da Giuseppe Belletti di Bologna |
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Desidero entrare nel dibattito suscitato dall'infelice intervento del prete orvietano che, intervistato dal TG5, difese la festa sadica della sua città.
Ebbene, le sue parole non dovrebbero meravigliare nessuno che conosca l'atteggiamento sempre tenuto dalla Chiesa (da tutte le Chiese, anzi, da tutte le grandi religioni e - in particolare, al giorno d'oggi - dalle tre religioni monoteistiche "del libro": cristianesimo, ebraismo, islamismo), che è quello di fornire una giustificazione morale allo spietato dominio dell'uomo su tutti gli altri esseri. Escludo da questo giudizio le due religioni "eretiche" indiane buddhismo e giainismo, considerando per di più che il buddhismo delle origini non era neppure una religione. Cominciamo dal libro che sta alla base dell'ebraismo e del cristianesimo, la Bibbia. Al suo inizio è scritto: "E [Dio] disse: 'Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza; ed egli presieda ai pesci del mare e ai volatili del cielo, e alle bestie, e a tutta la Terra, e a tutti i rettili che si muovono sopra la terra'. E Dio creò l'uomo a sua somiglianza; e a somiglianza di Dio lo creò; li creò maschio e femmina. E Dio li benedisse e disse: 'Crescete e moltiplicatevi e riempite la Terra e assoggettatela; e abbiate dominio sopra i pesci del mare e i volatili dell'aria e tutti gli animali che si muovono sopra la Terra'.". (Genesi, I, 24-28). Dunque l'uomo è l'unico essere vivente simile a Dio, il quale gli ha dato il dominio su tutti gli altri. In occasione della cacciata dal Paradiso Terrestre, Dio si premura di vestire Adamo ed Eva con pelli di animali. (Genesi, III, 21). Abele - il migliore dei loro figli! - fa il pastore e offre in sacrificio al Signore capi scelti del suo gregge, mentre Caino - quello cattivo -, coltivatore, offre prodotti della terra: il Signore apprezza gli omaggi sanguinosi del primo e non considera quelli innocui del secondo. (Genesi, IV, 2-5). Poi Dio, con scarsa coerenza, insoddisfatto del genere umano (come se non fosse stato egli a crearlo), decide di sterminarlo con un diluvio che raddoppia l'ingiustizia di questo capriccioso demiurgo, perché coinvolge anche tutte le altre specie viventi che non sono bersaglio del castigo. (Genesi, VI-VII). Quando le acque si ritirano, il bravo Noè non trova nulla di meglio, per ringraziare il suo Dio, che di bruciare offerte "di tutte le bestie e uccelli mondi" (questo Dio è anche molto schizzinoso: non si accontenta di animali qualunque; esige soltanto specie scelte). Il Signore, da vero buongustaio, annusò quel buon profumo di carne bruciata (Genesi, VIII, 20-21) e a sua volta gratifica il proprio servile dipendente consacrando definitivamente il dominio dell'uomo: "E Dio benedisse Noè e i suoi figlioli. E disse loro: 'Crescete e moltiplicatevi e riempite la Terra. E temano e tremino davanti a voi tutti gli animali della Terra e tutti gli uccelli dell'aria, e quanto si muove sopra la Terra; tutti i pesci del mare sono assoggettati al vostro potere. E tutto quello che ha moto e vita sarà vostro cibo: tutte queste cose io do a voi come i verdi erbaggi'.". (Genesi, IX, 1-3). La vicenda di Abramo e Isacco non solo dimostra come questa religione sanguinaria ammetta, almeno in linea di principio, anche il sacrificio umano (al creatore della vita bisogna sacrificare la vita stessa, fosse anche quella dei propri figli), ma, con il suo epilogo (il sacrificio di un montone trovato nei pressi in sostituzione dIsacco) fa anche venire in mente lipocrita ritornello che si sente tanto spesso ripetere: Dovendo sacrificare un bambino o un animale, chi scegliereste? (Chissà poi perché dovrebbe essere necessario sacrificare qualcuno). (Genesi, XXII). I vari riferimenti della Bibbia vogliono gli animali totalmente sottomessi all'uomo, meri strumenti per i suoi fini. Tuttavia, il Vecchio Testamento lascia intravedere qualche timido spiraglio che fa capire come, pur essendo gli animali soltanto strumenti di lavoro e oggetto di uccisione per culto, alimentazione, abbigliamento, la crudeltà gratuita nei loro confronti sia proibita nel mondo ebraico. Il Nuovo Testamento, invece, manca di qualunque raccomandazione contro la crudeltà verso gli animali. Anzi, la figura di Gesù risulta per tutta