulla protezione degli animali vieta per esempio ai proprietari di pesci rossi di gettarli vivi nel gabinetto e prescrive che gli animali «sociali» come i criceti o le cocorite vengano acquistati in coppia.


IL GIORNALE

8 MARZO 2010

 

La Svizzera boccia l’«avvocato bestiale»

 

NINO MATERI

 

Cani, gatti e animali domestici vari si difendono benissimo da soli. Insomma, non hanno alcun bisogno che un principe del foro difenda i loro diritti. Almeno così la pensano gli svizzeri che hanno bocciato, a stragrande maggioranza, l’istituzione dell’«avvocato bestiale»: che non è il soprannome appioppato al difensore più scarso del tribunale, ma la figura giuridico-istituzionale che quei buontemponi degli animalisti elvetici sognavano di istituire in tutti i cantoni.
Invece i cittadini hanno messo a cuccia un referendum che neppure i radicali italiani hanno mai immaginato: il «difensore civico per le bestie maltrattate», una sciocchezza bella e buona; tanto che la proposta è stata rispedita al destinatario.
Gli svizzeri, quindi, adorano più la cioccolata e gli orologi di quanto amino i bau bau e i micio micio? Neanche per sogno. La verità è che gli svizzeri ritengono che la legge in vigore garantisca già la protezione di cani, gatti, tartarughine, criceti, fino all’ultimo dei pesci rossi. Insomma, una legislazione all’avanguardia che sembra scritta dal commissario Rex in combutta con Noè, Rin Tin Tin e Furia cavallo del West e, ovviamente, il proprietario della mucca bianco-lilla della Milka...
Il «no» ha vinto in tutti i cantoni, con il 70,5% contro il 29,5% dei «sì», al termine di un’intensa campagna in un Paese dove «gli animali sono tra i più protetti al mondo». Appunto, allora che bisogno c’era di questo referendum?
Fatto sta che la consultazione per istituire in ogni cantone un «avvocato» d’ufficio per le bestie era stata proposta dalla Società svizzera per la protezione degli animali, tale figura esiste solo nel cantone di Zurigo, nel 1992.
Gli svizzeri, che spendono l’equivalente di 460 milioni di euro all’anno per soddisfare la loro passione per gli animali, hanno seguito così le raccomandazioni del loro governo e dei partiti di destra, che considerano sufficiente la legge in vigore dal 2008.
La legge sulla protezione degli animali, per esempio, vieta ai proprietari di pesci rossi di «gettarli vivi nel gabinetto» e prescrive che gli animali «sociali» come i criceti o le cocorite siano sempre «accompagnati da un partner».
La solitudine - si sa - è una brutta bestia...


LA ZAMPA.IT

8 MARZO 2010

 

L'avvocato che difende mucche e conigli

La sfida di un legale svizzero, ma un referendum ha negato alle animali il diritto a un “difensore civico”

 

FRANCESCA PACI

 

DALLA CORRISPONDENTE A LONDRA
Se c’è qualcuno in Svizzera che ieri sera ha brindato alla sconfitta del referendum per istituire il difensore civico di cani e gatti è certamente Patrick Ginger, lo sfortunato trentaquattrenne di Horgen, un piccolo villaggio vicino a Zurigo, finito in tribunale per aver pescato un portentoso luccio da dieci chili. Non che s’aspettasse d’entrare nella leggenda accanto al vecchio e il mare di Hemingway, ma addirittura un processo. Roba da vero fantambientalismo se ad aspettarlo al varco non avesse trovato Antoine Goetschel, il paladino di serpenti, criceti, cavalli, l’unico avvocato al mondo ufficialmente specializzato in diritto degli animali.
Quando ha scoperto che il gigantesco pesce s’era dibattuto almeno dieci minuti prima di arrendersi all’amo assassino, Goetschel ha impugnato la legge contro la crudeltà sostenendo che l’uomo avrebbe dovuto tagliare subito la lenza per evitare al luccio di soffrire. Ha perso la causa, ma non la grinta. Neppure oggi che i suoi connazionali hanno deciso che uno come lui è già abbastanza.
Il referendum è stato comunque un successo - dice l’avvocato -, la strada è aperta e non si potrà tornare indietro. Prendere i pescatori, che si sentivano impunibili: ora sanno che possono finire davanti al giudice».
Dopo essere passati alla cronaca per una peculiare allergia all’Islam, bocciando in massa la costruzione di nuovi minareti, gli svizzeri si sono pronunciati su un referendum altrettanto controverso. Perché per quanto valide fossero le motivazioni dei promotori della Swiss Animal Protection, che avevano raccolto le 100 mila firme necessarie, restava forte l’obiezione dell’Unione Democratica di Centro, contraria a una spesa inutile in un Paese già molto avanzato nel rispetto degli animali. Così, alla fine, oltre il 70 per cento dei votanti ha detto no, il sistema funziona bene così com’è.
«Certo, in Svizzera c’è già una legge, ma protegge solo i vertebrati, gli unici a cui è riconosciuta una certa sensibilità» osserva Antoine Goetschel, classe 1959, vegetariano, amante dei cuccioli di ogni specie pur senza possederne alcuno.
L’unico al mondo
Quando ha cominciato a occuparsi della questione con il primo dei suoi quindici libri non aveva grande concorrenza ad eccezione della corte britannica che nel 1822 aveva approvato un avanguardistico «Act to Prevent the Cruel and Improper Treatment of Cattle» e di Peter Singer, il professore di Princeton considerato il precursore moderno del movimento per i diritti degli animali.
Era il 1987, nel 2007 avrebbe esordito, pioniere, nella difesa degli indifesi, quello che sarebbe diventato presto un terzo del suo lavoro attuale: «Gli animali sono la parte più debole della società, in teoria li amiamo tutti ma prendersene cura è diverso». Da allora rappresenta tra i centocinquanta e i duecento clienti l’anno, l’intera galassia zoologica ma soprattutto cani, mucche, gatti, maiali.
Metà tariffa
Adesso Goetschel resta l’unico, zero concorrenza: «Non lo faccio per denaro, per difendere gli animali vengo pagato 200 franchi svizzeri l’ora (120 euro), la mia parcella di solito è il doppio». Ma vuoi mettere la soddisfazione di punire chi scarica la propria frustrazione su un coniglio? «Una volta feci condannare una donna che teneva in casa in condizioni pessime 150 gatti - racconta -. Era povera e pagò solo 30 franchi perché la multa è proporzionale al reddito, ma potevano essere 1000». Nel 2008 la Swiss Animal Protection ha calcolato 5000 casi di abusi, mille in più del 2007.
Le «altre» minoranze
E gli altri? Donne, bambini, anziani, immigrati. Antoine Goetschel non li dimentica: «Ogni violenza è gravissima, perseguire anche quelle sugli animali renderà la società migliore». Bisognerà aspettare il prossimo referendum: Patrick Ginger può ancora sfidare il libro dei record.


