Animalieanimali 1 MARZO 2010
CANE BRUCIATO. "LE ISTITUZIONI DOVE SONO A REGGIO CALABRIA"
In merito al grave episodio di violenza a danno di animali verificatisi a Reggio Calabria, la LAV Reggio Calabria esprime grande indignazione e nello stesso tempo incredulità. Non sembra vero che ancora oggi possano compiersi gesti di inaudità crudeltà come quello che, tramite un’immagine agghiacciante, ha sconvolto l’opinione pubblica: la fotografia (pubblicata sul sito del giornale on-line strill.it) che ritraeva i poveri resti di un cane bruciato rinvenuto nei pressi del cantiere del nuovo Tribunale, ha portato alla luce quella che, altrimenti, sarebbe stata l’ennesima uccisione di un animale destinata a passare sotto silenzio. A tale proposito, la LAV ricorda che tale atto integra la fattispecie di reato del maltrattamento di animali, punito dall’art. 544 del Codice Penale:“Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi”. «Se, come diceva Gandhi, grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali – dichiara Francesco Triolo, responsabile LAV Reggio Calabria –allora non possiamo che constatare come Reggio sia ancora molto arretrata! A fronte di tanti cittadini sensibili e volontari delle associazioni animaliste quotidianamente impegnati nella cura e nella salvaguardia degli animali abbandonati, purtroppo dobbiamo riscontrare che, nella nostra città, esistono ancora tanti individui senza scrupoli e senza etica, la cui grettezza e inciviltà ci sconvolge e ci preoccupa. Mentre ogni giorno siamo impegnati a compiere tanti, importanti, passi in avanti verso una maggiore tutela degli animali sul nostro territorio, c’è ancora molta strada da fare perché nella nostra città si possano affermare con pienezza i diritti degli animali».
AGI
1 MARZO 2010
COLPI DI PISTOLA CONTRO DUE CANI, UNO E' MORTO
Pescara - Due cani sono stati aggrediti a colpi di pistola all'interno del cimitero di Pianella (Pescara). Uno dei due e' stato trovato morto circa un mese fa con una evidente ferita alla nuca, l'altro e' rimasto gravemente ferito, anch'esso alla nuca, ed e' stato trovato pochi giorni fa. I due cani erano stati abbandonati cuccioli circa 8 mesi fa nel cimitero e li' sono rimasti. A darne notizia e' stata oggi Carmelita Bellini, responsabile locale dell'Ente nazionale Protezione animali (Enpa). Proprio l'Enpa ha preso in cura il cane ferito, che ora e' sistemato all'interno del Dog Village di Montesilvano (Pescara). A seguito dell'intervento della Asl si e' stabilito - ha riferito Bellini - che il proiettile e' calibro 12 e il colpo e' stato sparato a distanza ravvicinata. La Asl ha sporto denuncia alla Procura contro ignoti. Bellini ha parlato di "un atto brutale".
LEGGO ONLINE
1 MARZO 2010
CAMERE A GAS PER RANDAGI:
SHOCK IN GIAPPONE ![]()
La città giapponese di Tokushima ha adottato una originale quando drastica soluzione per risolvere il problema del randagismo. Un furgone, soprannominato 'camion della morte', gira infatti per le strade e cattura cani e gatti indesiderati. Gli animali vengono rinchiusi in alcune piccole celle all'interno del mezzo, l'autista riparte e, premendo un pulsante, fa rilasciare all'interno delle celle stesse, che diventano piccole camere a gas, un gas letale. Il mezzo raggiunge poi una struttura, dove gli animali vengono cremati. Si stima, scrive il Guardian, che ogni anno vengano uccisi dai 5mila ai 10mila animali randagi. Una procedura atroce, che ha visto ovviamente esplodere le furiose polemiche da parte degli animalisti.
Animalieanimali 1 MARZO 2010
PELLICCE DI CANI E GATTI: IL GOVERNO APPROVA NUOVE SANZIONI PER BLOCCARLE
Il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi il Decreto Legislativo che introduce un nuovo sistema sanzionatorio nel contrasto al commercio di pellicce di cani e gatti. LA ZAMPA.IT 1 MARZO 2010
Ecco Hoppa, il "cane a rotelle"
Questa è una bellissima e commovente storia che arriva da Israele, per una volta non si parla di violenze su animali ma di amore e cure per un cucciolo a quattro zampe. LA ZAMPA.IT 28 FEBBRAIO 2010
Ecco Hoppa, il "cane a rotelle"
Hoppa, un cagnolino di quattro anni, è sfortunamente nato senza le due zampe anteriori, i veterinari pensavano che l'unico modo per porre fine alle sofferenze dell'animale fosse praticargli una puntura che lo facesse addormentare per sempre, ma per fortuna è stato adottato da Avi Kozi, presidente della Società Protezione Animali di Israele, che ha realizzato una sorta di "giubotto a rotelle" per il cagnolino che ora può muoversi agilmente.
FOTO http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=59&IDalbum=24584&tipo=FOTOGALLERY
TERRA NAUTA
1 MARZO 2010
Bestiario bellico: l’utilizzo degli animali in operazioni di guerra
L’impiego degli animali in operazioni belliche è una pratica che data molto indietro nel tempo. Da Annibale ad oggi all’uomo non è bastato farsi la guerra da sé, perché qualcuno sarebbe pur dovuto morire al posto suo. Questa è una panoramica sugli animali in mimetica.
![]()
Scovare mine antiuomo e anticarro è prerogativa dei cosiddetti Mine Detection Dog, cani esperti ad annusare esplosivi
Da quando Annibale scese con i suoi elefanti per creare meraviglia e spargere il panico tra le truppe romane o questi ultimi mandarono maiali coperti di pece e dati alle fiamme contro i cartaginesi, gli animali hanno sempre avuto un ruolo cruciale nelle strategie militari. Cani, gatti, scimmie, uccelli, delfini, topi, api, cammelli, otarie, pipistrelli, galli: un esercito-fattoria arruolato per compiere vere e proprie missioni di guerra o a ripararne gli errori, nelle migliori delle ipotesi. La rilevazione delle mine antiuomo e anticarro è il caso più noto dell’impiego di animali, segnatamente i cani, in operazioni militari, ma il bestiario bellico di cui gli eserciti si dotano è molto più ampio e pianta radici ben profonde nella storia militare.Scovare mine antiuomo e anticarro è prerogativa dei cosiddetti Mine Detection Dog, cani esperti ad annusare esplosivi, ma da anni la frontiera di questo settore si è spinta oltre, dotandosi di altre due specie: i topi e le api.Nel 1997, i ricercatori del progetto Apopo, finanziato con i fondi della cooperazione allo sviluppo belga, hanno scoperto l’infallibile fiuto dei criceti gambiani, la razza più grossa di topo esistente che arriva fino al kilo di peso, ed ha pensato di utilizzarli per le delicate attività di sminamento del territorio africano. Da allora i ricercatori belgi hanno effettuato esperimenti e training sul campo per mettere alla prova l'abilità dei topi, insegnando loro ad associare l'odore delle banane e delle noccioline, i loro cibi preferiti, a quello dell'esplosivo.Gli animali perlustrano le aree sospette e raschiano il terreno per segnalare la presenza di ordigni. Ogni volta che individuano una mina, vengono ricompensati dall'addestratore con cibo e carezze. Nel 2004 hanno superato i primi test sul campo: in Mozambico, lungo una ferrovia minata nel corso della guerra civile, ognuno dei tre piccoli componenti della squadra-pilota ha scovato venti mine. A seguito della buona riuscita dell’esperimento le autorità mozambicane hanno ingaggiato le bestiole dell'Apopo per effettuare delle operazioni di bonifica su larga scala.