la sua vita legata a uccisioni e disprezzo per le creature non umane, a cominciare da quando Giuseppe e Maria lo presentano infante al tempio, adempiendo alla prescrizione della religione ebraica di sacrificare in quell'occasione "una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore". (Luca, II, 24) Quando si tratta di guarire un indemoniato a Gerasa (o due indemoniati a Gadara, a seconda dei Vangeli), i demoni pregano Gesù di farli entrare in un branco di porci: egli, con inspiegabile condiscendenza, li accontenta, li fa entrare nei corpi di un paio di migliaia dinnocenti porci che pascolano nei pressi e che, preda di questo scherzo crudele, si gettano nelle acque del vicino lago, annegando (Matteo, VIII, 30-34; Marco, V, 13; Luca, VIII, 32-33). Ben quattro apostoli sono pescatori: Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni di Zebedeo. Per fare conoscenza con essi, Gesù procura loro una pesca miracolosa, facendo finire nelle loro reti tanti pesci da farle quasi rompere. (Luca V, 12). Altro gioco di prestigio inutilmente crudele: Gesù dice a Pietro, perché trovi il denaro con cui pagare la tassa per il tempio: "[...] va' al mare, getta l'amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento". (Matteo, XVII, 27). Non poteva fargli trovare la moneta fra la polvere? Nellimmaginoso linguaggio evangelico il regno dei cieli a che cosè paragonato? A unimmagine di salvezza - verrebbe spontaneo di rispondere -. Invece no; Gesù, per istituire unallegoria appropriata a questo concetto, sa soltanto scegliere uno strumento di morte: "Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi". (Matteo, XIII, 47-48). La predicazione di Gesù è infarcita di dichiarazioni speciste: "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? ". (Matteo, VI, 28). Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio [il significato è che Dio li conosce, non che sia preoccupato per la loro sorte]. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri. (Luca, XII, 6-7). "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi". (Matteo, VII, 6). Quando, in mezzo alla folla di suoi conterranei che gli domandano miracoli, una donna di origine greca gli chiede di guarirle la figlia indemoniata, Gesù (dimostrandosi, oltre che specista, razzista: nella sua considerazione gli Ebrei meritano di essere guariti prima degli stranieri) le risponde: "Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". (Marco, VII, 28). Nel Vangelo avvengono due moltiplicazioni di pani e di pesci: daccordo che questi pesci siano creati dal miracolo già morti, ma proprio questo dimostra che la considerazione che se ne ha è la stessa che per qualunque altro alimento inanimato, come il pane. (Matteo, XIV, 19; XV, 36; Marco, VI, 41; VIII, 8; Luca, IX, 16; Giovanni, VI, 11). La stessa considerazione dellanimale come oggetto ritroviamo proprio nella parabola della pecora smarrita (Matteo, XVIII, 12-14; Luca, XV, 1-7), che dai pochi cristiani che si sforzano dintravedere nel Vangelo qualche elemento di compassione verso gli altri animali è citata come esempio della pretesa bontà di Gesù verso tutti gli esseri, mentre testimonia proprio il contrario: dal momento che non si dice che il pastore la tenesse coma animale da compagnia, è lecito prevedere per la povera pecora, dopo il suo recupero, una sorte ben più infelice di quella aleatoria con possibilità di salvezza in cui poteva sperare mentre era smarrita. Come esemplifica Gesù le massime occasioni di festa? È evidente: con luccisione di animali, senza una parola di rammarico per questa trista usanza, anzi& . Dice il buon padre, al ritorno del figliuol prodigo: "Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa". (Luca, XV, 23). Il figlio maggiore dice al padre: "[&] tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso." (Luca , XV, 30). Rivalità familiari felicemente costellate e ricomposte da macellazioni. Gesù pretende che a fare le spese dellultima cena siano gli agnelli; si leggano i seguenti passi, tenendo presente che Pasqua indica oltre che la festa anche lagnello che era immolato per essa: "Il primo giorno degli Azzimi i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: 'Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua? Ed egli rispose: 'Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli. I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù