01 GIUGNO 2010
IL CENTRO
1 GIUGNO 2010
 
E’ morto il cane-sindaco  
 
SPOLTORE (PE) -  E’ morto il cane-sindaco  Non tornerà nel centro storico il cane-sindaco Nerone. E’ volato domenica nel paradiso degli animali il 4 zampe più famoso della città, che per anni ha partecipato a tutte le manifestazioni. E ai funerali accompagnava i feretri dalla chiesa al camposanto. Non c’è evento a Spoltore, da un decennio, che si ricordi senza il cagnone Nerone, sindaco a 4 zampe per l’ abitudine di stazionare davanti al Comune e seguire cortei accanto ai politici. Nerone si è arreso alla malattia due giorni fa, a Villa Santa Maria dove lo curavano Enio e Sabrina Cerasa della Lega per la difesa del cane.

LA PROVINCIA DI LECCO
1 GIUNGO 2010
 
I pompieri liberano il cane intrappolato e ferito
 
Cremeno (LC) - (l. per) È ancora vivo ma ridotto veramente male un cane meticcio di taglia medio-piccola che domenica sera è stato azzannato da due pastori tedeschi in via Volta a Cremeno.
Una villeggiante residente nel milanese stava portando a spasso il proprio cane quando è passata accanto ad una villetta dove si trovavano due cani lupo.
I cani hanno iniziato ad abbaiare uno contro l'altro. Ma ad un certo punto il cagnolino ha infilato la testa nella cancellata di legno che chiudeva l'ingresso dell'abitazione, in quel momento non occupata dai proprietari.
Vi aveva infilato il muso per avvicinarsi agli altri due cani e continuare ad abbaiare, ma ad un certo punto è rimasto incastrato e non è più riuscito a sfilare la testa rimanendo come intrappolato.
Praticamente immobilizzato, è stato morsicato dagli altri due cani, che proteggevano il loro territorio e la proprietà dei padroni. La padrona del cagnolino, disperata, ha cercato di liberarlo ma non è riuscita nel suo intento nonostante gli sforzi.
L'ha tirato, ha infilato le mani nella cancellata allontanando i due pastori tedeschi, che ad un certo momento hanno smesso di aggredire il contendente, rimasto ferito al naso, al muso ed alle orecchie, con copiosa perdita di sangue. Sono stati chiamati i soccorsi e dal comando di Lecco è partito un mezzo dei vigili del fuoco (nella foto d'archivio un intervento), che in meno di mezz'ora è giunto sul posto. Uno dei pompieri con un'ascia ha liberato il cagnolino, poi affidato alle cure di un veterinario dell'Asl, chiamato appositamente.
Per fortuna non corre pericolo di vita anche se l'ha vista brutta.

GIORNALE DI BRESCIA
1 GIUGNO 2010
 
In gita in Romagna col cagnolino
 
Già qualche anno fa ebbi occasione di raccontare quanto sia difficile recarsi in Romagna con il proprio cane, visti i divieti esistenti. Ora prendo spunto dalla lettera pubblicata la scorsa settimana da una signora che si era vista scacciare dal Parco Castelli con il proprio amico a quattro zampe per far presente come anche in altre città si possa riscontrare un comportamento intollerante da parte delle Amministrazioni locali. Nei giorni scorsi ho avuto occasione di recarmi a Santarcangelo di Romagna per una manifestazione che mi interessava, ovviamente portandomi al seguito la mia cagnolina. Mentre attraversavamo la piazza principale della cittadina, peraltro meritevole di una visita, ho notato tre vigili urbani che multavano una serie di auto in sosta. Abbiamo proseguito la passeggiata iniziando la salita verso la zona storica della località ma, appena iniziata la scalinata che conduce alla cima della collina ed ai monumenti sono stato apostrofato da uno dei tre vigili che, sventolandomi davanti il blocchetto delle multe, mi si è avvicinato con i suoi due compagni. Alla richiesta se ci fossero dei divieti a salire in compagnia del cane quello mi ha risposto: «No, non ci sono divieti, però deve stare attento ai bisogni dell'animale». Ora, malgrado l'età mi ritengo una persona attenta e civile, tanto che, attaccati al guinzaglio avevo i sacchetti appositi, oltre alla regolamentare museruola ed ero certo che la mia cognolina non avesse lasciato ricordi sgraditi. Alla mia richiesta di precisazioni il vigile mi ha apostrofato: «Eravamo dietro di voi ed abbiamo visto perfettamente che la sua cagna ha orinato». Premesso che la giornata era piovosa, premesso che la bestia pesa otto chili, premesso che quando fa pipì non abbandona molto più di un ditale, ho preferito non ridergli in faccia né arrabbiarmi. Ho girato sui tacchi e me ne sono andato. Però confesso che ancora mi sto chiedendo se per recarsi lassù sia necessario portare anche un vaso da notte per cani, posto che esistano, o se sia invece necessario munire di pannolone il proprio cane. Comunque è un altro posto in cui non ritornerò di certo.
Raffaello Spagnoli Bovezzo

NEW NOTIZIE
1 GIUGNO 2010
 
Caccia alle balene. L’Australia denuncia il Giappone
 
 
Andrea G. Cammarata
 
Sono circa un migliaio all’anno le balene uccise dal Giappone in nome della ricerca scientifica e di una millantata tradizione “culturale”, l’Australia, dopo ripetuti avvisi, ha detto basta, denunciando il governo nipponico alla Corte internazionale di giustizia.Oggi la notizia è stata ripresa proprio dall’Agenzia giapponese per la pesca che ha commentato la denuncia all’Aia scrivendo in una nota: “Siamo stati informati che l’Australia ha deposto una denuncia alla Corte dell’Aia per la pesca della balena per motivi scientifici. Vedremo come rispondere.”In realtà da rispondere ci sarebbe ben poco, se non uno stop definitivo ad una caccia che di utile non ha nulla. Di fatto la pesca commerciale delle balene è bandita dal 1986, tuttavia in Giappone non si è mai arrestata, ne da’ notizia oggi anche Peace Reporter. Il trucco dei giapponesi è quello di far passare l’uccisione dei cetacei per “motivi scientifici”, un fine “nobile” che ha consentito finora la pesca di un migliaio di esemplari l’anno, di cui 507 solo tra dicembre e marzo.L’interdizione della pesca dei cetacei risale appunto ai primi anni ottanta, quando la Commissione internazionale sulle balene, intervenne a regolamentare una pesca brutale che metteva in grave pericolo la continuazione della specie animale.Le pressanti richieste delle organizzazioni internazionali, fra cui si ricorda l’esempio di Peter Bethune, un attivista della lotta alle baleniere, fra l’altro di recente arrestato in acque giapponesi, hanno permesso un’apparente riduzione degli esemplari pescati. Peace Reporter scrive che le proteste hanno persuaso l’agenzia della pesca di Tokyo a dimezzare il numero di balene da pescare previsto per il trimestre dicembre-marzo, facendolo così scendere da 985 a 507, che è stato poi il numero effettivo di balene uccise.La denuncia alla Corte internazionale era già nell’aria da tempo, sia Nuova Zelanda che Australia, hanno già contestato duramente la spietata caccia ai cetacei nel Mar Antartico, e minacciavano da tempo un’azione legale contro il Giappone. Quindi la denuncia è arrivata, e Hirufumi Hirano, portavoce del governo nipponico di tutta risposta ha etichettato come “deplorevole” l’iniziativa australiana, in nome di una pesca scientifica “autorizzata”, poiché non commerciale, come indicato dalla Commissione internazionale per la caccia alle balene.

LA ZAMPA.IT

1 GIUGNO 2010

 

Venduto dal padre, cresciuto dai lupi

Dai 7 ai 19 anni Marcos ha vissuto con gli animali. In un film la sua avventura

 

 

 

GIAN ANTONIO ORIGHI

 

MADRID - A Natale arriva sugli schermi spagnoli «Entre Lobos» (Tra i lupi), un film che il quasi sconosciuto regista Gerardo Olivares ha appena finito di girare. Una pellicola che promette di essere un grande successo. Primo, perché racconta una storia straordinaria. Secondo, perché la storia in questione è vera. Marcos Rodríguez Pantoja - che nella parte finale del film interpreta se stesso - è el niño-lobo, il bambino lupo, che è stato adottato per 12 anni, tra i 7 e i 19, da un branco. Oggi Marcos di anni ne ha 64 anni, vive a Rante, un paesino della Galizia, ma la sua storia è ben piú drammatica di quella raccontata da Kipling nel «Libro della giungla».
Siamo negli anni ‘50, in piena dittatura franchista, in quel paradiso di 400 km quadrati, pieno di boschi, montagne e fiumi della Sierra Morena, tra Siviglia e Cordova. Marcos è il terzogenito di un boscaiolo. La miseria incombe, la madre muore, il padre, che si risposa, va tutto il giorno nei boschi per estrarre carbone vegetale dagli alberi bruciati. La madrigna sfoga frustrazione, rabbia, fame, povertà contro Marcos e fino a convincere il marito a vendere il figlio a un pastore, che poco dopo muore. E così Marcos rimane solo.
Il film parte proprio da qui. Le scene sono state girate nella Sierra Morena, in Andalusia, con lupi nati in cattività, ma di razza selvatica. Quando hanno incontrato Marcos, hanno cominciato a ululare, a leccarlo e a fargli le feste. Gli hanno riconosciuto una specie di «appartenenza» così come hanno fatto gli animali della stessa specie già durante il loro primo incontro: «Morto l’uomo che mi aveva comprato mi sono rifugiato nei boschi - racconta oggi Marcos Rodríguez Pantoja - non mi avvicinai mai a un essere umano perché temevo che mi riportassero a casa, dalla mia matrigna. Il primo contatto con i lupi avvenne di sera. Stavo in una grotta piena di lupetti, a cui rubai un pezzo di carne per la fame». E poi aggiunge: «Tornó la mamma lupa, mi vide, si accorse dai resti vicino a me, capì che avevo tolto il cibo ai cuccioli e mi spinse con una zampata contro la roccia. Poi mi guardó negli occhi e mi avvicinó della carne che aveva appena cacciato. Diventai parte della famiglia».
Marcos, che adesso fa il contadino e si è riabituato a vivere come un umano (l’abitudine che gli è costata di più è stato il letto), ha vissuto come Mowgli. Vestiva con la pelle dei cervi che uccideva, correva con i lupi e ne imparò il linguaggio. «L’ululato mi fa ancora bollire il sangue nelle vene», assicura e spiega il suo ritorno alla civiltà: «Un giorno mi circondó la Guardia Civil a cavallo. Avevo i capelli lunghi fino alla cintura, scurissimo di pelle per il sole e la sporcizia, vestito di pelli e con i piedi ricoperti di pelle ruvida e calli, non avevo mai portato scarpe. Cercai di scappare ma mi catturarono, mi portarono da un prete che mi spedí a Madrid da suore che mi bloccarono la schiena tra due assi per riabituarmi a camminare dritto».
Un rientro alla civiltà non semplice, ma necessario. «Dopo un primo momento di celebrità, ho trovato lavoro alle Baleari. Quando si ricordavano di farlo, mi pagavano pochissimo e in nero. Ad aiutarmi è stato un poliziotto in pensione che mi ha portato in Galizia». E Marcos, alla vigilia di un successo cinematografico che pare assicurato, è felice? «Lo sono stato. I veri lupi sono gli uomini».


