Egregi signori
ma i polli non sono un'invenzione?
I polli inventati sono prodotti che riempiono gli scaffali del supermercato, sui quali si mette un'etichetta e si dispiegano cartellini e  cartelloni pubblicitari.
Nutrita è la sequela delle promozioni del pollo italiano, difeso a spada tratta da tutti i produttori di polli.
Sì perché i polli non sono animali. Animali sono i galli, le galline i pulcini, non i polli.
Un pacchetto di carne e ossa a forma di gallo o di gallina (i pulcini a milioni spariscono nella macchina trita pulcini) conservato per 40 giorni in 20 centimetri quadrati di spazio, sotto la luce costante delle lampade, farcito  di semi al farmaco, poi fatto a pezzi, impacchettato ed esposto.
Questo pollo che sarebbe stato un animale se l'umanità avesse coltivato l'umanità, rappresenta l'aberrazione del pensiero, la superbia del comportamento, l'inconsistenza della coscienza e dell'intelligenza.
Nel tanto parlare e scrivere di polli non abbiamo mai letto di ciò che veniva prima del pollo: un animale con una sua propria vita, una propria etologia. Non è questa una mistificazione, una manipolazione culturale?
Se l'influenza aviaria ora ci tormenta dopo aver tormentato e continuare a tormentare milioni e miliardi di creature, non vi sembra sia  arrivato il momento di denunciare la mistificazione e la manipolazione culturale?
Altrimenti, a ognuno quel che si merita.

 

........................GRUPPO BAIRO Onlus
bairo.info
 

firme dei sostenitori del messaggio:
 

 
p.s. articolo di cronaca in allegato

 
LIBERO
15 NOVEMBRE 2005
 
Bruxelles non riconosce i nostri polli
 
MILANO - L'influenza aviaria in Italia non esiste. Certo però che prevenire è meglio che curare. L'ha anche capito il governo. In fretta e furia, poche settimane fa, il ministro della Salute, Francesco Storace, ha emanato un'ordinanza per certificare i polli italiani. Quelli insomma, " che possono andare a cresta alta". " Conosciamo i nostri polli". Non sono malati. Tutto sotto controllo dunque. Fino a un certo punto. Perché questa sicurezza, frutto della campagna messa in atto dal governo, potrebbe ora vacillare. La colpa? Come al solito dell'Unione Europea. La Commissione infatti ha inviato una lettera minacciosa alle autorità italiane. Per Bruxelles l'obbligo di indicare l'origine italiana delle carni avicole o il luogo di provenienza per quelle di importazione, in vigore dal 17 ottobre, rappresenta un ostacolo agli scambi e un aggravio dei costi per il prodotto importato. In sostanza dire che un pollo è nato, allevato e macellato nel Belpaese è reato. Tutto parte da alcune denunce arrivate sul tavolo del Commissario Ue all'agricoltura Mariann Fischer Boel. Da parte di uno Stato membro e di produttori di vari Stati. I tecnici di Bruxelles quindi si sono messi al lavoro e hanno scoperto che le mosse italiane violano la direttiva europea 1906 del 1990 che definisce alcune norme di commercializzazione delle carni di pollame, e l'articolo 28 del Trattato Ue che vieta fra gli stati membri restrizioni quantitative all'importazione o qualsiasi misura di effetto equivalente. Cos'ha di tanto scandaloso l'ordinanza emanata da Storace? Le etichette del pollame devono riportare: 1) la sigla IT, seguita dal numero identificativo di registrazione presso la Ausl dell'allevamento di provenienza degli animali data o il numero di lotto di macellazione; 3) il numero di riconoscimento dello stabilimento di macellazione. Nel caso in cui l'operatore alimentare introduca direttamente al macello volatili da cortile vivi, provenienti da un altro Paese membro della Ue o da uno Stato terzo, deve " riportare sull'etichetta" l'origine e la data di introduzione nel territorio italiano. Ebbene, Bruxelles dice no 1) alle informazioni obbligatorie in relazione a carni fresche di volatili e prodotti a base di carne di pollame da porre su un'apposita etichetta; 2) alle disposizione che prevedono l'abbreviazione " It", oppure " Italia" sul prodotto nazionale e un'indicazione obbligatoria del Paese di provenienza comunitario o estero; 3) all'obbligo di riportare sull'etichetta lo Stato di provenienza, anche per le preparazioni e i prodotti a base di carne di volatile. La Commissione puntualizza che l'indicazione del Paese di provenienza è « obbligatoria » solo « nel caso di carni di pollame preconfezionate da Stati terzi o offerte alla vendita senza pre- confezionamento anche importate da paesi terzi » . Per questo « le norme italiane costituirebbero un'infrazione al regolamento Ue » . L'Europa infine vuole sapere se la campagna sia stata totalmente o parzialmente finanziata con risorse pubbliche. Il governo italiano ha meno di 15 giorni per chiarire i punti contestati. Ma se a Bruxelles le risposte non andranno bene, potrà chiedere modifiche delle disposizioni in vigore, o ancora, in ultima analisi e in caso di contenzioso, lanciare la prima fase di una procedura di infrazione. Contro questa ipotesi ieri è scesa in piazza a Napoli la Coldiretti. L'associazione guidata da Paolo Bedoni si è mobilitata anche a Trento per difendere l'etichettatura. Quelle della Commissione, sono « obiezioni che non tengono conto della necessità di garantire la salute dei cittadini con la rintracciabilità delle produzioni e - spiegano dalla Coldiretti - una maggiore efficienza dei controlli sui prodotti importati che l'etichetta di provenienza può garantire » . La Cia, nel difendere i polli made in Italy, precisa che « nel momento più drammatico della Bse ( mucca pazza), proprio l'etichettatura della carne bovina ha rappresentato uno dei pilastri di garanzia per la tutela della salute dei consumatori » . C'è però chi non aspetta Bruxelles. Veneto, Lombardia ed Emilia- Romagna si sono fatti l'etichetta " volontaria" su polli e tacchini italiani. I testimonial saranno Lupo Alberto e Marta la gallina, " nata in Italia e cresciuta coi piedi per terra".
Giuliano Zulin

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