e prepararono la Pasqua. (Matteo, XXVI, 17-19). "[&] quando s'immolava la Pasqua [&] mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: [&] dite al padrone di casa: Dovè la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". (Marco, XIV, 12-14). "Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: 'Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare. (Luca XXII, 7-8). "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione[...]". (Luca, XXII, 15). Giovanni il Battista chiama Gesù "Agnello di Dio" (Giovanni, I, 29), per significare che è destinato al sacrificio: NellApocalisse compare la figura dellagnello sgozzato: Agnello che stava come se fosse stato sacrificato (Apocalisse, V, 6). Riflettiamo su quanto la ricorrente simbologia dellagnello sacrificale ancora pesi sul sanguinario rito pasquale: questa trista gastronomia si fonda su basi religiose ebraico-cristiane, come del resto ha ribadito pochi anni fa il cardinale Parazzini in Vaticano, dicendo che mangiare lagnello a Pasqua con intento devoto è un atto meritorio. Le manifestazioni dei difensori degli animali in occasione della Pasqua fanno andare in bestia il cardinale arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi che, dallaltare della chiesa metropolitana di San Pietro di questa città, tuona contro di loro, insultandoli con gli epiteti più fantasiosi. È di pochi anni fa una messa papale di Pasqua, trasmessa dalla televisione, in cui fu presentato al pontefice lorribile omaggio di un agnello sgozzato e atteggiato come se fosse vivo: vi assicuro, cattolici che vi sforzate di dimostrare nella vostra religione un improponibile (per essa) interesse per gli animali, che il Santo Padre, lungi dallinorridire, accettò e ringraziò. Gesù caccia i mercanti dal tempio, ma soltanto perché con il commercio profanano quel luogo sacro, non certo per liberare gli animali in vendita, destinati ai sacrifici; anzi, infligge a questi poveretti ulteriori sofferenze, visto che rovescia le sedie dei venditori di colombe (Marco, XI, 3) e percuote gli animali più grossi: "Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchetti, e ai venditori di colombe disse: 'Portate via queste cose e non fate della casa del padre mio un luogo di mercato". (Giovanni, II, 14-16). Pecore e buoi accomunati ai loro aguzzini si prendono le frustate. Si noti lespressione queste cose (traduzione letterale del testo originale greco taûta), che ci dà esplicitamente lidea precisa di che cosa fossero gli animali per Gesù: nientaltro che cose. Un equivoco dal quale bisogna sgomberare il campo è quello dei Vangeli apocrifi: mentre i quattro Vangeli canonici sono riconosciuti storicamente non solo dalla Chiesa ma anche da autori indipendenti da essa, i Vangeli apocrifi (cioè nascosti) non sono riconosciuti come veridici, perché oltre a contenere, in alcuni casi, idee eretiche, cosa che interessa solo la Chiesa ma non i filologi e gli storici furono scritti nei secoli successivi, quando già la memoria storica delle persone e dei fatti si andava alterando e andava soggetta ad arricchimenti e abbellimenti dovuti alla fantasia popolare (è lo stesso fenomeno cui stiamo assistendo da alcuni anni a questa parte in tanti sceneggiati televisivi ispirati alla storia sacra). Il mio parere è che spesso nei Vangeli apocrifi si sia voluta rendere umanamente più accettabile e simpatica la figura dura e aspra del Cristo che esce da quelli canonici. Ma un conto è la realtà attestata dai contemporanei (Vangeli canonici) e un altro sono le belle favole (Vangeli apocrifi), prima delle quali è lepisodio del bue e dell'asinello che avrebbero dato a Gesù bambino il primo conforto ambientale. San Paolo, spiegando la legge mosaica che proibisce di mettere la museruola al bue durante la trebbiatura del grano, si chiede ironicamente: Può mai Dio preoccuparsi dei buoi? e conclude che ciò non è possibile, per cui Dio mira, con questa regola, unicamente al nostro interesse. (Lettera ai Corinzi, I, IX, 9-10). Lesempio di Gesù impronta tutto il cristianesimo. Riferendosi all episodio dei maiali e a quello in cui Gesù maledice un fico, facendo a esso non più produrre frutti, santAgostino scrive: Cristo stesso ci mostra che trattenersi dalluccidere animali o distruggere piante è il colmo