LA ZAMPA.IT

1 GIUGNO 2010

 

Stare insieme? Un sogno

 

CARLO GRANDE

 

L’archetipo dell’uomo-lupo, dell’uomo cresciuto fra i lupi arriva da lontano: rappresenta la speranza di immersione e fusione totale nella natura oppure è l’espressione del terrore inconscio che la natura, spesso poco madre e più «matrigna», ci suscita.
Un ragazzino adottato dai lupi? Forse, chissà. Resta il fatto che si deve trattare di una circostanza veramente incredibile se, davanti a un essere umano così piccolo, in nessuno animale del branco sono prevalsi fame e istinto predatorio. I lupi non solo non hanno azzannato il «cucciolo» d’uomo, ma pure si sono commossi davanti all’esserino (pare già di vederlo: occhi grandi, linee del volto rotonde, tono di voce dolce e flebile, tutte cose che Walt Disney, nell’inventare Topolino, conosceva bene) integrandolo nel gruppo.
Esistono precedenti, si racconta, più pertinenti al mito che alla razionalità: Romolo e Remo, San Francesco e il lupo di Gubbio... Non citiamo la belga Misha Defonseca (più scrivente che scrittrice) che raccontò la sua vita fra i lupi, riuscì a vendere tante copie, e poi confessò che s’era inventata tutto.
Vivere con i lupi, lupo fra i lupi, resta sostanzialmente un sogno. Farsi accettare da bestie selvatiche e adulte è cosa straordinaria, se non impossibile. I lupi, come gran parte degli animali, hanno una gerarchia sociale rigorosa: il «maschio alfa» (con relativa femmina) ha il monopolio del potere e della riproduzione, gli altri maschi (e le femmine) devono piegarsi a lui e ai nuovi nati. Quando il territorio non è più sufficiente per tutti, devono andarsi a cercare nuove aree e altre occasioni di accoppiamento. Questa è la loro legge. Per conquistare il potere sono lotte furiose, prove di forza, duelli feroci.
Possibile che esista un «ragazzo selvaggio» come il «Mowgly andaluso» o quello raccontato da Truffaut? Possibile che un bambino di pochi anni abbia affrontato i rischi della convivenza con i mitici predatori, abbia avuto la scaltrezza e la forza di imparare i loro codici di sopravvivenza?
Parabola illuminante (tragicamente vera) quella raccontata in «Grizzly man» da Werner Herzog: sullo schermo ha descritto il patetico e velleitario tentativo di un giovane americano di farsi accettare dai grizzly, orsi feroci e di grandi dimensioni. Li filmava, li sfiorava quasi fossero peluche, viveva con loro. Dopo aver trascinato la fidanzata nella folle e narcisistica avventura, muore sbranato da uno degli animali che con una zampata squarcia la tenda. La videocamera del ragazzo resta accesa seppur con il copri-obiettivo: perciò non vengono registrate le immagini, ma restano i suoni. Che il regista, in modo assai efficace, nemmeno trasmette. Semplicemente si filma mentre li ascolta con le cuffie, mentre le toglie e le appoggia sul tavolo e dice: «Non fare mai ascoltare a nessuno quello che ho appena sentito». Ha ottenuto così un effetto più terrificante della «divulgazione» delle grida di un morente. E delle conseguenze che possono produrre certe incaute leggende.


ADN KRONOS
1 GIUGNO 2010
 

Grande festa al Bioparco di Roma, nati due cuccioli di lemure

Roma - Si tratta di un piccolo di lemure catta e uno di lemure nero. Per entrambi ancora non è possibile stabilire il sesso. Il loro arrivo è coinciso con il completamento delle due nuove grandi aree realizzate per loro, in cui sono stati trasferiti insieme alle loro famiglie

 

 

Roma - Due nuove nascite al Bioparco di Roma: si tratta di un piccolo di lemure catta e uno di lemure nero; per entrambi ancora non è possibile stabilire il sesso. L'arrivo dei due cuccioli è coinciso con il completamento delle due nuove grandi aree realizzate per loro, in cui sono stati trasferiti insieme alle loro famiglie.

I lemuri sono proscimmie a rischio di estinzione che in natura vivono unicamente in Madagascar; sono animali altamente sociali noti per le evoluzioni acrobatiche che fanno in continuazione e le caratteristiche posture yoga per prendere il sole. Il gruppo di 10 lemuri catta (dalla coda ad anelli bianchi e neri) è composto da 6 femmine (Dolly, Rakitra, Kintana, Kitroka, Cleopatra e Noa, di 10 mesi), 3 maschi (Nossi, Rajako e Cesare) e il piccolo, di appena due mesi, che vive aggrappato alla schiena della mamma, staccandosi ogni tanto sotto il suo sguardo vigile.

Il gruppo di lemuri catta è arrivato al Bioparco nel 2007 dallo Zoo di Ostrava (Repubblica Ceca). I lemuri neri sono una coppia, Ambrè e Natalino e il cucciolo, nato 20 giorni fa che trascorre le giornate aggrappato all'addome della mamma. Il maschio e la femmina si distinguono facilmente dal colore della pelliccia, nera per il primo e marrone-rossiccia per la femmina. Il papà Natalino proviene da uno zoo del Lussemburgo dove è nato il giorno di Natale del 2007, la mamma Ambrè è arrivata sei mesi fa al Bioparco dalla Francia. Sia i lemuri catta che i neri sono inseriti in programmi di conservazione europei per le specie minacciate di estinzione.

''Entrambe le nuove aree misurano 600 metri quadrati e sono state progettate con la concezione dei nuovi exhibit realizzati dal Bioparco: ampi spazi in cui viene ricostruito l'ambiente naturale idoneo all'animale, vista senza barriere alternata a grandi vetrate per l'osservazione degli animali'', spiega il direttore generale del Bioparco, Tullio Scotti. ''Il tutto - aggiunge - è arricchito da pannelli esplicativi per permettere ai visitatori di conoscere più da vicino la specie. Le forti emozioni suscitate da un tale tipo di interazione facilitano la trasmissione del messaggio educativo, che nel caso dei lemuri è costituito dalle principali minacce di estinzione: perdita e degradazione delle foreste del Madagascar, il bracconaggio per la carne e la pelle ed il commercio illegale per il mercato degli animali da compagnia''.


IL TIRRENO
1 GIUGNO 2010
 
Sangue e bossoli di pistola
 
LIVORNO. Colpi di arma da fuoco per strada. E poi bossoli di pistola e una pozza di sangue. Un mistero che nei giorni scorsi ha creato inquietudine in chi abita sulla strada per il Gabbro, via di Popogna. In base a quanto appreso, dei cittadini hanno sentito degli spari ripetuti. Cosa che ha creato notevole preoccupazione, vista la vicinanza delle abitazioni e il passaggio di autovetture lungo la via. Dagli accertamenti fatti sul posto, proprio sull’asfalto sono stati trovati dei bossoli, pare di pistola, e delle evidenti tracce di sangue. In base a quanto finora emerso, sembra che quel sangue sia animale, molto probabilmente di cinghiali abbattuti da qualcuno in zona. Si tratta comunque di attività illecite. La stagione della caccia, infatti, è chiusa e qualsiasi atto del genere viene considerato bracconaggio. In ogni caso, la caccia è consentita solo con armi autorizzate, quali carabine di grosso calibro e fucili, e non pistole.  L’episodio, per ora, resta un giallo dai contorni ancora molto sfumati: forse qualche automobilista s’è fermato e ha sparato a un animale. Ma non si tratta di un caso isolato. Due bossoli sporchi di sangue, segni di trascinamento e macchie sparse erano stati trovati anche sulla collina sopra il Romito, dodici giorni fa, da un cittadino, che aveva segnalato il tutto in questura. Dai rilievi della scientifica e della mobile non era emerso nulla di preoccupante: quel sangue non era umano.

LA NUOVA FERRARA
1 GIUGNO 2010
 
Basta rischi durante il Palio
 
Alessandra Mura
 
Ferrara - La buona notizia è che al Palio nessuno si è fatto male. La cattiva notizia è già inclusa nella prima, nel sollievo perché «tutto è andato bene» in una manifestazione che, a parte il normale e inevitabile agonismo, non dovrebbe caricarsi di paure e tensioni per la corsa dei cavalli.  Così non è da quattro anni, dalle cadute choc dell’edizione 2006 costate l’abbattimento di due animali. E nonostante l’impegno dell’Ente Palio nel potenziare le misure di tutela e adottare ogni accorgimento per rendere la pista più sicura, il nervosismo prima della partenza che contagia pubblico e organizzatori va ben al di là della suspense per il verdetto del vincitore. Inevitabile dunque che la caduta del cavallo e del fantino di San Giovanni, domenica scorsa, abbia riattizzato le polemiche sul tema della sicurezza. «Noi lavoriamo non per evitare che avvengano imprevisti, ma per garantire che se succede qualcosa tutto si traduca senza danni, come poi è stato», si difende il presidente dell’Ente Palio Vainer Marighi.  «È necessario aprire una discussione approfondita con gli organizzatori e con i capi delle contrade - replica il consigliere regionale, nonché componente della Magistratura dei Savi del Palio, Mauro Malaguti - In caso contrario non esiterò a dimettermi dai Savi. È vero che dal 2006 in poi si sono utilizzati cavalli mezzosangue, ma da allora, di edizione in edizione, ho visto cavalli sempre più veloci. Bisogna fermarci tutti a riflettere, magari decidendo di riorganizzare la corsa dei cavalli in batterie da quattro. Stesso discorso per la gara delle asine: un tempo era un momento divertente, gioioso, adesso sembra un’anticipazione della corsa dei cavalli, addirittura con le stesse schermaglie per il posizionamento degli animali alla partenza. Servono scelte coraggiose».  Paola Cardinali, responsabile del canile municipale e reppresentante dell’Avedev, ha assistito alla gara proprio dalla tribuna a ridosso della curva ‘maledetta’. «Non appena il cavallo è caduto, diversi spettatori sono scattati in piedi e sono scappati per il timore di assistere a scene strazianti - racconta - Credo che il Palio debba essere soprattutto un bello spettacolo per tutta la città, come lo splendido lavoro di tutte le contrade merita. Il fatto è che non ci si vuole convincere di una semplice verità: la pista di piazza Ariostea è inadatta, non può garantire la sicurezza. Allora ci si nasconde dietro la ridicola foglia di fico dei limiti di velocità, qualcosa di assolutamente inapplicabile, come se i fantini corressero con il cronometro. Su questo chiederemo chiarimenti anche al Ministero perché è evidente che l’ordinanza sulla tutela degli animali è insufficiente. Noi come associazione vorremmo in realtà che si smettesse di utilizzare del tutto gli animali per gli spettacoli ma, in subordine, ci accontenteremmo di dividere la corsa in due batterie o, meglio ancora, far disputara la gara su una pista più adatta. Basti pensare che, dopo la caduta, il cavallo di S.Giovanni è stato costretto a rimanere sulla pista, perché mancano vie di fuga. I cavalli sono animali fragili, emotivi: quello di San Giovanni poi era molto nervoso già prima della partenza, l’hanno notato tutti. Eppure la gara è andata avanti e, nonostante gli sforzi degli organizzatori, al momento della corsa si resta sempre sul filo. La domanda che voglio fare allora è questa: ne vale davvero la pena?».

BLITZ QUOTIDIANO

1 GIUGNO 2010

 

D’estate arriva l’ambulanza per i cavalli delle botticelle di Roma

 

Roma - Estate sicura per i cavalli delle botticelle romane. Nessuno di loro rischierà più di morire agonizzante per strada com’é successo con Birillo, morto in seguito a un incidente mesi fa nel centro di Roma. La capitale avrà veterinari, un’ambulanza e persino un pronto soccorso per gli animali che trainano le storiche carrozze.