![]()
L’utilizzo dei topi ha dei vantaggi per via dell’olfatto molto sensibile e del peso degli animali. Sono, infatti, molto leggeri e riescono a calpestare il terreno minato senza innescare esplosioni
Anche l’esercito colombiano ha arruolato topi anti-mine: nel 2007 il Ministero della Difesa ha investito nell’operazione circa 52.000 dollari. L’utilizzo dei topi ha dei vantaggi per via dell’olfatto molto sensibile e del peso degli animali. Sono, infatti, molto leggeri e riescono a calpestare il terreno minato senza innescare esplosioni, riducendo il rischio di saltare in aria, come può invece capitare ai cani, che sono più pesanti. Una volta scoperto l'esplosivo, i topi si mettono in posizione eretta sulle zampette posteriori oppure piantano il muso sul terreno, permettendo l'intervento delle squadre di disattivazione. La possibilità di utilizzare le api per la rilevazione delle mine è stata, invece, scoperta nel 2004. Quell’anno Jerry Bromenshenk, dell'Università del Montana, ha scoperto di poter addestrare questi insetti utilizzando gli stessi principi dell' ammaestramento di cani e topi anti-mine. Le api, indotte ad associare l’odore dell’esplosivo al polline, sciamano nelle aree in cui percepiscono la presenza di TnT, il trinitrotoluene presente negli ordigni, avendo dalla loro parte, come per i topi, il fattore leggerezza, che impedirebbe di innescare il meccanismo di detonazione. Seguendo i loro spostamenti è quindi possibile tracciare una mappa delle zone contaminate.Allo stesso risultato, nel 2007, è approdato un gruppo di ricerca guidato dal Professor Nikola Kezic dell’Università di Zagabria, in Croazia, dove la guerra dei Balcani tra il 1991 e il 1995, ha lasciato in eredità un Paese disseminato di mine.Questo per quanto riguarda le mine terrestri, perché per quelle gettate in mare la questione è diversa e la storia prende tutta un’altra piega. Una piega che parte da molto lontano perché quando si parla di operazioni in mare non si fa riferimento solo all’intercettazione di ordigni, ma a vere e proprie operazioni di guerra.La Marina militare Usa, ad esempio, già da tempo ha arruolato delfini ed otarie. I primi sono stati utilizzati già a partire dalla prima guerra del Golfo, nel 1991, mentre le otarie sono state utilizzate per la prima volta durante le operazioni della guerra in Iraq.
![]()
Ai delfini, durante la prima guerra del Golfo, i militari montarono sul muso di questi cetacei ordigni esplosivi, mandandoli a schiantarsi contro il nemico
Ai delfini, però, non è andata bene come potrebbe andare bene ai topi gambiani o alle api: durante la prima guerra del Golfo, infatti, i militari montarono sul muso di questi cetacei ordigni esplosivi, mandandoli a schiantarsi contro il nemico. La pratica trovò la forte opposizione delle associazioni animaliste che insorsero contro la Us Navy, costringendola a fare un passo indietro. Non era la prima volta, in verità, che gli Stati Uniti ricorressero ai war-dolph, come vengono chiamati i delfini kamikaze, perché il loro utilizzo era già noto durante la guerra del Vietnam. In quegli anni, in cui dominava la contrapposizione USA-URSS, esistevano veri e propri programmi top secret per l’addestramento di animali per operazioni militari ad alto rischio.Anche l'Unione Sovietica, infatti, durante la Guerra fredda ha dotato le Forze Speciali di una delle divisioni di cetacei (delfini e beluga bianchi) più famosa e disponeva di ben cinque centri di ricerca il più importante dei quali, creato nel 1966, era presso la base di Bukhta Kazachya, vicino Sevastopol. Tra i diversi incarichi, i delfini erano addestrati per servizi di guardia. Due sezioni di delfini, che operavano su turni di dodici ore, erano impiegati per controllare l'accesso alle basi più importanti.
![]()
Accanto ai delfini, a svolgere azioni subacquee sono state impiegate anche le otarie. In grado di raggiungere i 300 metri di profondità e di camminare sul fondale marino
Se il delfino scopriva un intruso era addestrato a premere col muso un pulsante di allarme. I ventisette esemplari rimasti nella base militare russa, nel 2000 sono stati venduti all'Iran e trasferiti nel Golfo Persico per sorvegliare le acque dello stretto di Hormuz, zona strategica nella quale anche gli Usa impiegarono cinque delfini anti-mine subacquee durante la guerra del Golfo. Questi animali sarebbero capaci di distinguere il rumore dei sottomarini, di individuare missili dispersi sui fondali, di attaccare cariche esplosive sulla chiglia delle navi e ingaggiare combattimenti corpo a corpo con sommozzatori nemici grazie ad arpioni piazzati sulla schiena.Accanto ai delfini, a svolgere azioni subacquee sono state impiegate anche le otarie. In grado di raggiungere i 300 metri di profondità e di camminare sul fondale marino, per quanto non vengano scagliate come missili umani contro obiettivi nemici, allo stesso modo, secondo la Lav, le otarie subiscono un trattamento poco consono alle loro esigenze. Ricordiamo il caso dei leoni marini sbarcati all’isola d’Elba nell’ottobre del 2009, per seguire un particolare programma di addestramento. I Tg riportavano la notizia come un evento sensazionale capace di catalizzare l’interesse ed il divertimento di molti, ma non sottolineò il disappunto delle associazioni animaliste. Secondo Michela Kuan, biologa della Lav: “Le otarie subiscono un addestramento severo, lontano dalle loro esigenze comportamentali e fisiche. Soprattutto, non sono in grado di capire lo scopo di ciò che fanno né di valutarne i rischi che, in caso di ricerca di esplosivi, sono elevati”.