CHIGACO BLOG

8 MARZO 2010

 

L’avvocato dei polli

 

MARCO MURA

 

Poche ore fa, è stato respinto con una schiacciante maggioranza di voti contrari (il 70,5% del totale) il referendum indetto in Svizzera avente a oggetto l’obbligo di istituzione da parte dei Cantoni di un avvocato degli animali con mandato per difendere gli “interessi” degli animali vittime di maltrattamenti in sede processuale penale. L’indicazione del Consiglio federale e quella del Parlamento era quella i respingere l’iniziativa, non ritenendo necessario alcun rafforzamento delle norme vigenti. Ma quanto è giusto parlare di “diritti” degli animali, in realtà?
A desiderare l’estensione a tutti i 26 cantoni di questa istituzione – che costa ogni anno 80mila franchi al contribuente cantonale – attualmente esistente solamente nel cantone di Zurigo (dove solo nel 2008 i tribunali zurighesi hanno emesso ben 190 sanzioni penali) solamente socialisti e verdi.
Particolarmente contrari all’iniziativa referendaria, gli allevatori e gli agricoltori elvetici, da anni bersaglio facile di speculazioni e montature messe in atto dalle associazioni animaliste, timorosi della possibilità di querele infondate e procedimenti gonfiati. E ben consapevoli di come quello che i sognatori vorrebbero realizzare per decreto, sia già la realtà quotidiana del mercato: più una bestia è curata, più è alto il suo prezzo. Quale migliore incentivo?
La catena alimentare non è la crudele invenzione di “avidi capitalisti privi di scrupoli”: è la condizione della vita sulla terra. E chiunque non sia in grado di accettarla – si perdoni la durezza con cui si fa notare questo dato di fatto – è libero di agire come meglio crede per quanto lo riguarda. Quello che davvero non si riesce a giustificare, invece, è la pretesa di imporre per legge il proprio punto di vista agli altri.
È facile oggi che giovanotti e signorine che non hanno (per loro fortuna) avuto modo di conoscere la durezza dei tempi di guerra – durante i quali non era troppo raro che toccasse a cani e gatti, quando andava bene, a topi nella maggior parte dei casi, placare i morsi della fame di chi aveva perso tutto – confondano gli animali “umanizzati” per puro divertimento su fumetti e cartoni animati con quelli della vita reale, per poi giungere a confuse confusioni emotive che scavalcano come nulla fosse l’altra componente fondamentale che fa dell’uomo quello che è: la ragione.
Secondo un interessante punto di vista, i prodromi di questa “moderna” rivolta contro il mondo com’è sempre esistito vanno ricercati nel panteismo e nel neo-paganesimo insiti in un ecologismo che ha assunto forti tinte religiose, a colmare il vuoto creato dal progressivo abbandono delle religioni tradizionali. Un ecologismo che, scrive l’autore cattolico francese Laurent Larcher «considera il cristianesimo una religione da superare per (ri)trovare il senso della natura. L’antiumanesimo insito nell’ecologismo è legato a un profondo anticristianesimo». (Il volto oscuro dell’ecologia. Che cosa nasconde la più grande ideologia del XXI secolo?, Lindau, 2009, p. 215)
Una religione colpevole di avere applicato pienamente il comandamento: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogate e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che cammina sulla terra». Il che è sostanzialmente conforme con le altre religioni del Libro, le quali – seppure con limitazioni mai dovute a motivi morali, bensì a motivi squisitamente pratici (come la sconsigliabilità del consumo dell’altamente deperibile carne di maiale in ambienti caldi, per rifarsi a quella più conosciuta) – non hanno mai pensato di limitare l’attività di sfruttamento di tutte le risorse disponibili sulla terra se non a motivi di praticità (economici, potremmo dire oggi).Con formula ruvida ma efficacie, Murray Rothbard si dichiarava ben disposto a riconoscere i diritti degli animali nel momento in cui essi li avrebbero rivendicati presentando una petizione in tal senso. Cosa che – a ragione, evidentemente – escludeva, proprio in virtù e a conferma dell’impossibilità di considerare questi nostri pari. (L’etica della Libertà, capitolo 21 , I “diritti” degli animali). E facendo notare anche, anticipando una prevedibile e scontata obiezione, che sebbene vero che neppure gli infanti siano in grado di rivendicare i propri diritti, questa non è che una condizione passeggera, in quanto – adulti senzienti in fieri – non ci vorrà molto prima che lo siano.
Non va neppure ignorato che gli animali, non soltanto non rispettano i diritti e le pretese dell’uomo, ma neppure quelle degli altri animali stessi. D’altro canto, è vero che non c’è nessuna crudeltà nel gesto del lupo famelico che sbrana la prima pecora che gli capita sotto tiro: è la natura che ha disposto che così debba accadere. Il che è la stessa cosa che vale per l’uomo, con l’importante differenza, certo, che costui è un essere indeterminato (per cui può decidere ad libitum se cibarsi di carne ovina, bovina, equina, e via discorrendo, secondo le preferenze individuali e gli usi delle diverse società) e razionale (e dunque… trova più sicuro e soddisfacente macellare, lavorare e cucinare prima di nutrirsi).
Non si capisce davvero, considerando questi semplici aspetti fondamentali, quale considerazione si potrebbe riservare alle presunte pretese degli animali. Una seria introspettiva sul proprio essere e un’onesta riflessione razionale sul creato e sulla loro natura non dovrebbero lasciare spazio per dubitare dell’unicità dei tratti distintivi di socialità e razionalità del genere umano, che ne giustificano la presenza centrale e unica sulla terra. Per non parlare dell’incoerenza di chi distingue tra animali commestibili e non, tra animali da macello e animali da compagnia e, soprattutto (e per fortuna, visto che la malsana alternativa potrebbe essere quella di chi non fa differenza tra il coccolare un buffo micione e aspettarsi le fusa da un alligatore incattivito!) non propone il divieto assoluto di uccisione di qualsiasi bestia.
Parlare di “diritti degli animali” (in termini penalistici, quindi) anziché di diritti dei proprietari di animali (e dunque, in termini privatistici) si inserisce pienamente e aggrava ancora di più la confusione odierna in materia di diritti e della loro assegnazione. La tutela migliore e più razionale che un animale può avere è quella i essere considerato non un’entità para-umana a sé dotata di dignità propria, bensì la proprietà di un essere umano, e beneficiare della dignità che esattamente tale status le garantisce. I nemici dell’istituzione cardine di qualsiasi società libera e prospera sono astuti e subdoli. Ma amare la libertà significa anche non lasciarsi commuovere da situazioni emotive create ad arte e smascherare sempre la natura illiberale e contro ragione delle loro macchinazioni.
In un mondo positivista e legalista sarà forse da ingenui ostinarsi a credere e difendere il diritto naturale e il contesto umanistico antropocentrico da cui esso scaturisce. Ostinarsi a ignorare o sminuire le differenze che fanno dell’uomo qualcosa di diverso e superiore rispetto a una scimmia, un cane o un topo, è sicuramente da polli. Come si sa, animali non esattamente rinomati per la loro “intelligenza”.


