da Enrica da Cremona a Cristina da Milano:
oggetto:
Cani di razza e non

data 07/07/2005

 
Non scomodare Dio nelle scelte umane Cristina, perchè Chi ha creato questo mondo lo ha fatto nell'armonia e nell'amore.
Non ha mai detto di sfruttare gli animali a nostro uso e consumo. Leggi i vangeli apocrifi e troverai una verità alquanto scomoda riguardo al rapporto uomo animale.
Allevare in coscienza......perchè? Pensi davvero che ci sia una coscienza quando fai soldi sulla pelle di altri? Sì, certo....tutte palle. Chi alleva animali non fa soldi e va sempre in perdita, però continua questo lavoro così poco redditizio e continua a riprodurre viventi e a venderli "per amore". Non so se riesci a cogliere il paradosso......l'amore non si vende e non si compra, ma si dona, anche per quanto riguarda gli animali.....
Il mio pensiero?
E' molto semplice: lo sfruttamento di chi non ha voce è una vergogna e va abolito in toto.  
Molto chiara l'intervista rilasciata del filosofo Gino Ditadi al Corriere del Ticino e pubblicata su Bairo il 23 giugno u.s., riguardo il pessimo rapporto uomo-animale. Ve la riporto sotto. Il vero obiettivo è saper riconoscere uguali diritti a tutti i viventi: animali e uomini. Così come non si deve sfruttare la nostra specie, altrettanto non si devono sfruttare specie non umane. Un pensiero rivoluzionario e non ancora compreso dalla maggior parte degli umani, troppo presi dall'arrogante presunzione specista di essere unici  dominatori del mondo. Una battaglia che purtroppo è solo all'inizio, a quanto vedo anche dagli ultimi interventi, ma io ci credo e non solo l'unica.
Enrica
 
Corriere del Ticino - 22 giugno 2005
 
Animali: tutti i danni di Aristotele
Al celebre pensatore greco dobbiamo secoli di idee che hanno penalizzato i viventi non umani - Parla Gino Ditadi, il maggior conoscitore di dottrine filosofiche in merito
 
