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L'ARENA
6 GIUGNO 2010
CASTELNUOVO (VR). La proprietaria: «Non è il primo caso ma tutti i miei sospetti, riferiti alle autorità, restano senza esito»
Gatta impallinata nel parco dove giocano anche i bambini
È stata colpita con pallettoni e pallini da flobert in una zona frequentata: si salverà ma forse le verrà amputata una zampa
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Provincia di Verona - Sembra essere diventato uno «sport» sempre più diffuso quello di sparare ai gatti. Uno «sport» vergognoso. Questa volta ad andarci di mezzo è stata una micia, «Clara», di tre anni, che vive con la signora Lucia Bendazzoli, 47 anni, a Castelnuovo in via Testi, 6. E per fortuna ancora una volta, come in un recente episodio a Cavaion, la gatta si è salvata, anche se malconcia.
«Ha la coda da amputare ed è a rischio amputazione anche una zampa per la presenza di larve di mosche che hanno causato una grave infezione all’arto. Ha subito la frattura della tibia e del metarso e frattura della coda e dei metacarpi dell’arto anteriore. È arrivata in forte stato di shoc, quasi morta», spiega il veterinario Stefano Fertonani, che dirige la clinica «Verona-Lago» a Lazise, pronto soccorso per animali aperto 24 ore, tutti i giorni. E di gatti «sparati», ne ha visti tanti. Clara è stata trovata dalla padrona martedì: non era tornata a casa la sera prima, nel parco pubblico denominato «parco della baita degli alpini», vicino alla chiesa in pieno centro. Qualcuno, pare, si sia «divertito» a spararle con due armi diverse, forse è l’opera di due persone: nella tibia dell’arto posteriore della gatta, la radiografia mostra un grosso pallettone, probabilmente da caccia, mentre nelle zampine anteriori, la lastra mostra una rosa di piccoli pallini, tipici dei flobert. Il reato (tale è per la legge) si aggrava, se si calcola che le è stata data la caccia in un parco pubblico e in una via frequentata da bambini e persone. «Nel giorno prima, nel parco, c’è stata una festa di compleanno di ragazzini. Non è la prima volta che succede», spiega la proprietaria di Clara. «Sono convinta di sapere di chi si tratti», dice la donna: «proprio quella persona avrebbe anche ammesso di andare a sparare nel parco per uccidere i topi. Un mio vicino che ama gli animali gli ha parlato ma non è servito. Credo sia la stessa persona che nel 2007 a sparare al mio gatto “Speedy”, scomparso poi un anno fa in circostanze sospette. Anche lui aveva gli stessi pallini nel muso: è stato operato e salvato e dalle radiografie è emerso che ne aveva altri in corpo di vecchia data». L’odissea della signora Bendazzoli sembra non finire mai. «Il 9 maggio scorso, hanno sparato nell’occhio a un altro mio gatto maschio, Alessandro, e ora il 31 maggio, alla micia. Io amo i gatti, ne ho adottato cinque nell’estate del 2007. Il primo è stato colpito davanti alla porta di casa: ho sentito dei botti verso le sei di sera, sono uscita e ho visto il gatto sanguinante. La via è anche trafficata: ci sono bambini in bicicletta, tra cui mio figlio, c’è un parcheggio e il parco pubblico di fronte». «Nei casi precedenti», continua Bendazzoli, «ho segnalato i fatti ai vigili di Castelnuovo e ai carabinieri di Peschiera, che hanno fatto controlli confermando come a casa di questa persona vi siano armi da caccia e flobert. I vigili mi hanno scoraggiato però dal fare denuncia perché, dicono, se il responsabile non è colto sul fatto, non si può fare nulla. Ma come facciamo? Non si mettono di certo a sparare davanti a noi. Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo subire e vedere i nostri animali feriti o ammazzati dalla cattiveria di qualcuno?», conclude amareggiata e arrabbiata la donna.
L'ARENA
6 GIUGNO 2010
«Una strage che sembra senza fine»
Provincia di Verona - La strage di animali è ormai un allarme nel mondo veterinario, spiega il dottor Fertonani. «Ci arrivano in continuazione da tutte le parti, almeno uno alla settimana, animali avvelenati, oltre a quelli che subiscono lesioni da armi. Fenomeno che non si sta riducendo e per il contrasto non si sta facendo abbastanza».