LA ZAMPA.IT

8 MARZO 2010

 

Due terzi degli italiani contro la caccia

Pur di non sostenere un candidato favorevole alle doppiette, 4 su 10 pronti a cambiare voto

 

ANTONELLA MARIOTTI

 


Uno degli ultimi sondaggi Ipsos ha trattato un argomento che infiamma gli animi sotto campagna elettorale in modo trasversale a partiti e ideologie: la caccia. Enpa, Lav, Legambiente, Lipu, Wwf hanno, attraverso l’Ipsos, chiesto agli italiani delle tredici regioni chiamate al voto, cosa pensano dell’attività venatoria e se avrebbero votato un candidato favorevole alla caccia. I risultati faranno infuriare i cacciatori: quattro su dieci cambierebbero voto.
E ancora: solo un terzo degli italiani è favorevole o «neutrale» nei confronti della caccia, a prescindere dallo schieramento politico. E di questi, meno di uno su dieci è «assolutamente favorevole». Le associazioni venatorie da mesi protestano, dicono che la legge italiana non è al passo con quella europea e preparano per martedì una manifestazione di protesta a sostegno anche del decreto passato in Senato, il vituperato (dagli animalisti) articolo 43 che amplierebbe i tempi di caccia. A quel decreto è contrario l’81% degli italiani e favorevole solo il dieci, il resto non se ne occupa.
Su quanto approvato dal Senato solo il 3% degli elettori Pdl è d’accordo con il proprio partito e ritiene le regole odierne troppo rigide, ma nella stessa area politica per quasi la metà (47%) «la caccia è un’inutile crudeltà che andrebbe vietata». Questo valore va sommato al 28% che vorrebbe regole più rigide e, solo per questo caso sommato anche al 20% che ritiene la legge attuale equilibrata. Siamo quasi alla totalità: 95%. La parte più interessante però arriva alla dichiarazione di voto: «Due terzi si dichiarano “contrari” o “totalmente contrari” - spiegano le associazioni - se i candidati proponessero regole a favore della caccia (66% fra gli elettori di centrodestra e 75% di centrosinistra). E se il candidato che si vuole votare proponesse interventi a favore della caccia cambierebbero voto: il 34% nel centrodestra e il 43% nel centrosinistra».
Insomma una débâcle per i cacciatori che in queste ultime settimane si stanno impegnando per fare accettare le loro posizioni, sentendosi discriminati. Federfauna scrive di «razzismo verde» mentre Sergio Berlato deputato Pdl al parlamento europeo e sostenitore della caccia dichiara ai giornali: «Facciamo lobby con agricoltori e chi si occupa di animali».
«Le opinioni degli italiani sulla caccia - concludono Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia - non lascia spazio a dubbi: i contrari sono una maggioranza schiacciante e trasversale di cui i partiti e i gruppi politici dovrebbero prendere atto».