Pagina di Carlo Silini
 
Chi sostiene che la politica federale sia di un soporifero grigiore, non si trovava probabilmente nell'aula del Consiglio nazionale mercoledì scorso, quando a un certo punto, davanti ai deputati stralunati, l'ecologista Geri Muller si è presentato al pulpito degli oratori indossando la maschera di un montone. Il teatrino è durato poco, giusto il tempo necessario alla presidente della Camera Thèresè Meyer, di imporre all'esuberante parlamentare argoviese di riassumere le proprie fattezze umane. Ma il pittoresco episodio la dice lunga sulla passionalità che anche alle nostre, di solito compassate, latitudini suscita la discussione politica sugli animali (non umani aggiungiamo noi). Così in una manciata di giorni, la scorsa settimana, Berna ha rimesso in discussione la legge sulla protezione degli animali. Tra le varie decisioni degne di menzione ricordiamo il divieto di importazione delle pelli di cani e gatti; la mancata istituzione a livello federale della figura di un avvocato che possa difendere i diritti degli animali in tribunale; l'obbligo, a partire dal 2009, di praticare l'anestesia ai porcellini che subiranno la castrazione. Anche il semplice elenco dei temi trattati a Berna ci dice quanto i tempi siano cambiati rispetto a quelli della società contadina, certo meno attenta alle sofferenze e ai diritti degli altri viventi. Eppure, in un passato assai remoto, addirittura agli albori della civiltà occidentale occidentale, non mancavano pensatori che degli animali avevano una concezione, ci si consenta il bisticcio, molto umana, molto solidale. Come mai allora, ci si potrebbe chiedere, l'uomo da sempre utilizza il mondo animale come una "cosa", un magazzino da cui attingere senza scrupoli per i propri bisogni? Lo abbiamo chiesto a Gino Ditadi, docente di filosofia, autore di numerosi saggi di carattere storico e filosofico e soprattutto curatore di una monumentale accolta di scritti e materiali molti dei quali inediti, sul pensiero filosofico sugli animali (- I filosofi e gli animali", Isonomia Editore). - Leggendolo,- ci spiega Ditadi - chiunque può farsi un quadro completo del dibattito su questi argomenti negli ultimi ventitrè secoli...- E scusate se è poco.
Professor Ditadi, a chi vanno attribuite le visioni più negative del mondo animale?
- Possiamo dire che dopo l'aurora del cosiddetto pensiero presocratico e presofistico, dopo la grande stagione di riflessione sul mondo dei viventi del Pitagorismo e anche di Platone, tra gli iniziatori di questa "discesa" c'è stato indubbiamente Aristotele.-
Quele era il suo pensiero in proposito?
-  Nel libro primo della Polita, riga 1256b, il mondo animale è ritenuto "come il mondo degli schiavi" un puro strumento da utilizzare senza alcun riguardo. Anzi, Aristotele dice testualmente: noi dobbiamo fare guerra contro gli uomini che, nati per obbedire, si rifiutano, e contro gli animali che ci sono utili. Potrei citare altri passi, ad esempi dal De generatione animalium, sempre di Aristotele. In questo filosofo zoofobia e ginofobia, ovvero disprezzo e paura del mondo animale e disprezzo e paura della donna, così come disprezzo dell'altro che non fosse greco e libero ( i cosiddetti barbaroi) va di pari passo. E' in Aristotele che troviamo la prima formulazione rigorosa dell'antropocentrismo, anzi dell'idea che l'uomo ricco greco e libero possa usare del mondo come di una cosa. Un'idea ripresa ovviamente da San Tommaso che ad Aristotele si rifà ampiamente.-
Nel cristianesimo quindi, la visione degli animali è determinata in parte da Aristotele e in parte dalla Bibbia...
- Esatto.-
Ma la tradizione biblica sugli animali è assai più aperta di quella aristotelica...
- In realtà anche nella tradizione biblica manca una considerazione del mondo animale inteso sia come fonte di conoscenza, sia come realtà da considerare in termini di pietà o di giustizia. C'è un solo passo nel libro dei Proverbi (12,10) in cui di dice che il giusto ha pietà del suo bestiame. Schopenhaurer era indignato da questo passaggio e diceva che si ha pietà di un assassino, di un criminale, di un bandito, aggiungendo "Non pietà, ma giustizia si deve all'animale". Nella Bibbia gli animali appaiono come creature dimenticate.-
Nella Bibbia,, tuttavia, traspare l'dea che l'uomo sia custode del creato e quindi sia chiamato ad avere responsabilità anche nei confronti degli animali...
- La ringrazio per aver sollevato la questione dell'uomo "custode" del creato. Mi spiace per lei e anche per gli studiosi quali il mio amico Franco Manti dell'Istituto di bioetica di Genova e del suo entourage, ma nella Bibbia non si dice da nessuno parte questa cosa.-
Ma nella Genesi si parla dell'uomo custode del giardino dell'Eden..
