da Giuseppe Belletti di Bologna |
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Procedo per ordine alfabetico. Enrica di Cremona. Mi fa piacere che concordi su quanto ho scritto: del resto le citazioni che ho riportato parlano da sole e qualunque persona animata da senso di giustizia nei confronti degli altri animali, che ragioni con obiettività (cioè senza lasciarsi deviare dal volere fare a tutti i costi una difesa d'ufficio della religione), non può fare a meno di prendere atto di questa dura realtà. Mi sembra però mi corregga se sbaglio che voglia distinguere fra le parole scritte (che sono un dato di fatto) e un supposto messaggio originario, nel quale crede fermamente ma del quale però non resta alcuna traccia. Perché mai la Bibbia e il Vangelo dovrebbero essere veramente parola di Dio e non uninvenzione umana come le traduzioni (a parte che per il Vangelo il testo greco, che io cito, non rappresenti una traduzione, bensì il testo originale)? Ho trovato questo argomento nelle sue risposte oltre che a me allo squallido Stefano di Piove di Sacco, a Diletta di Ancona e al volenteroso Luciano di Firenze. Io, pur essendo agnostico, ammetto che ognuno possa costruirsi una religione personale; però, se i testi fondanti di questa religione non esistono, nulla lo autorizza ad affermare che esisterebbero se l'uomo non li avesse travisati. Per la religione ebraico-cristiana gli unici testi che conosciamo sono quel Vecchio e quel Nuovo Testamento che restano invariati ormai da quasi duemila anni e anche il ritrovamento, avvenuto dal 1947 in poi, dei testi del Mar Morto ("manoscritti di Qumran" o "del Deserto di Giuda") nulla aggiunge di nuovo, se non la prova che il testo del Vecchio Testamento era già compiuto in epoca antecedente al I secolo d. C., mentre prima si riteneva che tale fissazione fosse successiva. Furono trovati anche apocrifi del Vecchio Testamento, che però credo non risultano significativi dal punto di vista che c'interessa. Anche quando Gesù parla dei "più piccoli dei miei fratelli" bisogna pur troppo escludere che costoro siano gli animali; infatti, dopo avere elencato varie condizioni penose in cui gli esseri umani possono trovarsi (fra l'altro: "nudo e mi avete vestito, [...] carcerato e siete venuti a trovarmi", che non possono riferirsi ad animali non umani) ed avere benedetto coloro che soccorrono il prossimo che si trova in queste condizioni, usa l'espressione: "'enì toúton tôn adelphôn mou tôn elachíston, a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, vale a dire a uno degli esseri umani elencati prima. (Matteo, XXV, 40). Quanto alla citazione: In verità, questi sono i vostri confratelli, della grande famiglia di Dio, vostri fratelli e sorelle, che hanno lo stesso soffio di vita eterna.- (Cap. 34, 7-10):- Nessun sacrificio di sangue, di animali, uccelli, uomini, può togliere i peccati. Come può infatti essere cancellata una colpa versando sangue innocente? No, anzi esso ingrandirà ancor più la sua colpa. Per i peccanti contro la legge di Dio non esiste perdono, se non attraverso il pentimento e il miglioramento. (Cap. 33, 1-3), per capirla avrei bisogno di sapere da quale testo proviene; certo non può essere dei quattro Vangeli canonici, nessuno dei quali ha i capitoli 33 e 34. Cordiali saluti. Paola. Al di là della realtà tragica che la sottende, trovo la figura furfantesca del prete di una comicità veramente inarrivabile, degna della più gustosa novellistica che da quelle parti ebbe la culla. La lettera allegata rivela una vasta cultura testamentaria e teologico-filosofica. Al repertorio di perle antianimaliste delle scritture, che mi sembra tendere alla completezza (io mi ero limitato a qualche esempio particolarmente significativo), suggerirei allautore di aggiungere la figura biblica di Nemrod, forte cacciatore al cospetto di Dio. Da ciò derivò il proverbio: come Nemrod, forte cacciatore al cospetto di Dio. E di considerare lepisodio di Esaù e Giacobbe, tutto un trionfo di caccia ed espedienti di cui al solito fanno le spese gli animali. Esaù divenne uomo esperto nel cacciare [&]. Isacco amava Esaù perché si cibava della selvaggina di questo. Dice Isacco al figlio maggiore Esaù: Prendi le tue armi, la faretra e larco ed esci: quando avrai preso un po di selvaggina, preparami con questa un manicaretto come sai che piace a me e portamelo perché io lo mangi e la mia anima ti benedica prima che io muoia. Quando Rebecca [moglie dIsacco e madre parziale di Esaù e Giacobbe] udì ciò, e quello [Esaù] se nera andato in campagna per obbedire allordine del padre, disse a suo figlio Giacobbe: [&] Adesso, dunque, figlio mio, da retta ai miei consigli: dirigiti al gregge e portami i due capretti migliori, perché io faccia con essi cibi allettanti per tuo padre, che volentieri li mangia. Quando gli avrai portato queste cose ed egli le avrà mangiate, ti benedirà prima di morire. [&] Ella preparò i cibi come sapeva che desiderava il padre di lui [&]; gli arrotolò le pellicce dei capretti intorno alle mani e gli rivestì la parte scoperta del collo. (Genesi, XXV, 27-XXVII, 16). Di quella dotta lettera, però, non mi è chiaro un passaggio: da Echi lontani a Manoach sembra quasi che lautore cerchi di trovare qualche (vana) possibilità di riscatto della religione dal suo disprezzo per gli altri animali; sebbene tutto il resto della lettera dimostri quanto anche lui come me provi un orrore totale per questa dottrina sanguinaria. Trovo quanto mai indovinata l'espressione "libidine della morte" per definire la caccia, perché fu proprio questo il concetto che sentii esprimere da una fonte non sospetta di ostilità per questa pratica, un ex-cacciatore (non pentito), il quale sosteneva: "I veri amanti degli animali sono i cacciatori, non gli ambientalisti, perché i cacciatori cercano il possesso carnale dell'animale, gli ambientalisti no". Insomma, un torbido miscuglio psicopatologico d'istinto di piacere, istinto di morte, necrofilia, feticismo. Ancora grazie e cordiali saluti. Giuseppe Belletti |
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