![]()
Come se non bastassero gli uomini a fare le guerre, c’è anche bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco: i polli a morire asfissiati dai gas venefici, i cani a farsi esplodere sotto i tank nemici...
L’incarico è di scovare gli ordigni ed agganciarli con un apposito uncino per favorirne il recupero, ma nulla garantisce che questo tipo di attività sia senza rischi per l’animale. Inoltre, la sua libertà di movimento è fortemente limitata. In mare aperto, infatti, per impedirne la fuga o la deviazione verso qualcosa che ne attiri l’attenzione, l’animale viene equipaggiato con un particolare zainetto, contenente un interruttore a tempo ed una bombola di gas che si attiva dopo un determinato periodo di tempo facendo gonfiare un palloncino che lo riporterà in superficie.Come se non bastassero gli uomini a fare le guerre, c’è anche bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco: i polli a morire asfissiati dai gas venefici, i cani a farsi esplodere sotto i tank nemici, i gatti a saltare per aria in mezzo ai campi minati, i pipistrelli incendiari. Un crudele sfruttamento in mimetica, un inutile sacrificio in nome dell’economia perché esistono già altri mezzi per l’individuazione delle mine e per rintracciare la presenza di sostanze chimiche e batteriologiche nell’aria, ma un animale da soffocare e fare esplodere costa infinitamente meno della tecnologia.
IL GAZZETTINO DI ROVIGO
1 MARZO 2010
WWF IMPEGNATO CONTRO L’ONDA NERA
Migliaia di uccelli che popolano il Delta sono a rischio
«L’onda nera di idrocarburi, scesa dal fiume Lambro nel Po dopo il criminale sabotaggio alla raffineria ‘Lombarda Petroli”, minaccia un intero sistema ecologico ed economico». Il Wwf di Rovigo si è attivato in queste ore a tutti i livelli e proprio al Wwf e al Parco Regionale del Delta del Po è stata affidata la cabina di regia per monitorare gli effetti dell’ondata sull’ambiente. Tutto l’ecosistema fluviale è in pericolo e particolarmente minacciato risulta il Delta del Po, una delle zone umide più importanti a livello internazionale per la migrazione e lo svernamento degli uccelli acquatici. In questa stagione, nelle zone umide del Delta vi sono migliaia di uccelli tra anatre (germani reali, morette, moriglioni, mestoloni, alzavole), aironi, limicoli, inoltre l’ area è fondamentale per la presenza di molte specie di pesci che si riproducono, transitano o trovano qui rifugio. Il Wwf ha proposto di precludere l’accesso dell’ondata alle golene e ai rami deltizi caratterizzati da una più elevata biodiversità, quali la “Golena Madonnina”, il Po di Maistra, il Po di Gnocca, il Po di Tolle e il Po di Goro, la “Busa di Tramontana” e la “Busa di Scirocco”. Questo al fine di ridurre i danni e cercare di concentrare le azioni di recupero e successiva bonifica solo in alcuni punti, lasciando aree incontaminate che potrebbero essere utilizzate come rifugio per gli uccelli attualmente presenti nelle aree direttamente interessate dall’onda nera. Il Wwf ricorda che i suoi volontari sono sempre disponibili per il recupero di animali in difficoltà, grazie alla collaborazione con il Cras di Polesella . Nell’ultimo anno circa una trentina di animali, impallinati dai bracconieri, avvelenati o feriti, sono stati recuperati dai soci Wwf.
ASCA
1 MARZO 2010
AMBIENTE/LAMBRO: LAC, EMERGENZA NON E' AFFATTO SUPERATA. STRAGE IN ATTO
Roma - Contrariamente alle voci ricorrenti e a quanto sostenuto anche in sede ufficiale, l'emergenza ambientale sul Lambro non e' affatto superata. Lo denunciano i volontari della LAC precisando che ''gli animali selvatici continuano a morire a centinaia e quelli che sono stati finora soccorsi sono una percentuale minima delle vittime di questo gesto criminale''.
Nel tratto in provincia di Milano i volontari della LAC stanno operando per recuperare almeno alcuni dei numerosissimi uccelli colpiti dalla marea nera. Tra ieri e oggi sono stati raccolti anatre (germani reali), gallinelle d'acqua e cormorani e anche esemplari di specie non direttamente legate all'acqua, ma che forse erano intossicate, ad esempio colombacci. Alcuni sono gia' morti, per altri e' iniziata la difficile e quasi disperata operazione di pulizia di piumaggio, nelle strutture specializzate. Molti di piu' sono gli animali trovati cadaveri o in situazioni in cui il recupero era oggettivamente impossibile.''Non parliamo di cosa e' successo a pesci ed altre specie strettamente acquatiche'', dicono i volontari che fanno appello a ''tutti coloro che vogliono partecipare alle operazioni di recupero, in particolare veterinari, guardie ecologiche e zoofile, proprietari di barche e gommoni, circoli sportivi e volontari di organizzazioni per la protezione civile e del territorio, ma anche semplici cittadini: ci contattino''.