Animalieanimali

8 MARZO 2010

 

CACCIA, ITALIANI CHIEDONO STOP A NORME ANTI FAUNA
“Alle regionali gli italiani non votano chi è contro la natura”.

 

“La stragrande maggioranza degli italiani è contro la caccia e dice un forte no alla legge che estende la stagione venatoria”. E’ il dato più generale che emerge dal nuovo sondaggio realizzato da Ipsos per Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia.
“Il sondaggio Ipsos su “Le opinioni degli italiani sulla caccia” –dichiarano Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia - non lascia spazio a dubbi: il 79% dei cittadini considera la caccia una crudeltà da vietare o da regolare più rigidamente, mentre l’80% la vorrebbe vietare nei terreni privati senza l’autorizzazione del proprietario (il noto articolo 842 del Codice Civile). Ancora, l’84% degli italiani darebbe la licenza di caccia solo a 21 anni con ritiro ai 70, mentre l’86% è favorevole ad aumentare la distanza di divieto di caccia dalle case e dai sentieri degli escursionisti. Il 71% degli italiani chiede poi di limitare la stagione venatoria ai soli mesi di ottobre, novembre e dicembre e il 77% chiede il divieto assoluto di caccia gli uccelli migratori.Nettissimo anche il dato relativo all’articolo 43 della legge Comunitaria, approvato in Senato e ora in discussione alla Camera, che permetterebbe l’estensione della stagione venatoria oltre gli attuali limiti 1 settembre – 31 gennaio. In questo caso la contrarietà è dell’81% degli italiani, che dunque si oppongono ad ogni ipotesi di allungamento della stagione di caccia, ad esempio ai mesi di agosto e febbraio.
“Si tratta di una maggioranza schiacciante e trasversale – commentano Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia - di cui i partiti e i gruppi politici, a partire da quelli della Camera dei Deputati dovrebbero prendere atto, anzitutto sopprimendo l’articolo 43 della Legge Comunitaria, ora all’esame delle Commissioni della Camera. Una norma che ha prodotto dure proteste e contestazioni e che in effetti, secondo Ipsos, soddisferebbe solo il 3% degli elettori della maggioranza di Governo e il 2% dell’opposizione. Ma è in generale ogni tentativo di estensione dell’attività venatoria, a partire dal disegno di legge Orsi, che vede la netta contrarietà del Paese. E’ ormai chiaro che tra gli italiani vi è un sentire comune e sempre più diffuso verso la tutela degli animali e dell’ambiente, il quale non può non trovare una fedele rappresentazione in Parlamento e tradursi in provvedimenti a favore della natura”.
Molto importante il responso anche nelle tredici Regioni al voto, tema al quale è dedicata una specifica sezione del sondaggio Ipsos. Il 69% degli elettori si dichiara contrario o totalmente contrario ai candidati che proponessero regole a favore della caccia, e 4 elettori su 10 cambierebbero di conseguenza il loro voto. Anzi, l’89% vuole dai candidati un impegno politico e legislativo per aumentare le tutele per gli animali e la natura, con un 93% degli elettori Pdl-Lega e l’87% Pd-Idv.
Per questo Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e WWF Italia hanno chiesto ai candidati a Presidente di Regione di conoscere e indirizzare o modificare in tal senso il proprio programma di governo regionale, favorendo politiche di tutela degli animali e della natura e di protezione e gestione del territorio in linea con la cultura ecologista ormai diffusa in ogni strato del Paese.


IL GIORNALE

8 MARZO 2010

 

L’intelligenza (nascosta) dell’asino

 

MARINO SMIDERLE

 