della superstizione, perché giudicando che non esiste alcun diritto in comune fra noi e le bestie e gli alberi, egli fece entrare i diavoli in un gruppo di maiali e fece seccare con una maledizione lalbero su cui non aveva visto frutti& sicuramente né i maiali né lalbero avevano peccato. (I modi di vita cattolico e manicheo). Ciò significa che non si deve basare il comportamento verso gli animali sulle stesse leggi morali che si devono osservare rispetto agli uomini. Con il prevalere del cristianesimo nel mondo greco-romano, la barbarie dei giochi del circo cessa& ma solo in parte: infatti non si vedono più i gladiatori ma continuano i combattimenti fra gli animali selvatici, per il divertimento del pubblico; di questi si serba traccia ancor oggi nei Paesi di cultura ispanica, per esempio con la lotta fra i galli. Questo significa che, mentre latteggiamento verso gli esseri umani si è mitigato, quello verso gli altri animali resta, con il cristianesimo, altrettanto feroce che al tempo dei Romani. Anzi, scompaiono anche le rarissime scintille che poche nobili anime dellantichità pagana avevano acceso, mostrando repulsione per luso di creature viventi per il piacere umano, sia nellarena che sulle mense. Lucrezio (contrario ai sacrifici), Ovidio, Seneca, Plutarco (autore del Perì sarkophagía (Sul mangiar carne): primo trattato nella storia contro il mangiar carne, pubblicato di recente in italiano nella collana Millelire), Porfirio avevano scritto su questi temi. San Tommaso, con la sua Summa theologiae, costruisce limpalcatura teologico-filosofica su cui ancor oggi si regge il cattolicesimo. In essa egli sostiene costantemente la giustezza dello sfruttamento degli altri animali da parte delluomo: Non si fa alcun peccato se si usa una cosa per lo scopo per cui essa esiste. [&] Ora, luso più necessario sembrerebbe consistere nel fatto che gli animali usino le piante e gli uomini usino gli animali per procacciarsi cibo, la qual cosa non può essere fatta senza privare quegli esseri della vita; è quindi conforme allordine naturale sia togliere la vita alle piante per il beneficio degli animali sia agli animali per il beneficio degli uomini. In verità, ciò concorda con il comandamento di Dio stesso. (Summa, II, II, questione 64, art. 1). San Tommaso va oltre; agli animali è lecito fare qualunque cosa, infatti egli divide i peccati in tre categorie: contro Dio, contro se stessi, contro i propri simili; non cè categoria che includa i peccati contro gli animali. (Summa, II, II, questione 72, art. 4). Non solo: egli vieta anche la carità nei confronti degli animali, in quanto tale virtù non può estendersi agli esseri privi di ragione; per tre motivi: 1) essi sono incapaci, propriamente parlando, di possedere il bene, essendo questultimo tipico delle creature razionali; 2) perché gli esseri umani non hanno alcuna solidarietà con loro; 3) perché la carità si basa sulla compartecipazione alla felicità eterna, dalla quale le creature senza ragione sono escluse. Amare gli animali è lecito soltanto se li consideriamo come le buone cose che desideriamo per gli altri, cioè per la gloria di Dio e lutilità delluomo. (Summa, II, II, questione 25, art. 3). San Tommaso ammette che anche gli altri animali soffrano, ma la loro sofferenza è irrilevante per chi, secondo lui, si ponga il problema seguendo la ragione: Non ha importanza come luomo si comporta verso gli animali, perché Dio ha sottoposto tutte le cose al suo potere& ed è in questo senso che lApostolo [San Paolo] dice che Dio non si preoccupa dei buoi, perché Dio non chiede alluomo ciò che fa con i buoi o gli altri animali. Daltra parte, quando si lascia adito al sentimento, gli animali possono suscitare pena, perché anche gli animali senza ragione sono sensibili al dolore, tuttavia le prescrizioni a favore degli animali nel Vecchio Testamento non tendono a risparmiare il dolore agli animali non razionali: Ora è evidente che se un uomo mostra una pietosa compassione per gli animali, ancor più egli è disposto a comportarsi pietosamente verso i propri simili, e per questo è scritto Il giusto abbia cura della vita del proprio animale. (Summa, II, II, questione 102, art. 6; esprime un concetto simile nella Summa contra gentiles, III, II, 12). San Tommaso esprime, in somma, quellopinione che tanto spesso sarà