Si è costituita la commissione veterinaria che dovrà effettuare le visite sugli 80 animali, due per ciascuna botticella. La commissione è formata da tre persone: un medico veterinario della Asl, un ufficiale medico veterinario dei Carabinieri scelto dal Comune e un altro scelto dai vetturini in modo che le visite siano il più trasparenti possibile. Entro giugno saranno effettuate le visite approfondite per permettere ai cavalli di affrontare l’estate e che comprendono esami del sangue, radiografie, ed elettrocardiogramma. Poi, la commissione rifarà dei controlli di routine ogni due-tre mesi nell’arco dell’anno.

In caso di emergenza ci penserà la ‘horse ambulance’ al lavoro da quest’estate per prestare il primo soccorso sul luogo. La vettura è stata fornita dai Carabinieri a cavallo di Tor di Quinto per un affitto di 2mila 400 euro annui. Se fosse opportuno, il cavallo potrebbe essere trasportato d’urgenza al pronto soccorso della caserma di Tor di Quinto.


LEGGO

1 GIUGNO 2010

 

A passeggio con un pitone, lo perde in centro a Padova

 

Padova - A passeggio con un pitone, lo perde in centro a Padova: un ragazzo di Pieve di Curtarolo dovrà rifondere le spese sostenute da Comune e Provincia per la ricerca del rettile, che verso le 22 di domenica ha fatto perdere le proprie tracce.
«Il pitone non è un pericolo per l’uomo e non è velenoso, ma potrebbe spaventare - afferma l’assessore alla polizia provinciale di Padova, Domenico Riolfatto - . Secondo le abitudini di questi animali, potrebbe essersi infilato nella prima cavità che ha trovato ed essere ancora acquattato lì, così come potrebbe essere entrato nella rete fognaria ed essersi allontanto di qualche chilometro». È lungo un metro e 50, grosso come il polso di un uomo. «Il proprietario non ha saputo dire se sia africano o asiatico - prosegue l’assessore - se fosse africano, avrebbe dagli 8 ai 10 anni, un animale adulto, quindi, ma se fosse una femmina asiatica potrebbe avere da uno a due anni: da adulti gli asiatici raggiungono tra i sette e i nove metri». «Se venisse avvistato - raccomanda Riolfatto - nessuno tenti di catturarlo, primo perchè potrebbe difendersi e mordere, poi perchè c’è il pericolo che scappi e che lo si perda di nuovo: bisogna invece chiamare immediatamente la polizia provinciale o il corpo forestale dello Stato oppure i vigili urbani, in modo da localizzarlo e recuperarlo. Ovviamente - conclude - tutte le spese per il recupero dell’animale le metteremo in conto al proprietario, stiamo anche verificando la legittimità della detenzione».


MATTINO DI PADOVA
1 GIUGNO 2010
 
Passeggia col pitone ma in piazza il rettile gli sfugge e si dilegua
 
Giusy Andreoli
 
CURTAROLO (PD). Esce a passeggio con un pitone reale alla cintola e lo perde nella piazza di Pieve. Il serpente è una lei e si chiama Jervys, ha 15 anni, è lungo 90 centimetri.  La specie è originaria del Mali, in Africa. Appartiene a una donna di Bergamo e ha tutte le carte in regola. Un anno fa la donna, non potendo più tenerlo, lo ha dato in custodia al suo ex compagno, Daniele Salvato. Che abita in un appartamento al piano terra, al 30 di via Donatori di Sangue. «E’ stato un momento di distrazione - ammette - Dopo cena mi ero seduto in piazza a leggere un giornale. Jervys l’avevo arrotolato alla vita. A un certo punto mi sono accorto che non c’era più».  Dopo una ricerca affannosa quanto vana, all’una di notte ha avvisato la ex, che ha chiamato i vigili del fuoco di Bergamo. Le ricerche sono scattate di prima mattina: Polizia provinciale e locale le hanno proseguite senza esito per tutto il giorno. Ritrovarlo, a questo punto, diventa davvero difficile. «Posso però tranquillizzare sul fatto che il pitone reale non è velenoso, la sua indole è docile» aggiunge Salvato.  Ma la paura è comunque dilagata. Tanto che per tranquillizzare i cittadini, l’assessore alla Polizia Provinciale Domenico Riolfatto si è recato in piazza a Pieve. «Il pitone non è un pericolo per l’uomo e non è velenoso, ma potrebbe spaventare - ha spiegato Riolfatto - Il pitone smarrito potrebbe essersi infilato nella prima cavità che ha trovato ed essere ancora acquattato lì, così come potrebbe essere entrato nella rete fognaria ed essersi allontanato di qualche chilometro. Se venisse avvistato, è augurabile che nessuno tenti di catturarlo perché potrebbe difendersi e mordere, e anche perché c’è il pericolo che scappi e che lo si perda di nuovo. Bisogna invece chiamare immediatamente la polizia provinciale o il corpo forestale dello Stato oppure i vigili urbani, in modo da localizzarlo e recuperarlo». Non si può escludere che venga ucciso. «E’ il mio timore, a Jervys sono affezionato - afferma Salvato - come quello che, se non viene ritrovato, difficilmente supererà il prossimo inverno. Adesso se la cava anche se la temperatura notturna non è la più indicata per la sua specie, ma non sopravviverà al freddo». Ieri sera Daniele ha sporto denuncia di smarrimento dai carabinieri. «Ovviamente tutte le spese per il recupero dell’animale le metteremo in conto al proprietario, stiamo anche verificando innanzitutto la legittimità della detenzione» ha concluso Riolfatto. 

SAVONA NEWS

1 GIUGNO 2010

 

Savona: Enpa "Non toccate i cuccioli di capriolo"

 

Savona - Le strutture di soccorso e ricovero della fauna selvatica in difficoltà degli Ambiti di Caccia e della Protezione Animali sono in emergenza, a causa dei numerosi cuccioli di capriolo, prelevati da persone che passeggiano nei boschi o lungo strade di campagna.
Pensano in buona fede che siano abbandonati, mentre invece la madre è nelle vicinanze a nutrirsi e li riprenderà al termine del pascolo; basterà toccarli e li si condannerà a morte, perché la madre non ne riconoscerà più l’odore e li abbandonerà davvero; peggio ancora prelevarli e consegnarli ad una struttura di soccorso, perché li si condanna ad una vita spesso breve e di prigionia, perché senza l’insegnamento materno non saranno più autosufficienti e liberabili in natura.
Per questo la Provincia, gli Ambiti Territoriali di caccia e la Protezione Animali di Savona lanciano un accorato appello: non toccate i piccoli di capriolo che incontrate nei boschi e nelle campagne.
Si tratta inoltre di animali protetti dalla legge sulla caccia, che è vietato detenere; chi ne viene trovato in possesso dovrà quindi essere denunciato dalla polizia Provinciale con conseguenza penali molto pesanti. L’ENPA suggerisce di osservarli da lontano e verificare che, nel giro di qualche ora, le madri si avvicinino. Analogo comportamento si dovrà tenere di fronte a piccoli di lepre, cornacchia, merlo e di gabbiano sulle spiagge.


BOLOGNA 2000
1 GIUGNO 2010
 
Vedono ‘Bambi’ e se lo portano a casa: 15 casi nel modenese
 
 
Modena - Quindici piccoli di capriolo sono stati affidati in queste ultime due settimane al Centro fauna selvatica Il Pettirosso di Modena da cittadini che li avevano portati a casa credendoli abbandonati dopo averli avvistati soli in un prato, soprattutto in zone della montagna. Ma, come spiegano i tecnici del servizio Faunistico della Provincia di Modena, «è proprio ciò che non si deve fare quando si avvista un piccolo di capriolo. I “bambi” rimasti soli, infatti, non corrono alcun rischio».Questo, infatti, è il periodo della riproduzione dei caprioli e dopo il parto la madre abbandona anche per ore il piccolo sorvegliandolo a distanza e mantenendo il contatto tramite segnali acustici, per poi avvicinarlo solo nel momento dell’allattamento. Non si tratta, quindi, di cuccioli abbandonati ed è sbagliato toccarli nell’intento di soccorrerli e portarli a casa, anche perché la detenzione di questi animali è vietata.Nessuno tocchi “bambi”, dunque. Quando ci si imbatte in un piccolo daino o capriolo acquattato in un prato, occorre allontanarsi subito perché il contatto con l’uomo produce inevitabilmente un’alterazione dell’odore dei cuccioli, con l’effetto di rendere la madre molto circospetta fino al punto di abbandonarli.«In questo periodo – spiega Piero Milani, responsabile del Centro fauna – riceviamo diverse chiamate di cittadini che hanno creduto, in buona fede, di aver soccorso un piccolo di capriolo in difficoltà. Invece prelevandolo si arreca un grave danno all’animale».Ora i piccoli saranno allattati dai volontari con tecniche in grado di mantenere la capacità di procurasi il cibo da soli (in cattività i “bambi” si abituano facilmente ad uno stato di totale assistenza) in vista di una futura liberazione.Il Centro fauna selvatica Il Pettirosso di Modena opera sulla base di una convenzione con la Provincia di Modena.Per le segnalazioni e richieste di intervento sono attivi 24 ore su 24 alcuni numeri telefonici: 339 8183676-339 3535192 oppure è possibile chiamare anche il servizio 118.

VIA EMILIA NET
1 GIUGNO 2010
 
Bambi, occhio a falsi abbandoni
15 cuccioli di capriolo, trovati in campagna, sono stati raccolti da passanti che li credevano abbandonati. In realtà in questo periodo è normale vedere i bambi soli: vanno lasciati stare. Anzi, meglio allontanarsi.
 
 
E’ una normale legge di natura: in questo periodo di riproduzione per i caprioli, le madri dopo il parto abbandonano anche per ore i cuccioli, controllandoli però a distanza e mantenendo il contatto con i piccoli attraverso precisi suoni. E’ il loro modo per far crescere e rendere indipendente la prole, ma i bambi in realtà non corrono alcun rischio. La precisazione arriva dal Centro fauna selvatica Il Pettirosso, che negli ultimi giorni ha ricevuto 15 nuovi piccoli ospiti, portati da cittadini che, in buona fede, vedendoli soli, li hanno creduti abbandonati. Ma non era così, non in questo periodo e soprattutto non nei prati di campagna o in montagna. Oltretutto, la detenzione di questi animali è vietata. Il comportamento più corretto, quando ci si imbatte in un piccolo daino o capriolo acquattato in un prato, è allontanarsi alla svelta, evitare di avvicinarsi per non alterarne l’odore rischiando, questa volta davvero, un abbandono da parte della madre. Se proprio si ha il dubbio che l’animale sia in difficoltà, meglio chiamare, da debita distanza, gli esperti, che sapranno valutare meglio la situazione, senza arrecare danni, anche involontari, al cucciolo. Ora i 15 bambi saranno allattati al Pettirosso con tecniche che ne permettano una nuova liberazione.

MESSAGGERO VENETO
1 GIUGNO 2010
 
Un cervo caduto nel canale salvato dai vigili del fuoco
 
ROVEREDO IN PIANO (PN). Intervento dei vigili del fuoco del comando di Pordenone, ieri mattina a Roveredo in Piano, dopo che una guardia ittico-venatoria si era accorta che un cervo era caduto nel canale Maggiore. L’allerta è scattato poco dopo le 7.30: l’animale era scivolato nell’acqua e, impedito dalle pareti in cemento, non riusciva più a riguadagnare il bordo. Imbragato e riportato all’asciutto dai vigili del fuoco, non avendo riportato lesioni, il cervo è stato preso in consegna dalle guardie, portato in Pedemontana e liberato in luoghi più adatti alla sua sopravvivenza.

