IL CENTRO 2 DICEMBRE 2009
Ritrovato morto il cane randagio Belle
QUADRI (CH). E’ stato ritrovato morto nel deposito comunale Belle, il pastore abruzzese vittima di maltrattamenti, come riportato in una denuncia arrivata pochi giorni fa ai carabinieri di Quadri contro due residenti del paese. Secondo le indiscrezioni che circolano sulla vicenda, il randagio è morto in seguito a svariati traumi. Non è esclusa la morte per strozzamento. L’animale era ricercato da giorni, dopo che un residente aveva notato due persone che trascinavano a forza l’esemplare legato con una corda a un’auto in movimento. Dall’episodio è scaturita la denuncia per maltrattamenti. Intanto le indagini sono ancora in corso. Si cerca di stabilire chi ha portato il cane nel deposito e le cause della morte. Il randagio, secondo le voci raccolte in paese, sarebbe stato di indole particolarmente docile e non avrebbe mai causato problemi tanto da essere stato adottato dai bambini della scuola. GAZZETTA DI REGGIO 2 DICEMBRE 2009
Bocconi avvelenati morta una poiana A Canossa è strage
CANOSSA (RE)). Continua la strage di animali causata da bocconi avvelenati. Almeno otto i cani uccisi nelle ultime settimane a Canossa. E gli animali selvatici? E’ uno sterminio silente. E’ accaduto a una poiana trovata morente lungo l’Enza. Cristian Iotti di Correggio e Simone Ferrarini di San Polo, verso mezzogiorno, stavano percorrendo in mountain bike una strada sterrata che costeggia l’Enza vicino a Cerezzola, a caccia di immagini suggestive per un progetto di valorizzazione della Val d’Enza, quando lungo il greto hanno trovato un rapace in evidente difficoltà. L’animale, un bell’esemplare di poiana maschio, era agonizzante. I due giovani l’hanno subito portata dal veterinario di San Polo, Wolfram Heissemberg. Le sue condizioni erano disperate e per non lasciare niente di intentato è stata portata anche al Centro recupero fauna selvatica di Reggio. Ma dopo poco più di un’ora l’animale è morto. «Presentava i sintomi tipici dell’avvelenamento - spiega Mercedes Lombardo, responsabile del Centro - ma solo l’analisi necroscopica ce lo dirà. Se sarà confermato, dovremo eseguire un altro esame per stabilire che tipo di veleno è stato usato». Solo pochi giorni prima, la cagnetta Layla era morta davanti agli occhi dell’amico-padrone che la stava portando a passeggio a Borzano. «E’ un veleno così potente - afferma Heissemberg - che non lascia scampo. Mi chiedo come facciano a trovarlo così facilmente». Negli ultimi giorni sono morti anche un bracco e un setter. Il proprietario del bracco ha chiesto l’esame necroscopico dell’animale. GAZZETTA DI REGGIO 2 DICEMBRE 2009
Bocconi avvelenati, pene irrisorie per i colpevoli
CANOSSA (RE). Sono come mine gettate a casaccio lungo le strade, nei cespugli, nei campi. Chi le tocca o meglio le mangia, muore. Animale o bambino è la stessa cosa. Sono i bocconi avvelenati, pratica crudele, medievale, praticata da autentici criminali per uccidere animali ritenuti dannosi, ma anche per spaventare. Come avviene tra cacciatori che si contendono zone di caccia. L’allarme bocconi killer si ripete periodicamente in Val d’Enza ma non solo. Specie tra dicembre e giugno e ogni volta è una scia di morte: cani e gatti domestici e chissà quanti animali selvatici. Si usa di tutto: colli di gallina riempiti di stricnina, polpette e uova al cianuro. Vanno forte anche i pesticidi. Molti puntano il dito contro i cacciatori e si parla di vere faide tra quelli della montagna e della pianura. Così i bocconi vengono usati per spaventare e tenere lontani i costosi cani dei cacciatori indesiderati. ARCI CACCIA. «Non escludo che ci possano essere dei cacciatori incoscienti, ma è sbagliato identificarli come gli unici colpevoli. Ci sono stati casi di bocconi trovati quasi in città, gettati per uccidere topi o animali che a qualcuno davano fastidio». Così Demos Morellini, presidente provinciale dell’Arci Caccia, l’organizzazione venatoria più grande con i suoi oltre 800 iscritti. «Episodi del genere - prosegue - meritano solo una dura e chiara condanna. Questo fenomeno, è preoccupante. Come Arci Caccia ci teniamo in contatto con l’Ausl, i carabinieri. Tra i nostri compiti da statuto non c’è solo la pratica venatoria, ma c’è anche l’impegno a diffondere una cultura che sia rispettosa del territorio e, di conseguenza, degli animali che lo frequentano. Se ci sono episodi di rivalità tra cacciatori o atteggiamenti etici che tendono a degradarsi, state certi che l’Arci caccia farà come sempre la sua parte per combatterli». POLIZIA PROVINCIALE. Di quanto sta succedendo nelle ultime settimane nel territorio di Canossa, si stanno occupando anche i vigili provinciali. «Quello dei bocconi avvelenati, anche se in misura minore rispetto al passato - spiega il comandante Alessandro Merlo - continua a essere una piaga, sebbene con episodi più isolati anche se cruenti, come in questo caso. Una volta, però, questa prassi era molto più diffusa mentre oggi è cambiata la mentalità della gente e c’è maggiore rispetto». Cosa possono fare i vigili provinciali per arginare il fenomeno e, soprattutto, assicurare alla giustizia chi compie atti di questo tipo? «Non è mai facile, per non dire che è molto difficile se non impossibile, cogliere sul fatto chi sparge queste “esche”. E, se il fenomeno è calato, non possiamo certo assumerci noi i meriti. Per poter “incastrare” chi sparge bocconi avvelenati, infatti, ci sarebbe bisogno della collaborazione della gente, ma spesso chi sa non ha interesse a parlare. Ma, anche se avessimo a disposizione qualche nominativo, magari da seguire o perquisire, i risultati non sarebbero così scontati. Abbiamo cercato di coinvolgere le associazioni dei cacciatori, le guardie venatorie, ma il problema rimane». Cosa rischia chi viene colto in flagrante mentre sparge bocconi avvelenati? «Esistono sanzioni penali, anche se di modesta rilevanza, che vengono poi ridotte a un’ammenda pecuniaria. Dal 2005, la normativa sull’uccisione di animali, prevede anche il carcere, ma bisogna dimostrare il dolo e non è così facile. Anche se scopri una persona con le “esche” in casa o sull’auto, infatti, devi dimostrare che li avrebbe poi lanciati». In un’area dove, finora, sono già morti numerosi animali a causa di questi bocconi, non esiste un problema di ordine pubblico? «Se fosse un parco pubblico o una zona frequentata dai bambini, la situazione sarebbe di emergenza, ma stiamo parlando di un’area marginale, poco frequentata, battuta in prevalenza da animali selvatici e da cacciatori».