«Due mesi fa ci è arrivata da Lazise, una gattina cucciola, sopravvissuta per miracolo, che era stata “murata” dentro un tubo di irrigazione, con due tappi ben chiusi alle estremità. La proprietaria ha cercato per giorni la sua micetta e alla fine ha sentito un miagolio ormai flebile, arrivare dal tubo dell’acqua e ha trovato la gattina moribonda. Anche in questo caso si sospetta ma le indagini non si fanno. La gente poi, spesso non presenta denuncia, perché ha paura delle reazioni di chi ha commesso queste cose vergognose». «Non si deve mai lasciar correre», sottolinea il dottore, “perché chi compie questi atti e rimane impunito alimenta il concetto in base a cui non si rischia nulla: e la violenza viene alimentata. Fino a che non accadrà che un bambino resti ferito o ingerisca una sostanza tossica», aggiunge Fertonani. «O che qualcuno si faccia giustizia da solo: qui c’è chi viene e dice “adesso vado là e gli sparo io”. È un Far West: questa gente non si rende conto che gli animali sono dei membri a tutti gli effetti delle famiglie: sono “bambini pelosi”, “fratellini” dei nostri figli o unici compagni di anziani e quando muiono sono dei veri lutti», conclude Fertonani, stanco di vedere tanti animali soffrire per il sadismo umano. MESSAGGERO VENETO 6 GIUGNO 2010
Traffico di cuccioli: un fermo a Fernetti
TRIESTE. Nove cuccioli di cane di razza chihuahua, tutti di età inferiore ai tre mesi e in precarie condizioni igienico-sanitarie, sono stati scoperti dalla Polizia di Frontiera nascosti a bordo di un’autovettura Skoda Fabia, intercettata la scorsa notte a Fernetti, alla periferia di Trieste. Gli animali – a quanto si è saputo – viaggiavano all’interno di uno scatolone di cartone riposto nel bagagliaio posteriore dell’automobile, senza coibentazione e apparati di ventilazione. I cuccioli, che sono stati sottoposti a controlli da parte dell’Azienda sanitaria Triestina, erano sprovvisti di microchip, di documentazione sanitaria di accompagnamento, di passaporto e di relativa certificazione antirabbica. Il cittadino slovacco V.K., di 33 anni, è stato denunciato per il reato di maltrattamento degli animali, mentre i cuccioli sono stati sottoposti a sequestro sanitario. Nell’ultimo anno sono stati complessivamente intercettati, in entrata Stato, 95 cuccioli di cane di varie razze provenienti dall’Ungheria e dalla Slovacchia. In tutti i casi gli animali erano privi dei requisiti idonei per il trasporto e la vendita in Italia, nonchè il più delle volte trasportati in condizioni di sofferenza. In tale occasione le autorità comunali hanno apprezzato l’impegno profuso dagli agenti della Polizia di Frontiera, assegnando loro il premio «I buoni della strada». I cuccioli erano anche sprovvisti di microchip, di documentazione sanitaria di accompagnamento, di passaporto e di relativa certificazione antirabbica. Solo pochi giorni fa nel pordenonese erano state fermate due persone: all’interno dell aloro auto sono stati trovati undici cuccioli tutti privi di microchip o tatuaggio identificativo nonché delle vaccinazioni obbligatorie per il trasporto internazionale. IL PICCOLO 6 GIUGNO 2010
Sta migliorando Tequila, la cagnolina di 9 anni avvelenata da un boccone
Gorizia - Sta meglio Tequila, la cagnolina di 9 anni, razza Beagle, avvelenata da una polpetta finita nel giardino di un appartamento situato in via Aris. La bestiola ha ripreso ad alimentarsi e ha riacquistato gradualmente le forze, tanto da iniziare a reggersi sulle zampine manifestando una certa autonomia di movimento. Pur con le cautele del caso, i padroni confidano ora che la cagnetta possa essere considerata fuori pericolo. C’è ancora attesa sull’evolversi della situazione, tuttavia la bestiola è evidentemente migliorata. Grazie anche alla sua tenacia e alla voglia di vivere. Insomma, è tornata la Tequila di sempre, tanto amata dai bambini del palazzo, che si sono mobilitati consegnando ai padroni una letterina firmata augurando affettuosamente una pronta guarigione. La famiglia colpita dall’inqualificabile atto, ha voluto espressamente ringraziare quanti hanno sostenuto e seguito la triste vicenda. Dai bambini che, ancora una volta, con la loro dolcezza e innocenza, hanno insegnato ad avere rispetto per gli animali. Ma anche alle tante persone, compresi i vicini, che hanno manifestato grande solidarietà alla famiglia di via Aris. E, ancora, lo studio veterinario associato dei dottori Iaglitsch, Lupi e Martinelli, di via 25 Aprile, che si è preso cura della bestiola con evidente professionalità. La padrona di Tequila ha osservato: «Ringrazio anche chi ha compiuto questo ignobile gesto, perchè mi ha insegnato che possono esistere persone tanto insensibili e incivili».
IL SECOLO XIX
6 GIUGNO 2010
«Hanno rapito Tramontana», sparita la mascotte della Fiera
Appello del titolare del ristorante
Genova - C'ERA UNA volta una gatta. Al ristorante "La Marina" della Fiera del Mare non vogliono essere costretti a parlare al passato della loro mascotte, la gattina Tramontana, due anni, scomparsa il 2 giugno. Per questo il titolare Marcello Magazzù le sta provando tutte per ritrovarla, compreso un annuncio sui giornali. «L'hanno rapita - spiega Magazzù - sono sicuro, perché è una gatta molto socievole, dà confidenza agli estranei e qui il 2 giugno sono arrivate parecchie macchine per vedere le Millevele». Poi c'è un precedente: «L'anno scorso è stata presa, è sparita per un mese e poi me l'hanno riportata, perché è abituata a stare all'aperto e chiusa in casa diventa irrequieta».