IL CENTRO
1 GIUGNO 2010
 
L'airone cinerino trova casa nell oasi di Capo Pescara
 
Walter Teti
 
POPOLI (PE). La popolazione di volatili della riserva delle sorgenti di Capo Pescara, oasi del Wwf, si arricchisce di nuove residenze. Sono i tanti nidi degli aironi cenerini (nella foto un esemplare ripreso da Davide Ferretti) «splendidi volatili che per la prima volta sono riusciti a nidificare in Abruzzo» afferma Agusto De Santis del Wwf. «In passato avevano tentato di accasarsi nell’oasi del lago di Penne, ma nonostante i tentativi non ci sono mai riusciti. Nell’anno mondiale della biodiversità questa notizia ci riempie di gioia e di orgolglio. Almeno sette coppie di aironi cenerini» conferma De Santis «hanno scelto l’oasi per costruire il loro nido e per costituire la prima garzaia della regione (questo il nome tecnico delle colonie di ardeidi come l’airone cenerino) e almeno otto piccoli si sono già involati».  A seguire l’evoluzione del fenomeno, prima della frequentazione del luogo, poi della nidificazione, è stato Roberto Pallotta della cooperativa Daphne che per il Wwf svolge attività di monitoraggio faunistico nell’oasi: «I primi nidi» racconta Pallotta «li ho trovati nel canneto al centro dell’oasi ai primi di aprile. Erano cumuli di canne del diametro di circa un metro su cui si vedevano spuntare i colli degli individui adulti prima e poi quelli dei piccoli. Il numero di aironi cenerini presenti in inverno è costantemente aumentato nel corso degli ultimi anni, fino a superare cento individui quest’anno. E’ davvero un affascinante spettacolo vedere così tanti aironi fermi sui pioppi e i salici dell’oasi. Evidentemente, le condizioni ambientali favorevoli hanno spinto alcuni di questi esemplari a fermarsi qui invece di migrare verso nord».  Il Wwf ha avviato degli studi per conoscere le peculiarità del sito e le condizioni microclimatiche che si sono verificate quest’anno, in relazione a quelle di altri luoghi dove l’airone cenerino era solito svernare. Condizioni che hanno indotto questo volatile a scegliere le sorgenti di Capo Pescara per costruire le nuove dimore. A esprimere grande soddisfazione è la diretrice dell’oasi, Pierlisa Di Felice : «E’ una bella notizia. La nostra è una riserva relativamente piccola e molto frequentata, i visitatori e le scolaresche potranno osservare tutto l’anno questi splendidi animali. Per evitare il disturbo abbiamo temporaneamente chiuso uno dei percorsi di visita e non abbiamo divulgato prima la notizia per scongiurare l’arrivo di curiosi nelle vicinanze della garzaia. Ora che i piccoli sono usciti dal nido possiamo confermare la presenza di una nuova specie di uccelli che nidifica in Abruzzo».

IL CENTRO
1 GIUGNO 2010
 
Anticoncezionali per i piccioni
 
Pierpaolo Di Simone
 
CITTA’ SANT’ANGELO (PE). Città Sant’Angelo dichiara guerra ai piccioni: l’arma è «Ovistop», un mangime antifecondativo che comporterà dunque la riduzione delle nascite dei colombi nelle aree urbane. «L’utilizzo di questo farmaco», evidenzia l’assessore all’ecologia Franco Galli , «ha ottenuto il parere positivo del Ministero della Salute e delle associazioni animaliste e ambientaliste italiane. E’ un metodo di contenimento delle nascite incruento», aggiunge, «che non provoca sofferenze ai piccioni e risolve i problemi causati dalla presenza di questi animali, in particolare nel centro storico». Il proliferare dei piccioni sta diventando un problema igienico-sanitario in molte città: sporcano balconi, strade, monumenti e sono portatori di malattie come la salmonellosi, la criptococcosi e l’ornitosi Le loro unghie e il becco, poi, danneggiano il patriomonio monumentale e artistico.  Le aree urbane offrono a questi volatili condizioni climatiche più favorevoli, fonti sicure di cibo, siti dove nidificare e la quasi totale assenza di predazione: migliori condizioni di vita che permettono l’aumento dell’attività riproduttiva.  La sostanza che provoca una sterilizzazione temporanea e blocca la fertilità delle uova si chiama nicarbazina.  Il costo necessario per un trattamento annuale è di poco superiore ai 3000 euro: sono previsti 160 giorni di somministrazione (8 mesi, 5 giorni alla settimana) per una popolazione di circa 250 capi.  Complessivamente, sono più di 30.000 dosi giornaliere, che verranno distribuite nelle prime ore del mattino durante il periodo riproduttivo, da marzo ad ottobre.  Il farmaco è stato utilizzato con successo in altre città e dà ottime garanzie dal punto di vista dell’impatto ambientale e della sicurezza: gli effetti sono reversibili e, inoltre, la forma e le dimensioni di questo mangime sono tali da non poter essere ingerite da granivori più piccoli del colombo. Nei mammiferi, infine, la nicarbazina è tossica solo a dosaggi molto più elevati di quelli utilizzati. Tra gli effetti del medicinale per uso veterinario, anche l’aumento dell’emigrazione e la diminuzione dell’immigrazione verso la colonia urbana di colombi: in assenza, nella colonia di nuovi nati, possibile fonte di accoppiamento, i piccioni giovani già presenti abbandonano la colonia. Per lo stesso motivo, si riduce anche l’immigrazione verso la colonia.

MATTINO DI PADOVA
1 GIUGNO 2010
 
Bestiame gonfiato e controlli veterinari compiacenti
 
MONSELICE (PD). Nei mangimi destinati all’alimentazione dei manzi allevati per la macellazione venivano aggiunti additivi (anabolizzanti, antibiotici, estrogeni e cortisone) contenuti nelle tabelle delle sostanze proibite in quanto cancerogene.  Additivi - come una sostanza chiamata desometazone a base di cortisone - con il potere di favorire la crescita rapida dell’animale: una sorta di doping alimentare che gonfiava il bestiame, alzava il suo prezzo e procurava guadagni maggiori.  Del resto il business è business, anche se a rimetterci è la salute del consumatore.  A cinque anni dall’inizio degli accertamenti affidati ai carabinieri del Nas di Padova, il pubblico ministero di Rovigo Ciro Alberto Savino ha chiuso formalmente l’inchiesta e si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per 22 indagati, tra loro tre veterinari dell’Usl di Adria, un tecnico della prevenzione dell’Usl 17 di Este-Monselice e tre allevatori della Bassa Padovana.  Rischiano il processo il dottor Roberto Crepaldi, 54 anni, già responsabile del servizio di Sanità animale dell’Usl di Adria e proprietario di due allevamenti ad Adria ; i colleghi Stefania Sparesato e Roberto Scarparo, entrambi veterinari dell’Usl 19 di Adria; Claudio Anali, 58 anni, mediatore di Monselice ; Angelo Soloni, 57, allevatore di Monselice; Loris Beltramin, 32, allevatore di Brugine ; Patrizio Menato, 57, allevatore di Mesola (Ferrara) , Maurizio Angeli, 56, alimentarista zootecnico di Boara Polesine e Nicola Mezzanato, 35, di Porto Viro .  Gravissime le accuse contestate a vario titolo. I dipendenti delle Usl devono rispondere di abuso d’ufficio, favoreggiamento, falso, peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato. In particolare il tecnico della prevenzione avvertiva gli allevatori alla vigilia dei controlli sul bestiame, mentre i veterinari eseguivano prelievi su bovini non «drogati», inviando il campione all’Istituto Zooprofilattico di Legnago con un’etichetta relativa agli allevamenti dove si utilizzavano gli additivi vietati.  Per gli altri le accuse sono di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, commercio di sostanze alimentari adulterate, commercio e somministrazione di medicinali pericolosi per la salute pubblica.  Il dottor Crepaldi, controllore e controllato allo stesso tempo, è considerato il «cervello» del gruppo con Anali che procurava le sostanze da vendere, tenendo i contatti con gli allevatori-clienti della provincia di Rovigo, di Ferrara, e nella Bassa Padovana compreso il Piovese.

GREEN REPORT
1 GIUGNO 2010
 
La misteriosa strage di femmine e cuccioli di saiga in Kazakistan
 
 
LIVORNO. La Saiga Conservation Alliance, un network  informale di ricercatori e ambientalisti che lavora da 15 anni per proteggere l'antilope eurasiatica saiga (Saiga tatarica), lancia l'allarme: «Quasi 12.000 antilopi saiga criticamente minacciate di estinzione, della popolazione degli Urali occidentali, in Kazakistan sono state trovate morte la settimana scorsa. I morti erano per lo più femmine che avevano partorito da poco, così come i loro cuccioli. Le stime ufficiali del  2009 selle dimensioni della popolazione degli Urali erano di 26.000 animali, e la popolazione ha appena passato un inverno insolitamente rigido, così questi decessi rappresentano un duro colpo per questa popolazione e per la specie nel suo complesso».La saiga, un'antilope con grande e strano naso flessibile, che prima popolava con enormi mandrie le steppe eurasiatiche, è a rischio critico di estinzione dopo il drammatico calo del 95% della popolazione avvenuto a partire dal 1995, causato soprattutto dal  bracconaggio incontrollato che si è scatenato contro questi ed altri grandi mammiferi dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica.Attualmente restano solo 5 popolazioni di saiga in Russia, Kazakistan, Uzbekistan e Mongolia. Negli ultimi anni questa antilope ha mostrato una certa ripresa, grazie agli sforzi di salvaguardia. «Tuttavia - spiega  la Saiga Conservation Alliance  - la popolazione degli Urali è l'unica ad non avere un programma di salvaguardia supportato a livello internazionale».La causa della morte in massa delle femmine e cuccioli di saiga non è ancora chiara e sono in corso indagini. «Anche se le morti sono attualmente attribuite alla  pasteurellosi, ma le cause devono ancora  essere identificato. La pasteurellosi è causata da un batterio che vive naturalmente in individui sani, ma può causare malattie acute e morte rapida se il sistema immunitario dell'animale è compromesso da un'altra infezione, da intossicazioni, stress o denutrizione. Tutte spiegazioni sono ancora attualmente possibile.La commissione per le foreste e la caccia del ministero dell'agricoltura del Kazakistan ha avviato una risposta rapida a questa moria: nei giorni scorsi, insieme alla Association for the conservation of biodiversity in Kazakhstan e con il supporto della  Saiga conservation alliance, sono iniziati gli studi per determinare le cause delle morti e per prendere le contromisure per evitarne altre.  E.J. Milner-Gulland, presidente della Saiga conservation alliance e membro dello Species survival commission antelope specialist group dell'Iucn, è molto preoccupato: «Questo è un evento tragico e sconvolgente. E' particolarmente preoccupante perché la popolazione era appena uscita da un inverno insolitamente duro, e perché i più colpiti sono per lo più femmine e piccoli di quest'anno. La popolazione degli Urali fino ad ora è stata relativamente trascurata dal mondo della salvaguardia internazionale, ma spero che questo evento porterà governo, ambientalisti nazionali e internazionali a realizzare insieme una risposta coordinata per salvare questa remota popolazione».