ORVIETO NEWS
2 DICEMBRE 2009
Inquietanti episodi di violenza sugli animali. Li denuncia una lettera firmata: un ratto bruciato in pieno Corso
Gentilissimi Direttori di Orvietonews e Orvietosi, Scrivo per denunciare un fatto che, seppur per alcuni trascurabile, trovo grave e inquietante. Vi ringrazio per l'attenzione che mi avrete voluto prestare. Cordialmente - Lettera firmata IL PICCOLO 1 DICEMBRE 2009
Lancio di petardi contro anziani e animali
Monfalcone (GO) - La battaglia di Capodanno a Monfalcone è già iniziata. A colpi di petardi, vere e proprie bombe a mano che, sparate in varie zone, si avvertono distintamente dappertutto in città. Un gioco pericoloso che coinvolge soprattutto donne anziane o giovani, cani e gatti, bersagli insomma che non possono reagire ma che rischiano grosso. Autori del passatempo gruppi di ragazzini incoscienti che si divertono a spaventare la gente senza preoccuparsi dei danni che potrebbero provocare e, comunque, dello spavento che creano. Di episodi ne sono accaduti a decine. In centro, alcuni giorni fa, sono intervenuti anche i vigili urbani in soccorso a una donna che ha rischiato l’infarto dopo essersi trovata al centro di una sorta di sparatoria. Segnalato anche il caso di una ragazza con un cagnolino al guinzaglio, centrata da un lancio di potenti petardi dalle parti di viale San Marco, da alcuni ragazzi che si sono subito dati alla fuga. Ma a essere prese di mira sono anche le cabine telefoniche o gli androni dei palazzi. Gesti inconsulti che andrebbero stroncati sul nascere. E che potrebbero costare cari anche agli stessi autori, vista la pericolosità degli ”ordigni” sparati. Sul problema, le forze dell’ordine sono state attivate. Anche se al momento non è stata presentata alcuna denuncia. «Gli autori andrebbero colti sul fatto - dicono alla polizia -. Il fatto è che le ”vittime”, scampato il pericolo, molto spesso evitano di sporgere denuncia». Va detto, peraltro, che gli autori di queste bravate rischiano una denuncia penale. In passato, nel periodo di fine anno, anche a Monfalcone si sono verificati casi di ferimenti accidentali nel maneggiare petardi di grossa potenza, quasi sempre in vendita regolare nei negozi ma a volte anche di costruzione artigianale. Importante, a questo riguardo, sarebbe un controllo capillare del territorio. LA PROVINCIA PAVESE 2 DICEMBRE 2009
Blitz nel canile, scatta la denuncia
Giovanni Scarpa
MARZANO (PV). Cuccioli troppo piccoli per essere venduti, cani tenuti in condizioni igieniche precarie. Blitz del Corpo forestale dello Stato in un canile di Marzano. L’operazione non è ancora terminata. Gli agenti stanno setacciando anche altri centri cinofili e negozi non solo in provincia ma in tutta la Lombardia. All’indagine, infatti, partecipano anche i comandi di Milano e Brescia. A finire nella rete degli investigatori, intanto, è stato il canile “Della vedova nera”, dove 28 cani sono stati messi sotto sequestro. Gli uomini del comando stazione di viale Campari, a dire la verità, già da tempo tenevano sott’occhio il posto, dopo una serie di segnalazioni che informavano sulle condizioni in cui venivano tenuti gli animali. L’irruzione, scattata l’altra mattina, ha confermato quanto contenuto negli esposti. All’interno del centro c’erano all’incirca un centinaio di cani. Tantissime le razze (taglia grande e piccola) e fra le più di moda: rottweiler, alani, pitt-bull, ma anche barbonicini e cocker. Gli agenti della Forestale, nel blitz, erano accompagnati dai veterinari dell’Asl. I quali hanno potuto accertare che circa una trentina dei cuccioli in vendita non raggiungevano l’età minima richiesta dalla legge, cioè sei mesi. Molti, hanno appurato gli specialisti controllando la dentatura, avevano a malapena tre mesi. Tutti i documenti, però, garantivano un’età superiore di quella realmente accertata. Secondo la ricostruzione degli investigatori, gli animali arrivano dall’Est Europa, soprattutto Bulgaria e Romania con “passaporti” alterati nei dati anagrafici e pedigree. Un’altra cinquantina di cani già più grandi era invece in cortiletti all’aperto, sotto la pioggia e nel fango. Secondo il Corpo forestale, la maggior parte dei documenti sono stati falsificati. Da qui la denuncia nei confronti della propriataria, per uso di atti falsi, falso ideologico e frode nell’esercizio del commercio. Ma non è finita qui. La titolare del canile dovrà anche rispondere di maltrattamento di animali, sia per quelli trovati in quarantena in strutture ritenute non idonee dagli agenti della Forestale e dai veterinari dell’Asl, sia per quelli che al momento dell’irruzione erano sotto la pioggia. L'ARENA GIORNALE DI VERONA 2 DICEMBRE 2009
MUSULMANI
Scrivo in riferimento alla festa del Sacrificio Musulmano nel parcheggio adiacente al Palazzetto dello Sport a Verona. Durante la festa religiosa avviene la macellazione a vivo e senza stordimento di agnelli e montoni, le cui carni sono distribuite agli astanti interessati. ASCA 2 DICEMBRE 2009
MACELLAZIONE CLANDESTINA: NAS DENUNCIA 16 PERSONE, 14 SONO MAROCCHINE
Roma - I Carabinieri dei NAS dislocati su tutto il territorio nazionale hanno concluso alcune operazioni di servizio, denunciando un totale di 16 persone, tra cui i titolari di 4 allevamenti ovi-caprini e 12 soggetti di nazionalita' marocchina, responsabili dei reati di macellazione clandestina e maltrattamento di animali.
LIBERO
2 DICEMBRE 2009
Nas, macellazioni abusive: sequestri e denunce in Italia
In tutta Italia i carabinieri dei Nas stanno effettuando importanti controlli sulla macellazione rituale di animali, che, in diversi casi, è stata condotta in violazione delle norme igienico-sanitarie, al di fuori delle strutture autorizzate e senza adottare preventivamente lo «stordimento». CORRIERE DEL VENETO 2 DICEMBRE 2009
«Sporcano». Mogliano arruola «accalappia-piccioni» Il sindaco Azzolini lancia la crociata anti-colombi. Che verranno esiliati in voliere di periferia
MOGLIANO (Treviso)— Fanno parte della tradizione urbana. Riempiono le piazze diventando coprotagonisti involontari d’immancabili foto ricordo, magari con piazza San Marco come sfondo. Comparse silenziose che però lasciano tracce indelebili del proprio passaggio, rovinando monumenti e imbrattando strade. Così il sindaco di Mogliano Veneto, Giovanni Azzolini, ha deciso di emanare un’ordinanza «per scacciare i piccioni dal centro di Mogliano», spiega il primo cittadino. La piazza antistante al municipio, infatti, è uno dei luoghi di ritrovo preferiti dei volatili, e si vede dalle tracce: «Ho preso questa decisione per tutelare le persone: i piccioni sono insalubri e in questo periodo, con tanti virus in circolazione, voglio difendere la salute dei miei concittadini» spiega Azzolini. «Non dimentichiamo che i loro escrementi rovinano il decoro della piazza, che siamo costretti a pulire quotidianamente con una spesa notevole per l’amministrazione: il paradosso è che, a volte, non si nota neppure l’avvenuta pulizia, visto che già dopo poche ore ci ritroviamo con la piazza sporca». L'ordinanza sarà pronta già nei prossimi giorni e prevederà anche l’istituzione dell’«accalappiapiccioni»: «Certo, non vogliamo assolutamente fare del male a questi animali», sottolinea Azzolini, già noto per i celebri cartelli antiprostitute. «Per questo arruoleremo personale specializzato che verrà istruito in maniera specifica: i piccioni verranno acciuffati e portati in zone protette, dove troveranno delle voliere. In questo modo eviteremo che ritornino in piazza potendo comunque trovare un punto di riferimento». A Natale, dunque, nessuna foto ricordo per i bambini con i piccioni in piazza dei Caduti a Mogliano: l’idea dell’amministrazione, che segue una serie di studi e ricerche portati a compimento anche a Treviso, è quella di liberare la piazza prima delle feste. «Con un notevole risparmio di soldi per i contribuenti». E la vocazione al turismo della città, con la celebre cartolina da piccionaia? Azzolini ha le idee chiare: «Meglio scattare la foto in piazza a San Marco, Venezia. Gli 'schitti', a Mogliano, non li vogliamo più». AGRIGENTO NOTIZIE 2 DICEMBRE 2009
Non ha dichiarato il falso, assolto veterinario
Provincia di Agrigento - Girolamo Raso, un veterinario dell'Asp accusato di falso, è stato assolto dal tribunale di Sciacca perchè il fatto non sussiste. Secondo l'accusa, Raso aveva redatto una nota su un canile di Santa Margherita Belice nella quale, dichiarava che gli animali erano ospitati all'interno di gabbie idonee ed in locali in discrete condizioni igieniche; tutto ciò, però, è risultato falso a seguito di un controllo da parte della guardia di finanza.