ripetuta dopo di lui: lunica ragione per cui la crudeltà contro gli animali è da disapprovare è che potrebbe condurre alla crudeltà verso gli esseri umani. Linfluenza di san Tommaso è quella che, a metà del XIX secolo, induce papa Pio IX a rifiutare il proprio beneplacito per la costituzione a Roma di una Società per la prevenzione della crudeltà verso gli animali, con la motivazione che dare tale consenso avrebbe significato ammettere che luomo ha doveri nei riguardi degli animali. Un trattato americano di etica cattolica pubblicato cinquantanni fa riprende pedissequamente la questione di san Tommaso, quando dice: Nellordine della natura lessere imperfetto esiste a beneficio di quello perfetto, lessere irrazionale deve servire a quello razionale. Poiché luomo è un animale razionale, gli è concesso di usare per i suoi bisogni le cose poste al di sotto di lui nellordine della natura. Ha bisogno di mangiare le piante e gli animali per conservare vita e forza, ma, per mangiare le piante e gli animali, cè bisogno di ucciderli. Dunque tale uccisione non è di per se stessa un atto immorale o ingiusto (V. J. BOURKER, Ethics, New York, McMillan, 1951, p.352). Qualche pallida eccezione nel mondo cattolico esiste e la più celebre è rappresentata da san Francesco, il quale però non può allontanarsi troppo dalle concezioni basilari della religione, altrimenti cadrebbe nelleresia; le sue affermazioni a favore degli animali sono soltanto poetiche e marginali: Se potessi essere ricevuto dallimperatore, lo pregherei, per amore di Dio e mio, di emanare un editto che proibisse a ognuno di catturare o imprigionare le mie sorelle allodole o che ordinasse a tutti quelli che hanno buoi o asini di nutrirli particolarmente bene a Natale. Le prediche agli uccelli e ai pesci (ammesso che siano veramente avvenute) testimoniano soltanto una estatica foga missionaria desiderosa di espandersi ovunque da parte di una persona indubbiamente buona e sensibile. Non si deve dimenticare che san Francesco chiama fratelli e sorelle anche gli astri, i fenomeni naturali, le cose, addirittura anche la morte; gli animali fanno parte di questa entusiastica adesione a tutta la natura, al cui centro rimane comunque luomo: Ogni creatura proclama: Dio mi ha creato per servirti, Uomo. Avvolgere nello stesso amore cose inanimate ed esseri viventi, senza farci sopra alcuna riflessione razionale, rischia di fare perdere di vista le differenze di sensibilità. Possiamo quindi pensare che visto che dobbiamo comunque uccidere qualcosa o qualcuno, per mangiare non fa differenza chi uccidiamo, cosa o vegetale o animale che sia. Probabilmente è per questo che san Francesco non si pronuncia mai a favore del vegetarianesimo e, quando compone la regola per i frati del proprio ordine, impone lastensione dalla carne soltanto in pochi giorni di penitenza e di digiuno. Lunica differenza fra san Francesco e gli altri cristiani e precursori del cristianesimo che qui cito sta nel fatto che egli era un buon uomo, gli altri no e questo è il motivo per cui la Chiesa ha poi fatto di tutto per nascondere (fino a qualche anno fa, come vedremo) questa sua pur timida componente di bontà verso gli animali. Tutti gli umani, e solo loro, possiedono un'anima immortale e sono fatti a immagine di Dio; da qui l'idea che la vita umana abbia una santità speciale che nessun'altra vita possiede. La dottrina cristiana esclude gli animali da ogni considerazione in quanto privi di anima (o, adesso che Giovanni Paolo II ha ammesso per loro qualcosa di simile allanima, perché privi di anima immortale). Il cattolico razionalista Cartesio sostiene che gli animali sono macchine e quando essi urlano e cercano di sfuggire perché egli li viviseziona, ciò non avviene perché provino dolore, ma solo perché il loro meccanismo impone questo comportamento (Discorso sul metodo, V e Lettera a Henry More, 5 feb. 1649). Cartesio, nella sua morale cristiano-razionalista, ritiene che, se il valore e la dignità dipendono esclusivamente dalla ragione, gli animali, che non la possiedono, non contino nulla. Inoltre aggiunge: La mia teoria non è tanto crudele verso gli animali quanto indulgente verso gli uomini, almeno verso quelli che non si abbandonano alle superstizioni di Pitagora [cioè al vegetarianesimo conseguente alla credenza nella metempsicosi], perché