IL SECOLO XIX
1 MARZO 2010
La Spezia, tornano i ladri di polli
L’abigeato, in voga negli anni del dopo guerra, è tornato di moda “grazie” alla crisi. Numerose le incursioni notturne in val di Vara
La Spezia - Forse sarà la crisi, forse sarà la fame, o forse sarà quest’inverno freddo come non mai, ma stanno tornando di moda furti che appartenevano a generazioni fa e che sembravano oramai scomparsi, come l’abigeato. Soprattutto in val di Vara vengono segnalati furti di polli, conigli, piccolo bestiame e soprattutto legna. Sì, legna da ardere, quella che si mette nei camini e nelle stufe.A sentire gli anziani abitanti di alcune piccole frazioni della vallata gli assalti a pollai e conigliere sono in aumento. I ladri colpiscono di notte, quando la gente è già a dormire. Si introducono nei recinti e, cercando di fare meno rumore possibile, iniziano le razzie.Polli e conigli sono gli animali più ricercati, proprio per le loro dimensioni. Le tracce del passaggio di questi - è davvero il caso di chiamarli così - ladri di polli si vedono la mattina seguente quando mancano alcun i animali. I carabinieri della val di Vara stanno già cercando di fronteggiare questa strana e inedita offensiva dei malviventi.Ma chi sono questi ladri? Con tutta probabilità sono extracomunitari, soprattutto dell’est europeo, che agiscono perchè dettati dalla fame. E’ la consapevolezza di non sapere se domani riusciranno a mangiare a far trovare loro delle soluzioni così estreme. Sì, perchè il bottino quasi sempre è destinato a finire subito in pentola o in casseruola, difficilmente o comunque molto raramente viene venduto sul mercato nero. E’ per questo che sarà dura fermare questi furti, se a muovere tutto sono i brontolii dello stomaco, le voragini nella pancia perchè non si ha nulla da mettere sotto i denti.Diverso il caso della legna. Ne sa qualcosa un agricoltore di Borghetto che qualche giorno fa è andato nel suo appezzamento di terreno cogliendo sul fatto un uomo - italiano, italia nissimo - che stava sistemando sulla sua vettura i ceppi che lui aveva tagliato tempo prima. Pei pezzi di legno che poi aveva accatastato vicino al deposito degli attrezzi. quando il ladro di legna ha visto il proprietario è saltato sulla vettura ed è fuggito con il bottino. Poi, forse pensando - giustamente - che quello avesse dato l’allarme e che quindi potesse essere fermato dai carabinieri ha preferito scaricare i ciocchi di legno al lato di una stradina periferica e di fuggire via. la legna è stata ritrovata e restituita al legittimo proprietario mentre i militari dell’Arma stanno cercando di rintracciare l’autore del furto. Che non è stato l’unico di questo tipo, durante l’inverno. Perchè se prima la gente andava a a fare la legna nei boschi, raccogliendo rami spezzati e piante cadute, adesso trova più conveniente andare nei terreni momentaneamente incustoditi e prendere la legna già tagliata, da altri.
Animalieanimali 1 MARZO 2010
TAR BLOCCA STRAGE DI VOLPI NELLE PROVINCE DI PADOVA E ROVIGO
Con due ordinanze distinte, depositate il 25 febbraio, il TAR di Venezia ha accolto i ricorsi della LAV, che aveva richiesto l’annullamento di altrettanti provvedimenti provinciali che disponevano l’uccisione di un numero imprecisato di volpi. I piani delle province di Rovigo e Padova prevedevano vere e proprie campagne di sterminio delle volpi fino, rispettivamente, al 2011 ed al 2012, motivandole con un presunto sovrannumero degli animali. LA TRIBUNA DI TREVISO 1 MARZO 2010
Due daini in fuga causano un incidente
ISTRANA. Due daini fuggiti da un allevamento di Sala d’Istrana, hanno seminato il panico ieri pomeriggio provocando anche un incidente stradale lungo la strada Postumia in località Pezzan, tanto che è dovuta intervenire la polizia stradale. La fuga dei due animali era avvenuta poco dopo le 13 ed subito è scattato l’allarme con la mobilitazione della Polizia provinciale. Dopo lunghe ricerche i due daini sono stati avvistati nei pressi di Pezzan dove uno dei due animali è stato investito da un automobilista in transito che non ha fortunatamente riportato lesioni nell’impatto con la bestia. L’animale, ferito, è stato abbattuto dagli agenti della Polizia provinciale mentre l’altro daino è riuscito a darsi alla fuga attraverso i campi. PROVINCIA DI COMO 1 MARZO 2010
Microchip per i cavalli del Bisbino Custoditi in un recinto non potranno più tornare a vivere in libertà sui monti
Marco Luppi
Provincia di Como - Microchip e vaccinazioni per i cavalli «selvaggi» del Bisbino che nelle prossime settimane saranno costretti a adeguarsi alla normativa. Volge al termine la lunga storia di puledri e stalloni tra quelli che plaudono per le ultime decisioni e altre associazioni animaliste un po' contrariate per le scelte effettuate in quanto i branchi non potranno più stazionare in condizioni di assoluta libertà lungo i pendii del monte.
CORRIERE DELLA SERA
1 MARZO 2010
A fine mese l'avvio dei negoziati per l'ingresso della nazione nell'Unione
L'Islanda dovrà scegliere: Ue o balene?
E' uno dei Paesi che ancora pratica la caccia ai cetacei. Ma è una pratica vietata nel territorio comunitario
BRUXELLES - L'Islanda punta ad entrare nell'Unione europea nel 2012, insieme alla Croazia, ma per raggiungere l'obiettivo dovrà adeguarsi alle regole comunitarie, anche sul fronte ambientale. Ad oggi, la caccia alle balene praticata dall'Islanda è incompatibile con le norme Ue e alla posizione contraria dei 27 Stati membri alla riapertura della pesca commerciale di questi animali. Balene, delfini e focene rientrano infatti nell'elenco dei cetacei tutelati dalla direttiva Habitat.
«TUTTE LE SPECIE SONO PROTETTE» - «Questo significa - spiega Joseph Hennon, portavoce del commissario europeo all'Ambiente, Janez Potocnik - che tutte le specie di balene sono rigorosamente protette da fastidi, cattura o uccisione nelle acque comunitarie. La stessa direttiva proibisce la custodia, il trasporto, la vendita e lo scambio, di esemplari presi in natura. Questa legislazione non consente di riprendere il commercio delle balene nelle acqua comunitarie». Altro regolamento sulla protezione di specie di flora e fauna selvatica, che applica quanto previsto dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di flora e fauna selvatica (Cites) nell'Ue, vieta l'introduzione dei cetacei nel territorio comunitario per motivi principalmente commerciali.
VERSO I NEGOZIATI - La Commissione europea è «consapevole che la questione emergerà nel corso dei negoziati», ma non essendo nemmeno partito il processo, ora è troppo presto per entrare in possibili dettagli. La proposta della Commissione europea di avvio dei negoziati di adesione con l'Islanda sarà esaminata dai 27 Stati membri dell'Ue il 25 e il 26 marzo prossimi.