LA ZAMPA.IT
2 DICEMBRE 2009
"Salviamogli le penne, salviamoci le penne"
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ROBERTA MARESCI
Volete sapere come sta la terra? Chiedetelo al cielo. In Italia il 50% degli uccelli che nidificano è in preoccupante declino; due specie rischiano perfino l’estinzione. Ce lo dice il primo rapporto LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) sullo stato di salute dell’avifauna del Bepaese. Spie di un pianeta malato a causa di uno sviluppo senza limiti dell’intensificazione agricola, dell’inquinamento, dell’urbanizzazione selvaggia e dei cambiamenti climatici, il loro futuro è nelle nostre mani: “Salviamogli le penne, salviamoci le penne”. È lo slogan coniato dall’agenzia di pubblicità Ogilvy and Mather di Milano, che ha realizzato gli spot a titolo gratuito. Avendo mancato l’obiettivo di arrestare il declino della biodiversità entro il 2010, possiamo farlo nostro percorrendo due strade. La prima porta all’sms solidale; facendo un versamento di 2 euro al numero 48.588, dal 30 novembre al 6 dicembre. La seconda porta dritto all’acquisto di lenticchie biologiche, che i volontari LIPU offriranno nelle principali piazze delle città italiane (nel week end del 5 e 6 dicembre); in cambio di una donazione minima di 5 euro, oltre alle lenticchie, riceverete in omaggio una confezione di farro bio. «Con questa campagna – spiega Elena D’Andrea, Direttore Generale LIPU – ci poniamo l’obiettivo in particolare di salvare cinque specie: Capovaccaio, Tarabuso, Pernice bianca, Berta maggiore e Gallina prataiola. Le abbiamo scelte non solo perché sono quelle più a rischio tra le 44 nidificanti in Italia e in declino, ma anche in quanto simboli di altrettanti ambienti che sono vitali per l’uomo: il mare, la campagna, l’ambiente alpino e le zone umide. Salvare queste specie significa fare del bene a loro ma anche a noi stessi, che dalla natura otteniamo le risorse indispensabili per vivere». E se in Puglia, Sicilia e Calabria avete visto le ultime 7 coppie del capovaccaio, un piccolo avvoltoio che trascorre il suo inverno in Africa, siete fortunati: occorre reintrodurlo in natura, proteggere i nidi e gestire carnai per la sua alimentazione, facendo antibracconaggio durante la migrazione. Se un profondo uh-pumb simile ad un soffio in una bottiglia vuota vi ha destato curiosità, mentre eravate a spasso in qualche valle umida, potreste esservi imbattuti in uno dei 140 tarabusi, aironi rarissimi: occorre monitorare la loro vita e investire nelle Oasi LIPU dove è presente per la gestione di un habitat adeguato al suo nutrimento e alla sua riproduzione. Se siete pratici dell’arco alpino, avrete notato una “vittima eccellente” dal manto bianco d’inverno bianco bruno come il terreno d’estate, è la pernice bianca: occorre estrometterla dai calendari venatori. Se a zonzo per qualche costa vi è parso di udire un aiegoua-gou simile a quello di un gabbiano, che però non avete avvistato, c’era nei paraggi qualche berta maggiore: occorre identificare le aree dove riescono ancora a trovare cibo e proteggere le aree marine in cui vivono (derattizzazione, speculazione edilizia, sensibilizzazione dei turisti). Se per qualche steppa sarda avete notato un lontano parente della gru, vi siete imbattuti nella gallina prataiola: occorre ritornare alle buone tradizioni agricole, abolendo i pesticidi chimici per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione. Tutto questo si può. IL TEMPO LATINA 2 DICEMBRE 2009
Traffico illegale di uccelli imbalsamati per un valore di 150mila euro. La maggior parte degli esemplari sequestrati lunedì dagli agenti della Polizia Provinciale rientrano nella «lista rossa», ovvero quelli a forte a rischio di estinzione.
Mariangela Campanone
Latina - La tempestiva attività d'indagine degli uomini diretti dal colonnello Attilio Novelli, coordinata dal tenente Sisto Toti, ha permesso di bloccare e denunciare un imprenditore pontino di 54 anni residente a Latina. Grazie ad una segnalazione, lunedì mattina, la sala operativa della Provinciale ha inviato sei pattuglie per un totale di 12 unità a presidiare le arterie principali d'ingresso nel territorio di Latina: da una «soffiata» gli agenti avevano appreso che nella stessa giornata una persona sarebbe tornata in città con diversi esemplari faunistici, imbalsamati. Pochi elementi in mano agli investigatori, il modello e la targa dell'automobile: l'uomo è stato bloccato alle sette di lunedì sera in pieno centro storico. Dopo aver individuato il monovolume sospetto parcheggiato in via Enrico Toti, è scattata la perquisizione. Gli animali erano stipati in teghe, alcuni in sacchi sigillati con carta da imballaggio. Si tratta di nove specie: il «Germano Reale», l'«Alzavola», che rientrano in quelle cacciabili, il «Gallo Forcello», ma anche specie «particolarmente protette» come l'«Airone Bianco», il «Mignattaio», l'«Occhione», il «Fenicottero rosa», lo «Storno roseo» , il «Martin Pescatore» bianco e nero. Questi ultimi, inoltre, provengono dalla Turchia, un particolare che fa presupporre un traffico internazionale, che va ben oltre la semplice passione del collezionista. Infatti, le indagini della Provinciale, non escludono sviluppi in merito alla provenienza e alla destinazione di questi oggetti, il cui valore dipende dalla rarità dell'esemplare, ma anche dal tipo di trattamento dell'imbalsamazione. Dopo la segnalazione all'autorità giudiziaria, il 54enne è stato denunciato per i reati di ricettazione, violazione della legge sulla caccia e danneggiamento, in violazione al Testo Unico Ambientale. Con molta probabilità la merce sarebbe stata acquistata dall'uomo fuori provincia per essere rivenduta in zona. E' la prima volta che gli agenti della Provinciale effettuano un sequestro di uccelli imbalsamati. «Esiste un mercato fiorente – ha commentato il colonnello – i cosiddetti «Trofei» raggiungono cifre alte, come nel caso del Fenicottero rosa che può essere acquistato anche per 30mila euro». ASCA 2 DICEMBRE 2009
NON VEDENTI: MARTINI, ACCESSO CANI GUIDA IN OSPEDALI BATTAGLIA CIVILTA'
Roma - Consentire l'accesso negli ospedali ai cani-guida per non vedenti e' una ''battaglia di civilta''' per il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini che si impegna cosi' rispondendo all'appello rivoltole nei giorni scorsi dall'Aidaa (Associazione italiana difesa animale e ambiente) per chiedere una apposita ordinanza in materia.''La richiesta mi trova pienamente d'accordo - ha dichiarato Martini -. Si tratta di garantire l'equita', sancita dalla nostra Costituzione, a tutti i cittadini. Mi faro' quindi interprete nelle sedi piu' opportune affinche' le persone non vedenti possano essere libere, come ogni altra persona, di visitare congiunti ed amici nelle strutture sanitarie e assistenziali del nostro Paese e con i miei uffici esaminero' la possibilita' di emanare provvedimenti idonei per dare soluzione a questa che, se non risolta, costituisce una vera e propria discriminazione''. IL TIRRENO 2 DICEMBRE 2009
Uccisa una martora. È strage sulle strade
GROSSETO. Stragi di animali sulle strade della Maremma. L’allarme arriva dal corpo forestale che auspica una maggiore attenzione da parte degli automobilisti. Dopo la morte di due lupi negli ultimi mesi, a Massa Marittima e Monterotondo Marittimo, si registra, infatti, l’ennesimo episodio di una strage silenziosa di animali selvatici, vittime del traffico stradale. Un raro esemplare di martora (Martes martes) è stato difatti recuperato domenica scorsa sull’Aurelia vecchia nei pressi di Braccagni, ucciso da una macchina. E non si contano più gli esemplari di piccoli mammiferi, rettili, rapaci notturni (civette, assioli, barbagianni) che soccombono ogni giorno sulle strade, determinando nelle aree più antropizzate un vero e proprio deserto faunistico. Il Corpo Forestale dello Stato auspica «una maggiore attenzione da parte degli automobilisti, essendo gli incidenti con la fauna selvatica talvolta evitabili. In alcuni Paesi europei, più sensibili in tema di conservazione della fauna, vengono adottati particolari accorgimenti tecnici - come barriere, protezioni, attraversamenti sotterranei - almeno nelle aree naturalistiche di maggior rilievo, per garantire la funzionalità dei cosidetti “corridoi biologici” e mitigare l’effetto negativo del traffico veicolare sugli animali selvatici. BLOGOSFERE 2 DICEMBRE 2009