SAVONA NEWS
1 GIUGNO 2010
 
Spotorno: battesimo in mare per 13 cuccioli di Retriever
 
 
Spotorno (SV) - Successo di pubblico e grande soddisfazione per i proprietari dei 13 cuccioli di Golden Retriever che con la loro mamma a 4 mesi di età si sono tuffati per la prima volta nel mare Ligure.
I cuccioli sono stati accompagnati al Battesimo in mare, in quella che per loro ha rappresentato la loro prima avventura acquatica, dalle unità cinofile dell'Associazione "Dei dell'acqua" onlus e dall'istruttrice Edi Giovanna Accornero.

GUIDA VIAGGI

1 GIUGNO 2010

 

In Friuli il cane in spiaggia è il benvenuto

Stabilimenti balneari dedicati a Lignano e Muggia

 

In Friuli Venezia Giulia, infatti, i cani sono i benvenuti anche in spiaggia: sono due (Lignano e Muggia) gli stabilimenti balneari dove i turisti potranno rilassarsi in riva al mare assieme al proprio compagno di viaggio. La prima spiaggia triestina riservata esclusivamente ai quattro zampe è stata inaugurata proprio quest’anno: l’operazione, denominata “Fido Lido”, ha riqualificato un tratto del parco urbano di Muggia, a pochi chilometri da Trieste, e dato vita a uno stabilimento balneare di 6 mila metri quadrati riservato agli iscritti con accesso al mare, spazi ludici, percorsi attrezzati. A Lignano Sabbiadoro, poi, c’è la “Baubeach”, un tratto di arenile di 24 mila metri quadrati, situato in località Punta Faro, dedicato ai cinofili che anche al mare portano con sé il proprio cane. L’utilizzo dell’area è consentito, dall’alba al tramonto, ai cani regolarmente iscritti all’anagrafe canina e in regola con le vaccinazioni.


TIFEO WEB

1 GIUGNO 2010

 

IL VETRO

 

Tifeo Web Narrativa Online 2010: racconto di Sebastiano Milella.

 

Le spalle al muretto a secco, il piede rialzato su di un masso nel comodo stivale “vierzon le chameau”, in cautchouc, serrato al polpaccio, imbiancato di polvere e intriso di fango e terra, mi sorprendo a ripensare a me stesso. La doppietta penzola dall’omero. Boccheggia, a canne aperte. Punta, inutile, verso il basso.Disarmando l’arma dalle calibro 12, a piombo 8 “dispersanti”, rimaste inesplose in canna, le ripongo nella cartucciera. Il silenzio pervade l’aria, mentre il cielo declina in pervinca nella fresca ottobrata.Il compagno di battuta risalirà tra poco la strada sterrata, recuperato il Suv nel parcheggio a un paio di chilometri più avanti, in una piazzola ai margini del boschetto, prima che le colture dilaghino in spazi aperti. L’attendo.I campi si protendono fino all’orizzonte in ondulati declivi. Dalle pieghe, nel tramonto, fuoriescono inquietanti ombre serali e, rapidamente, risalgono le dolci chine sonnolenti. Habitat perfetto del rossiccio roditore, abituato a dissimulare la sua presenza, al limite del bosco, negli anfratti più impensabili per poi banchettare allegramente fra le colture dintorno. La lepre, timido, tenace corridore delle campagne è l’invisibile divinità panica.Una sigaretta mi s’incolla al labbro inferiore. Non fumo più, ormai. Mi piace, però, seguire ancora il rito della sigaretta al termine della caccia. Annusare l’odore del tabacco che proviene da quel rotolino di carta lo trovo corroborante. Da decenni non ne accendo più uno. Mi tiene compagnia nei momenti di stasi, di rilassamento psicologico. E’ come l’ite-missa-est assolvente del prete dall’altare. La cerco, l’amica, con le dita, sollevando la pattina della tasca sinistra, in alto sul petto della “cacciatora” verde scura, interrotta trasversalmente da una striscia rifrangente. Liù mi gironzola accanto. Leggera sulle anche alte, veleggia con eleganti saltelli, annusando e vigilando con gli scuri occhioni teneri e attenti di levriero. Le orecchie, ripiegate leggermente su se stesse alle punte, spostate indietro ai lati del cranio che s’allunga sul muso stretto, ruotano intorno al proprio asse prima di fermarsi ritte; non hanno più nulla di importante da comunicare. Staccato il radar, si accuccia ai miei piedi con un sospiro cupo da bambino stanco, felice della giornata en plein air. Di tanto in tanto solleva la testa verso me, scrutando le mie mosse. In attesa del muto ordine di ritorno a casa, ripassa i piccoli movimenti d’intorno, trasparente nel suo colore grigio pezzato. Un mucchietto d’ossa secche, pieno di muscoli allungati e di nervi scattanti nella corsa, ora incrocia le zampe anteriori, in riposo. La testa, tesa sul collo allungato, armoniosamente resta alta, come una sfinge. Prende il vento della sera; la lingua fuori dalle strette labbra, ansando, la punta arrotolata verso l’alto. Non perde d’occhio il sentiero, i campi e me, scrupolosa nella ricerca della preda, ostinata nello scoprire le tracce ad ipsilon, elegante e silenziosa nello stanare la lepre fuori dalla tana ben occultata nella macchia, per spingerla verso la radura: servita per l’ingaggio.L’abitudine mi induce a vedere con gli occhi del mio amico a quattro zampe. Il suo corpo vibrante indica dov’è la lepre, nascosta nell’erba alta, all’ombra della vegetazione. Lo schizzo della selvaggina non mi sorprende più ormai. Tre guizzi zigzaganti in progressione retta per poi cambiare direzione o, addirittura, invertire la rotta, venendoti incontro, per dileguarsi con un salto nel fosso.Cogliere il momento opportuno per premere il grilletto o graziare il veloce lagomorfe, è il problema. Assimilare la psicologia della lepre braccata, la soluzione. La doppietta veleggia aprendosi leggera sulla traettoria immaginata. Discosta dall’occhio, all’altezza di tiro, punta verso il basso. Dopo il primo zig, valuto con la coda dell’occhio la posizione che Liù assume spostandosi nello spazio. La mira anticipa le orecchie della vittima del rito venatorio. La frazione di un istante e l’obiettivo, istintivamente, è a fuoco. Non c’è tempo per chiudere l’occhio, curare che il mirino inquadri, perché è tutto il corpo sul mirino. L’occhio, il dito che preme il grilletto, la mano che supporta la canna in una morsa leggera, saldamente prensile, la mente proiettata inquadrano il punto dell’ineludibile esplosione, mentre gli stivali che un istante prima scivolavano veloci dietro i due corridori, accaldati dalla sfida di intelligenza, inchiodano saldamente il corpo al suolo, opponendosi al rinculo della doppietta incuneata sulla spalla.Il flash esaltante di energia vitale si trasforma in qualcosa di diverso. La vita è morte. Non avverto lo sparo, se non per la spinta notevole nell’incavo fra viso e spalla su cui alloggia il calcio della doppietta. Il proiettile è la mia mano che si protende a dismisura. La povera bestiola non ha tempo per infilare lo zag. Già rotola, rotta nella corsa dalla pallottola. Le due energie si assommano in un nuovo raggio vettore: due biglie si scontrano sul panno verde.All’inizio non riuscivo a centrare tombalmente il bersaglio. Nella foga, lo ferivo soltanto. Solo il secondo colpo poneva fine alla guerra. A volte lo sbagliavo: schizzava impazzita, la povera bestiola. L’eccitazione m’impediva di capire il male di cui ero causa. Tutto sembrava naturale.

“Tal, se tal'hor la lepre al veltro  innanzi
Si stende al corso in ben' aperto campo,
Ch'ei corre ove correva ella pur dianzi,
Co' piè l'un cerca preda, l'altra scampo”

Dafne e Apollo. La lepre e il levriero.

La febbre stemperava lenta col passare degli anni. L’euforia lasciava il campo al turbamento e, poi, a consapevole afflizione. Com’è possibile sparare ad un essere bellissimo che ha diritto di vivere come qualsiasi altro destinatario della grazia divina?

Fermo, ammiravo i due animali mentre correvano, tenacemente incollati l’uno all’altro. Posavo il fucile al piede aprendo le canne. La lepre spariva tra le ginestre e la lotta finiva. Liù tornava, guardandomi perplessa. Non capiva perché non avessi sparato. A suo modo mi rimproverava. Fissava gli occhioni nei miei che li sfuggivano. Girava il capo di lato interrogativamente, mi indirizzava sbuffi bassi di disapprovazione. Io l’accarezzavo. La scuotevo sui muscoli ancora tesi dalla corsa. Le volevo bene più di prima e le parlavo dolcemente. Non si rendeva conto della metamorfosi che si stava operando in me, ma barattava volentieri il disappunto con le mie carezze. Lo sconcerto di Liù era motivato. Credetti, ad un certo punto, che il mio comportamento avrebbe potuto mortificare il suo naturale istinto venatorio. Accettai, allora, di accompagnarmi ad un amico cacciatore. Lui sparava per primo. Intervenivo solo per il colpo di grazia, se ce ne fosse stato bisogno. Basta solo un colpo per giustiziare un innocente. Da raffinato boia, la mia attenuante è: “…tanto deve morire, meglio garantirgli un rapido, indolore trapasso”. A distanza di anni, la bravura del mio compagno evita sempre più l’effetto letale del mio intervento. Questo mi solleva, ma non mi assolve.

Così  arriva la sera per le mie scomode conclusioni!

Hanc quoque Phoebus amat positaque in stipite dextra
sentit adhuc trepidare novo sub cortice pectus
conplexusque suis ramos ut membra lacertis
oscula dat ligno…

Febo l'ama anche così  e, posta la destra sul tronco, sente ancora, sotto quella, il trepido petto... e...ne bacia il legno... La memoria non accompagna più!

L’aria frizzante dell’alba, il tepore del sole, l’umido della sera si tingono di infiniti ricordi; immagini si susseguono, pervadono la scena; volteggiano, felici, fagiani e beccacce. Fantastiche lepri corrono sul proscenio, le cosce forti; il corpo asciutto, le zampe anteriori allungate prendono il terreno per slanciarsi in esaltanti “échappé” per scomparire vertiginosamente dietro quinte di fratte.

Liù, si è  alzata; me ne accorgo con la coda dell’occhio, sensibile a ogni movimento. Aspetta l’ordine di salire a bordo, mentre il Suv borbotta accanto a noi a sportelli aperti. Il compagno carica i trofei del giorno.

Riposta con cura nel fodero la doppietta, zittita da molto, l’appoggio come una reliquia nell’apposita scanalatura sul lato del sedile posteriore, separata dalle cartucciere. Un cenno della testa a Liù che mi osserva e la dolce amica salta all’interno del portellone posteriore. Si accovaccia a ciambella. Goffamente mi arrampico al posto accanto al guidatore, lo sguardo avanti, perduto nel buio della campagna sopita. Liù si gira per avermi sotto osservazione, come sempre. China il capo fra le zampe con un nuovo brontolio di compiacimento. Lì resta. I freddi fari allo xeno sciabolano l’aria, sobbalzando sui sassi, mentre le gomme mordono il terreno per raggiungere la strada asfaltata e consentire al motore di esprimere il massimo della sua potenza.

Per quanto tempo ancora mi si svelerà magicamente dinanzi quello scrigno, richiuso in ancestrali misteri?

Il tachimetro scorre sull’asfalto grigio, teletrasportandomi velocemente in un altro mondo.