CORRIERE DELLA SERA
1 MARZO 2010
Il freddo dell'ultimo inverno sta minacciando i pochi esemplari rimasti della specie
A rischio l'antilope che viene dal freddo
Il crollo dell'Urss ha portato alla decimazione della saiga. Campagna internazionale per salvarla
![]() ![]() ![]()
L'antilope saiga: il freddo e la caccia un cucciolo di saiga
l'hanno resa a rischio di estinzione
GIORGIA ROZZA
MILANO - Il gelo di questo inverno sta mettendo a dura prova la sopravvivenza di uno dei mammiferi più minacciati e meno conosciuti al mondo: l'antilope saiga (Saiga tatarica). Le notizie che arrivano dalla Repubblica di Kalmykia, nella Federazione russa, dove sopravvive uno dei nuclei più importanti, sono drammatiche. Lo spesso strato di ghiaccio che ricopre la steppa impedisce a questa piccola e velocissima antilope di cibarsi dei pochi vegetali che sopravvivono alle temperature proibitive e l'attività di bracconaggio prosegue indisturbata nonostante l'adesione del governo russo, lo scorso 25 giugno a Bonn, a un’iniziativa del CMS (Convention on Conservation of Migratory Species) volta alla sua protezio
ADDIO IN SILENZIO - Del resto chi conosce l'antilope saiga? Non ha la maestosità né il fascino di altre specie seriamente minacciate come l'orso bianco, la tigre o il panda. Con il suo muso tenero e sgraziato non «buca» lo schermo e questo suo scarso appeal l'ha condannata all'indifferenza più totale. Eppure, dovrebbe far notizia il fatto che a partire dagli anni Ottanta il numero di esemplari di questo piccolo erbivoro dalle abitudini migratorie è diminuito da un milione di esemplari ai cinquantamila attuali. In silenzio, senza disturbare, la saiga sta scomparendo dalle steppe euroasiatiche dove vive, luoghi che, proprio come lei, appartengono a una geografia percepita dai più come lontana: oltre alla Kalmykia, le steppe della Mongolia, del Kazakhstan, del Turkmenistan, dell'Uzbekistan.
LA CRISI DELL'URSS - Senza alcuna parentela genetica con le altre specie di antilopi che popolano la Terra, per questo mammifero dalle abitudini migratorie dotato di una soffice proboscide nasale e, nei maschi, di corna traslucide di colore ambrato, i guai seri sono arrivati dopo il crollo dell’Unione Sovietica. All’inizio degli anni Novanta la crisi nelle campagne portò a una caccia spietata per la sua carne e diede enorme impulso al bracconaggio per l’esportazione delle corna in Cina, dove sono molto richieste dalla medicina tradizionale.
ALLARME INTERNAZIONALE - Dal 2006 la Saiga Conservation Alliance, una rete internazionale di biologi e zoologi, lotta per far conoscere la tragedia di questo elusivo animale nel mondo. Protetta solo nella riserve naturali di Stepnoi e di Cherny Zemli, rispettivamente nella regione di Astrakhan e in Kalmykia, la piccola antilope dovrebbe, in forza degli accordi dello scorso giugno, essere monitorata via satellite nella zona dell'altopiano di Ustiurt, tra l'Uzbekistan e il Kazakhstan, ma anche se il progetto dovesse partire, potrebbe non riuscire a fermare l'estinzione in atto.
IL GIORNALE
1 MARZO 2010
La nuova sensualità si copre E la pelliccia diventa colorata
DANIELA FEDI
Milano«Ho inventato un nuovo animale» annuncia Cavalli prima della sfilata con cui ieri ha celebrato 40 anni in passerella. Viene spontanea la battuta «Speriamo non morda», ma lui incalza con la poetica descrizione di questa bestia immaginaria, persa in una foresta nebbiosa per cui le chiazze del mantello si vedono fino a un certo punto e all’improvviso sembrano volare: una pacata sinfonia di nero, marrone e beige che si diffonde nell’aria rosa del primo mattino. Tradotto in moda tutto questo diventa una serie di pezzi talmente belli da togliere il fiato, la quintessenza dello stile Cavalli nella collezione del prossimo inverno. C’è ad esempio un’indimenticabile marsina di camoscio ricamata in filo di metallo dorato, oppure il montone in broccato da tappezzeria per non parlare della camicia di pitone che sembra seta.
Il nuovo motivo animalier prima dipinto e poi lavato sullo chiffon, quindi ricamato da minuscole paillette solo all’interno delle pieghe di un preziosissimo plissè soleil, fa veramente pensare al mantello di chissà quale creatura: sensuale e maestosa come una fiera, leggera e lontana come un uccellino che vola. Su questa idea della leggerezza sono costruite tutte le pellicce sempre foderate in chiffon e spesso con piccoli pezzi di visone, astrakan, zibellino e volpe intarsiati tra loro fino a formare una specie di effetto mimetico naturale. Leggerissimi anche i vestiti lunghi fino ai piedi e stranamente indossati con deliziose scarpe rasoterra, mentre lo styling della sfilata ci è sembrato inutilmente pesante perché non basta aggiungere sciarpe e sciarpine, sontuose bisacce a bandoliera, grossi bracciali e piccole code di pelliccia appese ovunque per raccontare la storia di una ricca bohémienne. La donna Cavalli è una lussuosa creatura di un regno animale che non c’è ma in ogni caso fa sognare. Molto più semplice ma allo stesso modo meraviglioso il messaggio estetico di Ermanno Scervino passa attraverso Twiggy, l’iconica modella inglese degli anni Sessanta per raccontare quel magico momento della Swinging London in cui le donne chic passarono dalla sartoria alla boutique. Per cui tutto è corto, scattante e grafico: perfetti abitini o cappotti spesso profilati in vernice e sempre indossati con gli altissimi stivali cuissard che coprono le gambe e rendono uniforme la figura. Strepitosi come al solito i piumini con l’imbottitura strategicamente degradè per accarezzare la parte superiore del corpo e finalmente esplodere in una balza di mongolia. Sulle pellicce Scervino scrive una pagina in tutti i sensi bella: la capra della Dancalia usata per gli stupendi cappottini bianchi ricamati in nero è l’unico pelo ammesso perfino dagli animalisti più intransigenti perché la riproduzione incontrollata di questo animale rischia di desertificare l’Africa. La consapevolezza di aver osato molto, rende Consuelo Castiglioni agitatissima nel backstage di Marni dove aggiusta le difficili baschine bombate sul corpo esile delle modelle rivoluzionando la linea dei difficilissimi bermuda dritti come i calzoni di Pinocchio. Azzardati anche gli accostamenti cromatici (rosso rubino e verde certosa, rosa carne e bordeaux, un velenoso punto di tabacco con il color menta) per non parlare degli accessori. Eppure da questo gran mescolone esce un’immagine piena di fascino, oltre alla prima pelliccia senza maniche che ci convince davvero.
Strepitosa in tutte le sue parti la collezione Missoni ipotizza un viaggio dalla Scozia all’Africa con fermate nel mondo punk che teoricamente sarebbe stato a Londra negli anni Ottanta, ma nelle capaci mani di Angela Missoni diventa molto di più. Basta uno spillone strategicamente piazzato per trasformare la cappa in gonna o il poncho in giacca. Manuel Facchini di Byblos immagina invece una creatura con doppia anima giurassica e cyborg per cui crea addirittura il piumaggio digitale e un’infinita varietà di fantasie ispirate a muri scrostati, pietre, incrostazioni geologiche per semplici redingote indossate sui divertenti jeans strappati al laser.