L'ultimo avvistamento al bar della Fiera, intorno all'ora di pranzo. Segni particolari: una coda larga e una cicatrice sulla pancia. E poi la medaglietta con tanto di numero di telefono: «Speriamo che qualcuno di buon cuore la avvisti e ce la riporti - dice Magazzù - è amica di tutti, qui alla Fiera». In questo, e nel fatto che i gatti sanno sempre badare a se stessi, stanno le speranze del ristoratore. IL TIRRENO 6 GIUGNO 2010
SMARRITO UN BARBONCINO.
Livorno - È stato smarrito nella zona di via Mastacchi un Barboncino nero, maschio, taglia piccola che risponde al nome di Tony. Tel. 338 2088743. http://persietrovati.blogspot.com/2010/06/livorno-smarrito-cane-barboncino.html
ECOLOGIAE
6 GIUGNO 2010
La BP vieta la pubblicazione di foto di animali uccisi dal petrolio
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Quando si dice “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Secondo quanto riportato da Mother Jones e dal Daily News, la compagnia petrolifera britannica BP, responsabile del disastro del Golfo del Messico, pare aver vietato agli addetti ai lavori che tentano di risolvere il problema della marea nera di condividere le foto degli animali morti (uccisi dal petrolio) che finiscono a riva sui social network, o di passarle ai giornali.Questo controllo, che assomiglia molto ad una censura, sembra serva ai responsabili per tentare di alleggerire la propria posizione di fronte all’opinione pubblica. E guardando immagini come queste si capisce il perché di tale scelta. Ma siccome siamo in America, un provvedimento così arcaico e inadeguato non poteva passare inosservato. Un giornalista del Daily News infatti si è accorto del divieto, ed ha immediatamente accusato la BP di aver preso questa decisione perché non voleva far vedere il disastro, nella sua abnormità, al presidente Obama.
C’è molto insabbiamento da parte della BP. In particolare ci hanno informato che non vogliono circolino queste immagini di animali morti. Sanno che l’oceano ripulirà la maggior parte delle prove. E’ importante per me che la gente sappia la verità su ciò che succede qui. Per le cose che ho visto, non possono aver ragione. Tutta la vita qui fuori è affogata nel petrolio.
Il reporter americano ha poi mostrato le foto di un delfino morto già in putrefazione sulla terra, ricoperto di petrolio; pellicani con il capo coperto di sostanza vischiosa che cercano di pulirsi ripetutamente, ma senza successo; tartarughe morte e quelle non ancora decedute, ma che presto lo saranno.Kate Sheppard su Mother Jones sta tenendo la conta, purtroppo per ora ancora parziale, dei corpi degli animali morti ritrovati: 444 uccelli, 222 tartarughe di mare, 24 mammiferi. Secondo la stima effettuata dalla stessa Sheppard, come già accaduto per la catastrofe della Exxon Valdez, le carcasse della maggior parte degli animali probabilmente sono affondate e non saranno mai trovate.Fonte: [Treehugger]
IL GAZZETTINO DI BELLUNO
6 GIUGNO 2010
Quattro stambecchi liberati nel Parco
Provincia di Belluno - Quattro stambecchi si stanno ambientando in Val di Gotres, nel Parco delle Dolomiti d’Ampezzo, dove sono arrivati venerdì sera, quando era quasi buio, trasportati da Tarvisio, dove sono stati catturati.«Gli stambecchi avevano già una colonia, sulle Dolomiti d’Ampezzo, da una trentina d’anni, ma poi la rogna sarcoptica li aveva decimati – spiega Michele Da Pozzo, direttore del Parco – ed ora vogliamo tentare di ripopolarlo. Nel contempo, però, assieme all’Università di Torino, con il veterinario Luca Rossi, vogliamo anche studiare come si muove lo stambecco in una zona di roccia calcarea, diversa dalle rocce cristalline, del Gran Paradiso, che gli sono congeniali. In quanto alla rogna, abbiamo prelevato questi animali sulle Alpi Giulie, quindi a est, dove la malattia è già passata e potrebbero dunque aver sviluppato una qualche immunità».Quest’anno sono stati liberati tre maschi, due dei quali più piccoli, di due e tre anni, ed uno più grande, di cinque anni, con una giovane femmina, di due anni. Il periodo già avanzato non ha permesso di catturare e trasportare femmine gravide. «E’ stato un peccato – commenta il direttore Da Pozzo – perché il branco si forma proprio con le femmine e i piccoli. Sarà per il prossimo anno. Il progetto complessivo, con una quindicina di capi, si sviluppa in tre anni».Che cosa rappresenta, per il parco, il ritorno dello stambecco? «Sicuramente è un arricchimento. Lo stambecco è un elemento significativo, rappresentativo, non vive ovunque, sulle Dolomiti cerca le quote più alte. Per noi è un atto simbolico importante».