Addio a Tara, muore di vecchiaia l'elefante più grande dello zoo di Toronto
E' il secondo elefante a lasciare lo Zoo di Toronto. No, non si è dato alla fuga. Tara, 41 anni, la matriarca dei pachidermi, si è accasciata lunedì al suolo, non riusciva più a reggersi in piedi nella Elephant House. Ed è morta alle 11am, circondata dal personale dello zoo.Allo zoo rimangono così altri tre elefanti, Thika, Toka e Iringa. Un altro elefante, Tessa, era morto all'inizio dell'anno dopo essere stato colpito da un altro pachiderma."Tara amava farsi grattare il muso e lo abbassava ogni volta per farselo grattare" ha detto Eric Cole. Era nata nel 1974. Quasi coetanee io e lei. Anche, spero, dall'aspetto un tantino diverso. IL CENTRO 2 DICEMBRE 2009
Branco di lupi sbrana quattro pony
CAMPOTOSTO (AQ). Con l’approssimarsi dell’inverno ecco che i branchi di lupi tornano in azione. A farne le spese è stato un allevatore di pony il quale ieri mattina si è accorto che nella notte i suoi cavalli erano stati sbranati dai lupi. Il fatto si è verificato in un piccolo allevamento che si trova a Campotosto nell’azienda agricola di Giovanni Deli . I lupi, difficile per ora dire quanti con esattezza, hanno saltato il recinto nel quale si trovavano tre pony molto giovani e la madre di uno di loro e lì hanno sbranati. «Per me è davvero una tragedia», racconta l’allevatore di Campotosto, «erano gli ultimi esemplari che avevo. Non immaginavo che i lupi, evidentenente spinti dalla fame, potessero arrivare tanto vicino. In passato ho dovuto subire un episodio identico ma l’allevamento era molto più distante. Sinceramente non pensavo che il branco si potesse spingere fin qua». «Si trattava, tra l’altro», aggiunge Deli, «di esemplari di pony molto rinomati, di razza Falabella, per me il danno è notevole». L’allevatore ha poi informato del fatto gli agenti della Forestale e il Parco Gran Sasso Laga anche per fini risarcitori. Questo genere di pony, originario dell’Argentina, è particolare in quanto è una sorta di cavallo in miniatura, ed è il più piccolo al mondo e al garrese non deve superare gli 85 centimetri. «Il problema vero, al di là di questo episodio», dice Deli, «è che questa zona è infestata di animali selvatici. Infatti non soltanto dobbiamo temere i lupi ma i danni dei cinghiali non sono da meno. Infatti alcuni cinghiali oltre a devastare le coltivazioni hanno anche ucciso cuccioli di cani e animali da cortile. E’ vero che sia pure dopo una lunga istruttoria i rimborsi arrivano ma sarebbe il caso che certi fatti fossero bloccati sul nascere visto che è possibile». LA TRIBUNA DI TREVISO 2 DICEMBRE 2009
I pompieri salvano due cani intrappolati
CAPPELLA MAGGIORE (TV). Vigili del fuoco salvano due cani. Gli animali erano finiti in un container della centrale Enel, in località Castelletto a Cappella Maggiore. L’allarme è stato lanciato alle 13.45 di ieri da alcuni residenti che li avevano sentiti abbaiare insistentemente. I pompieri giunti sul posto sono riusciti a liberare gli animali. Un labrador e un bastardino erano rimasti intrappolati perché attirati da una carcassa di gallina. Le bestiole sono state recuperate sane e salve dai pompieri di Vittorio e consegnate al canile di Conegliano. L’operazione di salvataggio è durata un paio d’ore. LEGGO 2 DICEMBRE 2009
Il circo Togni in “marcia su Roma”..
Il circo Togni in “marcia su Roma” quasi fosse un’Arca di Noè: 20 elefanti, 50 cavalli e ancora tigri, cammelli, oltre ai 200 dipendenti arriveranno nella Capitale per protestare. Lo staff di American Circus, il circo diretto dalla famiglia Togni, è rimasto senza una piazza dove allestire il tendone per lo spettacolo delle feste natalizie. Ma il sindaco Alemanno assicura: «Troveremo un’alternativa». Il Circo Togni si dice pronto a sfilare per la città con animali e dipendenti perché «dallo scorso gennaio aspettiamo ancora l’assegnazione di un area dove poter installare la nostra città viaggiante». IL GIORNALE 2 DICEMBRE 2009
CONTRO I DELFINI ADDESTRATI DAGLI USA LA RUSSIA SCHIERERA' LE SUE FOCHE VECCHI METODI Un analogo programma lanciato in epoca sovietica fu abbandonato per la scarsità di mezzi finanziari
Mosca Foche contro delfini: potrebbe essere questa la risposta della Russia alla decisione del Pentagono di schierare all’inizio del 2010 delfini e leoni marini a difesa dei sommergibili nucleari nella regione di Kitsap, nello Stato di Washington. Lo sostiene il quotidiano filogovernativo Izvestia. CORRIERE DELLA SERA 2 DICEMBRE 2009
LA POLEMICA Yak sulle Dolomiti, il popolo della Rete attacca il ministro I commenti sul sito www.corrieredelveneto.it
VENEZIA — «Si vede che Zaia è un ministro leghista: fa fare a bovini extracomunitari lavori che le mucche italiane hanno rifiutato». La trasmissione satirica di Canale 5 «Striscia la notizia» punzecchia l’iniziativa del ministro trevigiano che ha avuto l’idea di portare 25 yak a Tambre, nel Bellunese. Ma gli attacchi all’esponente del Carroccio arrivano anche dal popolo della Rete. «Un ministro leghista che importa vacche extracomunitarie? E il permesso di soggiorno?», ha scritto un lettore sul sito www.corrieredelveneto.it nella pagina dei commenti. Secondo il titolare delle Politiche agricole e forestali, gli yak «sono ottimi 'spazzini delle montagne'», alludendo al fatto che i bovini provenienti dal Tibet si nutrono di falasco, che impedisce la ricrescita di altre piante foraggere. «Mi sembra una trovata pubblicitaria», scrive su www.corrieredelveneto.it Alberto: «Gli yak sono animali abbastanza aggressivi. Il nostro amico non ha capito che il turismo viene perché le nostre Dolomiti sono diventate Unesco solo per la loro bellezza... perché non utilizzare animali autoctoni come le capre?». Gli risponde a stretto giro di posta un altro lettore che cita l’esempio dell’Asinara, dove «le capre mangiano tutto ciò che cresce». C’è chi ricorda che una ventina di anni fa l’alpinista Reinhold Messner portò dall’Himalaya alcuni yak in Val Venosta e nel Cadore. E c’è chi chiede «di andarsi a guardare quanto costò il 'capriccio' di Alemanno, che, da ministro dell’agricoltura, decise di portare gli yak in Abruzzo». Il pessimista Franz37 prevede che «dopo un po’ gli animali scenderanno alle quote più basse» mentre il lettore «Colleferro» si fa una domanda: « Il ministro Zaia si batte contro i kebab perché non fanno parte della nostra tradizione. Spiegatemi allora che c’entrano gli yak con le Dolomiti?» IL TIRRENO 2 DICEMBRE 2009
I ciuchi spazzini all’isola di Gorgona
S. MARIA A MONTE (PI). Sul progetto “Asini spazzini” l’attenzione della Casa di reclusione dell’Isola di Gorgona. Una delegazione, composta dall’educatore Alessandro Cini, dal veterinario Marco Verdone, e dalla dottoranda della facoltà di medicina veterinaria, Angelica Crisci, ha incontrato il Comune di Santa Maria a Monte per l’avvio di una collaborazione funzionale all’esportazione dell’iniziativa nel carcere-isola, dove i detenuti lavorano allevando animali e coltivando la terra. Il servizio di raccolta porta a porta dei rifiuti con gli animali, che il Comune ha inaugurato nel luglio scorso, è stato seguito passo a passo dalla delegazione, accompagnata dal sindaco David Turini e dagli assessori Raffaello Corsi (ambiente), Alessandra Biondi (bilancio) e dal consigliere Fabiano Mordenti. La prima tappa, sabato scorso, è stata a Villa Mori, dove i ciuchini vengono tenuti e accuditi. Quindi il sellaggio e la messa in posa della soma con i contenitori per i sacchetti dei rifiuti. Poi via, per le strade del centro e dell’immediata periferia. L’iniziativa rientra nel più ampio e articolato progetto di rieducazione dei detenuti attraverso il rapporto con gli animali e il contatto con la natura. I cavalli - e più tardi gli asini - potrebbero essere, infatti, utilizzati non solo per effettuare la raccolta dei rifiuti ma anche per altri tipi di trasporto leggero e per la trazione agricola, con l’obiettivo di sostituire in parte i mezzi meccanici, mettendo in campo pratiche eco-sostenibili.