Godega (Treviso) - Tutti qui, felici e raglianti. Senza offesa per nessuno, ovviamente. Perché, come viene ribadito nei volantini dell’antica fiera di Godega di Sant’Urbano, l’asino è un animale intelligente. Ah, be’, allora benvenuti nella città degli asini. «Pensi che Godega è un paesino di seimila abitanti - afferma orgoglioso il sindaco, Alessandro Bonet - che però si trasforma in una città da 25-30mila in occasione della sua fiera».
Sole, asini e bambini, sono questi gli ingredienti di una domenica memorabile per questa cittadina del Trevigiano ai confini col Friuli Venezia Giulia. Le macchine vengono ordinatamente fatte arrivare al parcheggio naturale, un campo di grano tagliato raso, proprio davanti all’ingresso di questa fiera che si tiene dalla notte dei tempi. È una fiera dedicata all’agricoltura e, col tempo, è diventata l’occasione per mostrare le macchine più moderne scovate da una tecnologia che ha permesso di trarre dalla terra e dall’allevamento il massimo possibile. Però da un paio d’anni c’è un ritorno all’antico e, grazie anche all’associazione Asinomondo, a Godega si sta riscoprendo l’importanza di un animale talmente trascurato e negletto da rischiare l’estinzione.
Ne hanno portati qui 150, di tutte le razze. Sì, perché anche gli asini sono di razza, mica solo i cugini nobili cavalli. Ci sono gli asini ragusani, sardi, di Pantelleria, di Martina Franca e l’elenco diventa lungo se si mette il naso fuori dall’Italia. «Non è stato facile farne arrivare 150 a Godega di Sant’Urbano - rivela Roberto Gobbi, che di mestiere gestisce un po’ il marketing di Fieracavalli di Verona - anche perché l’asino è un animale povero. Per dire, gli allevatori di asini non ci pensano nemmeno a predisporre dei van per il trasporto. Quando mai un asino va a una rassegna? Non è mica un cavallo. E invece...».
E invece le cose stanno cambiando. Già, ma a cosa servono gli asini nel terzo millennio? Domanda che sorge spontanea passeggiando per gli stand della fiera di Godega. Tra mietitrebbie sofisticate, decespugliatori elettronici e trattori col turbo, con l’asino cosa ci facciamo? «Non riteniamo oltraggiosa l’idea di poter svolgere attività professionali con l’impiego dell’asino», dicono gli amici di Asinomondo.
Ditelo a quei bambini che si stanno divertendo un mondo a scorrazzare per la fiera con quegli asinelli «docili, pazienti, intelligenti, coraggiosi, empatici, affettivi». Bastano questi aggettivi usati da «La città degli asini», centro sperimentale di formazione e ricerca sulle attività e terapie assistite con questi animali, per descrivere le prospettive di impiego per il futuro?
No, non bastano. Gobbi, che è uomo di business e che bada al sodo senza lasciarsi troppo commuovere dal raglio di un pantese, elenca tre concreti percorsi di sviluppo: onoterapia, trekking e latte d’asina.
Sul primo punto «La città degli asini» ieri ci ha organizzato un convegno dal titolo serioso, «L’asino come co-terapeuta nelle terapie e attività assistite», ma dal significato semplice: qualche patologia può essere curata, o alleviata, con questa particolare branca della pet-therapy, l’onoterapia, appunto. Lino Cavedon, psicologo dell’Ulss 4 Alto Vicentino e responsabile dell’équipe che segue il centro di referenza nazionale di pet therapy, ha spiegato che non manca molto al giorno in cui il medico di famiglia potrà prescrivere nella ricetta medica un ciclo di sedute con gli asini. «Stiamo raccogliendo evidenze mediche - dice - che dimostrino l’efficacia delle terapie. Noi abbiamo in passato lavorato con pazienti affetti da varie disabilità, autistici, anziani e bimbi che avevano subito vari tipi di abusi. L’approccio con l’animale è stato d’aiuto per fare progressi nella gestione delle difficoltà o della malattia».E poi dicono che gli asini sono asini. Ma non lo dice sicuramente Massimo Montanari, guida ambientale, che ha fatto della sua passione per il trekking un business ecologico e redditizio. «Noi organizziamo escursioni di quattro-cinque giorni - spiega -. E i nostri clienti sono i bambini. I genitori li lasciamo a casa. Carichiamo tutto il necessario in groppa all’asino e via per monti e boschi. In quei giorni, ve lo assicuro, i bimbi tornano bimbi: magari si lavano poco, rotolano nel fango, ma dimenticano telefonini, videogiochi e anche i genitori. Sempre a fianco degli amici asini».
Quanto al latte d’asina, altro business che può rendere sia in campo alimentare, visto che le particolari qualità del prodotto lo rendono molto simile al latte umano, sia in campo cosmetico, si stanno facendo passi da gigante. Il punto è che la quantità è quella che è, così alla fine il latte d’asina costa 15 euro al litro, peraltro ben spesi, assicurano i poppanti allergici al latte vaccino.
E così Godega, che aveva introdotto la fiera regalando agli alunni del paese la possibilità di andare a scuola a fianco di un asino carico delle cartelle sempre più pesanti, adesso è diventata una sorta di città-manifesto dei diritti e dei doveri dell’asino. Dopo le botte ricevute in passato, insomma, le carezze e le scuse del presente. L’asino non fa una piega, intelligente com’è. Avanti piano, col carico dei tempi. Se poi a un bambino scappa anche un sorriso, tanto di guadagnato.


PANORAMA
8 MARZO 2010
 
INTERVISTA A JONATHAN SAFRAN FOER: VORRESE FARE LA FINE DEL POLLO?
 
SILVIA TOMASI
 
“Le nostre dispense erano piene di cibo comprato d’impulso, di leccornie costose, di roba che non ci serviva. E passata la data di scadenza, buttavamo via le cose senza annusarle. Mangiare era un atto spensierato.”Alzi la mano chi non si comporta così andando al supermercato, buttando nel carrello cibi che accalappiano l’occhio e colpiscono la gola;  poi vengono smangiucchiati, sprecati, abbandonati nel frigo.Le parole di Jonathan Safran Foer, trentaduenne autore di fama mondiale per il suo romanzo Ogni cosa è illuminata, ci individuano come consumatori deliberatamente eccessivi, sostenuti dal credo dell’usa e getta.Safran Foer era come noi, poi ci ha ripensato  e quando gli è nato un figlio ha sentito l’urgenza della responsabilità di essere genitore, ha cominciato a indagare su quello che si metteva in bocca.  L’effetto di questa sua ricerca, i risultati della sua indagine sull’industria alimentare  si sono condensati come un  macigno sullo stomaco in questo libro ferocemente etico e civile: Se niente importa. Perchè mangiamo gli animali? appena edito da Guanda.[Su Safran Foer e il suo libro Se niente importa. Perchè mangiamo gli animali?, su Panorama.it anche:
-
Perché mangiamo gli animali? Il rapporto-choc sulla zootecnia di Jonathan Safran Foer.
-
Jonathan Safran Foer: ecco perché conviene essere vegetariani. Con un video dell’autore.]
Volto pulito, occhialini alla Harry Potter, a sentir parlare Safran Foer a Milano per la presentazione del suo nuovo libro, si spera per un attimo che dalla sua bocca escano storie yiddish, invece pacatezza e nitore servono per muovere inesorabili accuse alla moderna zootecnia degli allevamenti intensivi. Le sue indagini provocano  stupore e spavento, ma durante l’intervista ribadisce che non vuole persuadere nessuno a diventare come lui vegetariano:“Voglio lasciare solo un promemoria, indirizzato per prima cosa a mio figlio: mettere a disposizione  informazioni accessibili su come gli allevamenti intensivi creino animali sempre più anomali, impossibilitati a riprodursi perché tutti con un unico codice genetico, nati da inseminazioni artificiali, sottoposti a un paradossale cocktail di ormoni e antibiotici, costretti a morire in uno stato di sofferenza. Anzi l’industria ha capito che più gli animali sono malati, più sono redditizi. E noi li mangiamo”.Che dopo secoli di letteratura francamente carnalista, dalla cena di Trimalcione al Pranzo di Babette, si stia inaugurando l’era del romanzo vegetariano?
Nel suo libro non manca la dimensione narrativa, ad esempio le storie della nonna sopravvissuta alla catastrofe nazista europea e il suo mitico pollo con le carote. Attraverso il cibo passa la memoria famigliare, l’amore e le regole dell’alimentazione, la dignità e la religione. Questa eredità si può interrompere?