KAYENNA.NET
1 MARZO 2010
NEW YORK STATI UNITI-VALLE MARTELLA ZAGAROLO: CHI FERISCE UN ANIMALE...
Wisconsis (Stati Uniti) , qualche tempo fa. E' stato condannato a 21 anni di carcere un uomo per aver sparato al proprio gatto.
Valle Martella Zagarolo ( Roma) Ieri. Trova un gatto che perde sangue, lo accoglie in casa durante la notte. E' una fammina. Pensa ad un problema dovuto ad un parto, forse recente. Questa mattina pero' pur potendosi muovere, l'animale non torna da dove e' venuto. Le abitazioni vicine sono numerose.
F. lo porta dal primo veterinario aperto, le prime analisi, la prima diagnosi: un ernia, forse da trauma. L'animale risulta abituato tra l'altro ad una vita domestica e non mostra la minima aggressivita', ma vista la poca voglia di tornare dai suoi "padroncini", ancora ignoti,si suppone che gli stessi, ad un certo punto... devono aver "cambiato idea". Arriva intanto mezz'ora dopo la telefonata della veterinaria: la gatta e' stata "impallinata" probabilmente con un fucile. Il proiettile si è conficcato sotto pelle nella cassa toracica. Le ipotesi diventano certezza: e' stata presa a calci per quanto riguarda lo scollamento del tessuto muscolare e l'ernia, ma anche impallinata. Traumi svariati per un solo animale! Accipicchia ! I colpevoli di questo ed altri maltrattamenti saranno sicuramente individuati dalle forze dell'ordine e quasi certamente puniti. Ma il punto e'anche un altro; due secoli fa qualcuno disse "L'italia e' fatta...facciamo gli italiani!". Se quel signore sapesse... che oggi, due secoli dopo: "il mondo e' fatto, ma mancano gli esseri umani?". L'ignoranza della legge infatti qui non c'entra, e' la civilta' il problema. Che sia stato uno straniero, od un nostro connazionale, non fa alcuna differenza : costui non e' un uomo.Ma noi pero'... lo vogliamo aiutare; lo informiamo:Per dovere di cronaca ecco le pene previste dal nostro codice di procedura penale per questo tipo di reati:
1) I casi di maltrattamento sono puniti dalla nuova legge con l'arresto da tre mesi a un anno, a seconda della gravità( ed e' il caso della gattina sopracitata), o con la multa da tre a 15 mila euro.
2) L'abbandono di animali è punito con la reclusione fino ad un anno o con un'ammenda fino a 10 mila euro.
Non resta dunque che nascondersi per questo genere di delinquenti. Ma...dove ? DDC
IL GAZZETTINO
1 MARZO 2010
ANIMALI Gli squali elefante tornano in sardegna
Uno squalo elefante di circa 8 metri di lunghezza è stato avvistato dal personale del Parco Nazionale dell'arcipelago di La Maddalena qualche giorno fa nei pressi di Barrettini due altri due esemplari sono stati individuati al largo di Tavolara dalla Guardia Costiera. «Buon segno» affermano i biologi del Centro turistico studentesco e giovanile(Cts), che nel Parco Nazionale di La Maddalena gestiscono un centro che oltre a studiare la popolazione dei delfini si occupa del monitoraggio degli squali, soprattutto quelli elefante.
IL TEMPO FROSINONE 1 MARZO 2010
Gaeta (LT) - Il volatile era stato attaccato da un animale della stessa specie e poi dai gabbiani Falco pellegrino salvato da un pescatore
Gaeta (LT) - Appena recuperato il rapace, il signor Pampaloni ha contattato i Guardiaparco dell'Ente parco regionale Riviera di Ulisse che hanno prontamente recuperato l'animale e, dopo le verifiche effettuate dal personale specializzato del Servizio naturalistico dell'Ente, lo hanno trasportato presso il Centro recupero fauna selvatica del Corpo forestale dello Stato di Fogliano per le cure necessarie. Ma entro breve sarà operativo nell'area protetta di Monte Orlando un Centro per il recupero degli animali selvatici gestito dal parco che si occuperà direttamente della fauna in difficoltà rinvenuta nel proprio ambito territoriale garantendo immediato e qualificato soccorso alla fauna selvatica locale. Intanto il falco guarirà in poche settimane e non appena sarà nuovamente in grado di volare verrà liberato nel territorio. TREND ONLINE 1 MARZO 2010
Agnellino pane e vino
Italia alleviamo, cuciniamo e mangiano i conigli: per altre popolazioni questo è grande segno di inciviltà in quanto il coniglio è considerato un animale di affezione al pari del cane o del gatto, quindi guai a chi sogna di mangiarlo. Lo stesso a mio modo di vedere si potrebbe dire anche per il povero agnellino al quale viene riservato un trattamento piuttosto crudele: prima viene stordito, poi issato per una zampa, successivamente gli viene incisa la giugulare, e quando sopraggiunge la morte per iugulazione, allora passa alla operazioni di macellazione e porzionatura. Questo dovrebbe avvenire in teoria secondo il regolamento sanitario che definisce l'attività di macellazione, poi in pratica la fase di stordimento spesso viene “tralasciata” o "dimenticata” passando tosto alla recisione della giugulare da vivo ed in pieno stato di coscienza.E tutto questo per consentire a tutte quelle mamme e ragazzini, recentemente indignati nel sentire in televisione di come si cucinava un gatto in tempi di fame e guerra, di poter gustare un abbacchio scottadito o un agnello al forno con patate alla menta nella Santa e Barbarica celebrazione della Pasqua Cristiana. Volete veramente trasmettere un messaggio di rinascita e resurrezione (intesa come una nuova epoca per risorgere) quale ci si aspetterebbe per la Pasqua ? Beh, allora smettete di ingozzarvi di carne e di sostenere con la vostra attività consumistica la proliferazione degli allevamenti intensivi a cominciare dai vitellini, finendo con i poveri ed innocenti agnellini. Che senso ha sostenere con il proprio comportamento consumistico un modello di sviluppo alimentare drogato quando un agnello per crescere di 1Kg in peso necessita di 10kg di cereali ? Ha senso in ottica cristiana decretare carestie, miseria e fame in paesi che non possono produrre il proprio sostentamento alimentare in quanto i terreni ed i loro raccolti di cereali sono asserviti all'ingrasso degli animali da reddito nei paesi occidentali. Così è chiamato oggi un agnellino: animale da reddito e non di affezione come il gatto.Alla prossima Pasqua volete veramente abbracciare il pensiero cristiano e farlo vostro ? Volete contrastare la fame nel mondo ? Volete ridimensionare l'impatto ambientale dell'agricoltura e dell'allevamento intensivo ? Volete avere acque di falda più pulite ? Volete salvare l'Amazzonia dalla deforestazione ? Volete limitare l'effetto serra ? Per chi non lo sapesse, le deiezioni gassose dei bovini sono la principale causa dell'effetto serra sul pianeta. La soluzione a tutto questo esiste. Si chiama contingentamento del consumo di carne animale da allevamento intensivo (o meglio ancora la totale abolizione): il reale male del pianeta e la causa di moltissime patologie che colpiscono l'uomo in questi ultimi decenni. Cercate d'ora in poi, cominciando con quest'anno, di celebrare una Santa Pasqua e non una Sanguinosa Pasqua Barbarica: diventate anche voi fautori di un cambiamento per migliorare il nostro pianeta e preservarlo da quello che è considerata la peggiore minaccia per la sua stessa sopravvivenza. Preserve our planet: it's up to you.