ANSA AMBIENTE

1 GIUGNO 2010

 

ANIMALI: LAV; NON ESTRADATE L'ORSO DINO, SAREBBE CACCIATO

 

ROMA - ''No al trasferimento dell'orso Dino in Slovenia, dove rischierebbe di essere una vittima della caccia'': e' l'appello che la Lav rivolge al ministro Prestigiacomo, alla quale la Regione Veneto ha inoltrato la richiesta di cattura dell'Orso per riportarlo nei territori di provenienza, in Slovenia. La Lav chiede che Dino sia lasciato vivere in pace dove si trova ora, tra le province di Trento e Vicenza. Solo nel caso in cui la cattura dovesse rivelarsi l'unica soluzione praticabile, e' stato chiesto che Dino venga liberato in un'area tutelata dove sia vietata la caccia, garantendogli cosi' la sopravvivenza. In Slovenia gli orsi sono presenti in numero considerevole fin dagli anni '90, da quando la guerra in Serbia e Croazia spinse molti orsi ad emigrare verso nord stabilendosi nella piu' tranquilla Slovenia. La presenza oramai consolidata dell'orso in quelle zone, lo ha reso specie cacciabile, tanto che ogni anno in Slovenia vengono uccisi circa 100 orsi! La cattura di Dino, quindi, si tradurrebbe in una vera e propria condanna a morte se dovesse essere riportato nei luoghi d'origine. ''Auspichiamo che il ministro Prestigiacomo accolga il nostro suggerimento - dichiara Massimo Vitturi, responsabile Lav del settore caccia e fauna selvatica - l'orso Dino non deve diventare la vittima dell'ignoranza e delle superstizioni di coloro che non sono in grado di capire l'importanza di una presenza di cosi' elevato valore faunistico-ambientale''. Per l'orso Dino, che da mesi ha scelto di vivere tra le regioni del Veneto e del Trentino Alto Adige, le istituzioni non hanno ancora deciso un destino. Mentre l'amministrazione regionale del Veneto, tramite il suo assessore alla caccia, ha deciso che l'orso debba essere catturato e riportato in Slovenia, altre amministrazioni locali, quelle cioe' che in linea teorica dovrebbero essere le piu' preoccupate dalla presenza dell'orso, accolgono la presenza di Dino come un'inaspettata e del tutto gratuita promozione pubblicitaria.


IL GAZZETTINO

1 GIUGNO 2010

 

L’orso di Bolzano bellunese sarà Dino o si scoprirà un nuovo abitante

 

Provincia di Belluno - L’orso di Bolzano bellunese sarà Dino o si scoprirà un nuovo abitante dei boschi che circondano il capoluogo? Per saperlo bisognerà attendere ancora 20 giorni quando le analisi genetiche diranno a quale esemplare appartengono le tracce lasciate dall’animale sulle arnie che ha saccheggiato a due passi dalla città, a Pra de Luni. «È probabile che le segnalazioni del Cadore e quella di Bolzano Bellunese, siano testimonianza di due diversi esemplari ma solo le analisi potranno darci la certezza» ha detto Gianmaria Sommavilla, a capo della Polizia Provinciale.Arriva invece una testimonianza dal Comelico che indica che, almeno l’orso cadorino e quello bellunese sono due animali ben distinti.  Tre giorni fa infatti un orso è stato visto chiaramente dall’autista di una corriera sulla strada regionale 355 della Val Degano al confine fra i comuni di Santo Stefano e Sappada. Era mattina e l’animale dalla strada stava entrando nel bosco. La segnalazione è stata presto confermata dagli agenti forestali che hanno riscontrato la presenza di escrementi compatibili con quelli di un orso. Non sono stati però segnalati danni a pollai o arnie. È dunque probabile che si tratti dell’orso di San Vito avvistato mentre si stava dirigendo verso il Friuli. Dove probabilmente è tuttora.


CORRIERE DELLE ALPI
1 GIUGNO 2010
 
Ungulati, sì agli abbattimenti
 
Francesco Dal Mas
 
CANSIGLIO (BL). L’orso Dino, o chi per lui, si fa attendere in Cansiglio. In provincia di Belluno c’è chi fa il tifo per lui, affinché si mangi un po’ di cervi. Ma considerato che non arriverebbe comunque a sbranarne 250, nemmeno 200, ecco, dunque, che l’azienda “Veneto Agricoltura” sta mettendo a punto un piano di abbattimento che provveda a selezionare l’eccessiva massa dei 1400 esemplari che oggi spopolano sull’altopiano e nella foresta circostante.  Nessun numero è stato ancora definito, nessuna modalità di caccia (di selezione, appunto) è stata ancora puntualizzata. Ma che in questa direzione si debba andare, è ormai certo. L’Ispra, Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale, sta perfezionando un programma. L’incarico l’aveva ricevuto già l’anno scorso, ben prima della recenti elezioni. Ma poi s’era deciso di non farne più nulla, in modo da evitare probabili polemiche.  Superato il momento elettorale, insediato il presidente Luca Zaia, ecco dunque che la prospettiva dell’abbattimento scientifico - come lo definiscono gli interessati - sta ritornando, sollecitata anche dagli allevatori del Cansiglio, che stanno perdendo la pazienza per i danni che continuano a subire.  Giampaolo Bottacin, presidente della Provincia, è convintissimo che l’operazione si debba fare. Un po’ meno lo è Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso, che contro la caccia si è sempre schierato. E che, guarda caso, aveva a suo tempo invocato la presenza dell’orso per riportare il riequilibrio in Cansiglio.  Entro giugno il Piano sarà ultimato, assicura “Veneto Agricoltura”. Che fa sapere: sono state inoltre completate le liquidazioni dei danni al foraggio arrecato dai cervi per gli anni 2008 e 2009. Il Piano ha come obiettivo principale quello di frenare la crescita della popolazione di cervi per limitare gli impatti negativi all’intero ecosistema. Un’attività complessa che ha previsto incontri con l’Ispra, la Regione e le Province; a settembre è giunta inoltre l’approvazione, da parte della Regione, dell’assegnazione di 100 mila euro per il ristoro dei danni. Attualmente si è in fase di ultimazione del Piano applicativo e del suo regolamento. “Veneto Agricoltura” sta acquisendo i dati sulla situazione nelle province di Belluno e Treviso, così come richiesto dall’Ispra.  Da circa un mese sono state avviate anche le operazioni di monitoraggio della popolazione di cervi del Cansiglio e degli impatti sulla vegetazione; attività necessarie per lo stesso Piano per valutare la dinamica della popolazione e la sua efficienza. Ed anche (con il dipartimento di scienze animali dell’Università di Padova) le attività di valutazione dell’impatto sui prati. Sempre per giugno verranno predisposte 4 nuove recinzioni per la valutazione del danno al bosco che si sommano alle 5 già presenti.  «Gli allevatori tirano un primo sospiro di sollievo, ma - conclude Giuseppe Casagrande, sindacalista dell’Anpa, l’associazione che assiste i produttori - gli abbattimenti debbono essere rapidi e consistenti».

IL PICCOLO TRIESTE
1 GIUGNO 2010
 
Foto trappole per censire i cinghiali
 
Maurizio Lozei
 
Provincia di Trieste - C’è una nuova conferma sull’insediamento ormai stanziale dei cinghiali nell’immediata periferia triestina, a ridosso dei rioni di San Giovanni, Roiano, Cologna, Gretta, San Luigi, lungo le colline che sovrastano il centro. Grazie al sistema di rilevamento discreto e silenzioso delle “foto trappole” sistemate nel folto dei boschi e nei corridoi faunistici individuati nelle aree suburbane, è stato possibile verificare come questi ungulati siano di casa a ridosso delle aree urbanizzate e si avvicinano sempre più al centro per cercare cibo. Del sistema di foto trappolaggio si è parlato in un convegno tenutosi alla Casa di pietra di Duino organizzato dalla Federcaccia triestina in collaborazione con il Comune di Duino Aurisina, il Civico museo di storia naturale e l’Università di Udine. Rispetto ai tempi in cui il censimento dei selvatici veniva effettuato con metodi invasivi, le foto trappole risultano del tutto inoffensive per gli animali. Lo scatto, silenzioso, non viene percepito dall’animale di passaggio, e in chiave notturna il flash funziona in modo blando, quasi inavvertito. Le batterie che consentono il funzionamento hanno una durata di circa 6 mesi, e il passaggio del selvatico attiva una fotocellula che innesca la foto. Lungo il territorio provinciale, hanno spiegato Nicola Bressi e Andrea Dell’Asta, zoologi del Museo di Storia Naturale di Trieste, sono stati piazzati una quindicina di apparecchi. I cacciatori hanno posizionato le foto trappole in diverse sedi dove solitamente pongono del cibo. Gli zoologi invece nelle aree più selvagge e intricate delle boscaglie, in maniera da poter ottenere delle immagini più obiettive possibile sullo stato di naturalità degli animali. In un anno di censimento le foto trappole hanno scattato oltre 300 immagini, un patrimonio di informazioni che appare quanto mai significativo per inquadrare in particolare la presenza e i movimenti degli animali di taglia rilevante. I cinghiali confermano dunque il loro insediamenti nelle aree collinari più prossime agli abitati e agli orti e coltivazioni. Animali intelligenti, sono purtroppo incentivati a muoversi pericolosamente verso il centro da chi, in modo improprio, continua dar loro da mangiare. Le immagini scattate hanno poi confermato come il cervo e il camoscio siano ormai di casa in diverse parti del Carso, popolazioni selvatiche che appaiono in crescita e che evitano accuratamente il contatto con l’uomo e con le zone antropizzate. Sottolineando l’importanza della collaborazione tra zoologi, tecnici e cacciatori, uno scambio che, secondo Nicola Bressi, deve portare alla massima condivisione dei risultati ottenuti, i relatori hanno concordato sulla necessità di estendere quanto prima il monitoraggio con il foto trappolaggio anche per gli animali di taglia minuta, serpenti, roditori e altri piccoli mammiferi.

IL TIRRENO
1 GIUGNO 2010
 
I lupi attaccano di giorno al Parco
 
ALBERESE (GR). I lupi colpiscono anche di giorno nel parco dell’Uccelina di Alberese: quattro pecore uccise nel tardo pomeriggio di domenica all’interno del caseificio Le Tofane,  «Abbiamo una cinquantina di animali - spiega Oliviero Francioli, titolare dell’azienda immersa nel parco della Maremma - e li dividiamo in due gruppi diversi per mungerli alla fine della giornata. Domenica, dopo aver munto il primo ho riportato le pecore in mezzo ai prati per lavorare con l’altro. Quando sono tornato a prenderle, verso le sei e mezzo ho visto che erano strane: non mi seguivano ed erano agitate. Ho guardato meglio e a distanza di qualche metro l’una dall’altra ho visto le carcasse azzannate». Che quasi sicuramente si sia trattato di lupi lo conferma anche il responsabile del Parco. «Si tratta di ferite profonde - dice Lorenzo Manchi che da tre anni studia i lupi che popolano tutta la zona - lo scorso anno i lupi non si sono riprodotti e secondo i nostri studi il branco dovrebbe essere composto da tre esemplari che per la stragrande maggioranza si nutrono di animali selvatici in particolare daini che trovano nel bosco». Per l’azienda oltre al danno la beffa. «Il problema quando capitano queste cose - prosegue Francioli - è che le pecore per giorni non fanno il latte a causa dello choc e nessuno risarcisce più questo danno alle aziende. Poi c’è un’altra beffa che riguarda invece la sepoltura degli animali. Ad esempio per fare una sorta di fossa comune per le pecore è necessario uno studio idrogeologico che costa almeno 400 euro. A questo va aggiunto il prezzo per scavare una buca profonda almeno due metri e infine come prevede la legge per ogni capo è necessario versare venti chili di calce. Ecco perché - conclude - molto spesso conviene di più non denunciare certi danni o passarci sopra. Negli ultimi anni gli attacchi sono un po’ diminuiti ma quando prendono l’abitudine fermarli è difficile».