essa li assolve dal sospetto di compiere un crimine quando mangiano o uccidono gli animali. (Lettera a Henry More, 5 feb. 1649). Il prete filosofo Nicolas de Malebranche, seguace di Cartesio, dice che per ragioni meramente teologiche si deve negare che gli animali possano soffrire, poiché ogni sofferenza è conseguenza del peccato originale; mentre gli animali non discendono da Abramo, quindi non hanno peccato originale, dunque non possono soffrire. Nel monastero parigino di Port-Royal, dove nella seconda metà del XVII secolo e allinizio del XVIII si riuniscono studiosi francesi che sispirano al pensiero di santAgostino e di Cartesio, si conducono studi di fisiologia con il cinico metodo indicato da questultimo. Racconta un testimone che là aveva lavorato: Assestavano colpi ai cani con perfetta indifferenza e si facevano beffe di quelli che avevano pietà delle creature, ritenendo che provassero dolore. Dicevano che gli animali erano come orologi, che le urla che emettevano quando erano colpiti erano soltanto il rumore di una piccola molla che era stata toccata, ma che tutto il corpo non poteva sentire niente. Inchiodavano i poveri animali su delle tavole per le quattro zampe, allo scopo di vivisezionarli e vedere la circolazione del sangue, la quale era importante argomento di conversazione. (NICHOLAS FONTAINE, Memorie sulla storia di Port-Royal, Colonia, 1738). Quello della vivisezione è un argomento sul quale la Chiesa non transige: così attenta a tutelare la dignità perfino degli embrioni umani allo stadio iniziale, quando invece si tratta degli altri animali, considera giusto e indiscutibile il principio che essi possano essere violentati, straziati, uccisi, senza limiti alla fantasia sadica degli sperimentatori, purché questi dichiarino di agire nellinteresse dellumanità& e, dato che gli sperimentatori sono uomini donore, bisogna credere loro sulla parola. Lopera della UAI (Unione antivivisezionista italiana, prima associazione del genere in Italia), fondata nel 1929 dal medico bolognese Gennaro Ciaburri, fu spezzata ben presto dal fascismo e lassociazione, costretta a chiudere, risorse soltanto dopo la liberazione: Mussolini fu ispirato in questo dal frate francescano e medico psicologo Agostino Gemelli (il fondatore dellUniversità cattolica, il quale insegnava ai propri collaboratori che bisognava tagliare le corde vocali ai cani oggetto desperimento, perché non urlassero chiamava poeticamente questa pratica ginnastica del silenzio e non rivelassero lesistenza di questi fatti al grosso pubblico, che non avrebbe capito); il tiranno, per suggerimento del Gemelli, fece promulgare la legge del 1931, rimasta in vigore fino a pochi anni fa (quella attuale non è molto migliore), per regolamentare la sperimentazione: in sostanza essa proibiva formalmente tutte le operazioni e linflizione di ogni sofferenza, ma di fatto consentiva le medesime cose senza alcun limite, se il vivisettore, a proprio insindacabile giudizio, le avesse ritenute necessarie. Monsignor Lambruschini, portavoce del Vaticano, scrisse nellOsservatore della domenica del 13/3/1966: [&] Non mancano tuttavia campagne propagandistiche che la Chiesa non può approvare, quella ad esempio contro gli esperimenti di ordine scientifico su animali vivi. La Chiesa non si oppone neppure alla vivisezione delle bestie da cui vengono tanti aiuti al progresso della scienza. In un dibattito radiofonico sulla vivisezione nel maggio 1971, il gesuita Giuseppe De Rosa, presentato come moralista di Civiltà cattolica (la rivista dei gesuiti), espresse la propria solidarietà con le idee di Giovanni Marcozzi, vivisettore dellUniversità di Roma. Nello stesso anno, il dr. Robert White di Cleveland (Ohio), il quale già allora svolgeva gli esperimenti (che continua a fare oggi) di trapianto di testa sulle scimmie, che si premura sempre di definirsi buon cattolico, che si fa ricevere dal papa e si fa fotografare al suo fianco, che proprio per merito dei suoi geniali trapianti di testa è membro dell'Accademia Pontificia, pretese un consenso religioso da inserire in un suo articolo sugli esperimenti che praticava e in questa occasione gli venne in soccorso un altro gesuita, il teologo Nicholas A. Pedrovich dellUniversità John Carroll di Cleveland, che gli diede unapprovazione totale ed encomiastica. Ma