IL CENTRO 6 GIUGNO 2010
Capriolo soccorso da due bambini
GORIANO SICOLI (AQ). Stavano giocando in un prato mentre i loro genitori eseguivano dei lavori nel terreno vicino, quando si sono imbattuti in un cucciolo di capriolo. Nell’erba alta il cucciolo si è agitato con fare incerto. I bambini si sono allarmati: «Papà, nell’erba c’è un animaletto che non riesce a camminare. Dobbiamo aiutarlo»: è stata la richiesta dei due cugini. Poi, tutti insieme, si sono avvicinati e hanno visto che il cucciolo era troppo piccolo per camminare. Scattata una foto di rito, i due bambini hanno detto ai genitori di tornare in paese per munirsi di latte e portarlo in nutrimento al cucciolo. «Stavamo per chiamare la Forestale quando poi dal bosco sono usciti mamma e papà capriolo», raccontano Giuseppe e Domenico Ferrini genitori dei due cugini «a quel punto ci siamo allontanati per consentire alla coppia di recuperare il cucciolo. Poi con il binocolo abbiamo constatato che la madre lo ha ripreso». La Forestale e i guardiaparco raccomandano comunque di non accarezzare mai i piccoli cerbiatti, altrimenti rischiano di essere abbandonati. TRENTINO 6 GIUGNO 2010
Un gufo nella limonaia
ARCO (TN). Probabilmente era entrato nella limonaia del parco arciducale seguendo una preda, ma una volta dentro, malgrado il tetto aperto, è rimasto disorientato finendo per intrappolarsi da solo contro il plexiglass. Lì ieri mattina è stato immediatamente notato: un gufo reale non passa facilmente inosservato. I primi ad intervenire sono stati gli uomini della stazione forestale di Riva, che hanno allertato anche la Lipu. L’animale sembrava in buona salute, ma molto agitato. E’ stato «visitato» sommariamente, senza nemmeno tentare di catturarlo per evitargli altri stress. Verificato che aveva le ali perfettamente sane e non presentava segni di ferite evidenti, il custode forestale Enrico Calabri, il comandante della stazione Ezio Berteotti e il responsabile della Lipu Sergio Merz si sono limitati ad aprire la porta della serra. Spaventando il volatile in modo da orientarlo verso quell’uscita, che ha immediatamente preso, dileguandosi in volo. Da noi il gufo reale è animale raro, ma non rarissimo. Tra Arco e Riva sono noti alcuni siti di nidificazione e qualche anno fa erano stati individuati nella stessa zona dei giovani esamplari.
IL GAZZETTINO
6 GIUGNO 2010
I cani soffrono il caldo più degli uomini cosa fare (e non fare) per aiutarli
Arriva l’estate con il caldo, l’afa e l’umidità. Per il cane di città si prospetta una stagione problematica. I nostri amici con la coda infatti hanno una sudorazione molto ridotta rispetto agli esseri umani e se il controllo della temperatura corporea non può avvenire mediante la sudorazione, il loro organismo deve attivare meccanismi di termoregolazione alternativi. «Il cane utilizza due sistemi per la dispersione di calore – spiega il veterinario Costantino De Stefanis - la vasodilatazione cutanea e la maggiore ventilazione polmonare. Emettendo un quantitativo maggiore di aria riesce a perdere calore». Questo meccanismo però diventa poco efficace se il cane vive in un ambiente dove la temperatura è piuttosto elevata. Le regole base per aiutarlo a combattere il caldo non sono difficili: l'installazione di condizionatori o ventilatori risolvere il problema. E’ meglio anche evitare le passeggiate nelle ore più calde della giornata: il calore emanato dall'asfalto si ripercuote in maniera pesante sui nostri amici che, per la loro statura, sono più vicini al terreno, senza contare che qualunque sforzo fisico può rendere la loro respirazione laboriosa. Per alleviare la sensazione di calore non c’è nulla di meglio di una doccia fresca: spruzzi delicati e frequenti saranno sicuramente graditi. Attenzione ai viaggi in auto: da un punto di vista termico l’automobile può rivelarsi un ambiente critico per i quattro zampe. Sì all’aria condizionata o al ricircolo d'aria con i finestrini poco abbassati, ma è una pessima idea permettere al cane di sporgersi dal finestrino: rischia congiuntiviti, otiti o riniti.
