Il veterinario risponde
a cura della d.ssa Nicoletta Bevere
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Gentile Dr.ssa Bevere, |
Gentile Elena, è possibile che lo stress chirurgico (la cui entità è scarsamente prevedibile, perché è un fenomeno molto soggettivo) abbia abbassato le difese immunitarie della gattina e che quindi abbia risvegliato una malattia latente oppure promosso una nuova malattia. Se si trattasse di un’infezione virale (magari una calicivirosi, visto che ha segni di dolore orale) è chiaro che la terapia antibiotica non servirebbe a guarire dall’infezione, ma solo a prevenire le complicanze batteriche. E’ assolutamente impossibile che una leccata ad una sostanza antisettica usata per medicare la ferita possa causare anoressia e febbre e dubito proprio che la stessa sostanza possa anche solo parzialmente aggravare una qualsiasi forma di glossite o stomatite. Le consiglio di stare tranquilla, trattare i sintomi con degli antinfiammatori, prevenire le complicanze batteriche con gli antibiotici, sostenere l’organismo con fluidi e soluzioni elettrolitiche fino a quando la gattina non riprende ad alimentarsi. I farmaci, se il dolore orale è grave, vanno somministrati per iniezioni. Se non c’è vomito o diarrea, si può spingere un po’ l’assunzione di alimento con una pappa speciale molto energetica diluita in acqua tiepida e somministrata con una siringa (A/d Hill’s, Convalescence Support Feline Instant Royal Canin). La gattina deve migliorare velocemente nei prossimi 3-4 giorni, altrimenti è necessario approfondire con degli esami del sangue. Cordiali saluti, dott.ssa Nicoletta Bevere
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Salve gent.ma dott.ssa, LAURA, Varese 06/12/2005 |
Gentile Laura, errori di laboratorio a parte, con creatinina 2.4 potrebbe anche non trattarsi di insufficienza renale, ma magari solo di un valore occasionalmente alto dovuto ad un transitorio concorso di alcuni fattori (non è scritto sui libri, non tutti i veterinari sono d’accordo, ma è un fenomeno che io ho verificato personalmente). Cioè, potrebbe ripetere l’esame della creatinina presso il medesimo laboratorio fra qualche settimana e trovarlo normale. Se malauguratamente così non fosse, non è certo cosa da strapparsi i capelli. Gli interventi che deve fare, in ordine di importanza, sono i seguenti: trasformare il suo gatto da cicciottello a magro con una dieta commerciale per gatti con insufficienza renale, pesando settimanalmente il micio e curando che il dimagramento non sia superiore all’1%-1,5% di peso corporeo per settimana. La collega le darà tutte le indicazioni. Somministrare degli acidi grassi (Omega pet) tutti i giorni per tutta la vita. Dopo 2-3 mesi controllare la creatinina e se è ancora alta somministrare un ACE inibitore, il quale diminuirà (assieme a riduzione del peso, dieta e acidi grassi) la progressione della malattia. Per quanto riguarda la prognosi dell’insufficienza renale, essa è influenzata dalla gravità del danno renale al momento della diagnosi (nel caso specifico lieve, visto il modesto rialzo della creatinina), e dalla sua progressione, che può essere nota ripetendo l’esame dopo qualche tempo. L’intervallo che le deve interessare in riferimento a quel 2.4 è assolutamente quello riportato dal laboratorio che ha eseguito le analisi. Cordialmente, dott.ssa Nicoletta Bevere
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Gentile Dottoressa, |
Cara Elena, mi dispiace molto che la gattina non stia ancora bene, perché vuol dire che c’è qualcosa che non va rispetto all’ipotesi di una semplice calicivirosi o herpesvirosi. L’assenza di appetito e il disinteresse per il cibo, non vanno confusi con l’eventuale difficoltà alla deglutizione o alla prensione e masticazione dell’alimento. Infatti mentre quest’ultima è dovuta ad una patologia della cavità orale (come sembrava inizialmente), l’anoressia riflette sempre un problema generale dell’organismo. In particolare nel gatto il rifiuto ostinato del cibo, per diversi giorni, indifferente alle terapie, è sempre un sintomo importante, perché spesso riflette un disturbo grave. A mio parere dovrebbe fare degli esami del sangue onde escludere la leucemia felina virale e la peritonite infettiva felina (emocromo, protidogramma, sierologia per i due virus). Se non si evidenziano indicazioni di una possibile infezione bisognerebbe controllare la biochimica sierica. Non mi preoccuperei affatto della “gola arrossata”, perché se non ci sono ulcere, non c’è perdita di saliva, non c’è una particolare alitosi e non ci sono comportamenti alimentari riferibili a dolore orale (tipo scappare via dopo aver messo in bocca del cibo o miagolare e ringhiare durante la masticazione) la sua gattina in bocca non ha proprio un bel niente, o per lo meno niente che le impedisca di interessarsi al cibo. Nel frattempo, in attesa di una diagnosi, si può contrastare la nausea e il vomito con un antiemetico. Auguri, dott.ssa Nicoletta Bevere