potrebbe obiettare qualcuno la Chiesa si sarà pure aggiornata anche in questo campo, aderendo in qualche modo alla nuova sensibilità; il papa ha pure ammesso che anche gli animali hanno unanima& . Vediamo allora quale sia la posizione ufficiale attuale della Chiesa nei confronti degli animali, citando testualmente dal catechismo più recente (le sottolineature, anche qui, come in tutta la lettera, sono mie): IL RISPETTO DELLINTEGRITÀ DELLA CREAZIONE 2415. Il settimo comandamento esige il rispetto dellintegrità della creazione. Gli animali, come le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente destinati al bene comune dellumanità passata, presente e futura. Luso delle risorse minerali, vegetali e animali delluniverso non può essere separato dal rispetto delle esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal Creatore alluomo non è assoluta; deve misurarsi con la sollecitudine per la qualità della vita del prossimo, compresa quella delle generazioni future; esige un religioso rispetto dellintegrità della creazione. 2416. Gli animali sono creature di Dio. Egli li circonda della sua provvida cura. Con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria. Anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro. Ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come san Francesco dAssisi o San Filippo Neri, trattassero gli animali. 2417. Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine. È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino luomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali, se rimangono entro limiti ragionevoli, sono pratiche moralmente accettabili, perché contribuiscono a curare o salvare vite umane 2418. È contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita. È pure indegno delluomo spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini. Si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quellaffetto che è dovuto soltanto alle persone. (Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano, 1992, pp. 588-589). Dunque: è vero che nella proposizione 2416 si tributa un formale omaggio al moderno modo di sentire, che non può più tollerare la brutalità di san Tommaso, e si elogia finalmente lamore di san Francesco per gli animali (del resto che cosa costa riconoscere un merito in più a un personaggio già perfettamente inquadrato nellortodossia e che ora, per questa via, può conquistare qualche simpatia in più alla Chiesa?); ma è altrettanto vero che la sostanza della giustificazione del dominio incondizionato delluomo resta invariata, con laggravante che al giorno doggi luso degli animali per confezionare indumenti (ovvero pellicce) ha ancora meno ragion dessere che nel medio evo e che lammissione del loro sfruttamento per ricrearsi negli svaghi contraddice apertamente le esigenze morali della proposizione 2415 così come contraddice laffermazione che sia contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali, ecc. (proposizione 2418): è una dichiarazione di principi che fa ripiombare nei secoli più bui della ferocia umana. Quali sono questi svaghi? Anche volendo essere benevoli al massimo verso gli autori di questo catechismo, escludendo che essi intendessero per svaghi le feste sadiche, le corride, i combattimenti fra animali, la caccia (con relativo sfruttamento dei cani), la pesca, bisognerà pur ammettere che i divertimenti riconosciuti leciti siano per lo meno i circhi, i rodei, le corse dei cavalli e dei cani, tutte attività nelle quali di sicuro non si manifesta il religioso rispetto dellintegrità della creazione predicato dalla proposizione 2415. Del resto il cristianesimo che, nel creare la figura del Diavolo, gli ha conferito attributi animali (corna, zampe di capra) o semplicemente sembiante del tutto animale (gatto, orso, ecc.), ha sempre voluto caricare dei peccati umani animali innocenti come facevano gli Ebrei con il capro espiatorio e ha sempre festeggiato la loro punizione, che avveniva ognora con la benedizione delle varie Chiese (cattolica o anglicana): di qui i roghi collettivi di gatti, le feste sadiche e così via. I gesuiti sono, sul piano teorico, i più accaniti nemici degli animali allinterno della Chiesa cattolica. La loro rivista Civiltà cattolica, prima di uscire, è sempre controllata dalla Santa Sede, per cui può essere considerata