BLITZ QUOTIDIANO 6 GIUGNO 2010
Il cane-guida sta male? Un cd con i “rumori” dell’animale per aiutare i non vedenti
Un cd audio con registrati una cinquantina di rumori più frequenti dei cani, dallo scrollone al colpo di tosse, per aiutare i non vedenti a capire se l’animale ha un qualche malessere. L’idea è di Carlo Ciceroni, veterinario della Asl di Firenze che collabora con la Scuola nazionale cani guida per ciechi di Scandicci, struttura della Regione Toscana che l’ha aiutato a concretizzare l’iniziativa.L’audiolibro, tradotto anche in inglese, della durata di 30 minuti, è il primo strumento del genere al mondo, spiega la Regione, e sarà presentato al prossimo congresso della Federazione internazionale scuole cani guida che si terrà in Canada. Nella versione italiana, la voce narrante, che spiega i vari suoni, è dell’attore e regista toscano Alessandro Benvenuti.“Lavoro ormai da una quindicina di anni con la Scuola di Scandicci – spiega Ciceroni – tenendo i corsi che precedono la consegna dell’animale. Durante le lezioni provo spesso ad imitare i suoni dei cani per far capire ai non vedenti quando ci possono essere disturbi. Alcuni di loro mi hanno suggerito che avere un supporto sonoro con i rumori dei cani sarebbe stato utilissimo. Tutto è nato cosi”.Soddisfatto anche l’assessore toscano alle politiche sociali, Salvatore Allocca, che considera la Scuola di Scandicci uno dei punti di qualità del welfare toscano: “Abbiamo la fortuna di avere in Toscana una struttura che non si limita a svolgere l’attività principale, ovvero l’addestramento e la consegna dei cani ai non vedenti. Notevoli sono l’impegno e la collaborazione, con università ed enti, per lo sviluppo di tanti altri progetti collaterali, tesi a facilitare la vita di queste persone”. La registrazione del cd audio, con i cani della Scuola di Scandicci, è stata fatta a Lari (Pisa), nello studio del fonico Mirco Mencacci, non vedente. Mencacci, si spiega ancora, è grande amico di Benvenuti e lo coinvolto nel progetto.
ANSA
6 GIUGNO 2010
Disabili: cd con rumori dei cani per aiutare i non vedenti Per capire se l'animale ha qualche malessere
FIRENZE - Un cd audio con registrati i rumori piu' frequenti dei cani, dallo scrollone al colpo di tosse, per aiutare i non vedenti a capire se l'animale ha un malessere. L'idea e' di Carlo Ciceroni, veterinario della Asl di Firenze che collabora con la Scuola cani guida per ciechi di Scandicci. L'audiolibro, anche in inglese, sara' presentato al congresso della Federazione internazionale scuole cani guida in Canada. Nella versione italiana la voce narrante che spiega i vari suoni e' dell'attore e regista toscano Alessandro Benvenuti. LA NUOVA SARDEGNA 6 GIUGNO 2010
Protesta per l'assenza del mattatoio
Jacopo Bulla
VILLAPUTZU (CA). Il mattatoio comunale continua ad essere chiuso nonostante le continue proteste degli allevatori e dei macellai. La struttura, unica in tutto il territorio del Sarrabus e del Gerrei, gestita da un privato, aveva sospeso le attività il primo gennaio per consentire la realizzazione di «necessari e inderogabili lavori» sollecitati dal servizio veterinario dell’azienda sanitaria otto di Cagliari, richiesti dopo un sopralluogo. Il gestore, che afferma di pagare un canone annuo «molto oneroso», ha chiesto al Comune, proprietario della struttura, di eseguire i lavori, il cui costo complessivo si aggira intorno ai sessantamila euro. Oltre alla manutenzione ordinaria, il servizio veterinario ha imposto la sistemazione della gabbia dei bovini e l’acquisto di due nuove pistole per l’abbattimento degli animali. Il mattatoio di Villaputzu, abilitato per macellare 20 bovini alla settimana, ha ottenuto a fine dicembre dello scorso anno il “numero Cee” che consente di esportare in tutti i paesi dell’Unione europea le carni macellate. Negli ultimi due anni le macellazioni venivano effettuate solo una volta alla settimana, il martedì. La maggiore attività si è sempre svolta nel periodo estivo e per le festività pasquali e natalizie. Attualmente gli allevatori e i macellai del territorio sono costretti a servirsi dei mattatoi di Escalaplano, Nurri e Selargius. «I costi della macellazione sono notevolmente aumentati - dice un allevatore che chiede di mantenere l’anonimato - i nostri ricavi già non renumerativi sono notevolmente diminuiti. Ci auguriamo che chi di dovere si adoperi per sistemare il mattatoio e consentire così la sua riapertura. I politici del territorio, ai quali abbiamo chiesto di intervenire per perorare la nostra causa, non si sono affatto interessati e non hanno fatto niente. Se la situazione non si dovesse sbloccare nei prossimi giorni organizzeremo delle clamorose manifestazioni di protesta. E avremo sicuramente l’appoggio della popolazione del bacino di utenza del mattatoio». GAZZETTA DI MANTOVA 6 GIUGNO 2010
Una centrale a grasso animale
Elena Bonanni