Ci si abbarbica all’idea che il cibo sia il veicolo di tradizione e amore. Il profumo del pollo con le carote è per me un segno olfattivo incancellabile, ma mi sono chiesto se era il pollo in sé insostituibile o i profumi della cucina, o le dita unte di grasso della nonna, pulite nel grembiule. Era una perdita culturale se  il pollo non lo si mangiava? Era semplicemente un’abitudine o veicolo dell’amore per la nonna. Ora la nonna cucina per me cose diverse. E io, in questa sua diversificazione, ho visto il veicolo dell’amore.In casa sua, come racconta, è arrivato il cane George e il suo rapporto con gli animali è mutato, ora guarda negli occhi il cane e si sente come Kafka, quando all’acquario di Berlino fissa i pesci e promette:”Non vi mangerò più!” Ci sono animali da sacrificare e altri da salvare, di cui avere biblicamente  compassione?
A me non piacciono gli animali. Io non corro per accarezzare un maialino, né voglio che gli animali siano trattati come esseri umani. Voglio che siano trattati da animali. È una questione di decenza.
Negli allevamenti dove mi sono infilato di nascosto con militanti animalisti la decenza non c’era: dentro a capannoni con luci abbacinanti c’erano polli chiusi a chiave, in gabbie dove consumano la loro vita in uno spazio non più grande di un foglio A4, resi folli, beccati, ridotti ad un ammasso, deformi e piagati, e le  stie impilate fino a dieci piani di altezza, tutto in un fetore… queste io le ritengo non solo condizioni inumane,  ma“inanimali”. Noi tutti facciamo parte del regno animale, ma se io ti do dell’animale, tu ti senti insultato.
Per lo stesso motivo, noi mangiamo animali, perché non siamo animali. Quello che voglio dire: noi non sappiamo cosa voglia dire vivere da maiale, come io non so quale sia il dolore che provi quando ti chiudi il dito nella portiera della macchina. Quando noi proviamo a parlare della sofferenza degli animali, non sentiamo fisicamente niente. Ma proviamo compassione.  Oggi dobbiamo cercare una via più generosa verso gli animali e la scienza ci può aiutare.  Non serve né un filosofo, né un religioso per capire quanto soffrano gli animali. Basta esser uomini per capire cosa capita in quei luoghi.Dopo questo libro, ci sono stati attacchi dalle lobbies della carne. Per Lei questo è un vero impegno politico?
Io non sono un attivista, né mai lo sarò. Sono un romanziere, in effetti adesso mi sono rimesso a scrivere un romanzo, ma avevo urgenza di dire queste cose, anche se é stato molto difficile. Se scrivere un buon articolo è, come si dice, cavarsi un dente, scrivere un romanzo è cavarsi un dente infilato nel pene. E Eating Animals è un molare molto politico. Basta decidere cosa mettere  nel carrello al supermercato o che piatto chiedere al ristorante. Non c’è un’azione più politica di questa.Basterà un’azione come non comprare il pollo al supermercato per cambiare qualcosa? Di fronte all’ampiezza di questo argomento che va dall’ inquinamento (all’allevamento intensivo è imputato il  20% del riscaldamento globale), alle pandemie, basta non mettere nel carrello il vassoietto di petti di pollo?
Non dico che sarebbe sufficiente, ma inizierebbe la  morte di questa industria.  Gli allevatori stessi lo dicono, “noi non alleviamo quello che vogliamo, ma quello che chiede il mercato: ora c’è la moda delle galline a terra, e le galline adesso stanno giù”, sì, nella stessa orribilità dell’allevamento impilato. Forse dopo il mio libro, lei non diventerà vegetariana, ma basta eliminare da due pasti alla settimana la carne  e l’effetto sarà come quello di togliere 5 milioni di auto dalla circolazione. O con un passo ulteriore basta lasciare la carne in quelle situazioni in cui è necessario.
Il tacchino del giorno del ringraziamento. Ma quando la carne non ha una funzione sociale, togliamola. Non occorre una lotta o una guerra. Ormai nella popolazione studentesca il 20% è vegetariano.
Qui in Italia, nella patria dello Slow food, è già nata una nuova modalità di mettersi a tavola, e si uscirà da questo monocromia dei cibi, perché assurdamente, pur essendo straripanti i supermercati, quello che si mangia  abitualmente  seduti a tavola è ridotto a poche cose. Il mondo vegetariano è molto colorato. Voglio che si recuperi l’etica del “mangia avendone cura.Intanto, in attesa della palingenesi, anche gli amanti delle costate e del pollo fritto continuano a divorare i suoi libri.
VIDEO
http://blog.panorama.it/libri/2010/03/08/intervista-a-jonathan-safran-foer-vorreste-fare-la-fine-del-pollo/