LA NUOVA VENEZIA
1 GIUGNO 2010
 
Il parroco: «Spendere per il canile è immorale»
 
Marta Artico
 
DESE (VE). «Voglio bene agli animali, ma in questo momento di crisi ritengo ci siano altre priorità che non realizzare il canile di Dese». Il parroco don Enrico Torta domenica dall’altare è intervenuto sulla questione «rifugio per cani» e avvisando i fedeli che fuori, sul sagrato, si poteva firmare la sottoscrizione per il mantenimento del canile a San Giuliano, non ha omesso di spiegare il suo pensiero ai parrocchiani. «Adesso - sottolinea - c’è gente che non sa come tirare la carretta, ci sono persone senza lavoro, che si ammazzano per portare a casa la pagnotta. Non sono certo contro l’obiettivo di dare un nuovo rifugio ai cani, ma ritengo che in questo particolare momento storico avviare un simile cantiere spendendo denaro è molto sbagliato. Non accetto che si pensi agli animali quando ci si dimentica delle persone che sono più importanti, lo trovo immorale».  Don Enrico ne fa una questione di principio e visto che l’amministrazione comunale non naviga nell’oro, al sacerdote la scelta sembra discutibile. Detto questo, il parroco ha lasciato piena libertà ai cittadini di sottoscrivere o meno la petizione. Domenica mattina di firme ne sono state raccolte un centinaio: il gruppo di abitanti che porta avanti la sottoscrizione nonché una lettera indirizzata al sindaco e all’assessore all’Ambiente ha consegnato ciclostilati anche ai commercianti e ai negozianti della zona. La petizione è nata sulla scorta dell’illustrazione da parte dei tecnici dell’Ufficio ambiente del progetto definitivo del rifugio per cani, dove sono emerse alcune criticità. Il progetto però è in fase avanzata: nell’area in questione sono già quasi terminati i carotaggi. «Il sito destinato al nuovo canile - si legge nella petizione - risulta notevolmente decentrato rispetto al centro città e non è servito da mezzi pubblici. È relativamente vicino ad un piccolo centro abitato di circa 80 famiglie per le quali il progetto non ha contemplato alcuna verifica acustica. Il prolungarsi dei tempi oltre alla perdita dei finanziamenti legati all’area di Ca’ Solaro condizionano le sorti del canile, mentre la più facile soluzione avrebbe permesso l’adeguato restauro dell’attuale con definitiva sistemazione dei 450 animali presenti».

CORRIERE ADRIATICO

1 GIUGNO 2010

 

Luongo del Pdl

“Verifica sul canile gestito da Anita”

 

Falconara (AN) -  Il consigliere del Pdl Ludovico Luongo ha chiesto al Sindaco di effettuare una urgente verifica della situazione degli animali accolti all’interno del canile gestito dalla associazione “Anita”. “La situazione all’interno della struttura pare difficile – spiega Luongo – per esempio è di fatto impossibile per i comuni cittadini visitare il canile al fine di adottare uno o più degli animali ospitati o poter contribuire al loro sostentamento”. Secondo Luongo è urgente effettuare dei controlli perché solo grazie all’esistenza di questo canile “si può assicurare un giusto trattamento ad animali domestici vittime di abbandono”. “Il sindaco e l'amministrazione comunale – prosegue il consigliere del Pdl – dovrebbero considerare l'opportunità o meno di effettuare un'indagine sulle reali condizioni degli animali presenti nel centro Anita, di appurare se non esistano situazioni economiche che favoriscano la non adozione degli animali da parte dei cittadini” e di valutare la competenza degli operatori e le condizioni della struttura.


ANSA AMBIENTE
1 GIUGNO 2010
 
ANIMALI: TRATTA CUCCIOLI; LAV, ARCHIVIATA QUERELA DIFFAMAZIONE
 
ROMA - Archiviata la querela per ''falso materiale'' nei confronti della Lav (Lega anti vivisezione). Secondo il Gip di Roma, come precisa una nota della stessa Lav, l'associazione animalista e' risultata innocente alle accuse, presentate da Federfauna, riguardo al ''presunto intento diffamatorio'' di un comunicato stampa sul traffico di cuccioli dall'Est Europa dell'aprile del 2009. Nell'ordinanza di archiviazione il Giudice delle indagini preliminari della capitale si legge che, come riportato dell'associazione animalista, ''deve escludersi l'intento diffamatorio essendosi la Lav limitata a riferire due notizie vere, realmente accadute che avevano portato al sequestro giudiziario di cani che si presentavano in pessime o comunque precarie condizioni igieniche''. Il fatto, secondo quanto commentato anche dai legali della Lav, sottolinea il diritto di cronaca giudiziaria e l'interesse pubblico del fenomeno del traffico di cuccioli: ''il provvedimento - sottolineano i legali - ha stabilito il sacrosanto diritto per le associazioni di fare cronaca giudiziaria su vicende che interessano l'opinione pubblica, quale in questo caso l'odioso fenomeno del traffico illecito di cuccioli, fenomeno purtroppo reale e su cui le istituzioni da tempo lavorano al fine di arginarlo''.

ASCA
1 GIUGNO 2010
 
TRAFFICO CUCCIOLI: ARCHIVIATA QUERELA DI FEDERFAUNA A CARICO DELLA LAV
 
Roma - Il Giudice delle indagini preliminari di Roma, Maurizio Caivano, ha archiviato la querela per ''falso materiale'', presentata da Federfauna a carico dei rappresentanti legali della LAV, Gianluca Felicetti e Roberto Bennati relativa ad un omunicato stampa diffuso dalla LAV nell'aprile 2009, in cui l'associazione si era limitata a complimentarsi pubblicamente con la Polizia di frontiera di Tarvisio (Udine) e la Polizia di Trieste che in ben due occasioni, a distanza di pochi giorni presso il valico italo-sloveno di Fernetti, avevano disposto dei sequestri di cuccioli provenienti dall'Ungheria, stante le loro gravi condizioni di detenzione. Nel testo la LAV ribadiva, inoltre, l'impegno delle Istituzioni nazionali nel contrastare l'odioso fenomeno del traffico illecito di cuccioli.
''Nonostante i fatti fossero realmente accaduti e riportati dalla stampa locale - spiega oggi l'associazione - Federfauna lesse nel comunicato della LAV un presunto intento diffamatorio, accusando l'associazione di non aver verificato una notizia (vera!) e paventando 'la distorsione pubblica dei fatti' in danno delle societa' coinvolte in base ad un 'presunto messaggio etico sociale veicolato da un certo animalismo militante'.L'archiviazione era stata chiesta dal Pm, motivando che i fatti erano veri e realmente accaduti, linea su cui si e' poi assestata anche la difesa LAV. I legali di Federfauna avevano, invece, presentato opposizione all'archiviazione, e il Gip aveva fissato l'udienza in camera di consiglio.
Udienza che ha poi disposto l'archiviazione, sottolineando il diritto di cronaca giudiziaria della LAV, l'interesse pubblico del fenomeno del traffico di cuccioli ed il comportamento ineccepibile dell'Associazione nella sua attivita' di diffusione delle notizie''.''Il provvedimento del Gip di Roma e' molto importante e rappresenta un ottimo precedente per tanti altri casi analoghi, stabilendo il sacrosanto diritto per le Associazioni di fare cronaca giudiziaria su vicende che interessano l'opinione pubblica, quale in questo caso l'odioso fenomeno del traffico illecito di cuccioli, fenomeno purtroppo reale e su cui le Istituzioni da tempo lavorano al fine di arginarlo'', commentano gli avvocati Antonio Cucino e Carla Campanaro legali della Lav.
Il Gip di Roma nella sua ordinanza di archiviazione chiarisce che ''deve escludersi l'intento diffamatorio essendosi la Lav limitata a riferire due notizie vere, realmente accadute che avevano portato al sequestro giudiziario di cani che si presentavano in pessime o comunque precarie condizioni igieniche'' arrivando cosi' ad accertare nell'attivita' della Lav ''l'esimente del diritto di cronaca in relazione alla verita' della notizia diffusa,all'interesse pubblico della conoscenza dei fatti (che riguardavano i controlli effettuati dalla polizia su alcuni mezzi che trasportavano animali intercettati ai valichi di frontiera, ed all'esposizione della vicenda avvenuta in termini misurati e corretti''.

ASCA
1 GIUGNO 2010
 
ANIMALI: NEL 2009 DENUNCIATI 280 CACCIATORI PER MALTRATTAMENTO CANI
 
Roma - Nel 2009 sono stati 280 gli esposti presentati da AIDAA, da altre associazioni animaliste e privati coadiuvati dal servizio legale dell'associazione animalista AIDAA contro cacciatori accusati di maltrattamenti nei confronti dei loro cani da caccia troppo spesso maltenuti. In particolare gli esposti sono stati presentati in Lombardia, Toscana, Appennino Emiliano, Veneto e Piemonte e nelle altre regioni del centro Italia.Nel mirino degli animalisti sono finiti cacciatori che tengono i cani in recinti assolutamente inadeguati, angusti ed in condizioni igieniche vergognose o che in alcuni casi hanno utilizzato mezzi non leciti e coercitivi per addestrare i cani da caccia.
Sono i dati diffusi dall'associazione AIDAA che ricorda come, secondo le stime fornite dalla stessa Federcaccia, ogni anno siano oltre 5.000 i cani che rimangono vittime del fuoco amico: secondo i rapporti diffusi dagli stessi cacciatori della Federazione italiana della Caccia - riferisce l'associazione - si calcola che solo nel 2006 siano morti in Italia 2050 cani da caccia, uccisi sia dal fuoco amico dei cacciatori, sia in altri incidenti compresi quelli per ingestione di bocconi avvelenati, tra l'altro altro vietatissimi in Italia. Inoltre, secondo le stime sono stati 1558 i cani feriti e 842 i casi di danni provocati alle persone o alle cose).A questo - prosegue l'associazione - occorre aggiungere che le razze dei cani da caccia sono nel mirino dei ladri e che ogni anno migliaia di cani vengono rapiti (specialmente le cucciolate) e destinati al mercato parallelo illegale.Ma non e' tutto: AIDAA, attraverso il tribunale degli animali e gli sportelli online lo scorso anno ha assistito gratuitamente oltre 300 padroni di cani da caccia (si presume cacciatori o familiari) che si sono rivolti ai legali dell'associazione animalista per avere consulenza gratuita prevalentemente in relazione a questioni che vedevano contrapposti i proprietari dei cani e gli allevatori, prevalentemente amatorali, per questioni legate alla salute ed all'acquisto dei cani.
Prosegue intanto la raccolta di firme promossa da AIDAA per chiedere che la caccia sia un reato penale: ''sono diverse migliaia le adesioni raccolte nei primi due giorni - rivelano gli animalisti -. L' obbiettivo e' di raggiungere le 25.000 firme a sostegno della futura proposta di legge di iniziativa popolare che prevede l'abolizione del porto d'armi per la caccia, il sequestro delle armi maltenute e la trasformazione della caccia in reato penale punibile con il carcere''.