AGORA VOX
2 DICEMBRE 2009
Il danno in agricoltura causato dalle Nutrie: ma è davvero tutta colpa loro? L’agricoltura nazionale, già messa a dura prova da un Mercato Comune Europeo che non perdona, soprattutto grazie anche all’entrata, di paesi emergenti dell’Est, deve ora confrontarsi col fenomeno Sudamericano chiamato Nutria. Danni ingenti da Nord a Sud e provvedimenti da parte degli organi competenti che rasentano il ridicolo.
La Nutria Myocastor Coypus fa parte della famiglia dei roditori e somiglia molto ad una grande pantegana. Può raggiungere i sessanta centimetri di lunghezza più altri quaranta di coda per un peso pari a sei chilogrammi per le femmine e il doppio per i maschi. Di origine sud americana oggi è presente in tutta l’Europa, la Russia e gli Stati Uniti Meridionali. In Italia è particolarmente presente in tutta la zona della Pianura Padana fino all’Umbria. E’ stata avvistata in molte altre città italiane compresa la Sicilia. Sembra che abbia il labbro leporino dal quale spuntano due incisivi di colore arancione. Famosa la sua pelliccia, meglio conosciuta come castorino, ben fornita di una lanuggine densa e morbida dalla colorazione variabile. E’ facilmente visibile lungo i corsi d’acqua, specialmente dove la corrente è pressoché inesistente e l’ambiente è particolarmente tranquillo. Animaletto erbivoro predilige quella tipologia d’erba lattiginosa, come ad esempio i chicchi di mais prima di giungere a maturazione, oppure le risaie, le piante idrofite o i rizomi. Nidifica prevalentemente scavando tane, larghe anche cinquanta centimetri lungo gli argini, creando un vero e proprio labirinto di gallerie, indebolendo i terrapieni.
danni causati dalla Nutria: la grande abbondanza di cibo messa a disposizione dall’agricoltura permette alla Nutria di spostarsi tra raccolti e coltivazioni. La mancanza di un predatore naturale gli consente una proliferazione senza contenimento, soprattutto grazie al fatto di essere poliginico e di sottomettere quindi un quantitativo enorme di femmine, distribuite nel territorio a seconda delle caratteristiche ambientali. La sua naturale abitudine di utilizzare punti di vedetta rialzati come i nidi di particolari specie di uccelli produce effetti devastanti oltre a causare una notevole forza di disturbo verso quelle specie che sostano periodicamente negli ambienti acquatici, come ad esempio gli uccelli migratori. Le abitazioni a forma di lunghi cunicoli con camere per il parto, per il riposo e adibite a magazzino, vengono scavate lungo gli argini dei corsi d’acqua e quelli che costeggiano le strade, durante gli acquazzoni diventano un pericolo per gli automobilisti in quanto non avendo un’arginatura compatta, cedono sotto la pressione dell’acqua causando allagamenti. Il Myocastor Coypus è anche dannoso per la biocenosi acquatica vegetale poiché contribuisce in modo importante ad alterarne il biotipo. Se il terreno non è prevalentemente pietroso, tale da impedire lo scavo di tane, le nutrie si spingono anche fino a mille metri.Come diceva il buon Michele Lubrano "A questo punto la domanda sorge spontanea": com’è possibile che un animaletto originario del Sudamerica riesca, nel nostro paese, a causare tanti danni? Com’è arrivato in Italia e perché e soprattutto, com’è riuscito a riprodursi in modo così frenetico ed incontrollato sotto gli occhi di tutti? Ricordate la famosa pelliccia di castorino? Dagli anni venti circa in tutta Europa e in molti altri paesi del mondo, si è diffuso l’allevamento di nutrie per farne appunto pelliccia “economica”. Molto spesso si trattava di allevamenti a conduzione famigliare, spesso non denunciati e senza alcun tipo di controllo, giusto per arrotondare le entrate domestiche. Verso la fine degli anni settanta questo genere di attività cessa di essere remunerativo. La conseguenza è un selvaggio ed incivile rilascio degli animali nell’ambiente circostante e, la fuga degli stessi, da quegli allevamenti abbandonati, con la speranza degli ex proprietari di una fine imminente dei poveri miocastoridi. Prendono corpo le prime famigliole di nutrie, abbastanza consistenti che destano agli occhi della gente che li osserva, una certa curiosità e perplessità. In poco tempo diventeranno vere e proprie colonie ormai incontrollabili con i normali mezzi di verifica e contenimento. La reazione della comunità è stata quella di una richiesta d’intervento immediato e di contenzione del problema che di primo acchito la gente ha cercato di risolvere arbitrariamente, dando ampio spazio alla propria fantasia. Essendo impossibile una eradicazione della specie esotica, la Regione Emilia Romagna, adottando il decreto 760 del 17 ottobre 1995, ha tentato di arginare il problema promuovendo l’utilizzo di gabbie-trappola. Il sistema in questione poteva essere funzionale se le gabbie-trappola fossero state selettive. Molti agricoltori raccontano infatti di catture indesiderate come gatti, lepri, volpi e qualche altro piccolo roditore con conseguente moria di alcune specie, anche protette. Le nutrie catturate, dovevano essere condotte, a spese dell’agricoltore, presso una Stazione di Guardia Provinciale per l’abbattimento tramite gas in modo indolore. Da Mantova a Pavia, dal Piemonte al Friuli si lamentano danni ingenti di ogni tipo. La città dei Gonzaga così come quella patavina, hanno invece adottato il piano di abbattimento, il cui richiedente deve essere il proprietario del fondo agricolo dove si intende o agire, previa compilazione di un modulo, senza alcuna spesa. Il comandante della Polizia Provinciale di Vicenza informava già nello scorso aprile che i proprietari terrieri che hanno subito danni da questo animale possono ricevere un risarcimento. Per quanto riguarda il contenimento della specie è stata istituita una task force di un centinaio di uomini addestrati per l’abbattimento con il fucile di tale animale, così come previsto dalla legge.
questo punto gli animalisti insorgono presentando ricorso presso il TAR del Piemonte, il quale lo accoglie sospendendo tutti gli abbattimenti nelle zone di propria competenza. Anche l’E.N.P.A. di Vicenza ha presentato ricorso al TAR. Chiedono inoltre a gran voce che sia rispettata la legge e la legalità, molti animali catturati nelle gabbie-trappola vengono lasciati morire di stenti o addirittura annegati. Abbattere le nutrie che hanno cuccioli significa destinare ad una morte certa ed atroce anche 12/13 cuccioli per femmina, cosa assolutamente non degna per un paese che si definisce civile. Ciò che lascia l’amaro in bocca è che ancora una volta per mano dell’uomo e per meri interessi economici si passino per le armi animali con l’unica colpa di esercitare la propria natura. Ai vecchi proprietari degli allevamenti non sono mai state applicate adeguate sanzioni amministrative tali da poter almeno in minima parte riparare ai danni causati. Sembra un paradosso ma le Province di fatto ne agevolano la riproduzione consentendo l’abbattimento del loro naturale predatore: la volpe. La motivazione, anche qui, è assolutamente economica, infatti la volpe andrebbe ad infastidire i cacciatori e le loro prede. Sappiamo quale business ruoti attorno alla caccia. Vengono liberati migliaia di fagiani nei vari territori per incoraggiare il mondo venatorio e si abbattono le volpi perché nemiche dei cacciatori. Oltre a tutto ciò si è detto della nutria che è un potenziale veicolo per malattie ma in realtà non lo è più del topo o del ratto, coi quali abbiamo a che fare da sempre.
BIG HUNTER
2 DICEMBRE 2009
Puglia: si caccia lo storno dal 5 dicembre
Finalmente anche la Regione Puglia ha approvato le deroghe per lo storno. Nelle scorse settimane si sono susseguiti gli appelli delle associazioni agricole e dei piccoli coltivatori che lamentano gravi danni ai propri ulivieti e hanno presentato già le relative richieste di risarcimento.