CDT.CH
8 MARZO 2010
 
La balena non si mangia più
Il 95% dei giapponesi non ha mai assaggiato la sua carne
 
Due attivisti giapponesi di Greenpeace hanno dimostrato la corruzione che sta alla base del commercio di carne di balena, ma si trovano ora sotto accusa per essersi procurati le loro prove “illegalmente”. Il processo prosegue per tutto il mese di marzo e sta suscitando vasta eco nell'opinione pubblica. Un altro aspetto, questo, della "guerra alle balene" che ci ha indotto a interpellare la nostra biologa marina di fiducia, Beatrice Jann, per cercare di dare qualche risposta alla domanda che avevamo posto agli internauti (vd suggeriti) la scorsa settimana.
I giapponesi hanno le loro ragioni per proseguire questa battaglia?"Premetto di non essere una specialista per quanto riguarda la cultura giapponese. Ho avuto modo di partecipare come ricercatrice alla riunione scientifica della IWC e ho avuto modo di parlare della questione qui in Svizzera con persone di origine giapponese.
Bisogna ricordare che il Giappone è un’isola, rimasta "isolata" fino al XIX secolo. Siamo dunque in presenza tratta di una cultura e di una mentalità spesso difficilmente comprensibile a noi occidentali. Le questioni d’onore, la necessità di mantenere “la faccia” di fronte all’avversario sono spesso fondamentali e, nonostante l’occidentalizzazione del Giappone, possono giocare un ruolo importante. La popolazione in genere ha (o almeno aveva) un atteggiamento di cieca fiducia nei governanti, un fattore - per quanto riguarda la caccia alla balena - per nulla trascurabile".
Ma... la caccia alla balena c'è sempre stata?
"La caccia alla balena ha una lunga tradizione. La dieta giapponese è povera di carne rossa, ma è ricca di prodotti vegetali e del mare. La carne di balena non era facilmente reperibile e più “sostanziosa” di quella del pesce. Veniva perciò servita solo durante pasti molto importanti acquistando così il valore di “status symbol”. La caccia industriale però, in Giappone, venne introdotta dagli Stati Uniti, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il generale Mac Arthur suggerì che per rifornire di proteine il Giappone e per portarlo al livello delle grandi nazioni industriali moderne (che a quel tempo erano quasi tutte baleniere) fosse creata una flotta di navi baleniere. Molti anziani giapponesi ricordano la carne di balena con riconos cenza visto che era servita nelle mense scolastiche per permettere ai giapponesi di sopravvivere in un paese quasi totalmente distrutto". (vd video)Questo però è il passato. Adesso?
"Le giovani generazioni non sono più legate a questi ricordi, a queste tradizioni. Secondo i risultati del Nippon Research Center del 2006, il 95% della popolazione giapponese non ha mai mangiato, o lo ha fatto solo saltuariamente, carne di balena o di delfino".
Perché allora quest'ostinazione nel voler cacciare i grandi cetacei?
"Come in qualsiasi disputa politica, prima di riunirsi al tavolo delle trattative, ognuno ribadisce la propria posizione, o la rincara in modo da avere delle carte da giocare. Probabilmente è in questo modo - e tenendo conto dell’”obbligo morale” a difendere l’onore della patria - che sono da intendere le parole del ministro giapponese Akamatsu (vd suggeriti). Nel frattemp o però la popolazione ha scoperto attraverso l’informazione da parte di ricercatori giapponesi (come riferito dal New York Times del 2009, vd link) e da attivisti internazionali, dell’alto contenuto in metalli pesanti e altri veleni, nel grasso dei cetacei e del complice/colpevole silenzio delle autorità che ne erano al corrente: una cosa inaudita per un giapponese. Inoltre il recente documentario “The Cove” (il documentario che la notte scorsa ha vinto l'Oscar; vd suggeriti: delfini contaminati dal mercurio e link, ndr) ha suscitato molta costernazione specialmente tra le giovani generazioni, che erano all’oscuro di quello che succedeva".
Prospettive future?
"Come riportato anche dal Japan Times, se la moratoria sulla caccia dovesse finalmente cadere, ma nel contempo venisse chiesto che la caccia fosse praticata in modo trasparente e senza alcun sostegno statale, visti: la crescente consapevole zza della popolazione, gli scandali che stanno venendo alla luce sulla contaminazione della carne e la corruzione che ne circonda il commercio, ebbene la caccia alla balena e ai delfini, in Giappone, sarebbe destinata in poco tempo a estinguersi da sola".

IL PICCOLO

8 MARZO 2010

 

Capo Promontore, segnalata una colonia di foche monache

 