PEGOGNAGA (MN). Taglio del nastro alla Unipeg dell’innovativo impianto di biogas che produce energia dal grasso di scarto della macellazione. Il primo passo di un ampio progetto di filiera agroenergetica. L’obiettivo è sfruttare al meglio i sottoprodotti dell’attività da macellazione che oggi rappresentano un costo e incidono sulla competitività. L’impianto, costato 4,5 milioni, tratta 100 tonnellate al giorno di materiale organico di scarto generando 4 milioni di Kw di energia terminca all’anno: 1/3 del fabbisogno elettrico e 1/5 di quello termico dello stabilimento. Ma l’obiettivo è anche fare reddito per differenziare l’attività della Unipeg, cooperativa di 1.000 soci che conferiscono il loro bestiame, 390 milioni di fatturato e l’11% delle quote di mercato in Italia. In costruzione c’è un impianto di cogenerazione a olio animale che porterà la produzione a 35 milioni di Kw annui. Presente anche Giulio De Capitani, Assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia che ha erogato un contributo da 1,4 milioni. «È un impianto importante - ha detto - ottimizza lo smaltimento rifituti e va nella direzione da me auspicata. Queste produzioni energetiche devono essere intese come integrative rispetto ai più consueti redditi agroalimentari. Non si deve, per esempio, penalizzare suolo agricolo per fare impianti fotovoltaici». Per i cittadini l’impianto ridurrà poi il traffico stradale allo stabilimento del 15-20%, aspetto di particolare importanza visto che chi va alla Unipeg passa per il centro di Pegognaga. - LA NUOVA FERRARA 6 GIUGNO 2010
Urge una riflessione sul Palio che non deve rincorrere Siena
Ferrara - Accolgo con piena condivisione la cancellazione del Magistrato dei Savi, tanto più che come già anticipato non sarei più stato disponibile a farne parte. Faccio questa precisazione senza alcun accento polemico, ma ritenendo, anzi, che sia legittima la richiesta della Contrada di San Luca di inserirvi persone con maggior esperienza e senza voler salvaguardare improbabili alchimie politiche tra i componenti. Ciò premesso, credo mi si possa concedere, da semplice cittadino e sostenitore del palio, qualche personale riflessione alla luce degli ultimi eventi. Tutti abbiamo più volte sottolineato come il Palio sia la manifestazione che meglio si coniuga con le nostre bellezze architettoniche e la nostra storia più illustre, ma pur dovendo certamente rimanere cosa delle contrade e dei contradaioli, credo anche debba essere una festa di tutti e per tutti e debba contribuire a promuoverne il turismo e l’immagine della nostra città nel mondo. Solo a queste condizioni penso si possa legittimamente chiedere un maggior sforzo da parte degli enti amministrativi ai vari livelli istituzionali. Chi si è recato anche quest’anno in piazza Ariostea avrà percepito il clima di tensione e apprensione del pubblico, contrade comprese, nell’attendere la fine della corsa dei cavalli quasi come una liberazione. La stessa sensazione, posso garantire, l’hanno certamente provata i dirigenti dell’Ente Palio, gli organizzatori, i Savi e il presidente stesso, a cui le contrade, credo, farebbero bene piuttosto a manifestare una maggiore solidarietà nei momenti difficili. Nel merito della manifestazione di domenica scorsa si può certamente dire sia andata bene, malgrado lo spavento del cavallo di San Giovanni, ma la domanda che nessuno vuol sentirsi fare è: al Palio di Ferrara cosa accadrebbe nel caso di un altro drammatico incidente come quello del 2006? Partiamo allora dal riconoscere che tutte le corse, uomini o animali che siano, comportano un margine di rischio, ma anche che il Palio, senza la corsa dei cavalli, non sarebbe più lo stesso. Fatte queste premesse occorre dunque una profonda riflessione per capire se sarà possibile, in futuro, allestire una corsa dove i rischi per animali e fantini siano ridotti davvero ai minimi termini, come avvenuto nel tempo per la Formula Uno o la Moto GP grazie a innovative soluzioni tecniche. Il presupposto fondamentale comunque per raggiungere un simile obbiettivo non può prescindere da una generale assunzione di responsabilità delle contrade, che dovranno cominciare ad avere a cuore molto di più la manifestazione nel suo insieme anziché i propri colori di appartenenza. Preoccuparsi di ricorsi e contestazioni per un cavallo escluso quando si è sfiorato il disastro lo ritengo un atteggiamento miope e certamente non all’altezza della responsabilità che tutti devono dimostrare per il bene del futuro del nostro Palio. La stessa corsa delle asine, che tanto piaceva a mamme e bambini, è stata nel tempo stravolta e spersonalizzata da una crescente, quanto ridicola, smania di competizione che l’ha ridotta oggi, anche nella mossa, ad una grottesca imitazione della corsa dei cavalli. Ma prima di tutto credo che si debba partire dalla fondamentale considerazione che il Palio di Ferrara è il più antico d’Italia e che quindi non ha la necessità di guardare a Siena come punto di riferimento, ma anzi debba costruirsi una propria dimensione fondata sulle proprie peculiari tradizioni, sulla storia della propria città, sulla sensibilità dei propri concittadini e