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Gentile Dott.ssa Bevere, 14/12/2005 |
Gentile Veruska, il cagnolino probabilmente ha subìto qualche trauma associato alla presenza di un essere umano maschio adulto e successivamente deve aver generalizzato la paura specifica per quella persona, a tutti gli individui simili ad essa, cioè agli esseri umani maschi adulti in generale. Le probabilità che il cagnolino, cercando di allontanare le persone che gli fanno paura, passi dal ringhio al morso sono altissime. Quindi in prima battuta vi posso dare le indicazioni fondamentali per scongiurare il pericolo del primo morso (che per il cane rappresenta un salto di qualità nella sua strategia difensiva, quasi senza ritorno): NON dovete accarezzare il cane quando ringhia al papà, NON dovete parlargli dolcemente “per fargli capire che non bisogna avere paura”, il papà non deve insistere nel contatto fisico o nella vicinanza con il cagnolino se questo mostra qualche segno di paura (orripilazione del pelo, dilatazione delle pupille, abbaio, ringhio, tremore). Quando il cane manifesta paura tutte le persone della famiglia (anche quelle verso le quali il cane non ha timore) devono immediatamente e contemporaneamente allontanarsi da lui e ignorarlo del tutto. In questo modo non peggiorerete il disturbo. Invece per correggere il comportamento fobico e gli altri problemi lamentati (abbaiare e continuare a pretendere la vostra attenzione) è necessaria la visita di un veterinario che conosca la materia, il quale già dal primo contatto telefonico vi consiglierà un consulto comportamentale, probabilmente con la presenza di quanti più membri della famiglia possibile (cioè non sarà un veterinario che minimizzerà dicendo: “state tranquilli, il cane si deve solo adattare”). Visto che l’animale ora ha solo 7 mesi (se non perdete neanche un secondo con i consigli delle zie degli amici, e non vi rivolgete agli esperti dei giardinetti) ci sono ottime possibilità di risolvere tutto. Auguri! dott.ssa Nicoletta Bevere |
Buongiorno, 14/12/2005 |
Cara Caterina, non c’è nessun motivo di eliminare gli acidi grassi, che fanno molto bene e non hanno alcuna controindicazione. L’aumento di Crea e Bun potrebbe essere correlato alla sospensione degli acidi grassi e dell’ACE-inibitore (immagino sospeso anche quest’ultimo), ma ovviamente non è possibile sapere se ci sarebbe stato ugualmente un peggioramento dei valori renali, magari più lieve. In ogni caso io riprenderei le terapie. L’aumento generale della sete è dovuto alla diminuzione della funzionalità renale, mentre i picchi di assunzione dell’acqua che avvengono solo quando viene ritardato il pasto potrebbero essere assimilati ad una sorta di attività sostitutiva, più che ad un fabbisogno idrico realmente aumentato. Visto che a queste scorpacciate di acqua segue il vomito, e visto che lei ha già accertato che corrispondono ad un ritardo nella somministrazione del cibo, penso che dovrebbe evitare questo nocivo cambiamento di orario del fine settimana. Per quanto riguarda appunto il vomito, probabilmente è dovuto solo all’assunzione improvvisa di una grande quantità di acqua (come spesso accade), ma visto che è presente l’insufficienza renale, se il problema persistesse nonostante la correzione dell’orario del pasto, bisognerebbe prendere in considerazione altre cause. Cordialmente, dott.ssa Nicoletta Bevere
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Buon giorno, 16/12/2005 |
Gentile Walter il diazepam (il principio attivo del valium) è un farmaco la cui azione è semplicemente quella di alzare la soglia dell’epilessia, cioè è in grado di diminuire l’eccitabilità della corteccia cerebrale, indipendentemente dalla causa, senza in pratica agire sulla causa stessa. Un possibile pericolo di vita, connesso alla eventuale presenza di una patologia grave che stesse determinando queste crisi epilettiche, non sarebbe minimamente influenzato dal valium, che comunque è l’unico presidio che è ragionevole mettere in atto per adesso, in attesa della diagnosi. Cordialmente, dott.ssa Nicoletta Bevere