ASCA

1 GIUGNO 2010

 

PESCA: ENPA, SVENDUTA SALUTE MAR LIGURE PER UN PIATTO DI BIANCHETTI

 

Roma - ''Hanno svenduto la salute del mar Ligure per un piatto di bianchetti o una porzione di frittura''. E' l'accusa della Protezione Animali savonese alle deroghe alla pesca costiera chieste ed ottenute dal Governo italiano e dalla Regione Liguria.
''Tutti gli organismi scientifici internazionali (Fao, Worldwatch Institute e Unione Europea) avvertono che il pescato continua a diminuire, con animali catturati sempre piu' giovani e la riduzione del 75% degli stock di pesca delle 550 specie pescate - denuncia l'Enpa - stanno scomparendo specie un tempo abbondanti, come il tonno rosso mediterraneo, lo squalo e l'anguilla. L'invasione di meduse, alla quale assistiamo sempre piu' spesso lungo le coste, e' segno di un mare vuoto, non pulito come pensa qualche facilone; e' dovuta alla rarefazione delle specie marine che se ne cibano, gran parte delle quali soggette ad una pesca selvaggia; i maggiori predatori di meduse sono infatti, oltre alle testuggini e tartarughe marine, tonni, pescispada, pesci luna e pesce azzurro; le stesse meduse catturano poi piccoli pesci, innescando un circuito che porta allo spopolamento del mare''.
Avverte l'Enpa: ''Oltre a tutelare la gastronomia la Regione Liguria dovrebbe adottare azioni concrete per estendere le aree dei parchi marini esistenti, lanciare campagne di maggior rispetto individuale del mare e sollecitare l'emanazione di norme che vietino il prelievi di animali marini lungo la fascia costiera''.


LA NUOVA FERRARA
1 GIUGNO 2010
 
Pescatori sul piede di guerra
 
GORO (FE). Oggi in coincidenza con l’entrata in vigore del nuovo regolamento dell’Unione Europea che vieta la cattura di molluschi e del testo che rivede anche la distanza dalle coste la pesca a strascico si ferma da Goro a Cesenatico. Una delegazione si recherà in Regione per incontrare il presidente Vasco Erranni e l’assessore alla pesca, Tiberio Rabboni mentre altrettanto faranno i pescatori del Veneto che si recheranno a Venezia dove incontreranno il governatore Zaia. Le Regioni possono infatti chiedere deroghe per queste pesche speciali. L’Unione Europea ha già previsto deroghe per alcune zone. «Cerchiamo di fare fronte comune - osserva Massimo Gianella, vice presidente nazionale Lega Pesca - qui si pescano pesci nani adulti quali i rossetti (uomini nudi), le acquadelle, i latterini o marscioni». Per tutti il punto di riferimento sarà il Regolamento Mediterraneo, dettato dalla Commissione europea. Il testo rivede le dimensioni degli animali da pescare e le distanze dalla costa entro cui praticare l’attività di prelievo ittico. In base alla nuove disposizioni non potranno più essere pescati animali di piccole dimensioni come i molluschi: rischiano quindi di sparire dalla tavola calamaretti, vongole, telline. I pescatori dovranno stare attenti a dove immergeranno le reti: le potranno gettare a non meno di 1,5 miglia dala terra ferma per quelle usate sotto costa, mentre le draghe usate per la cattura dei bivalvi (telline e cannolicchi) non potranno essere gettate prima di 0,3 miglia.

RAVENNA NOTIZIE
1 GIUGNO 2010
 
Ecco il nuovo calendario venatorio
Domani, mercoledì 2 giugno, si apre la caccia al capriolo maschio. L'attività venatoria può essere svolta da un'ora prima del sorgere del sole fino a un'ora dopo il tramonto. Possono esercitare la caccia al capriolo i cacciatori che hanno partecipato al corso di abilitazione per selecontrollori coordinato dall'ATC RA3.
 
A ogni selecontrollore, all'interno dell'area stabilita, viene assegnato un numero preciso di abbattimenti da effettuare. Prima di iniziare l'attività venatoria, i cacciatori devono compilare e depositare nelle apposite cassette, distribuite sul territorio, una dichiarazione che attesta tra l'altro il luogo, il giorno, l'ora e la targa dell'auto con cui ci si accinge a svolgere il proprio abbattimento.
Successivamente all'abbattimento, il capo deve essere verificato presso apposito centro di controllo. Gli abbattimenti, da effettuarsi fra quei soggetti di qualità inferiore alla media, avvengono per sesso e classe d'età. Il piano realizzato da 162 selecontrollori, interesserà un totale di 171 maschi e 179 femmine.
"Da domani, avremo operatori dislocati sul comprensorio montano che ci permetteranno un più attento presidio del territorio. Dobbiamo salvaguardare la presenza del capriolo che è un patrimonio della collettività, ed evitare, al contempo, danni alle colture. I cacciatori devono prestare particolare attenzione alle distanze di sicurezza, in particolare da strade e abitazioni, e alla fauna selvatica non oggetto di prelievo venatorio" raccomanda l'assessore provinciale all'attività venatoria Libero Asioli.
L'attività venatoria alla fauna migratoria inizierà mercoledì 1 settembre, con la prima di sei giornate di anticipazione (giovedì 2, domenica 5, giovedì 9, domenica 12, giovedì 16 settembre). In queste giornate si potrà cacciare merlo, tortora, gazza, cornacchia grigia e ghiandaia esclusivamente da appostamento fisso o temporaneo, dalle ore 5,45 alle ore 13,00 (ora legale) a esclusione del Pre-parco del Delta del Po e della fascia costiera, sita a mare della SS.16 Adriatica come meglio precisato dal calendario.
Domenica 15 agosto, prenderà avvio l'addestramento dei cani da caccia. L'allenamento e l'addestramento dei cani da caccia si protrarrà fino a giovedì 17 settembre, dalle ore 7 alle 19, con esclusione delle giornate di martedì e venerdì, delle giornate di pioggia e fino a quando il terreno è ancora bagnato. Dal 1° al 16 settembre, l'addestramento è vietato nelle giornate e negli orari in cui è consentito l'esercizio venatorio. Dal 19 settembre per le prime due settimane, fino a domenica 3, si potrà cacciare la selvaggina migratoria e stanziale in giornate fisse, giovedì e domenica dall'alba fino alle ore 13, per proseguire, alla sola migratoria da appostamento, fino al tramonto in ATC RA1 e RA2 su tutto il territorio, mentre per l'ATC RA3, tale caccia può essere esercitata esclusivamente a valle della SS, Via Emilia.
In queste giornate, nell'ora che precede il sorgere del sole, è permessa la caccia esclusivamente della fauna migratoria purchè da appostamento fisso o temporaneo; dopo il sorgere del sole, si potrà proseguire con tutte le altre modalità di prelievo venatorio, sia che riguardi la fauna selvatica stanziale o migratoria . Dal 1 ottobre al 30 novembre, i cacciatori potranno cacciare da appostamento per altre due giornate la sola fauna migratoria.
Dal 2 giugno altri 162 operatori saranno dislocati sul comprensorio montano che, in stretta sintonia col territorio, permetteranno un più attento presidio anche degli incendi, grave cruccio ed assillo della stagione estiva. Il nuovo calendario venatorio prevede il divieto di uso e detenzione di cartucce a munizione spezzata con borraggio predisposti per tiri a lunga portata (tipo "over 100" o similari).
Il territorio agro-silvo-pastorale provinciale - spiega Asioli - è caratterizzato da ambienti diversificati; si va da prati incolti piuttosto secchi, a frutteti irrigui e boschi verdi e rigogliosi, piccole proprietà contadine, con appezzamenti frammentati da continui fossi e canali di bonifica, siepi e filari frangivento, che offrono rifugio e sostentamento alla fauna selvatica.
Al fine di mantenere tale biodiversità ambientale ed agro-forestale, la Provincia unitamente agli ATC si sta dedicando ormai da diversi anni ad interventi di miglioramento ambientale, con contributi alle colture agricole a perdere o finalizzati alla creazione e mantenimento di quegli habitat sopra descritti, ritenuti necessari al rifugio ed alimentazione della fauna stessa. E' il risultato di strette sinergie fra cacciatori, ambientalisti e agricoltori che operano sul medesimo territorio, collaborando all'interno degli ATC."

MATTINO DI PADOVA
1 GIUGNO 2010
 
Calcio del cavallo in faccia
 
CARMIGNANO (PD). Gli ha sferrato un colpo violentissimo, con le zampe posteriori, devastandogli il volto. Un fantino di 24 anni, residente a Trento, si trovava ieri nel maneggio di via Borghi. Da 2-3 giorni l’animale era chiuso nella stalla. Forse era nervoso. Non appena lo ha accompagnato fuori, si è imbizzarrito e ha colpito con un calcio all’indietro il fantino in pieno volto. Una botta tremenda che gli ha procurato la frattura del setto nasale e un grave trauma facciale. Immediatamente è scattato l’allarme, sul posto si sono precipitati i sanitari del pronto soccorso di Cittadella; da Padova si è alzato l’elicottero del Suem, che ha poi trasportato il ferito all’ospedale cittadino. Qui, i medici si sono prodigati in un delicato intervento chirurgico al viso. Resta da accertare in maniera compiuta la dinamica dell’incidente. Per i rilievi sono intervenuti i carabinieri di Carmignano, guidati dal maresciallo Angelo Guadagnino.
 

 

            01 GIUGNO 2010
VIVISEZIONE - SPERIMENTAZIONE


 
IL MATTINO
1 GIUGNO 2010
 
Funziona nei topi un vaccino contro il cancro ..
 
Roma Funziona nei topi un vaccino contro il cancro al seno che accende nuove speranze nella lotta alla neoplasia più temuta dalle donne. Il siero è stato sperimentato al Cleveland Clinic Learner Research Institute, nell’Ohio (Usa) dai ricercatori capitanati da Vincent Tuohy. Il vaccino, spiegano gli studiosi sulle pagine di Nature Medicine, ha evitato che gli animali si ammalassero e questo nonostante avessero una predisposizione genetica, creata ad hoc in laboratorio, al tumore della mammella. Nel mirino una proteina comune alla maggior parte delle neoplasie al seno. «Crediamo che questo vaccino possa un giorno essere usato per prevenire il cancro alla mammella nelle donne adulte allo stesso modo con cui i sieri hanno impedito lo sviluppo di molte malattie infantili - spiega lo stesso Tuohy - se dovesse funzionare negli essere umani come funziona nei topi, sarà una conquista monumentale. Potremmo infatti eliminare il cancro del seno». Tuttavia gli studiosi precisano che potrebbero passare anche molti anni prima dell’arrivo del prodotto sul mercato. Il vaccino con l’antigene anticancro è stato inoculato nel 50% dei topi ingegnerizzati, mentre la restante metà del campione è stata vaccinata con un siero privo dell’antigene alfa-lattoalbumina. Ebbene, nessuno dei topi del primo gruppo si è ammalato, mentre tutti gli altri sono morti. Attualmente ci sono due vaccini approvati e in commercio per la prevenzione di neoplasie: uno contro il cancro dell'utero, l'altro per contrastare il tumore al fegato. Ma entrambi prendono di mira due virus tra i principali responsabili nello sviluppo delle due neoplasie in questione, ovvero il Papillomavirus (Hpv) e l'epatite B. Quello testato dai ricercatori della Cleveland Clinic sarebbe il primo a puntare le proprie armi dritto sul tumore. Vincent Tuohy esulta e sparge ottimismo: «Noi pensiamo che questo vaccino sarà usato un giorno per prevenire il cancro al seno nelle donne adulte nello stesso modo con cui i vaccini oggi prevengono molte. Un progresso monumentale». Sempre che tutto vada come promette visto che non sempre la sperimentazione sugli animali, pur fondamentale, si conferma sugli esseri umani. Qualche anno e lo sapremo.
 
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