La giunta ha stabilito il prelievo fino al 31 gennaio 2010 a partire dal prossimo 5 dicembre. Ad ogni cacciatore sarà consentito il prelievo di 20 capi giornalieri per un limite massimo di 180 capi per l'intera stagione. Il prelievo allo storno è permesso su tutto il territorio destinato alla caccia programmata, ad eccezione di boschi e canneti con il metodo dell'appostamento.Le giornate per il prelievo degli storni sono quelle previste dal calendario venatorio 2009/2010. Per l'esercizio del prelievo in deroga è obbligatorio il possesso dell'apposito tesserino predisposto dalla Regione e rilasciato dal Comune di residenza, su richiesta dell'interessato."Abbiamo adottato questo provvedimento - spiega l'Assessore regionale alle Risorse Agroalimentari Dario Stefano - per tutelare gli agricoltori dai danni arrecati dallo sproporzionato proliferare degli storni che rischiano di compromettere le colture olivicole e per tutelare la qualità di una delle nostre produzioni più qualificate: l'olio extravergine d'oliva"."In un momento di crisi quale quello che sta vivendo il nostro sistema agricolo - conclude Stefano - non potevamo non agire tempestivamente per alleggerire da un ulteriore elemento di difficoltà il lavoro dei nostri agricoltori".
BIG HUNTER
2 DICEMBRE 2009
Storno tra le specie cacciabili? La Commissione UE per il momento declina la proposta
Il problema dello storno in Italia, praticamente da tutti recepito e condiviso, se escludiamo alcuni movimenti animalisti poco ragionevoli, è stata – come noto - l'oggetto di una specifica richiesta del Ministero dell'Ambiente e tutela del Territorio presso la Commissione Europea per l'inserimento della specie Sturnus vulgaris tra le specie cacciabili, basando questa conclusione sulla Relazione Tecnico – scientifica dell'Ispra, la quale attesta sulla base di dati aggiornati (2004), un rassicurante (per non dire eccessivo) stato di conservazione della specie sul nostro territorio.Come argomenta la relazione Ispra, il Governo italiano fa notare che lo storno è già cacciabile in Paesi che per caratteristiche fenologiche e status delle popolazioni possono definirsi simili all'Italia, ossia tutti gli stati membri dell'area Mediterranea (Cipro, Francia, Grecia, Malta, Portogallo, Spagna) oltre che in alcuni paesi dell'area balcanica e centro europea (Romania, Bulgaria e Ungheria).Il permanere di questa situazione, che obbliga le regioni italiane a predisporre del fragile strumento delle deroghe, sembrerebbe di fatto un trattamento iniquo nei confronti del nostro Paese, visto che la caccia allo storno risponde agli stessi principi contenuti nella Direttiva Uccelli 79/409/CEE e agli ultimi aggiornamenti della stessa, che tengono conto delle mutate condizioni rispetto a 30 anni fa.Alla lettera formale firmata dal Direttore Generale del Servizio Conservazione Natura Aldo Cosentino in data 15 luglio 2009, è seguita una risposta da Bruxelles (27 luglio 2009), la quale sostanzialmente rigetta la richiesta italiana e cerca di chiudere la questione. Tra le principali obiezioni portate dalla Commissione, che riconosce flussi consistenti della specie nel nostro Paese, c'è la considerazione che proprio perchè l'Italia ospita durante la stagione invernale numerosi contingenti di popolazioni nidificanti in Europa centro – orientale, “un eventuale prelievo venatorio in Italia – scrive il Direttore generale per l'ambiente della Commissione europea Karl Falkenberg – inciderebbe su altre popolazioni di storno che si trovano attualmente in uno stato di conservazione sfavorevole (es. Polonia e Germania)”. La nota della Commissione continua poi sostenendo che i motivi avanzati dall'Italia (danni alle coltivazioni e al patrimonio artistico e monumentale), trovano risposta nell'articolo 9 della Direttiva Uccelli, ossia nella possibilità di utilizzare lo strumento delle deroghe.La lettera di Bruxelles contiene anche una puntualizzazione poco gradevole che suona più come un avvertimento: “noto anche – scrive sempre Falkenberg a Cosentino – che le informazioni inviate dall'Italia riguardano unicamente l'inserimento dello storno tra le specie cacciabili, in virtù del suo (stimato) stato di conservazione favorevole e non menzionano invece la situazione di altre specie attualmente cacciabili in Italia, ma che sono considerate essere in uno stato di conservazione sfavorevole”.Ne deriva quindi che “un'eventuale futura revisione degli allegati II.1 e II.2 della Direttiva Uccelli - puntualizza il Direttore Generale della Commissione - dovrà essere basata su validi e aggiornati dati scientifici relativi allo status di conservazione di tutte le specie cacciabili e dovrà considerare sia la possibile inclusione di nuove specie che la cancellazione di alcune specie di tali Allegati”. Lapidaria la conclusione: “per il momento una tale revisione non è prevista e non si intende iniziare un processo di modifica degli Allegati della Direttiva Uccelli”.Il nostro ministero non intende chiudere qui. Il direttore generale Cosentino replicando alle considerazioni della Commissione ha infatti nuovamente sottolineato il contrasto evidente tra i contenuti della Direttiva Uccelli e la sua effettiva applicazione, ricusando che “il permanere di una posizione negativa nei confronti dell'istanza italiana rappresenta una palese discriminazione, peraltro ingiustificata perchè priva di ogni fondamento scientifico”. Non si capisce il motivo per cui la Commissione per esempio continui a ritenere che la cacciabilità della specie negli altri Paesi Mediterranei non susciti identiche preoccupazioni, obietta Cosentino, il quale ricordando che l'Italia utilizza già da tempo le deroghe per limitare i danni dello storno, ribadisce la formale richiesta dell'avvio delle procedure necessarie per l'inserimento dello storno tra le specie cacciabili. TRENTINO 2 DICEMBRE 2009
Troppi cervi, la cura tra abbattimenti e zone senza caccia
Maddalena Di Tolla Deflorian
Trento - Un tempo nel fondovalle i cervi vivevano nelle anse dei fiumi, popolati da lontre. Le lontre sono scomparse e i cervi si trovano nelle zone boscose in quota, lontano dalla diffusa presenza antropica. I Parchi hanno avuto nelle Alpi, nel secondo dopoguerra, un ruolo fondamentale nella conservazione dell’ambiente e della fauna. «Allora c’era un deserto faunistico e meno sensibilità per questi aspetti», spiega Luca Pedrotti, esperto faunistico. «I Parchi - continua Pedrotti, biologo, esperto di ungulati e Coordinatore Scientifico dello Stelvio - furono dei capisaldi per avere aree di conservazione, dove i sistemi naturali potessero evolvere. Per il cervo, ad esempio, il Parco Nazionale dello Stelvio è stato importante. Nelle Alpi comprese tra Svizzera, Austria, Liechtenstein la ricolonizzazione fu spontanea e il corridoio di migrazione verso sud era nella zona del Parco». Oggi Luca Pedrotti interverrà al Museo di Scienze a Trento, alle ore 20.30, per illustrare la delicata situazione della specie nel settore trentino del Parco, portando i dati degli ultimi censimenti e le proposte di gestione. Titolo dell’incontro: «Tra conservazione della biodiversità e conflitti: il cervo nel Parco nazionale dello Stelvio». «Il Parco ha funzionato bene: oggi la densità di cervi è elevata ma anche problematica per l’ecosistema, in tutti i tre settori (trentino, alto-atesino e lombardo). Se ne parla da anni. Nel 1997 fu istituito il Gruppo di Ricerca Cervo. E’ il momento di intervenire» commenta Pedrotti. Cosa succede? I cervi trovano rifugio nel Parco (dalla caccia e da altri disturbi antropici) e vi si concentrano. La popolazione nel settore trentino (Val di Sole, zona Parco e aree limitrofe) oscilla tra 2000 e 2700 individui. Complessivamente nel Parco ci sono 10.000 cervi, circa il 20 % della popolazione delle Alpi italiane. La densità media è elevata: circa 23 animali per chilometro quadrato (100 ettari) nel 2008. Il dato più alto nella storia del Parco. L’inverno scorso è stato molto nevoso, la mortalità è stata circa 700 cervi nel settore trentino, così la popolazione attuale sarebbe di 2000 animali. «L’elevata densità causa una serie di impatti. Innanzitutto sul bosco: i cervi mangiano i germogli, azzerano o riducono fortemente la rinnovazione di larici e abeti rossi su ampie porzioni di bosco. Vediamo una semplificazione del bosco e una forte modifica del sottobosco, con la perdita della fascia arbustiva e la formazione di tappeti erbosi a calamagostris. Questo ha un impatto negativo su due specie di tetraonidi: gallo cedrone e gallo forcello, che hanno popolazioni stabili o in crescita in alcune aree della Val di Sole ma sembrano in diminuzione nelle zone di svernamento del cervo. Dovremo verificare negli anni l’evoluzione», spiega Pedrotti. Vi sono poi interazioni con altre specie di ungulati: sfavorevoli per il capriolo ad esempio. La densità di questa specie risulta ridotta in Val di Sole. La causa è, secondo le tesi dell’Ente, la competizione alimentare e nell’uso spaziale con il cervo. Anche il camoscio è in riduzione nel settore trentino del Parco (del 40% negli ultimi 15 anni), per cause in parte (non solo) legate alla densità del cervo. L’obiettivo del Piano di Gestione ora è ridurre della metà la popolazione di cervi dentro il parco, in parte con una dislocazione delle femmine e in parte con un programma di abbattimenti, che è già attivo da diversi anni in Alto Adige e da poco è stato deliberato in Lombardia. La consistenza complessiva della popolazione in val di Sole rimarrà invariata, diminuendo la pressione venatoria all’esterno dell’area protetta. Questa è la parte indigesta e criticata dagli ambientalisti, la più difficile e paradossale da attuare per un Parco. Si contesta il precedente di sparare dentro un Parco Nazionale, si mettono in dubbio anche i danni effettivi, si chiede un abbattimento selettivo e una valutazione strategica. La seconda azione sarà creare fuori dal Parco una rete di piccole zone di rispetto, prive di disturbo e senza caccia, inducendovi nuclei di femmine, che attirando i maschi spostino parte della popolazione, diminuendo la pressione altrove. Questa rete esiste già in parte, si deve implementare e monitorarne gli effetti nel tempo. Nel Cantone dei Grigioni, nel Parco Nazionale svizzero, lo si fa già. Il sogno di aree protette dove la natura possa evolvere liberamente è tramontato, forse. Nei grandi Parchi africani come nelle Alpi. L’uomo condiziona tutto. «Credo che sia arrivato il momento di fare un passo avanti nella gestione delle aree protette. Dobbiamo pensare a una pianificazione globale, una conservazione graduata in tutto il territorio. Il ruolo dei Parchi cambia», conclude Luca Pedrotti.