ASCA
1 MARZO 2010
SALUTE: DOSSIER LAV, DA ALLEVAMENTI INTENSIVI TROPPI RISCHI PER UOMO
Roma - L'utilizzo sistematico di antibiotici, somministrati agli animali negli allevamenti intensivi, comporta seri rischi sanitari per la salute umana: i farmaci rimangono spesso nei tessuti degli animali e arrivano al piatto dei consumatori. Per produrre 1 kg di carne sono impiegati mediamente 100 mg di antibiotico. Cio' significa, per l'italiano medio e consumatore di circa 87 kg di carne ogni anno (senza considerare i consumi di prodotti ittici), ingerire involontariamente quasi 9 grammi di antibiotici, equivalenti alla somministrazione di circa 4 terapie antibiotiche ogni anno.
Sull'argomento la LAV ha redatto il dossier ''Rischio sanitario degli allevamenti intensivi. Resistenza agli antibiotici e nuove malattie'', divulgato in concomitanza con la pubblicazione in questi giorni in Italia del romanzo di Jonathan Safran Foer ''Se niente importa. Perche' mangiamo gli animali?'' (Guanda editore): un libro-inchiesta, autobiografico, che ha creato un grande dibattito negli Stati Uniti perche' descrive con grande realismo il sistema degli allevamenti intensivi, mettendone in discussione la necessita' e in evidenza le sofferenze inflitte agli animali. L'Autorita' alimentare europea, EFSA (European Food Security Authority), effettua un monitoraggio costante del fenomeno e ha rilevato come in molti casi i cibi di origine animale trasmettano all'uomo batteri resistenti agli antibiotici. L'ingestione continuata, tramite la carne, di questi medicinali - avvertono gli esperti, puo' alla lunga provocare disturbi intestinali cronici e inefficacia di trattamenti antibiotici a scopo terapeutico quando ne sorga la necessita'. I batteri, se in costante contatto con gli antibiotici, sviluppano una resistenza a quei determinati antibiotici. Cio' significa non avere la possibilita' di guarire dalle patologie trasmesse dai batteri in questione, con esiti potenzialmente anche fatali.
WALL STREET
1 MARZO 2010
Alimenti/ Lav: in 87 kg di carne ci sono 9 grammi antibiotici
E' il consumo medio di un italiano ogni anno: è allarme salute
DI APCOM
Roma - L'italiano medio in un anno consuma 87 kg di carne e involontariamente quasi 9 grammi di antibiotici, equivalenti a 4 terapie. E' l'allarme lanciato dalla Lav in un dossier sugli allevamenti intensivi, dove vengono somministrati agli animali sistematicamente antibiotici, una prassi che comporta seri rischi sanitari per la salute umana: i farmaci rimangono spesso nei tessuti degli animali e arrivano al piatto dei consumatori. Per produrre 1 kg di carne sono impiegati mediamente 100 mg di antibiotico. Ciò significa, per l'italiano medio e consumatore di circa 87 kg di carne ogni anno (senza considerare i consumi di prodotti ittici), ingerire involontariamente quasi 9 grammi di antibiotici, equivalenti alla somministrazione di circa 4 terapie antibiotiche ogni anno.
IL GIORNALE
1 MARZO 2010
I cacciatori sono una specie in estinzione
PAOLO GRANZOTTO
Egr. Dott. Granzotto, tra i tanti articoli apparsi in materia sul nostro Giornale, non mi pare di aver mai letto una sua presa di posizione sulla caccia. Io non sono cacciatore, ma non mi reputo un ipocrita: pertanto, mangiando con gusto piatti a base di selvaggina, non mi strappo le vesti se questa, prima di finire nel mio ragù, viene abbattuta a fucilate, anziché uccisa a norma di direttiva Ue. Mi sembra che, rispetto a 20-30 anni orsono, la selvaggina sia diminuita (dalle mie parti è rara, almeno in pianura). Ma mi risulta altresì che siano diminuiti drasticamente anche i cacciatori (erano 2 milioni, sono rimasti in 500mila). Mi viene pertanto da pensare che non vi sia un nesso diretto tra la quantità degli animali selvatici e quella dei loro cacciatori: quindi senza caccia le cose resterebbero grosso modo le stesse. E allora mi sorge il dubbio che chi vuole abolire la caccia in realtà non voglia preservare gli animali, ma solo vietare una attività che ritiene non eticamente corretta. Il che è il primo passo su una strada che finirebbe col vietare anche la fettina impanata o le costolette di agnello (salvo che sia sgozzato per ragioni «culturali», ma questo è un altro discorso, ai suoi lettori ben noto).
Senza arrivare agli orripilanti eccessi di quel fior di gastronomo di Camillo Langone, che si ciba di marmotte e di istrici, anch’io non dico di no alla cacciagione, caro Raucci. Da piccolo (ora è vietato cacciare e quindi consumare uccelli dal «becco gentile», quali i passeracei) mi leccai le dita con la polenta e osèi, che poi gli osèi, gli uccellini, erano tutta pelle e ossa, però buoni da matti. Raggiunta l’età della ragione andai ghiottissimo del beccafico (schidionato, alternato a foglie di alloro e scampoli di lombo di maiale), volatile in seguito diventato introvabile e comunque escluso a norma di legge dai generi alimentari. Oggi, che al massimo ti rifilano quaglie da allevamento (se allevata, una specie può essere tranquillamente accoppata e messa in padella) e quel che è peggio di provenienza cinese, dalla cacciagione mi astengo, a meno di non considerare tale il succoso piccione. Bestiaccia tanto infausta per le sue corrosive cacche, la sua protervia e il ticchio d’accoppiarsi ogni due per tre perpetuandosi a dismisura, quanto eccellente vuoi in tegame, vuoi all’arrosto, vuoi in salmì.