- I termini biblici ebraici, nel libro primo della Genesi, sono inequivocabili. Non esiste la parola custodia. Si parla di radash (che significa dominare) e kabash (che significa soggiogare e assoggettare). Capisco che qualcuno cerchi di orientare il mondo cristiano ad un maggiore rispetto degli animali, questo è encomiabile e va fatto, però nel testo non c'è.-
Lei dice che la Bibbia non parla di "custodia" del mondo animale. Non crede però che l'idea di una custodia umana del creato possa essere ricavata da una lettura del senso profondo e non di quello letterale della Bibbia - una lettura emersa forse nel confronto con la sensibilità dei nostri tempi?-
Questo sì, ma un'esegesi rigorosa dei testi va pur fatta. Non si possono ingannare le persone con giochini di parole. Il testo biblico dice: proliferate, moltiplicatevi, assoggettate tutti gli esseri che esistono (cfr. ad esempio Genesi 1-9 o Esodo 8,22).-
La posizione cristiana nei confronti degli animali non è stata solo a senso unico (negativo)..
- Il cristianesimo originario, a mio giudizio, non ha avuto la possibilità di occuparsi di biocentrismo. Certo ci sono testimonianze apocrife che danno indicazioni di apertura verso il mondo animale, ma non costituiscono - per la loro esiguità - una fonte sulla quale si possa costruire il rinnovamento di cui abbiamo bisogno. I grandi pensatori cristiani da San Paolo a sant'Agostino a San Tommaso, appunto, esprimono un pensiero senza tentennamenti sull'inferiorità indiscutibile del mondo animale. Oggi la chiesa cattolica e i cristiani in generale si trovano davanti ad un problema gigantesco. Abbiamo bisogno di fondamenti, non di giochi di parole, per trovare una sintesi soddisfacente sul mondo animale.-
Ci sono religioni che hanno una considerazione più positiva degli animali?
- L'unica religione che rispetta e esprime una grande considerazione del mondo animale, all'insegna della pietà e della condivisione del dolore, è il buddhismo mahayanico. Contemporaneamente a questa predicazione, attorno al VI secolo a. C. andando verso occidente, va però segnalato il pensiero zoroastriano nell'antica Persia. Nel testo sacro dello zoroastrismo, che oggi è una religione minoritaria che conta 120 mila aderenti l'Avesta, ci sono indicazioni straordinarie per la difesa degli animali nella loro totalità.-
Quali indicazioni?
- Nell'Avesta c'è un intero canto dedicato alla sofferenza delle creature. E qui si dice che la lotta contro la sofferenza degli uomini che patiscono l'ingiustizia è la stessa che ci deve condurre ad eliminare la sofferenza del mondo animale.-
E nell'area mediterranea?
- Troviamo nel mondo greco l'orfismo, il rifiuto dell'alimentazione carnea e dei sacrifici di sangue. Il che dimostra che vi fu un contatto fra la religione avestica persiana e la religione non istituzionale greca. Anche se le religioni istituzionali greca e romana vanno in un altro senso. Straordinariamente importante è il trattato di Teofrasto Della Pietà, aperto alla giustizia vero tutti i viventi.-
Sul piano filosofico, il passaggio chiave, nella concezione del mondo animale è quello dell'antropocentrismo (l'uomo al centro dell'universo) al biocentrismo (la vita, ogni forma di vita, al centro della riflessione). Non mi pare sia un passaggio accolto dall'ordine esistente..
- L'antropocentrismo è falso come lo era il geocentrismo. Noi siamo sulla terra da tempi molto brevi. Il mondo è cominciato senza l'uomo e finirà senza l'uomo. Siamo una goccia nell'oceano della vita. Questo è importante da capire non solo per ragioni di caratare etico, ma per ragioni di comprensione della realtà. Ho pubblicato la prima edizione critica di un'opera filosofica di Giacomo Leopardi. "Dissertazione sopra l'anima delle bestie". Leopardi notava che la grandezza dell'uomo sta nella comprensione della propria piccolezza e della propria transitorietà. L'approdo al biocentrismo mi pare quindi inevitabile. Al centro della riflessione se vogliamo essere scientifici e nello stesso tempo lavorare per innalzare la civiltà, non può esserci l'uomo, ma la totalità della vita.-
A quale filosofo si possono far risalire queste idee?
- Già Platone aveva affermato che non il castoro, o l'aquila sono stati creati dall'uomo. Non il tutto è per noi, ma noi per il tutto. Se l'umanità ha un futuro questo sarà un esito inevitabile.-
E oggi qual è il maggior teorico di queste idee?
- A mio avviso è l'americano Paul Warren Taylor (cfr. "Respect for nature: a theory of environmental ethics", Princeton University Press, 1986). Si tratta di un filosofo assolutamente rigoroso. Nel campo dei diritti degli animali molto importante è il mio carissimo amico Tom Regan. Non sono invece d'accordo con le tesi di Piter Singer che propone un approccio utilitarista al mondo animale. Credo che ogni vita abbia un valore inerente in sè e su questo sarà necessario condurre una delle più grandi rivoluzioni culturali del nostro tempo.-

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