BIG HUNTER
2 DICEMBRE 2009
Como. Via al piano di abbattimento dei cinghiali sull'alto lago
Parte a Como la seconda fase del piano per l'abbattimento dei cinghiali in esubero sul territorio provinciale. Oltre 2.000 gli esemplari censiti a inizio estate nella zona dell'alto lago, di questi un migliaio sono già stati abbattuti e altri 500 saranno cacciati o catturati entro la fine di gennaio. A volere fortemente questa campagna di contenimento è l'assessore provinciale alla Caccia Dario Bianchi che coinvolgerà i cacciatori in una battuta. In seguito, se sarà necessario, interverrà la Polizia provinciale operando anche di notte.
BIG HUNTER
2 DICEMBRE 2009
In crescita il fenomeno di ibridazione degli animali selvatici
L'ibridazione tra animali selvatici e domestici: una minaccia per la biodiversità". Questo il titolo del workshop organizzato da Federparchi, Ispra e Provincia di Siena per il 10 e l'11 dicembre a Siena. Il quarto workshop dei Cantieri della biodiversità (gli altri tre riguardavano reintroduzioni, gestione del cinghiale, specie aliene invasive), si occuperà dell'ibridazione e degli aspetti conservazionistici e gestionali che comporta. «L'incontro – spiegano gli organizzatori - permetterà di fare il punto sugli sviluppi delle tecniche di laboratorio necessarie per identificare gli ibridi ed i livelli di introgressione, delle minacce e delle problematiche legate all'ibridazione, dei limiti degli attuali strumenti normativi, e delle possibili strategie di intervento che è necessario attivare”.Il fenomeno è molto diffuso e in rapida crescita ed è strettamente collegato all'introduzione di specie alloctone da parte dell'uomo e alla diffusione negli ambienti naturali di forme domestiche, interfeconde con le specie selvatiche da cui sono state selezionate.“Questo aumento del tasso di ibridazione antropogenica - spiegano Ispra, Federparchi e Provincia di Siena - rappresenta una grave minaccia per la biodiversità, poiché comporta rischi di estinzione per molte specie selvatiche, e provoca in molti casi la perdita irrimediabile di adattamenti acquisiti nel corso di milioni di anni attraverso la selezione naturale. Ad esempio, uno dei principali fattori di minaccia per la conservazione del lupo nel nostro paese è rappresentato proprio dall'ibridazione con il cane domestico, e si stima che almeno il 10% dei gatti selvatici presenti in Italia siano ibridi con la forma domestica. Inoltre, anche nel caso di specie diffuse e comuni come il cinghiale o il piccione torraiolo, l'incrocio con le forme domestiche ha concorso ad aggravare le problematiche gestionali connesse alla presenza di queste specie opportuniste".
ASCA
2 DICEMBRE 2009
ABRUZZO/CACCIA: CONSIGLIO REGIONALE MODIFICA CALENDARIO VENATORIO
L'Aquila - Il Consiglio regionale d'Abruzzo ha modificato il calendario venatorio per la stagione 2009/2010. Lo ha reso noto l'assessore alla Caccia, Mauro Febbo, secondo cui, tenuto conto del parere dell'Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (Ispra), si potra' eseguire il prelievo venatorio per le specie lepre comune e fagiano fino al 10 dicembre 2009, e fino al 15 gennaio 2010 per la beccaccia. Inoltre, successivamente al 15 dicembre 2009, e' consentito l'uso dei cani da ferma e da cerca, mentre e' precluso l'utilizzo dei cani da seguita, fatto salvo l'utilizzo di questi ultimi per l'esercizio della caccia alla volpe e al cinghiale in squadre autorizzate, secondo le modalita' stabilite dagli ambiti territoriali di caccia, e da questi adottate entro e non oltre il 10 dicembre 2009. La norma approvata, nell'ottica di salvaguardare le produzioni agricole, proroga il prelievo venatorio al cinghiale fino al 15 gennaio 2010. E' invece vietato l'esercizio della caccia alla lepre europea in quelle aree dove e' presente la specie lepre italica, cosi' come individuate dal ''Piano d'azione nazionale per la lepre italica'' predisposto dall'Ispra, ricadenti nei comuni di Anversa degli Abruzzi e frazione Casale di Cocullo, qualora non sia precluso l'esercizio venatorio in virtu' di altre leggi o disposizioni. Tutti gli atti amministrativi che precludono, nella provincia dell'Aquila, il prelievo venatorio alla lepre europea per la tutela delle popolazioni della lepre italica in aree diverse da quelle individuate dal menzionato piano d'azione nazionale decadono all'entrata in vigore della presente legge. LA TRIBUNA DI TREVISO 2 DICEMBRE 2009
Caccia, danni per 20 mila euro
Francesco Dal Mas
VITTORIO VENETO (TV). «Il divieto di caccia coi cani, per la rabbia silvestre, ci costa 20 mila euro, a Vittorio Veneto». Lo dice l’assessore Michele De Bertolis, cacciatore, spiegando che «è l’investimento nella selvaggina a pronta caccia», cioè nell’acquisto dei fagiani e altri animali da liberare nei boschi. Animali liberati per essere, poi, cacciati. Una spesa affrontata dalle aziende faunistico-venatorie e dalle riserve private, che in questi giorni stanno sollecitando una deroga alle disposizioni della Regione. Come fa il sindaco Toni Da Re. «Il cordone sanitario contro la rabbia silvestre, con il focolaio a Longarone, se da un lato è doveroso, dall’altro deve comunque permettere l’esercizio della caccia con il cane, purchè l’animale sia regolarmente vaccinato da almeno 15/21 giorni contro la rabbia silvestre». E’ il caso, ad esempio, del cacciatore-Michele De Bertolis, che lamenta: «Se non posso andare a caccia con il cane vaccinato, è evidente che me ne vado in Croazia. E allo stesso modo fanno centinaia di appassionati, ma con un pesante aggravio finanziario». I cacciatori sollecitano la deroga «da subito», perché la caccia si conclude a fine anno. «Il cordone sanitario ovviamente ci vuole, ma - commenta il ministro dell’agricoltura, Luca Zaia - se il sindaco di Vittorio Veneto ha ritenuto che ci siano le condizioni per chiedere la deroga, vuol dire che può mettere in campo serie motivazioni». In questi giorni, comunque, il rischio per i cacciatori è di pigliarsi un’ammenda fra i 2.500 ed i 3.500 euro se vengono pizzicati in giro con il cane. «Il rischio c’è tutto - conclude De Bertolis - anche per i tanti vittoriesi che erano soliti portare il cane a passeggio in collina, a cominciare da Santa Augusta».