Pur non avendo mai esploso una schioppettata, un tempo anche sulla caccia non avevo pregiudizi. Sarà stato perché di caccia e cacciatori avevo l’immagine che ne diede Renato Fucini nelle sue Veglie del Neri, la stessa che ne dava, per dire, anche Indro Montanelli che si diceva un buon fucile (e certo aveva, finché resse, buona gamba, senza la quale non s’è cacciatori). Poi, purtroppo, mi capitò di toccar con mano la realtà. Fu a una battuta in riserva, dove per l’occasione erano stati liberati fagiani d’allevamento. Pollastri, più che altro, che razzolavano incuranti della presenza di una mezza dozzina di doppiette. Al primo botto si alzarono, anche se solo per riprendere terra qualche spanna più in là. Tutti meno uno, che seguitò pacifico a beccare. Allora uno dei presenti, in elegante tenuta venatoria e tanto di cartucciera alla vita, gli si avvicinò e lo prese a calci. Proprio così, a calci. Costrettovi, il fagiano si alzò prendendo il suo goffo volo e mentre era finalmente a mezz’aria, pum pum, con due colpi il cacciatore lo maciullò. Bon, mi dissi allora: se questa è la caccia, la caccia con me ha chiuso. Non solo con me, a quanto pare, perché come lei mi conferma, caro Raucci, sembra stia chiudendo in generale, facendo dei cacciatori una specie in via d’estinzione. E ciò non per merito del piagnisteo politicamente o eticamente corretto. Ma perché se le togli la signorilità, l’eleganza, direi; se la riduci a cafona mattanza l’arte (l’arte!) venatoria che ragion d’essere può avere? LA NUOVA SARDEGNA 1 MARZO 2010
Secondo assalto notturno dei randagi a Calancoi, sterminato un gregge
Daniela Scano
SASSARI. Il branco è tornato a Calancoi e ha assalito le pecore sopravvissute alla precedente incursione. È successo nell’ovile di Mario Testoni che in due settimane ha perso 120 pecore, sbranate o ridotte in fin di vita dai cani. «Dopo il primo assalto nessuno ha fatto niente per evitare che i randagi colpissero di nuovo, eppure era prevedibile - accusa l’allevatore -. Sono rovinato, chi paga i danni?». Ieri mattina, quando è uscito di casa per accudire il gregge, Mario Testoni ha vissuto un drammatico deja-vu di quanto successo il 16 febbraio. Quasi tutti gli animali portavano i segni di un assalto notturno dei cani randagi. Quindici pecore sono morte subito, una ventina sta agonizzando ma altre venti - annuncia l’allevatore - moriranno certamente nei prossimi giorni per la gravità delle ferite. Molte pecore sono gravide ma stanno abortendo. Per Testoni, che a metà febbraio aveva perso allo stesso modo una settantina di animali, quello di ieri è stato il colpo finale alla sua attività. «Mi sono spaccato la schiena e adesso, dopo tanta fatica e tanti soldi spesi, non ho più niente - si lamenta -. Con chi dovrei prendermela? Perché il Comune non ha fatto niente per catturare i randagi che infestano le campagne?». Mario Testoni ieri ha lavorato tutto il giorno con i barracelli e il veterinario per curare le poche pecore sfuggite ai cani. I randagi, che la prima volta avevano attaccato le pecore mentre erano al pascolo, l’altra notte sono entrati dentro il recinto e hanno fatto scempio. Nelle campagne è allarme rosso. Gli allevatori chiedono interventi certi all’amministrazione comunale per combattere il randagismo. Mario Testoni, però, conta anche su un aiuto concreto per uscire da quella che potrebbe essere la crisi peggiore della sua attività. «Ho cinquant’anni, allevo pecore da una vita non posso inventarmi un altro lavoro - si sfoga -. In due settimane ho perso quasi tutto quello che avevo faticosamente costruito. Anche ammesso che qualcuno mi aiuti a ricomprare il gregge, rischio di perdere tutto al prossimo assalto notturno. Il Comune deve fare qualcosa contro il randagismo altrimenti carico su un camion le pecore, vive e morte, e le porto a Palazzo Ducale». VARESE NEWS 1 MARZO 2010
Topo "assediato" da cani nel cofano di un'auto Ancora animali nella lunga giornata dei pompieri
Busto Arsizio (VA) - Ancora un curioso intervento dei vigili del fuoco con coinvolgimento di animali nel pomeriggio a Busto Arsizio, dopo le 17. Dopo quello di stamane per un incendio unica sfortunata vittima del quale è stato un gatto di casa, questa volta, per non fare torto a nessuno, protagonisti dell'uscita dei pompieri sono stati un topo e dei cani. In un cortile di via Pieve di Cadore a Sacconago il roditore si era infilato nel cofano del veicolo (si presume arrampicandosi sulle ruote), scatenando l'istinto dei cani che aveva attorniato il veicolo mettendosi ad abbaiare furiosamente e graffiandone la carrozzeria. ROMAGNA NOI 1 MARZO 2010
Estero - Ecatombe di pesci in Brasile 90 tonnellate di animali morti al largo delle coste di Rio de Janeiro
RIO DE JANEIRO - Novanta tonnellate di pesci morti nella laguna di Rio de Janeiro, senza che se ne riesca a individuare con certezza la causa. L'ipotesi dei responsabili della sicurezza ambientale della città è che a generare la morte in massa dei pesci sia stato il proliferare di un'alga che avrebbe ridotto la concentrazione di ossigeno nelle acque della laguna. L'amministrazione locale ha attivato squadre di pulizia per rimuovere i pesci senza vita. "Ieri ne abbiamo portate via 75 tonnelate, oggi altre 15, siamo a 90 tonnellate" spiega un addetto. L'olezzo si avverte tutt'intorno alla laguna e rende irrespirabile l'aria. Il biologo Mario Moscatelli, però, non condivide la teoria delle alghe assassine e collega la moria di pesci allo scarico di acque inquinate sulla spiaggia di Ipanema, che è collegata alla laguna da un canale. "Quello che è accaduto è intimamente correlato a quanto successo nei giorni scorsi sulla spiaggia. L'acqua inquinata è arrivata alla laguna e questo è il risultato" spiega.
|