sui sentimenti delle proprie istituzioni. Rincorrere Siena significherebbe, a mio avviso, solo mettere prima o poi a serio rischio la nostra manifestazione. Occorre certamente grande attenzione e massima sicurezza per la pista, ma anche cavalli più lenti e robusti e che diano maggiori garanzie di tranquillità. Occorrono fantini che non vedano la nostra corsa come un trampolino di lancio per altri podi magari a loro più ambiti e, soprattutto, occorrono contrade che non cedano mai alla tentazione di sacrificare la sicurezza alla competitività. Con tali presupposti, forse, si riuscirebbe nel tempo a trovare quei margini di equilibrio che consentano di consolidare una manifestazione bella, divertente e godibile per tutti, tenendo ben presente che le certezze in materia credo non le possieda nessuno, ma la buona volontà per il bene della manifestazione dovrebbero possederla tutti. - Mauro Malaguti / Consigliere regionale LA NUOVA FERRARA 6 GIUGNO 2010
Palio, un progetto di legge regionale
Ferrara - Il consigliere regionale Mauro Malaguti (Pdl) presenterà nei prossimi giorni un progetto di legge regionale da sottoporre all’attenzione del consiglio per destinare fondi per la sicurezza del Palio di Ferrara. «La mia intenzione - dice Malaguti - è di premiare la peculiarità di una manifestazione popolare come il palio. Per aumetare la sicurezza soprattutto nella corsa dei cavalli occorrono nuovi investimenti per limitare al massimo i rishi che tale corsa comporta. Queste considerazioni le faccio in qualità di persona che ama il palio e che vuole bene alla manifestazione, ma al tempo stesso è necessario anche trovare una soluzione stabile a tutela di animali e fantini per non disperdere quel patrimonio positivo che è il palio». Il progetto di legge è finalizzato ad avere ulteriori fondi per il palio estense che ha più che mai bisogno in questo periodo di sostegno da parte di enti pubblici e privati per continuare a svolgere quell’importante ruolo sociale e culturale per Ferrara. CORRIERE DELLE ALPI 6 GIUGNO 2010
Liberati i primi quattro stambecchi
Alessandra Segafreddo
CORTINA (BL). E’ partito il progetto di ripopolamento degli stambecchi. Venerdì sera sono stati infatti liberati quattro stambecchi, tre maschi e una femmina, nell’area delle fontane di Gotres, la valle che sale dalla polveriera di Cimabanche verso forcella Lerosa, ai piedi della Croda Rossa. Il progetto è gestito dal Parco delle Dolomiti d’Ampezzo ed ha durata biennale. L’obiettivo è quello di ripopolare il branco presente sulle Dolomiti e che fu decimato dalla rogna sarcoptica. In due anni, una ventina di stambecchi saranno portati a Cortina. Questa prima liberazione degli ungulati doveva inizialmente comprendere 10 animali, ma i tempi erano ormai maturi e la cattura in Friuli si è rivelata più complessa del previsto. «Per quest’anno siamo riusciti a portare solo questi quattro esemplari», spiega Michele Da Pozzo, il direttore del Parco delle Dolomiti d’Ampezzo, «perché ormai è troppo tardi per catturarne di altri. L’anno prossimo, se lo scioglimento della neve ce lo consentirà, libereremo gli stambecchi un mese prima, visto che la cattura sarà più semplice. Abbiamo potuto portare solo una femmina in quanto in questo periodo sono gravide e quindi vanno lasciate stare. L’anno prossimo, intervenendo per tempo, si potranno recuperare più femmine in modo che possano partorire qui a Cortina». Gli animali sono arrivati venerdì verso sera, quando era quasi buio, per consentire loro di viaggiare con temperature non troppo elevate. A sovrintendere all’operazione di liberazione, oltre a Da Pozzo, c’erano il veterinario Luca Rossi dell’Università di Torino, alcuni agenti forestali, alcuni cacciatori e dei visitatori. Le cassette di legno che contenevano le bestie sono state posizionate a bordo del ghiaione che sale verso Lerosa e sono state aperte in contemporanea. Uno stambecco maschio di cinque anni è scappato via velocissimo, con le sue corna imponenti, e si è subito nascosto tra i boschi. Gli altri tre esemplari, più giovani, si sono invece diretti verso il ghiaione e sono stati lì alcuni minuti per poi disperdersi nella notte. All’operazione collabora la Regione Friuli. Gli stambecchi portati a Cortina provengono infatti dalla zona di Tarvisio, dove gli animali hanno superato la decimazione della rogna, e quindi dovrebbero essere immuni dalla malattia. «L’esemplare femmina», ricorda Da Pozzo, «è munita di radiocollare. Lo strumento ci servirà ad individuare il branco ed è stato messo solo sulla femmina in quanto i maschi si muovono troppo velocemente e non stanno nel branco. E’ un progetto cui teniamo molto e che ci auguriamo vada a buon fine». Il successo dell’operazione non è garantito, ma le analisi di altri progetti simili hanno offerto dati confortanti. «Per fare un primo bilancio», conclude Da Pozzo, «bisognerà attendere l’autunno e vedere se gli stambecchi che abbiamo liberato saranno ancora sul nostro territorio. Poi si dovrà attendere la primavera prossima per portare altri esemplari e fare in modo che si riproducano». LA NUOVA VENEZIA 6 GIUGNO 2010