POLA - Lo spettacolo è durato circa due ore e ha mandato in visibilio i componenti del drappello di amici, giunti da Trieste, Roma, Venezia e da varie parti della Croazia nella speranza di poter ammirare quell’abitante del mare così ombroso, sfuggente, ma dotato di un fascino speciale. A Capo Promontore (Rt Kamenjak in croato), sulla punta Sud dell’Istria, un adulto maschio di foca monaca ha fatto un autentico show, con tanto di piroette, avvicinamenti agli esseri umani, evoluzioni elegantissime. Grazie alla giornata di sole, una decina di componenti del Gruppo internazionale per la tutela della foca monaca del Mediterraneo, hanno potuto assistere a una performance indimenticabile, che li ha ripagati di anni di lavoro e sacrifici con l’apparizione di un mammifero marino che, per quanto attiene alla Croazia, fino a poco tempo fa sembrava scomparso da più di 35 anni. E invece la foca monaca (Monachus monachus) abita stabilmente le acque adriatiche e lo fa sia nelle acque istroquarnerine, sia nella Dalmazia Meridionale. La presidente del suddetto gruppo, la biologa Jasna Antolovic, nativa di Comisa (Isola di Lissa) ha assistito alla ”rappresentazione” di Capo Promontore, dicendosi felicissima: «È stata un’esperienza incredibile. L’esemplare ha giocato per due ore, avvicinandosi al nostro gruppo fino a un metro e mezzo di distanza e procurandoci emozioni molto forti. Sapevamo degli avvistamenti e per questo motivo avevamo piazzato la scorsa estate una telecamera in una grotta. Ma vedere dal vivo questo animale è stato unico. In queste acque vive una colonia composta da tre femmine, un cucciolo e il maschio visto a fine febbraio. Sembra che una delle femmine sia incinta ma non ne siamo ancora sicuri. La foca mediterranea ha bisogno di acque incontaminate e ricche di pesce, preferendo le aree tranquille e dove l’uomo non possa arrecarle fastidio». Sembrava che l’esemplare ucciso nel 1964 in Dalmazia fosse l’ultimo della specie ma per fortuna non è così. Proprio l’8 marzo dell’anno scorso un’esperta subacquea triestina, Marta Piccoli, aveva potuto nuotare per qualche minuto fianco a fianco con un esemplare femmina a Promontore. Ci sono poi conferme più che attendibili sull’esistenza di una seconda colonia nelle acque meridionali della Dalmazia. Quanto visto, fotografato e filmato a Capo Promontore ha creato i presupposti per depennare la foca monaca dalla lista degli animali estinti, compresa nel Libro rosso della Repubblica di Croazia. Il libro annovera le specie estinte o a rischio nel Paese, con la foca monaca che ora potrà invece essere inserita nel gruppo degli animali a rischio d’estinzione. Bisogna rilevare infine che questo mammifero è tutelato rigorosamente dalla legge sulla salvaguardia dell’ambiente. Uccidere una foca monaca comporta una pena pecuniaria di 100 mila kune, circa 13 mila e 770 euro.


ANSA AMBIENTE

8 MARZO 2010

 

ANIMALI: USA; OLTRE 1000 SPECIE PROTETTE MIGRATORI, NUOVA LISTA

 

ROMA - Un'aquila e' il simbolo degli Stati Uniti. E, a conferma dell'attenzione per il patrimonio aviario, gli Usa si sono dotati da tempo di istituti e organismi che tutelano e si occupano della raccolta dei dati e delle informazioni in materia. Uno dei piu' importanti, il Fish and Wildlife Service, l'agenzia statunitense che ha il compito di controllare l'avifauna migratrice, ha proprio in questi giorni reso pubblico l'aggiornamento della lista delle specie di uccelli protette dal Migratory Bird Treaty Act. La lista delle specie che risale al 1985, comprende tutte le ultime rilevazioni scientifiche sull'avifauna migratrice. Tutte le specie incluse sono considerate protette a livello federale grazie a regolamenti federali che gestiscono la cattura il possesso e ad altre operazioni come la vendita, l'acquisto, il trasporto, l'esportazione e l'importazione. I cambiamenti apportati individuano 186 nuove specie e escludono dalla lista 11. In tutto le specie protette dal Mbta arrivano ora a 1.007. La lista rivista prende atto della presenza di diverse specie di avifauna negli Usa e nei suoi territori dei Caraibi e del Pacifico oltre a registrare i cambiamenti e le revisioni che spostano alcune specie da un habitat ad un altro.


VIRGILIO NOTIZIE

8 MARZO 2010

 

Clima/ Zoo verde in Gran Bretagna, elettricità da sterco elefanti

A Paignton già si produce "in casa" foraggio per animali

 

Roma - Pulire la gabbia degli elefanti forse non è il lavoro più affascinante nello zoo di Paignton, in Gran Bretagna, ma la direzione spera che serva a tagliare bollette ed emissioni. Il progetto è di utilizzare gli escrementi degli animali per produrre biogas che può essere bruciato per generare elettricità, come racconta il quotidiano The Guardian. Paignton, in Devon, e lo zoo associato di Newquay, in Cornovaglia, hanno aderito a una campagna per ridurre del 10% le emissioni di gas serra entro fine 2010. Paignton produce già localmente, a chilometri zero, molta parte del cibo per gli animali, utilizzando un sistema che non prevede l'utilizzo della terra. Ma ha anche in programma di utilizzare i vegetali che dà da mangiare ai suoi animali erbivori, come elefanti, giraffe e rinoceronti, anche dopo che questi vengono espulsi dagli animali. Solo i due elefanti dello zoo producono due tonnellate di sterco ogni settimana. "Stiamo studiando come produrre biogas dai rifiuti animali" dice un portavoce dello zoo, "Ci stiamo pensando seriamente" aggiunge, anche se poi precisa che i dettagli non sono ancora stati elaborati. "Non va bene se significa perdere denaro". Lo zoo ha investito già 5.000 sterline per abbassare il voltaggio della sua rete da 240 a 220 volt e ha avviato una "sistema sperimentale verticale per il foraggio" che consente di coltivare vegetali destinati a nutrire gli animali, come bietola rossa, mizuna, fiori commestibili, grano e orzo. La spesa alimentare diminuirà così di 100.000 sterline l'anno, mentre si ridurranno le emissioni legate alle importazioni di cibo. Inoltre il sistema usa il 5% dell'acqua necessaria all'agricoltura convenzionale. Lo zoo, insieme a quello gemello di Newquay, è di proprietà del Whitley Wildlife Conservation Trust, un'organizzazione no profit fondata nel 1957 e "dedicata a proteggere il patrimonio naturalistico e a ispirare alle persone il rispetto per animali, piante e ambiente".

 

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