espressione fedele delle posizioni di questultima. Il numero uscito nel marzo 1999 riporta un articolo editoriale in cui si definisce: Un errore riconoscere diritti agli animali. Non ne hanno e non ne possono avere; per questo attacca lanimalismo forte ed estremo che chiede diritti per gli animali. Distingue inoltre tra lassurdo animalismo estremo e quello debole, che ritiene giustificabile moralmente e quindi accettabile la sperimentazione animale, almeno quando essa sia necessaria, purché avvenga nel rispetto del benessere degli animali, ai quali non devono essere imposti stress e sofferenze non assolutamente necessarie. Ancora: [&] luomo in quanto essere spirituale, non soltanto è diverso dagli animali, ma è superiore ad essi e quindi ha diritti che gli animali non hanno. Reduce da studi in istituti religiosi, posso portare la testimonianza diretta di quale sentimento insegnino i preti nei confronti degli animali; linsegnante di lettere e di religione che avevo nella scuola media dellIstituto salesiano di Bologna predicava: Gli animali sono stati creati per essere uccisi e corredava questo nobile enunciato con lesempio di se stesso che, bambino, prelevava gli uccelli dai nidi, schiacciava loro la testa con un sasso, poi li portava alla madre per il consumo alimentare. Allingenua domanda di un allievo: E sua madre che cosa diceva?, rispondeva orgoglioso: Niente, diceva che facevo bene!. Ho ancora viva limmagine di questuomo, sacerdote quarantenne, quando, nella grande sala di studio, si accorse che gli scolari si erano distratti a osservare una bella locusta verde approdata sul pavimento; si avanzò maestosamente, scosse la testa ridendo della leggerezza dei ragazzi e schiacciò accuratamente con lo scarpone lincauto insetto. Questo figuro non infesta più la faccia della Terra ormai da molti anni e non ebbe la possibilità di conoscere il nuovo catechismo, ma sono sicuro che se fosse vivo condividerebbe incondizionatamente il modesto capitoletto che questopera ponderosa dedica agli animali e sarebbe entusiasta dellarticolo di Civiltà cattolica. Non nego che ci siano esponenti del clero animati da sentimenti di giustizia verso gli animali; dico di più: sono tutti uomini ai quali va riconosciuto un merito particolare, perché agiscono in un ambiente quello ecclesiastico che è loro assolutamente ostile e che, quindi, devono combattere su due fronti. Due timidi precursori furono, nel XIX secolo, i cardinali inglesi (provenienti dal clero anglicano, si convertirono al cattolicesimo) Henry Edward Manning e John Henry Newman. Johannes Ude, filosofo e sacerdote cattolico austriaco del XX secolo, si batté contro la vivisezione. Padre Nazareno Fabretti, scomparso prematuramente alcuni anni fa, fu un francescano sinceramente amante degli animali, autore di alcuni scritti che testimoniano questo suo sentimento. In ambito protestante bisogna citare il pastore, medico, filantropo Albert Schweitzer. Fra i viventi ricordo due figure di sacerdoti romani: monsignore Mario Canciani e don Nicola Valeri. Questultimo tiene un rifugio per tutte le specie animali (accoglie anche pecore), che manda avanti con la propria pensione dinsegnante e con i contributi di qualche volenteroso (il suo indirizzo è: piazza Oderico da Pordenone, 1 - 00145 Roma, c.c.p. 85110005). Sia ben chiaro però che tutti costoro non sono amici degli animali in quanto cristiani, ma nonostante siano cristiani e la loro posizione è strettamente individuale e non mai condivisa dalla Chiesa. In sintesi, quello che diceva contro la sanguinaria religione del mondo greco-romano il materialista Lucrezio, più di duemila anni fa, quando il cristianesimo non esisteva ancora, si può a tuttoggi sottoscrivere: La religione ha partorito fatti scellerati ed empi. In particolare, il cattolicesimo è come lo definì molto bene il presidente dellAnimal Liberation Front italiano (che compie azioni dimostrative e di liberazione di animali, ma non terroristiche come quello britannico), quando partecipò al programma televisivo di Rete 4 Tempi moderni, dopo che, nel corso della trasmissione, era stato verbalmente aggredito e insultato da cattolici fanatici: Cattolicesimo vuol dire: inferno in terra per gli animali. Concludo con una poesia di Viviane Lamarque:
Giuseppe |
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