IL GAZZETTINO
2 DICEMBRE 2009
FAVARO (VE) Esposto in Provincia dell’associazione che segnala numerosi "sconfinamenti" La Lipu: «Fermate i cacciatori sotto casa»
Favaro (VE) - «Troppi cacciatori non rispettano le regole». È quanto afferma il responsabile della Lipu di Venezia Giampaolo Pamio che ha inviato ieri una lettera alla presidente della Provincia Francesca Zaccariotto, al comandante della Polizia provinciale e all’assessore alla Caccia e pesca, sempre della Provincia, con la quale richiede un rafforzamento delle attività di controllo nell’esercizio venatorio.La Lipu sostiene che dall’apertura della stagione di caccia ha ricevuto dai cittadini tantissime telefonate ai numeri di cellulare presenti nel suo sito che segnalano comportamenti difformi alla disciplina venatoria da parte di molti cacciatori. L’inosservanza più ricorrente sarebbe, secondo la segnalazione della Lipu, il mancato rispetto delle distanze di sicurezza dalle abitazioni nell’uso delle armi da fuoco, mentre le aree maggiormente interessate dalle presunte violazioni risulterebbero essere quelle di Favaro Veneto, Campalto, San Liberale, Praello, Scorzè e Noale.Tra i diversi casi segnalati alla Provincia dalla sezione veneziana della Lipu ce ne sono due piuttosto emblematici. Il primo si riferisce a una telefonata di alcuni abitanti di Campalto che tempo addietro hanno segnalato che dei cacciatori hanno inseguito le prede sin all’interno di un giardino pubblico creando apprensione e allarme tra i frequentatori del parco. L’altro episodio riguarda invece l’area in cui opera l’agriturismo "Il Praetto" a San Liberale di Marcon, il cui proprietario ha più volte sporto denuncia per la presenza pressoché costante di cacciatori nella sua proprietà. «Solo qualche giorno fa - ha spiegato Doriano Novello, titolare dell’agriturismo - ci siamo all’improvviso ritrovati con i cacciatori che sparavano a non più di sessanta metri dalla nostra abitazione e con i loro cani che correvano alla ricerca della selvaggina nel nostro giardino». Alla luce di tutto ciò la Lipu chiede che sia garantita nel territorio una presenza minima di guardie venatorie al fine di garantire il rispetto delle attuale normative nell’esercizio della caccia.
BIG HUNTER
2 DICEMBRE 2009
Provincia di Belluno: se i cani sono vaccinati perchè vietare la caccia?
Perchè vietare la caccia con i cani già vaccinati? Questa l'obiezione avanzata dalla Provincia di Belluno al provvedimento regionale che in merito al pericolo diffusione della rabbia silvestre in Veneto ha ordinato la vaccinazione obbligatoria di tutti i cani e lo stop della caccia con il cane nelle zone ritenute colpite dal fenomeno. In una lettera formale la Provincia chiede che venga riammessa la caccia con l'ausilio del cane. “Le disposizioni precauzionali per affrontare la questione della rabbia si sono dimostrate efficaci, ma appaiono ora sproporzionate per il mondo venatorio”, si legge nella lettera spedita all’assessorato alla caccia. "Se si considera che i cani utilizzati dai cacciatori sono già stati vaccinati, non si vede perché non possano accompagnare i loro padroni nelle uscite” si ribadisce. A rispondere a questa obiezione è oggi il dirigente della Regione Piero Vio che puntualizza come in realtà il rischio per i cani rimanga alto anche se vaccinati “il rischio, infatti, è che un cane pur vaccinato, se viene morso prenda la rabbia, come accaduto ad Osoppo in Friuli. Questo può succedere o perchè il vaccino non ha fatto ancora effetto (ci vogliono infatti tre settimane dalla somministrazione della dose prima che ci sia la risposta immunitaria) oppure è già in fase di declino, oppure si trova in un ambiente dove le volpi, vettori del virus, non sono ancora vaccinate”. Il problema è, secondo il dirigente Vio, che “dopo 25 anni che non si fa più il vaccino antirabbico, la popolazione sensibile è particolarmente esposta e come abbiamo ribadito anche nel vertice della settimana scorsa, il pericolo che dobbiamo assolutamente evitare è che la rabbia silvestre si trasformi in rabbia domestica, cioè l’epidemia si sposti sugli animali domestici. Per cui è fondamentale che si eviti ogni tipo di movimentazione di cani, gatti, furetti e si proceda alla loro vaccinazione. Finchè non è chiaro il livello di diffusione della malattia, è meglio evitare occasioni di contagio”.Insomma la Regione insiste sul permanere per il momento di una situazione d'emergenza, che necessita ancora di molta cautela. “Se, con l’andare del tempo, - puntualizza Piero Vio -le condizioni miglioreranno allora si potrà modificare l’ordinanza regionale”. L'amministrazione avvisa che nei prossimi giorni saranno eseguiti controlli a campione sui cani per verificare l'effettiva vaccinazione e lo stato vaccinale dell'animale. Chi sarà trovato a circolare con un animale privo di vaccinazione rischia una sanzione da 1550 a 9300 euro. LA ZAMPA.IT 2 DICEMBRE 2009
Bifi e Carazza, maiali da appartamento
Divertenti e surreali le immagini di Bifi e Carazza, due maiali di appartamento che vivono insieme a Nicole e Marco, giovane coppia di ragazzi nella città di Konstanz, nel sud della Germania.
FOTO http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=59&IDalbum=22615&tipo=FOTOGALLERY
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VIVISEZIONE IL PICCOLO 2 DICEMBRE 2009
C'è un modo per controllare il ciclo riproduttivo dei crostacei
A livello mondiale l’acquacoltura è in costante espansione (6-8 per cento di crescita annua), con 52 milioni di tonnellate di prodotto nel 2006. Assai fiorente in Asia è il mercato dei crostacei, molto richiesti e perciò allevati in strutture estensive dove ogni fase del ciclo vitale degli animali è controllata dall’uomo. Il ciclo riproduttivo dei gamberi, in particolare, viene stimolato in modo cruento: rimuovendo uno dei due peduncoli oculari si spinge a maturazione sessuale l’individuo. In Europa, al congtrario, il mercato dei crostacei risente di una stagnazione imputabile anche all’esiguo numero di studi e finanziamenti finalizzati a migliorare le tecniche di allevamento. All’Università di Trieste da quasi dieci anni alcuni ricercatori del Dipartimento di Biologia stanno studiando lo sviluppo dei crostacei, e usano l’ingegneria genetica per promuoverne l’allevamento negli impianti di acquacoltura. «La crescita e la riproduzione dei decapodi (crostacei con dieci zampe) - racconta Piero Giulianini, ricercatore di zoologia e coordinatore scientifico di un progetto regionale che stima l’influsso degli stress ambientali sulle popolazioni naturali e di allevamento del gambero di acqua dolce – sono controllate da due ormoni antagonisti, chiamati cHH e GIH, che rispettivamente stimolano e inibiscono la maturazione delle gonadi. Per studiare in dettaglio il loro ruolo abbiamo clonato i due geni producendo in laboratorio le proteine “ricombinanti” e modificandone leggermente la struttura». I prodotti così ottenuti, realizzati con la collaborazione del gruppo di Sandor Pongor dell’ICGEB di Area Science Park, hanno permesso di capire che la proteina cHH sintetizzata in laboratorio possiede un’azione equiparabile a quella dell’estratto del peduncolo oculare. «I finanziamenti ministeriali di cui abbiamo beneficiato, per quanto esigui, ci hanno permesso di compiere i primi passi – dice Giulianini - nonostante ciò riteniamo di essere sulla strada giusta per giungere a controllare la fisiologia dei crostacei. Se così sarà, potremo offrire agli acquacoltori di tutta Europa uno strumento concreto per migliorare l’allevamento». La tecnica di Giulianini e colleghi, inoltre, potrà essere usata anche per il restocking, il ripopolamento di specchi d’acqua sfruttati dall’uomo, nei quali la pressione imposta dalla pesca eccessiva ha ridotto le dimensioni degli animali, finendo per impoverire inesorabilmente il sito. «Abbiamo presentato tre domande di finanziamento europeo, per totali 300 mila Euro. Se saranno accolte, il nostro progetto potrebbe davvero diventare internazionale». |