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Gentile dottoressa, 28/12/2005 |
Gentile Nicoletta, il fibrinogeno è una proteina che nel gatto si alza velocemente in risposta a qualunque processo infiammatorio. Per quanto riguarda l’ipotesi del collega, mi trovo purtroppo pienamente d’accordo, anche facendo finta di non sapere che durante l’intervento chirurgico è stata rilevata peritonite. La conferma potrebbe provenire dall’esame chimico-fisico e citologico del versamento. I gatti con FIP spesso migliorano con il prednisolone orale, che consente in tempi veloci di aumentare o abbassare il dosaggio in relazione alla risposta, al contrario di prodotti deposito da somministrare per via intramuscolare, che non userei mai in un animale con uno stato di salute così precario. In bocca al lupo, dott.ssa Nicoletta Bevere
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Il mio pastore tedesco femmina di 8 anni ha appena ricevuto la diagnosi infausta di tumore al sistema linfatico. La mia vet mi ha indirizzate alla Clinica S. Marco di Padova avendone piena fiducia. Hanno iniziato lunedì scorso una chemioterapia dicendomi che era l'unica soluzione, altrimenti il cane avrebbe avuto solo 30gg di vita. Mariantonia Raniero 28/12/2005 |
Cara Mariantonia, rimarrei dove la sua veterinaria l’ha indirizzata, perché è un posto che ha una buona reputazione. Lei non deve fare niente, a parte affidarsi ad un veterinario che le dia garanzie di preparazione scientifica e che le sembri attento al benessere del suo cane. Purtroppo non mi dice quale sia la neoplasia diagnosticata, quale la prognosi e che tipo di terapia stia facendo (presumo di tipo palliativo). Non so se lei ha voluto entrare nei dettagli circa le aspettative di vita del suo cane, ma le consiglio di pretendere chiarezza su questo argomento, perché nel caso in cui la chemioterapia deteriori la qualità della vita dell’animale, lei deve avere gli strumenti per decidere se sospendere i farmaci con più effetti collaterali e passare a medicine che semplicemente allevino i sintomi, sempre seguendo i consigli del veterinario di cui sopra. Per quanto riguarda il genio omeopata invece, se ad un mio amico diagnosticassero il cancro e chicchessia mi venisse a dire “Ah, ma se me lo dicevi prima a me, io sì che ti potevo aiutare! Ma ormai… che i dottori hanno usato le loro medicine …eh, è tutto compromesso!” Sa cosa farei? Mi sentirei offesa da un simile discorso truffaldino, che a lui non costa niente mentre io lo pago caro, lo manderei al Diavolo e non gli concederei mai il bene prezioso della mia fiducia !!! Abbracci, dott.ssa Nicoletta Bevere
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Buongiorno, ho un gatto affetto da leucemia felina, la nostra brava veterinaria (amica) lo sta curando con una terapia di Virbagen omega somministrato ogni 3 mesi. Essendo un prodotto molto costoso forse non ci consiglia un trattamento a distanza di tempo più ravvicinata per non farci sostenere delle forti spese dal momento che pare sia solo una terapia in grado di contenere il male senza grandi certezze. Vorrei sapere da lei se è meglio una terapia a distanza di tempo più ravvicinata, per esempio mensile. Grazie Raffaele Pucci 29/12/2005
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Gentile Raffaele, la ditta produttrice del Virbagen omega nel 2004 ha pubblicato uno studio sul farmaco in questione, il quale veniva dato al dosaggio di 1 milione di unità per kilogrammo di peso del gatto, ogni 24 ore per 5 giorni, in tre cicli eseguiti a giorno 0, 14 e 60. Dopo 9 mesi, nel gruppo dei gatti FeLV positivi sottoposti a questa terapia si era verificata una mortalità del 39%, mentre tra i gatti FeLV positivi non trattati la mortalità era del 59%. Dopo altri tre mesi, la mortalità tra i gatti che avevano preso l’interferone era salita al 47%, mentre tra i gatti non trattati non c’era stato aumento della mortalità. Se vi sono altri protocolli terapeutici (per rispondere alla sua domanda), non sono riuscita a trovare gli studi scientifici che li supportino. Cordialmente, dott.ssa Nicoletta Bevere
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