Volpi e nutrie fanno strage nei pollai
GRUARO (VE). Corvi e nutrie nei campi, volpi nei pollai e la gente s’infuria per i danni subiti per 3000 euro, che nessuno rimborserà. Oltre centoventi capi adulti tra polli ed anatre, sbranati dalle volpi nel giro di tre giorni e la mattanza continua perché non passa giorno che la Polizia Locale non riceva una denuncia della scorribanda notturna delle volpi che, con i piccoli ormai in crescita avanzata, sono in continua frenesia alimentare. Ed a farne le spese non sono i polli, dal destino comunque segnato, ma i loro proprietari che si vedono privati di questo piacere culinario dopo averli allevati per mesi spendendo cifre consistenti per la loro alimentazione. «Dopo aver ripulito i pollai periferici della Sega, Ronci e Giai - spiega il vigile Francesco Favia - i predatori si stanno ora portando verso quelli del centro abitato, tanto che ieri notte una volpe ha attraversato la strada con la preda in bocca. Essendo la volpe una specie cacciabile per la sua cattura è necessaria una apertura straordinaria della stagione anche per evitare il fai da te della gente che potrebbe risultare ancor più pericoloso». Sul fatto interviene il consigliere della Lega Matteo Bortolussi: «Bisogna cambiare sistema perché il risarcimento del danno subito a causa di un animale selvatico, è riservato solo agli allevatori e non ai private che non hanno diritto ad alcun rimborso». IL PICCOLO GORIZIA 6 GIUGNO 2010
Cormorani e aironi contro l'invasione dal gambero killer
di CIRO VITIELLO
STARANZANO (GO) - Cormorani e aironi “scendono in campo” per proteggere l’Isola della Cona contro l’invasione del Gambero rosso delle Louisiana o ”gambero killer”, segnalato già nei giorni scorsi nella Riserva naturale regionale della Foce dell’Isonzo. Ne è convinto il naturalista Fabio Perco, direttore scientifico della Stazione biologica della Cona: i volatili si nutrono anche di pesci e gamberi e sono in grado di dare la caccia al crostaceo se la sua presenza dovesse diventare massiccia e ingombrante. Dell’esercito di “nemici naturali” del Procambarus clarkii (è il nome scientifico del gambero), oltre ad aironi e cormorani, fanno parte anche strolaghe, svassi, falco pescatore, gabbiani, sterne, martin pescatore e cavaliere d’Italia. Famiglie di volatili che stanziano normalmente a centinaia, e spesso a migliaia, nella zona del ripristino dell’Isola del Cona. L’Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia di Udine aveva confermato nei giorni scorsi che alcuni esemplari erano stati trovati nei canali che costeggiano il Brancolo Morto e il Bosco degli Alberoni, in prossimità delle ampie zone di bonifica e nei canali Fossalon di Grado. La pericolosità del gambero è dovuta al fatto che è tossico, distrugge gli argini di fiumi e canali mettendo a rischio la tenuta e l'impermeabilità, è un grande predatore di avannotti e di fauna autoctona e arreca gravi danni alla pesca. Si ripopola quattro volte in un anno sembra che prolifichi anche in acque inquinate. «Ho speranze fondate – afferma Perco – che saranno proprio le nostre le “truppe di assalto” composte da uccelli ittiofagi, quelli cioè che mangiano pesci e crostacei che popolano la nostra Riserva, a frenare la diffusione di questo gambero killer che sta mettendo seriamente a rischio la biodiversità dell’ambiente naturale. Forse proprio per la presenza di questi tipi di uccelli, la Cona finora ne è rimasta indenne. Anche se è ancora presto per dirlo. Infatti la scorsa settimana, proprio io ho segnalato all’Etp (che ha provveduto a monitorare la zona), della presenza dell’animale in qualche canale, ma al di fuori da questo perimetro. Al momento, infatti, non ci sono tecniche particolari per frenare l’incursione, in quanto non si possono usare veleni chimici che danneggiano l’ambiente naturale. Inoltre non esistono reti adatte a bloccare i loro movimenti perché, oltre a moltiplicarsi in grande quantità, si muovono tranquillamente sulla terraferma ed è impossibile fermarli». «Purtroppo – sottolinea ancora Perco – questo è un altro regalo di gente che li porta fuori dal proprio ambiente naturale. Una volta, cioè, che si sono stanzati di certi animali li gettano nei fiumi o in mare combinando questi disastri». L’ipotesi più probabile che avanzano gli esperti è che il gambero sia arrivato da queste parti o portato dall’estero e poi gettato nei fiumi, oppure è il risultato è un tentativo andato a male di far nascere un allevamento per scopi alimentari. Non è un caso, inoltre, negli specchi d’acqua vengo no trovati anche pesci esotici da persone che dopo un po’ li abbandonano. L’Ente tutela pesca su sollecitazione anche dell'assessore regionale alle Risorse agricole, Claudio Violino, sta studiando una base di lavoro generale per applicare in tutte le zone della regione una strategia comune nel caso di una disinfestazione generale.
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